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un chiaro riferimento ai provvedimenti della vigilanza bancaria e alla possibilità di
poter ridefinire degli equilibri interni dell’ordinamento finanziario. Infatti vi è una
dissonanza di fondo che caratterizza gli interventi delle Autorità di controllo che
vanno al di là degli obiettivi che l’azione di vigilanza si prefigge. Diciamo che in un
certo senso si inseriscono delle finalità che sono proprie di un assetto politico-sociale
che guardano soprattutto alla crescita economia del paese anzichè fermarsi ad operare
in modo tale da raggiungere la stabilità del sistema. Stabilità che tra l’altro è venuta
meno quando due grosse crisi, rispettivamente CIRIO e PARMALAT, si sono
manifestate. Queste, infatti, hanno colpito negativamente e gravemente gli investitori
e i fruitori dei servizi finanziari, tant’è che, mettendo a dura prova il sistema
disciplinare vigente, ha visto il sorgere di alcuni vincoli normativi. Quindi si è sentita
la necessità di andare alla ricerca di una nuova regolamentazione dell’attività
finanziaria cercando di mettere in atto delle misure che possano frenare e porre
rimedi a detti fallimenti in maniera tale da far cessare il forte clima di sfiducia che,
nel nostro Paese, ha travolto i risparmiatori-investitori.
La legge 262/2005 cerca di dare vita ad una maggiore trasparenza invece di
intensificare i limiti, creando così un sistemi di divieti. L’obiettivo di trasparenza è
implicito nelle regole che impongono alla Banca d’Italia di rendere previamente
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pubblici i principi e i criteri della propria attività, di pubblicare una relazione annuale
secondo quanto previsto dalla legge 241/90. Vi è l’obbligo per la stessa di motivare le
decisioni e di pubblicare i provvedimenti aventi carattere generale. Ciò che si vuole e
deve garantire, attraverso l’operatività dell’Autorità, è il perseguimento del principio
della “sana e prudente gestione”, che ogni banca deve fare proprio. La Banca d’Italia
rivolge il suo intervento in tal senso tramite verifiche degli assetti bancari.
Il sistema italiano è basato sul pluralismo autoritativo di vertice i cui organi di
controllo risultano essere assegnatari di competenze specifiche: stabilità, trasparenza,
concorrenza rispettivamente perseguite da Banca d’Italia, CONSOB, Antitrust. E
questo ci consente di delineare una vigilanza trasversale basata sulla collaborazione
tra le auorità nel perseguimento dei propri fini. A fronte del tentativo di introdurre un
sistema di vigilanza per funzioni, dato che intervengono in tale ambito anche ISVAP
e COVIP, può dirsi venuto meno l’intento di una piena coerenza con il principio di
competenze per finalità. Ecco quindi la critica rivolta ad una vigilanza con riparto di
competenze che fa riferimento più ai soggetti che alle funzioni.
L’ordinamento italiano impone per l’attività bancaria la forma organizzativa di
impresa sottoponendo a controllo pubblico sia l’accesso al mercato bancario, sia
l’organizzazione delle banche, sia l’esercizio dell’attività di queste attraverso vincoli
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afferenti le operazioni di raccolta e di impiego. Questo perchè, per assicurare la
liquidità e la stabilità del sistema, non sono sufficienti solo elementi come quello del
mercato e la libertà imprenditoriale. Ciò che viene a caratterizzare l’insorgere della
crisi bancaria è riconducibile a due cause: innanzitutto il rapporto di fiducia che se
viene a mancare provoca degli squilibri patrimoniali e finanziari determinando la
famigerata “corsa agli sportelli” anche quando effettivamente non sussistono degli
elementi di grave illiquidità per la banca. Questa crisi è caratterizzata, altresì, per il
suo effetto domino, cioè la capacità che ha di investire le altre imprese bancarie del
sistema, diffondendo il panico tra i risparmiatori portandoli a ritirare i loro depositi.
