CAPITOLO 1: INTRODUZIONE
CARATTERI GENERALI DELLA RELIGIONE EGIZIA
La religione è il riflesso di una cultura. Per questo, per affrontare uno studio sulle dee
feline dell'Antico Egitto è necessario innanzitutto delineare i caratteri fondamentali della
religione e della religiosità egizie e comprendere il rapporto di questa società con il mondo
animale. Conoscendo la cultura egizia e la sua visone del mondo, comprendere i caratteri e
le relazioni tra le loro divinità risulterà più semplice.
La religione egizia è un complesso sistema politeistico costituito da circa 1500 divinità
legate tra loro da una fitta rete di interrelazioni che senza dubbio è un aspetto alquanto
affascinante della teologia egizia, ma, come scrive Richard Wilkinson, “To the modern
viewers this panoply of seemingly countless deities – including animal, human, hybrid and
composite forms – with their kaleidoscopic symbols and attributes often appears strange
and confusing at best and quite unintelligible at worst
1
.
Il culto solare era sicuramente il più importante per la società egizia a partire dalla IV
dinastia, una società agricola ai margini del deserto. Alcuni dei simboli più diffusi e
conosciuti si riferiscono proprio al culto del sole, come il disco solare, il serpente ureo
posto sulla fronte del faraone e di alcune divinità, e l'wdjAt, l'Occhio di Ra. Tutti questi
simboli, come vedremo più avanti, sono attributi anche delle dee leonesse, o loro
manifestazioni.
Gli antichi egizi avevano una visione del mondo fondamentalmente basata sul concetto di
dualismo. Esisteva cioè una tensione permanente tra opposti cosmici, come la luce e il
buio, quindi tra il giorno e la notte, tra la fertilità e la sterilità, ma soprattutto fra l'ordine e
il caos.
Uno dei concetti fondamentali della religione egizia è proprio quello di Maat (mAat),
1 R. Wilkinson, The complete gods and goddesses of ancient Egypt, Londra 2003, p. 6
4
l'ordine cosmico, la forza di coesione che tiene unito l'universo stabilito dal dio creatore
Atum. La Maat era strettamente legata al concetto di tempo, che nell'Antico Egitto aveva
un andamento ciclico, ad esempio nell'alternanza tra il giorno e la notte, visto come un
viaggio compiuto dal dio sole Ra , nell'avvicendarsi delle stagioni, nell'annuale ciclo di
piena e magra del Nilo o il passaggio dal vecchio al nuovo anno. Il faraone, in quanto
incarnazione del potere divino della regalità era quindi intermediario tra gli dei e gli
uomini, aveva il compito di garantire la Maat. Buona parte delle pratiche religiose
venivano svolte in funzione di appagare le divinità evitando così di sconvolgere l'equilibrio
cosmico.
Le pratiche religiose possono essere distinte in pratiche formali o statali e pratiche
popolari. Entrambe le tipologie cercavano di conseguire lo stesso scopo, vale a dire placare
le divinità
2
per garantire la Maat o influenzare il comportamento degli dei a proprio
vantaggio. I riti che venivano svolti erano sostanzialmente delle repliche immutate di
avvenimenti, azioni o espressioni del passato; perciò, per il grande rispetto che gli Egiziani
nutrivano per il passato, le liturgie dovevano essere svolte esattamente come avvennero in
origine, o comunque seguendo rigidi schemi. I riti statali venivano svolti nei grandi templi,
le dimore degli dei, e per questo tali edifici vennero costruiti in modo tale da resistere al
trascorrere del tempo. Pertanto non sorprende che la maggior parte delle testimonianze
architettoniche egizie siano da riferirsi all'ambito dell'architettura sacra. All'interno del
tempio, in una cella completamente buia era conservata la statua del dio, oggetto di un
culto giornaliero nonché di culti festivi che si svolgevano in giorni dell'anno stabiliti da
sacerdoti preposti a tale funzione. Questi riti potevano essere compiuti soltanto dal re, che
tuttavia era solito delegare tale compito ai sacerdoti. Tale culto si basava essenzialmente su
rituali magici, e in effetti religione e magia erano fortemente legate tra loro. La magia,
2 Non a caso la parola Htp (Ò) significa sia “offerta votiva” che “essere in pace”
5
heka (HkA), era considerata un fenomeno naturale, una forza in grado di prevenire o
superare eventi negativi e per questo fu divinizzata sotto forma del dio antropomorfo Heka.
