5
Questo processo, mediante l’abolizione dei limiti alla crescita interna ed esterna delle
banche e la riduzione delle barriere all’entrata e all’uscita, ha anche avuto l’ulteriore
effetto di permettere agli intermediari di operare su scala internazionale, ampliando le
loro opportunità di diversificazione produttiva. Il processo di deregolamentazione del
settore finanziario, è stato anche determinante nel favorire l’affievolimento delle
tradizionali barriere operative che separavano le diverse attività finanziarie. La
possibilità di varcare confini prima proibiti e di entrare in nuove aree di business ha
stimolato il consolidamento tra banche con specializzazioni differenti. Il decennio
appena concluso è stato infatti caratterizzato da un'intensissima attività normativa che
ha ridisegnato pressoché per intero l’assetto giuridico del sistema creditizio e
finanziario nazionale.
3
Tuttavia lo studio del Gruppo dei Dieci
4
, ha sottolineato come sia complicato
distinguere chiaramente gli effetti delle riforme normative sui sistemi finanziari, dagli
effetti del progresso tecnologico, dell’innovazione dei servizi finanziari e da altri fattori
che possono aver preceduto i cambiamenti ottenuti con le modifiche regolamentari. La
deregolamentazione dei servizi finanziari è stata, infatti, spesso avviata in seguito a
cambiamenti tecnologici o a crisi finanziarie.
Per quanto riguarda l’Italia, la maggioranza delle banche nazionali vive all’interno di
una nicchia geografica nella quale, apparentemente senza pericolo, riesce a soddisfare
le esigenze della clientela operante sul mercato locale che non vede ancora nella
globalizzazione un fenomeno rilevante. Tuttavia, la dimensione piuttosto limitata di
queste banche può costituire un punto di debolezza, facilmente attaccabile da parte di
banche più grandi che, nell’ambito del loro processo espansionistico, mirano ad
inserirsi nei rapporti privilegiati che esistono tra la banca locale e la propria clientela.
L’attività di concentrazione, dunque, proprio perché trae origine da molteplici fattori,
può interessare un numero cospicuo di banche: quelle che sono alle prese con i
problemi di un mercato più ampio, di dimensione internazionale, sul quale il ritmo di
trasformazione è ancora in fase di accelerazione e quelle che considerano la
concentrazione come una soluzione al problema della propria sopravvivenza.
3
A seguito di questo processo di riforma, le regole fondamentali di rango legislativo nell’ordinamento italiano si
trovano ora concentrate in due testi unici di coordinamento, il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia
(d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 – denominato TUB) ed il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione
finanziaria (d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 denominato TUF).
4
Group of ten, 2001, op. Cit.
6
La capacità di sopravvivenza delle banche in questo nuovo ambiente dipenderà
soprattutto dalla loro efficienza. L’obiettivo che le banche si propongono di realizzare
attraverso le concentrazioni attuate con fusioni o acquisizioni è, infatti, proprio quello
di ridurre le proprie inefficienze e cercare di guadagnare in termini di potere di mercato.
Il processo di consolidamento che sta interessando le banche italiane, permetterà quindi
loro di raggiungere dimensioni di livello europeo; la sfida successiva è rappresentata
dall’internazionalizzazione, soprattutto verso i mercati emergenti dai quali, altrimenti,
le banche italiane rischiano di essere escluse.
5
Dato questo quadro introduttivo la tesi si
pone come obiettivo quello di indagare i diversi aspetti delle M&A bancarie sia sotto il
profilo delle cause propulsive e dei fattori che ne posso determinare il successo o
l’insuccesso, sia dal punto di vista empirico della reazione del mercato a quanto
accaduto. Con il primo capitolo si è cercato di effettuare una panoramica sulle
operazione di acquisizione e fusione nei principali paesi industrializzati europei e nel
contesto americano per rappresentare l’importanza numerica di questo fenomeno. Il
processo di consolidamento dei sistemi bancari ha mostrato infatti differente intensità
nei diversi paesi, riflettendo secondo Focarelli, Panetta, Salleo (2002), la distinta
evoluzione ciclica della redditività delle banche. Nel secondo capitolo si è cercato di
dare risposta ad una domanda alla base dell’ondata di operazioni di M&A registratesi:
ovvero ciò che spinge le banche e le istituzioni finanziarie a fondersi, mostrando anche
nel capitolo tre quali possano essere le cause di successo od insuccesso di queste
operazioni.
In secondo luogo nel capitolo 4 si è passati ad un'analisi di un altro aspetto ritenuto
importante: l’impatto delle operazioni di fusione ed acquisizione sul grado di
concorrenza del mercato.
