Introduzione
A questa difficoltà si deve aggiungere il fatto che il diritto proprio della
Congregazione di Casamari è innestato su quello proprio dell'Ordine Cistercense,
il quale a sua volta si è costituito sulla Regola di S. Benedetto. Quindi prima di
procedere all'analisi vera e propria delle fonti si studieranno più in generale le
costituzioni nel panorama cistercense risalendo fino alla Regola di S. Benedetto e
alla Carta di Carità.
Successivamente verranno esaminate le Constitutiones di Casamari in
ordine cronologico, inquadrandole nelle diverse fasi storiche del monastero.
Quelle che seguono saranno le principali tappe del lavoro:
1623: Casamari entra a far parte della Congregazione
Cistercense romana.
1
1717: Il monastero accetta la riforma dei Cistercensi della
Stretta Osservanza provenienti da Buonsollazzo.
1842: I monaci di Casamari maturano l'idea di una
congregazione autonoma, come si evince dal titolo delle
Costituzioni dell'abate Don Sergio Micara.
1
Per questa cronologia: Sebastiano Paciolla, Statuto dell’ufficio dell’abate di Casamari (Studio sistematico
giuridico).
Introduzione
1864: Papa Pio IX approva le nuove Costituzioni, in base alle
quali Casamari e i monasteri da essa dipendenti costituiscono
una congregazione monastica per diritto privilegiato,
direttamente soggetta alla S. Sede.
1892: L'Abbazia di Casamari con le sue dipendenze non
aderisce al nuovo Ordine dei Cistercensi della Stretta
Osservanza, né viene incorporata alla Congregazione
Benedettina Sublacense.
1929: Casamari viene eretta come Congregazione canonica e
aggregata all'ordine Cistercense.
Si cercherà di arricchire l'analisi delle Costituzioni illustrando l’evoluzione dei
vari istituti ed uffici ecclesiastici ( l'abate, il capitolo ecc.), e la trasformazione
della vita dei monaci dell'Abbazia.
Capitolo 1
Dalla Regola alle Costituzioni.
1.1 Definizione.
Con la denominazione di Costituzioni, usata sempre al plurale, la terminologia
ufficiale canonica indica il codice delle norme particolari che governa i singoli
Istituti Religiosi.
Il termine deriva dal verbo latino “constituere”, che infatti significa:
stabilire, ordinare per un dato fine. In epoca romana il concetto di
“costituzione” si trova riferito essenzialmente a quello di legislazione in senso
materiale, come è indicato da un celebre passo delle Istituzioni che riferisce il
verbo constituere sia alla legge sia alle altre fonti normative.
Più precisamente il vocabolo servì, prima, ad indicare le varie norme
emanate dagli imperatori romani, poi, quelle degli imperatori medievali, dei
pontefici e di altri principi, come sinonimo di ordinanza, decreto e simili. Nei
primi secoli della vita religiosa il codice primario, che raccoglieva le norme
costitutive e fondamentali delle singole Istituzioni religiose, ebbe il nome di
Regola.
Dalla Regola alle Costituzioni
Essa era legge sovrana, dettata dal Fondatore di un ordine, che
disciplinava l’andamento di tutta la vita monastica. La necessità di interpretarla
e di adattarla alle circostanze dei tempi e dei luoghi, fece aggiungere ad essa
compilazioni accessorie, contenenti norme più minute e particolareggiate, che
venivano designate con varia terminologia: Instituta, Statuta, Ordinationes,
Definitiones, talvolta anche Consuetudines; finché a partire dal XII sec. ebbe
inizio l’uso di chiamarle prevalentemente CONSTITUTIONES.
Regola e Costituzioni , tuttavia, non ebbero sempre lo stesso significato
nel corso della storia della vita religiosa, anzi subirono continui cambiamenti.
Nel XIX sec. per esempio, le Costituzioni rappresentavano il codice
fondamentale dell’Istituto Religioso, mentre le Regole venivano utilizzate
come regolamenti e prescrizioni particolari.
2
Per questo motivo bisognerà di volta in volta affrontare una serie di
questioni:
- il valore preciso della terminologia in un dato momento storico,
- la natura giuridica delle norme,
2
Testimonia ciò il frontespizio delle “Constitutions et regles” delle Figlie del Bambin Gesù fondate in Francia
da Natalie Doignies.
Dalla Regola alle Costituzioni
- il modo in cui esse si sono formate (un fondatore in qualità di legislatore? una
comunità? una consuetudine antica?),
- il genere letterario in cui sono state espresse.