I fedeli avevano accesso al temenos del tempio ma non al santuario vero e proprio. Soltanto
in poche occasioni la popolazione poteva adorare direttamente la statua del dio, anche se in
realtà questa restava comunque chiusa nel suo naos. Una simile occasione erano ad
esempio le feste dell'Apparizione del dio, quando la statua veniva portata nel cortile del
tempio, sulla barca processionale.
Per quanto riguarda le pratiche religiose popolari, non abbiamo molte testimonianze, a
causa dei minori mezzi impiegati per la costruzione delle cappelle locali che comunque
erano presenti in gran numero in tutto il paese. Abbiamo però molti oggetti votivi con
iscritte preghiere personali che venivano depositati come offerte alle divinità nei grandi
templi. Largamente estese nel Periodo Tardo, certamente queste pratiche erano diffuse
anche nei periodi precedenti, ma si andarono intensificando man mano che il potere del
faraone diminuiva. Il culto popolare comprendeva l'interpretazione dei sogni, richieste di
oracoli, preghiere personali o riti magici come quelli che si effettuavano durante i giorni
epagomeni
3
, ma i principali rituali popolari venivano svolti in occasione delle più
importanti transizioni della vita, come la nascita, la morte o la scelta del nome, ritenuto una
componente fondamentale di ogni individuo, sia esso divino, umano o animale.
3 L'anno egiziano era suddiviso in 12 mesi di 30 giorni ciascuno, per cui ogni anno era più corto di 5 giorni
rispetto all'anno astronomico. Per compensare questa lacuna, alla fine dell'anno venivano aggiunti cinque
giorni i quali, non rientrando nel computo dell' anno creato dagli dei, erano considerati particolarmente
nefasti in quanto gli egiziani erano esposti ai capricci di alcune divinità , tra le quali Sekhmet. Era un
periodo di transizione da un ciclo dell'anno all'altro in cui il normale corso ciclico del tempo nHH
giungeva ad un momento di stasi ed era quindi necessario ristabilire la Maat per garantire la ripresa del
ciclo annuale. L'importanza di questo periodo sta nel fatto che era un momento dell'anno caratterizzato
dall'ansiosa attesa dell'inondazione e della rinascita della vegetazione, fondamentali per l'esistenza del
popolo egiziano. Esistevano numerose formule magiche di protezione da questi giorni, molte delle quali
ci sono state tramandate dal Papiro Leiden I 346. M.J. Raven, “Charms for protection during the
epagomenal days”, in Essays on Ancient Egypt in honour of Herman te Velde, a cura di Herman te Velde
e Jacobus van Dijk, BRILL, Leiden 1997, p. 275
6
GLI DEI
Come per ogni altra religione, le divinità egizie nascono per dare una spiegazione ai
fenomeni della natura e al mistero dell'esistenza. Esse erano coinvolte in ogni aspetto della
natura e della vita umana ed è per questo che il loro numero risulta così elevato.