Poi nel capitolo 5 ci si è concentrati su come si misura la creazione di valore nelle
operazioni sopra citate tramite due principali metodologie utilizzate in letteratura da
diversi studiosi: event study e analisi di bilanci, in particolare la prima data
l’applicazione nella parte empirica. Infine il capitolo 6 presenta l’analisi empirica e le
conclusioni al lavoro. E’ importante precisare fin sa subito che in questo lavoro i
termini fusione e acquisizione (merger and acquisition) sono utilizzati come sinonimi,
anche se dal punto di vista contabile, legale e fiscale si tratta di operazioni diverse. Di
solito, per acquisizione s'intende l’acquisto della totalità o della maggioranza delle
5
Conclusioni a margine del convegno nazionale “Tra concentrazione e creazione di valore: sfide strategiche per le
banche europee”, Genova, 30 novembre 2006.
7
azioni di una impresa, o al limite di una percentuale inferiore se questo è sufficiente per
controllarla in maniera sicura. Una fusione origina la scomparsa dell’impresa acquisita,
quando quest'ultima è incorporata dall’acquirente (fusione per incorporazione), o la
scomparsa di tutte e due quando viene costituita una nuova società originata dalla
concentrazione delle due imprese (fusione propriamente detta). Il termine fusione in
questo lavoro deve essere interpretato in senso organizzativo, vale a dire come
integrazione totale o parziale delle funzioni gestionali in una unica struttura.
L’integrazione delle attività gestionali è un fatto che dipende da comportamenti
imprenditoriali e dalle caratteristiche delle due imprese coinvolte ed è indipendente dal
fatto che l’integrazione sia stata resa possibile da una fusione o da una acquisizione.
6
6
Brealy, Myers, Sandri, Principi di finanza aziendale, op. cit.
8
CAPITOLO 1
PANORAMICA SUI PROCESSI DI CONSOLIDAMENTO NEI MAGGIORI PAESI
INDUSTRIALIZZATI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL’ITALIA
1.1 Il contesto di riferimento
Il processo di concentrazione bancaria ha avuto connotati diversi nei vari paesi.
Ha preso avvio negli Stati Uniti nel corso degli anni Ottanta, inizialmente come
reazione delle banche alla diminuzione della propria redditività, e successivamente
quale effetto del processo di deregolamentazione iniziato nei primi anni ‘90, a seguito
dell’approvazione dell’Interstate banking, che ha permesso a ciascuna banca (dello
stesso stato) di costituire liberamente le filiali nel proprio stato e il Branching act, con il
quale si è rimosso il divieto per un istituto creditizio di operare al di fuori dei confini
statali, vincoli questi posti nel corso degli anni Settanta.
In Europa il fenomeno ha riguardato inizialmente la Gran Bretagna, per poi estendersi
ad altri paesi a seguito della nascita dell’Unione Monetaria, con il conseguente impulso
alle concentrazioni bancarie avvenute però essenzialmente entro i confini degli stati
d'origine; infatti, la maggioranza delle operazioni registratesi negli anni ‘90 ha avuto
come finalità quella del consolidamento in ambito nazionale, primo passo per
raggiungere il livello di efficienza desiderato, per poi spingersi verso quelle di tipo
cross-border che invece stanno registrando un trend sempre crescente.
Nel rapporto elaborato dal Gruppo dei dieci (2001) sono approfondite le cause e le
modalità del processo di consolidamento finanziario osservato nei principali paesi
industrializzati ed analizzati i possibili effetti della concentrazione sui rischi finanziari,
sull’efficienza delle istituzioni finanziarie, sulla politica monetaria, sulla concorrenza
ed i flussi creditizi, sui sistemi di pagamento e di regolamento.
In merito all’analisi riferita ai singoli paesi, il paper prende in considerazione la
situazione di tredici nazioni e pone in evidenza che più della metà delle operazioni di
acquisizione e fusione (55%) è stata realizzata negli Stati Uniti.
Un'indagine Mediobanca, avente per oggetto nel periodo 1998-2005 33 banche con
sede in Europa, 16 con sede in Giappone e 18 con sede negli Stati Uniti in quanto
rappresentanti di una quota significativa del totale aggregato delle attività di bilancio
della rispettiva area (assegnando ogni società ad una determinata area in funzione
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dell'ubicazione della sua sede sociale), evidenzia che i gruppi bancari hanno
significativamente aumentato la dimensione media sia per effetto della crescita interna
sia per operazione esterne di M&A.
In particolare l’aumento delle dimensioni medie è stato del 100% per le banche
europee
7
, 65% per quelle statunitensi e solo 4% per quelle giapponesi, per le quali la
crescita dimensionale è avvenuta pressoché integralmente con aggregazioni.