Ciò crea una difficoltà, se non una impossibilità, da parte delle banche di far fronte a
tali richieste. Venendosi a creare il crollo del sistema bancario si viene a creare un
blocco nell’economia in quanto il motore di essa viene identificato proprio nel
sistema banche; infatti è da queste che le industrie ottengono i capitali necessari,
attraverso crediti e finanziamenti, per lo svolgimento della loro attività. Quindi
blocco del credito vuol dire blocco economico.
Elementi come quelli della tutela del risparmio, osservanza di una buona condotta
bancaria attraverso il rispetto della trasparenza delle condizioni contrattuali e di
operazioni svolte dalla banca stessa, ed elementi come quelli imperneati sull’azione
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tempestiva e preventiva della Banca d’Italia che, quale organo supervisore del
sistema bancario, si avvale di strumenti come la vigilanza, possono e devono essere
attentamente e prontamente esaminati per assicurare una linearità e una stabilità del
sistema stesso.
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IL RUOLO DELLA VIGILANZA NELLE CRISI BANCARIE
1. La vigilanza bancaria
La vigilanza bancaria persegue un solo obiettivo: “la sana e prudente gestione”
dell’impresa. Dal punto di vista dei fini e degli oggetti, la stessa viene ad essere una
vigilanza ben delimitata in quanto si esercita solo sull’impresa e non anche sul
mercato e persegue la stabilità e l’efficienza dell’ente e non anche l’adeguamento
coatto delle scelte d’impresa alle decisioni di politica economica del potere politico.
Definiti negli oggetti e nei fini, i poteri di vigilanza sono stati tuttavia affidati per la
concreta articolazione alle decisioni delle Autorità creditizie. La vigilanza del sistema
bancario rimane di competenza di dette Autorità e soprattutto della Banca Centrale
del Paese, nel nostro caso alla Banca d’Italia. In ambito comunitario si denota solo il
potere-dovere di contribuire ad una buona conduzione delle politiche perseguite dalle
competenti Autorità per quanto riguardala vigilanza prudenziale degli enti creditizi e
la stabilità del mercato finanziario, potere che spetta al Sistema Europeo delle Banche
Centrali. Al contrario, la Banca Centrale Europea può compiere specifici compiti in
merito a detta vigilanza non solo per gli enti creditizi, ma anche per le altre istituzioni
finanziarie. Il Decreto Legislativo 197/2004 ha aggiunto un tassello alla creazione di
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un mercato bancario comunitario stabilendo l’efficacia per tutti i paesi dell’Unione
Europea dei procedimenti di risanamento e liquidazione di una banca adottati dallo
Stato di origine della stessa.
Il nostro Paese ha vissuto una situazione non ottimale quando, nel 2002-2003, due
grossi gruppi industriali, quali CIRIO e PARMALAT, sono crollati avendo
ripercussioni sul risparmio investito nei titoli che gli stessi avevano emesso e
collocato presso il pubblico dal sistema bancario. Ciò che emerge da questo crollo
sono carenza dell’ordinamento societario e non solo; sono messi in luce i conflitti di
interesse nei quali erano coinvolte le banche
1
; infine spicca la carenza del sistema di
vigilanza su banche e mercati finanziari, quindi una carenza ascrivibile alla Banca
d’Italia e alla CONSOB. In merito alla vigilanza della CONSOB sul mercato
mobiliare, furono presentati provvedimenti in Parlamento nel periodo 2003-2004.
Queste riforme erano volte a ridisegnare il rapporto tra le varie Autorità di vigilanza
sulla base della diversità per funzioni (per finalità e non per soggetti); a contenere i
conflitti di interesse nei quali incorre la banca universale.
1
Le banche collocavano presso il pubblico titoli spazzatura per diminuire, con il ricavato, la propria esposizione nei
confronti degli emittenti.
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Ma molti di quei progetti, soprattutto quelli governativi, tendevano a ridimensionare
il ruolo della Banca d’Italia sia in materia di concorrenza, sia per ciò che concerne la
sua dipendenza dal Governo.