I Canonisti suddividono la storia “giuridica” della Chiesa Latina in tre
periodi principali:
- il periodo della Regola (tipico degli Ordini monastici, canonicali, e
mendicanti),
- il periodo dell’Institutum (tipico di alcuni Chierici Regolari),
- il periodo delle Constitutiones (tipico delle congregazioni moderne).
Dalla Regola alle Costituzioni
1.2 Il periodo della Regola in Oriente.
La nozione di Regola è propria della Chiesa Occidentale, in Oriente si
riscontra ma in forme ben diverse, meno giuridiche e meno diversificate.
Nei primi secoli del Cristianesimo la vita religiosa era impostata sul
volontario rispetto delle sacre scritture. Prima del IV sec. neppure gli asceti
avevano una Regola; Ladeuze,
3
a questo proposito scrive: “Il n’y eut toutefois
d’abord entre ces ascètes voisins que les relations ordinaires di maitre à élève.
Ainsi, Antoine, dans les visites qu’il faisait aux moines réunis autour de lui, ou
qu’il en recevait, leur dispensait ses avis spirituels et les conseils que lui
suggérait sa prudence. Mais, ces instructions une fois données, on se séparait
et chacun rentrait dans sa cellule ou sa caverne pour y suivre la régle de
conduite qui lui convenait. Peu à peu, ces relations devinrent plus ètroites et la
direction de celui que les solitaires vénéraient comme leur père, plus
constante... On en vint à établir près de la cellule du veillard... une sorte de
maison commune d’ou l’on tirait les provisions nécessaires aux ermites...
Cependant, chacun vivait à part, travaillait, mangeait, priait à part, sans etre
soumis à une règle proprement dite”.
3
P. Ladeuze, Etude sur le cenobitisme pakhomien, Louvain 1898.
Dalla Regola alle Costituzioni
Ben presto il vescovo di Alessandria, Atanasio, sentì il bisogno di
orientare in senso determinato il monachesimo che stava prendendo forma.
Egli non redasse un documento legislativo, ma scrisse la Vita di Antonio
“che basta agli uomini per definire la loro ascesi”. In quest’opera Atanasio non
prescriveva di imitare le prodezze del Santo, non dava neanche un minimum di
pratiche da osservare; indicava solamente un ideale di vita da seguire per
realizzare a pieno il fine della vita ascetica.
Dall’Anacoretismo egiziano derivavano gli Apophthegmata, le
Conferenze e le Istituzioni di Cassiano, da cui emergeva l’importanza data
all’autorità del padre spirituale; ma tutto ciò ancora non costituiva una Regola.
Con il Cenobitismo si intensificava la vita comune, si rendevano, quindi,
necessarie delle norme per realizzare, da un lato la pacifica e ordinata
convivenza, dall’altro la protezione dell’individuo.
Tra le comunità che sorsero in Egitto si impose ben presto quella di S.
Pacomio. Gran parte delle sue usanze ci sono giunte attraverso la Regola di S.
Pacomio, anche se neppure questa può definirsi ancora una Regola, mancando
di unità e coerenza. Se la Regola di S. Pacomio si riferisce alle Sacre Scritture,
lo stesso può dirsi di quella di Basilio, che si è mantenuta in Oriente fino ai
nostri giorni.
Dalla Regola alle Costituzioni
Il nome di Regola fu dato all’opera di Basilio da S. Benedetto (S. Basilio
infatti fu l’unico autore che S. Benedetto nominava espressamente
chiamandolo “ nostro Santo Padre”). In realtà non si trattava di una regola vera
e propria, ma di una raccolta di risposte improvvisate, con le quali il Santo
spiegava semplicemente il Vangelo ed elogiava la vita in comune, il silenzio,
la temperanza, l’astinenza da alcuni cibi, l’obbedienza totale a Dio.
Ciò che distingue radicalmente l’opera di Basilio è che egli non indicava
ai suoi discepoli ciò che doveva caratterizzarli e quindi distinguerli dal resto
dei cristiani, ma al contrario evidenziava quanto c’era di comune in tutta la
Chiesa.
Anche se la maggior parte delle risposte era improvvisata e senza
pretese, il valore dell’opera sta nel suo costante riferirsi all’ideale
scritturistico,
4
non a caso l’influsso di Basilio è stato molto vasto in tutte le
Chiese Orientali.
4
J. Gribomont, Histoire du texte des Ascétiques de st. Basile, Lovanio 1953.
Dalla Regola alle Costituzioni
1.3 Il periodo della Regola in Occidente.
La Regola che raccoglieva consuetudini, tradizioni, esperienze da tramandare,
non era che l’ultimo atto di un’esperienza di gruppo, la carta fondamentale che
fissava, dopo alcuni decenni di vita comune, le cose acquisite.