Prospetto 1 – Confronto tra i tassi di crescita media dei diversi paesi
1998 2004 2005 2005/2004 2005/1998 2005/1998
Eur mld variazione %
Europa 242,4 513,4 663 +29,1 +173,5 +100,5
Giappone 171,4 272,2 302,9 +10,7 +82,3 +4,2
Stati Uniti 108,9 234,5 307 +13,4 +184,1 +64,9
Tutte le banche 183,5 379,1 481,4 +27 +162,5 +69
Fonte: indagine R&S mediobanca
Come si evince dal prospetto sopra riportato nel 2005 la dimensione media in Europa
ha fatto registrare un aumento del 29% rispetto all’anno precedente, molto maggiore
rispetto all’11% del Giappone e al 13% degli Stati Uniti; c’è però da osservare che
questo aumento (in particolare in Europa il numero delle banche è diminuito di
un'unità) è ascrivibile al passaggio ai principi contabili IAS/IFRS (International
Accounting Standards / International Financial Reporting Standards) che prevedono un
maggiore utilizzo del criterio di valutazione delle poste patrimoniali rispetto al fair
value che, in linea di massima, fa riferimento al valore di mercato
8
.
7
Il valore dell’ultima colonna è stato calcolato da MedioBanca escludendo l’effetto delle fusioni tra i gruppi compresi
nel campione. Per l’Europa sono stati considerati 45 gruppi nel 1998, 34 nel 2004, 33 nel 2005, 104 gruppi nel 1998,
67 nel 2005 invece per la voce “Tutte le banche”. Le variazioni percentuali sono espresse in valuta locale per le banche
di Giappone e Stati Uniti e quindi influenzate dai rapporti di cambio con l’euro.
8
Questa impostazione è diretta ad avvicinare maggiormente le rappresentazioni di bilancio alle effettive caratteristiche
di rischio e di rendimento delle imprese; in particolare le banche europee hanno adottato per la gran parte questi
principi contabili a partire dall’esercizio 2005.
10
Sulla base degli attivi 2005 le banche europee evidenziano una dimensione mediamente
più elevata, oltre il doppio di quella giapponese e statunitense; tuttavia questi paesi
presentano un grado di concentrazione maggiore: le prime tre banche di Giappone e
Stati Uniti contano rispettivamente per il 64% ed il 59%, mentre le prime tre banche
europee rappresentano solo il 18% dell’area; tra il 1998 ed il 2005 la crescita più
intensa è avvenuta in Giappone mentre in Europa si è passati dal 23% al 29% per i
primi 5 gruppi, frutto questo di una deregolamentazione successiva rispetto a quella
avvenuta negli Stati Uniti. Per quanto riguarda i mergers del periodo 1998 - 2005 ben
47 sono stati mega-mergers (21 coinvolgono banche europee, 9 banche giapponesi e 17
banche statunitensi); nel 2006 si sono avuti altri 4 mega-mergers, 2 riguardanti gli Stati
Uniti e 2 l’Europa, tra i quali la fusione Banca Intesa-S.Paolo. Le operazioni elencate
nell’analisi MedioBanca hanno riguardato gruppi bancari appartenenti alla stessa area
sino al 2003, con l’eccezione dei paesi scandinavi. Nel 2004 e 2005 si sono verificate
due significative operazioni transfrontaliere: Unicredit ha acquistato HVB, terza banca
tedesca per dimensioni dell’attivo, ed il gruppo spagnolo Santander ha acquistato
l’inglese Abbey National.
Altre importanti acquisizioni all’estero che hanno avuto come protagoniste soprattutto
le banche europee sono state quella della Bankers Trust da parte di Deutsche Bank,
quelle dei gruppi svizzeri UBS e Credit Suisse nel 2000 negli USA e quelle delle
banche spagnole in America Latina, ove sono presenti anche gruppi olandesi quali ING
e ABN Amro e l’inglese HSBC Holding. Questa significativa espansione delle banche
europee nel periodo considerato è ben testimoniata dall’incremento di 23 punti
percentuali della forza lavoro impiegata al di fuori dei paesi di origine, che si attesta al
49,3% del totale nel 2005. Questi mega mergers sono stati realizzati per la gran parte
attraverso scambi azionari in quanto solo l’1% del totale, pari a circa 4,6 mld di $, è
stato pagato in denaro; in Europa, il controvalore complessivo delle operazioni che
hanno riguardato le banche europee dal 1998 al 2005 è stato pari a circa 190mld di
euro, di cui l’82% del totale, pari a 156mld di euro, ha avuto come contropartita
emissioni azionarie, mentre le fusioni tra banche giapponesi si sono svolte
esclusivamente con scambi azionari.
9
9
Tutte queste informazioni si riferiscono all’indagine MedioBanca, R&S 2006, non sono stati riportati i grafici per
ragioni di spazio a disposizione.