La legge 262/2005 ha solo lievemente affrontato il problema dell’organizzazione
dell’Autorità di vigilanza sul sistema finanziario. Ci troviamo di fronte ad un sistema
ibrido dove vi è il convivere di una pluralità di soggetti, quali Banca d’Italia,
CONSOB, ISVAP, COVIP, dove, come si sottolinea più volte, vi è una competenza a
volte per soggetti
2
, a volte per funzioni
3
; a volte per attività
4
. Nel nostro ordinamento
il coordinamento dell’attività di vigilanza è affidato, da una parte alla legge, e
dall’altra, alla capacità delle Autorità stesse di autoregolarsi e di collaborare.
L’articolo 20 di detta legge, intitolato “coordinamento delle attività delle Autorità”,
stabilisce espressamente che “la Banca d’Italia, CONSOB, ISVAP, COVIP e
l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel rispetto della reciproca
indipendenza,individuano forme di coordinamento per l’esercizio delle competenze
ad esse attribuite, anche attraverso protocolli d’intesa o l’istituzione, senza nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di comitati di coordinamento”. La
2
L’ISVAP esaurisce la vigilanza sulle imprese di assicurazione.
3
Sul mercato mobiliare la Banca d’Italia tutela la stabilità degli intermediari e la CONSOB la trasparenza e la
correttezza dei trattamenti.
4
Sull’attività bancaria, la competenza della Banca d’Italia ricomprende oltre la stabilità dei soggetti, anche la
trasparenza dei contratti.
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stessa legge richiede anche la formazione di archivi gestiti che restano sottoposti al
segreto d’ufficio secondo le disposizioni previste dalla legge per l’Autorità che per
prima ha prodotto l’informazione o il documento negli stessi inserito.
Le banche godono della riserva di legge prevista dal 3° comma dell’articolo 41 della
costituzione; da ciò deriva che le Autorità creditizie possono porre vincoli alla libertà
d’impresa delle banche, per quanto concerne sia la loro autonomia organizzativa, sia
la loro operatività, soltanto nei limiti e negli scopi legislativamente previsti. Ancora a
norma dell’articolo 5 t.u.b., le autorità esercitano i loro poteri avendo riguardo alla
sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilità complessiva, all’efficienza
alla competitività del sistema finanziario, nonché all’osservanza delle disposizioni in
materia creditizia. Si mette in evidenza come dette Autorità godano anche di
un’ampia discrezionalità che si spinge addirittura alla possibilità di non esplicare i
poteri loro attribuiti, sebbene esse debbano esercitarli per la tutela degli interessi
affidati alla loro cura. L’articolo 6 t.ub. evidenzia come le stesse debbano:
• Esercitare i poteri loro attribuiti in armonia con le disposizioni comunitarie;
• Applicare i regolamenti e le decisioni della comunità;
• Provvedere in merito alle raccomandazioni in materia creditizia e finanziaria.
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Si evince come l’ordinamento comunitario sia un elemento che limita la
discrezionalità delle Autorità, non solo sotto il profilo degli scopi perseguiti, ma
anche degli strumenti che possono essere adottati.
In una visione d’insieme, il t.u.b. tende a suddividere la vigilanza in “vigilanza delle
banche”, capo I (artt. 51-58) e “vigilanza su base consolidata”, capo II (artt. 58-69),
entrambi capi del titolo III. Il primo tipo di vigilanza fa riferimento alla singola banca
in quanto tale; la seconda fa riferimento al fenomeno dei gruppi bancari e, più
precisamente, alle partecipazioni delle banche in altre società e di queste ultime nelle
prime. Vi è la consapevolezza che i rischi insiti della partecipazione possano
compromettere la “sana e prudente gestione della banca”, nonché la sua stabilità. Nel
2005 è stato emanato il Decreto Legislativo 142/2005 che fa riferimento alla
vigilanza sui conglomerati finanziari; ogni qualvolta siamo di fronte ad essi, vi sarà
una vigilanza supplementare esercitata dalla Banca d’Italia quando la componente
bancaria e di intermediazione mobiliare avrà una rilevanza prevalente su quella
assicurativa.