Nonostante le entità divine egizie siano circa 1500, soltanto per una piccola parte di queste
siamo in grado di delineare i rispettivi ruoli e caratteristiche; per la maggior parte degli dei
conosciamo soltanto il nome o sporadiche attestazioni che non ci permettono uno studio
approfondito. Oltre all'elevato numero, concorre a complicare le cose la fitta rete di
relazioni e rapporti sincretici che intercorrono tra le divinità: alcune potevano avere
molteplici manifestazioni, altre molteplici ruoli cosmici, alcuni fenomeni naturali potevano
essere assegnati a più di una divinità, infine alcune divinità potevano condividere
determinate caratteristiche o attributi a tal punto da rendersi indistinguibili l'una dall'altra
(come accadde ad esempio per Sekhmet e Mut
4
). Talvolta gli dei potevano essere
organizzati in triadi familiari (la più comune è quella tebana composta da Atum, Mut e
Khonsu) o coppie che rappresentavano la dualità di alcuni fenomeni, come Shu e Tefnut,
ma anche Sekhmet e Ptah. Insomma, ciò che a prima vista può apparire un sistema
religioso delineato e immutabile in realtà “...reveals a world of interacting gods and
goddesses whose myths and representations weave an amazing tapestry, often of
unexpected intellectual and artistic sophistication”
5
.
La vera natura degli dei era nascosta e misteriosa e agli uomini non era dato conoscere il
loro nome, ma neanche gli stessi dei conoscevano i nomi dei loro simili, per la grande
importanza che veniva conferita al nome stesso (ren): il nome non era semplicemente un
mezzo per designare una persona o un oggetto, ma conteneva il valore esistenziale di
4 Cfr cap. 5
5 R. Wilkinson, The complete gods and goddesses of ancient Egypt, op. cit., p. 6
7
quell'individuo o di quell'oggetto
6
; pertanto, pronunciare o scrivere il nome di una persona
equivaleva ad avere un grande potere su di lei. I nomi con cui gli dei erano conosciuti non
erano altro che manifestazioni degli stessi, ne esprimevano il carattere, come la potenza di
Sekhmet (da sxm, “potere”), il sole nascente Khepri (da xpr “divenire”), la dea della
scrittura protettrice degli scribi Seshat, il cui nome significa appunto “colei che scrive”.
Le rappresentazioni degli dei, quindi, non sono altro che immagini simboliche per dare una
forma riconoscibile a delle entità astratte e probabilmente anche per renderli in qualche
modo più vicini al mondo umano.
Nella lingua egiziana il dio veniva indicato genericamente con la parola nTr (Ð ) il cui
simbolo geroglifico rappresenta un feticcio a forma di stendardo. Questa parola in realtà ha
un'accezione diversa rispetto a quella moderna: nTrw non sono soltanto gli dei, ma qualsiasi
entità sovrannaturale, quindi anche i defunti “giustificati” e altre entità minori, che
potremmo chiamare “demoni”. Questi potevano avere sia caratteri maligni, come alcuni
demoni associati alla dea Sekhmet, sia caratteri benevoli, molto spesso invocati per
proteggersi dai demoni malvagi. A differenza degli dei principali, che tendevano ad essere
più universali, i demoni erano spesso definiti da specifiche azioni o comportamenti ed
erano subordinati agli dei svolgendo per loro incarichi a comando
7
. Un concetto
fondamentale nella concezione religiosa comune anche ad altre civiltà, è quello di sxm,
“potere”; non a caso il simbolo del potere divino è proprio lo scettro sHm ( è ): avere
potere su qualcuno, o qualcosa, significava averne il totale controllo e determinarne quindi
il destino. È per questo che gli uomini non potevano conoscere il nome degli dei, ed è per
questo che una delle dee più potenti è Iside, la quale conosceva il nome di Ra. Nelle scene
in cui viene descritta la disfatta del serpente Apopi, ad esempio, le iscrizioni solitamente
6 P. Germond, Sekhmet et la protection du monde, Génève 1981, p. 108
7 D. Meeks, “Zoomorphie et images des dieux dans l'Égypte ancienne”, in Corps des Dieux, a cura di C.
Malamoud e J-P Vernant, Parigi 1986, p. 182
8
recitano che il dio che lo ha sconfitto ha potere su di lui, intendendo con ciò che la divinità
aveva la facoltà di decidere il suo destino e impedirgli di compiere il suo scopo.
Infine, una caratteristica tutt'altro che rara nella religione egizia è l'ambivalenza. Dal
momento che tutta la visione del mondo si fondava per gli Egizi sulla contrapposizione
degli opposti, molte divinità presentano sia caratteristiche benefiche sia aspetti terrificanti,
come ad esempio accade per la dea Sekhmet
8
.
Le principali attestazioni che abbiamo delle divinità egizie provengono dai templi, dalle
tombe e dai testi religiosi. Tuttavia i templi ci offrono una visione parziale, poiché spesso
mancano dati architettonici per determinate aree del paese o periodi storici. I testi religiosi
(i Testi delle Piramidi e i loro derivati più tardi – Testi dei Sarcofagi, Libro dei Morti, Libro
dell'Amduat, ecc.) ci offrono testimonianze inestimabili sul carattere e i ruoli degli dei, ma
molto spesso queste informazioni sono alquanto criptiche e di difficile interpretazione.
8 Cfr. Capitolo 3, pp. 49-67
9
CAPITOLO 2: IL CULTO DEGLI ANIMALI
GLI ANIMALI NELLA CONCEZIONE RELIGIOSA EGIZIA
Il rapporto dell'uomo con il mondo animale al momento della nascita della religione egizia,
nel periodo preistorico, era molto stretto e particolare, e si riflette sia nei caratteri e nei
ruoli in seguito affidati alle divinità, molte delle quali erano rappresentate con testa
animale e corpo umano, sia in vari altri aspetti della cultura egizia, come la scrittura
9
.
L'uomo non si sentiva affatto in posizione dominante rispetto al mondo animale, anzi,
nutriva nei suoi confronti un rispetto reverenziale, considerandoli superiori e più forti di lui
e pertanto più temibili e venerabili. Proprio gli animali più pericolosi assumono spesso una
grande importanza nella teologia egizia e hanno nella maggioranza dei casi ruoli protettivi,
come avviene per le dee leonesse. Perciò non deve stupire il fatto che animali pericolosi
come il leone o il cobra fossero considerati protettori del dio sole Ra e quindi
indirettamente del faraone, suo erede sulla terra.
Come scrisse H. Frankfort “non umani, quindi sovrumani, incapaci di alterarsi, gli animali
per questa ragione sono un simbolo vivente del divino”
10
.
Nel mito della creazione in cui Khnum forgia l'uomo con la sua ruota da vasaio, in realtà il
dio crea allo stesso modo anche gli animali
11
. Non esisteva una divisione tra umani e
animali: uomini, dei, animali erano tutti esseri viventi allo stesso modo. Il trattato di
teologia menfita, datato al regno di Shabaqo, ma probabilmente redatto originariamente nel
III millennio a.C. , descrive il cuore e la lingua del dio creatore Ptah presente in “ogni dio,
ogni persona, ogni animale, ogni verme, ogni cosa che vive”.
Nell'età dell'oro l'uomo e il divino erano una cosa sola. Nel mito della distruzione degli
9 Nel sistema di scrittura geroglifica almeno 1 segno su 4 ha a che fare con il mondo animale. H. teVelde,
“A few remarks upon the religious significance of animals in ancient Egypt”, in Numen, V ol. 27, Leiden
1980 Leiden 1980, p. 76
10 H. Frankfort, Ancient Egyptian Religion. An Interpretation, New York, 1948, pp. 8-14
11 H. Te Velde, “A few remarks upon the religious significance of animals”, op. cit., p. 77
10
uomini appare soltanto l'umanità come fautrice delle rivolte contro Ra; il resto degli esseri
viventi non compare; si potrebbe pensare che si schieri spontaneamente al fianco degli dei,
dal momento che Ra dà a sua figlia l'aspetto della leonessa.
Ci racconta Erodoto
12
: “L'Egitto non è ricco di animali; e quelli che ci sono son tutti
ritenuti sacri; gli uni vivono con gli uomini, altri no.[...] Per gli animali c'è questa
istituzione. Sono designati fra gli Egiziani, per il mantenimento di ogni specie di bestie, dei
guardiani di ambo i sessi: onore che si trasmette di padre in figlio. E gli abitanti delle città
adempiono con loro, caso per caso, i seguenti voti che, per l'avvenuta guarigione dei figli,
essi fanno alla divinità cui l'animale è sacro. Radono ai fanciulli o tutta o la metà o la
terza parte della testa, mettono in una bilancia una quantità d'argento corrispondente ai
capelli, e l'argento che fa inclinare la bilancia viene consegnato alla guardiana degli
animali, la quale per questo compenso fa a pezzi dei pesci per darli da mangiare alle
bestie. Questo è stabilito per il loro mantenimento. Se poi una delle bestie viene uccisa
accade questo. Se volontariamente, c'è la pena di morte; se involontariamente, si paga
una multa stabilita dai sacerdoti.”
13
Il ruolo degli animali nella religione egizia è forse uno dei più incompresi, a partire dall'età
antica: nel testo appena citato Erodoto scrive che per gli Egiziani tutti gli animali erano
sacri, mentre sappiamo bene che ciò non corrisponde al vero.
Il grande valore religioso affidato ad alcune specie, e la rappresentazione delle divinità con
la testa del proprio animale sacro, affascinò gli stranieri, ma fu anche oggetto di derisione,
ad esempio da parte dei Greci, e anche di disgusto.
Non possiamo stabilire il momento preciso in cui nacque la religione egizia, né quando
fecero la loro comparsa le immagini miste degli dei. Tuttavia alcuni dati possono essere
d'aiuto: animali che un tempo popolavano la Valle del Nilo, ma che scomparvero
12 Erodoto, Storie, Libro II, 65
13 Traduzione tratta dal sito http://dariosoldani.interfree.it/erodoto/storieIIA.html
11
progressivamente a partire dal periodo predinastico, come l'elefante, il rinoceronte e la
giraffa, non appaiono nel pantheon egizio. Quindi possiamo dedurre che sia il periodo
predinastico il momento di formazione della religione egizia, contemporaneamente alla
nascita dello stato faraonico. Questo processo poi si concluderà all'alba del III millennio a.
C. con le prime due dinastie: è proprio nel momento in cui lo stato acquisisce una solida
struttura che le figure del pantheon egizio assumono un aspetto definito e riconoscibile.
La prima forma della religione egizia sembra basarsi sull'adorazione di feticci in materiali
deperibili di cui non ci è rimasta traccia se non indirettamente come, ad esempio, nel
simbolo della parola nTr, o nelle etichette predinastiche, come quella di Djer, proveniente
da Abido
14
.
L' insieme delle credenze religiose egizie sorse quindi presumibilmente nel periodo
Calcolitico (IV millennio a. C.) quando si diffondono le inumazioni di animali,come la
gazzella o lo sciacallo, avvolti in bende, accompagnati da corredi funerari, sia in sepolture
singole che inumati insieme a degli umani.
15
Secondo Meeks questo fatto appare ambiguo:
spesso si tratta di animali selvatici, ma sembra da escludere che si tratti di selvaggina
dedicata come semplice offerta alimentari alla divinità. Meeks la considera piuttosto la
prima attestazione di un culto in cui l'animale serviva da supporto al divino.
16
Figure di animali venivano dipinte sui vasi o scolpite nell'argilla, ma è soltanto a partire
dalla II dinastia che gli dei cominciano ad essere rappresentati nella caratteristica forma
mista, con corpo umano e testa animale, per esprimere concetti teoretici come la regalità o
i poteri dell'universo e i fenomeni naturali. Le prime testimonianze che abbiamo a riguardo
sono dei vasi in pietra provenienti da Saqqara e datati ai regni di Hotepsekhemwy e Raneb
con incisioni della dea Bastet con corpo di donna e testa di leonessa.
17
14 R. Buongarzone, Gli dei egizi, Roma 2007, pp. 10-11
15 Ibid., p. 12
16 D. Meeks, “Zoomorphie et images des dieux“, op. cit., p. 173
17 R. Buongarzone, Gli dei egizi, op. cit., p. 14
12