Il punto di riferimento iniziale era il fondatore, che con la sua vita
diveniva centro di attrazione e modello di azione, dalla sua autorità nasceva la
Regola. E’ chiaro quindi che le Regole si svilupparono parallelamente alla vita
monastica, prima di questo unica legge erano le Sacre Scritture e i Trattati dei
Padri della Chiesa (dagli Apostoli, a S. Gregorio Magno, a S. Ambrogio, ecc.).
La vita monastica organizzata fiorì in Occidente più tardi che in Oriente
e fino alla grande diffusione della Regola Benedettina rimase un fenomeno
piuttosto isolato.
Nel IV sec. si diffusero la Regola di Pacomio e, attraverso la traduzione
di Rufino, quella di Basilio; venne alla luce poi la Regola di G. Cassiano, ma
ancora non c’era chiarezza sul suo esatto significato, anzi Cassiano usava
ancora la parola Regola al plurale. Fu la “Regula Macarii” a precisarlo in
qualche modo, parlando di sé come un codice scritto che disciplinava la vita di
un monastero.
Dalla Regola alle Costituzioni
Un’altra Regola che bisogna ricordare per il segno lasciato nella storia
della Chiesa è la “Regula Augustini”. Sotto questo nome oggi vengono
raggruppate tre opere: la Consensoria monachorum, l’Ordo monasterii e il
Praeceptum. Più precisamente esse vengono indicate con i nomi di Regula
prima, Regula secunda, Regula tertia.
Secondo il Verheijen
5
la Regola di Agostino nel vero senso della parola
è rappresentata dal terzo scritto: il Praeceptum (si tratta di una regola
monastica indirizzata ai “servi di Dio”, viventi in un monastero, ma sacerdoti).
Sulla paternità agostiniana di queste opere non c’è assoluta certezza, ma da
esse sicuramente si possono ricavare i principi del monachesimo Agostiniano.
Secondo il Santo la vita monastica doveva essere vissuta in comune
“Primum, propter quod in unum estis congregati, ut unanimes habitetis in
domo, et sit vobis anima una et cor unum in Deum”,
6
allo scopo di raggiungere
l’unità cristiana delle anime e dei cuori. I fratelli non dovevano tendere verso
una santità individuale, ma dovevano avere “una sola anima e un solo cuore”.
5
L. Verheijen, La Règle de Saint Augustin, Parigi 1967.
6
Agostino, prefazione del Preceptum.
Dalla Regola alle Costituzioni
Per Agostino la “anima una è l’anima unica Christi e perciò l’anima
unica della Chiesa. Nel monastero si apprendeva la pratica dello spirito
ecclesiale, la mentalità che conviene ai membri del Corpo di Cristo”.
7
Tra le esigenze della vita monastica quella più importante per Agostino
era la messa in comune dei beni materiali, sull’esempio della prima comunità
cristiana in Gerusalemme nella quale nessuno possedeva alcunché di proprio
tutto era comune e tutto veniva distribuito a ciascuno secondo i suoi bisogni.
Seguivano poi il digiuno, l’obbedienza, la preghiera, la correzione fraterna (in
una comunità cristiana tutti sono responsabili della salvezza di tutti).
L’influenza della Regola di S. Agostino sulla legislazione monastica
posteriore è stata molto ampia. Il Lambot
8
ha dimostrato che Cesario da Arles
utilizzò il Praeceptum e l’Ordo monasterii per comporre la sua Regula ad
Virgines. A. de Vogué
9
ha posto in rilievo la dipendenza di S. Benedetto dalla
Regola agostiniana, soprattutto per il senso della persona e delle relazioni
personali.
7
L. Verheijen, S. Augustine’s Monasticism in the Light of Acts, Villanova-Pa 1979.
8
C. Lambot, La régle de st. Augustin et st Césaire, in RevBen 41.
9
A. de Vogué, La communauté et l’abbé dans la Règle de st Benoit, Parigi 1961.
Dalla Regola alle Costituzioni
Il Concilio Lateranense IV del 1215 riconobbe il Praeceptum come una
delle regole in grado di sostenere la vita di un Ordine religioso e una delle
possibili Regole da adottarsi da parte delle nuove fondazioni. S. Domenico,
infatti, la utilizzò per i “Frati Predicatori” aggiungendovi, tuttavia, apposite
Costituzioni (Costituzioni domenicane).
Nel VI sec. comparvero simultaneamente in Italia e in Gallia le Regole
del Maestro e di Cesario da Arles, entrambe contenevano degli elementi nuovi.
Precisavano e moltiplicavano le formalità per l’ammissione nel monastero,
imponevano ai monaci la rinuncia scritta ad ogni proprietà, sostituivano alla
cella delle origini il dormitorio comune, diversificavano l’orario secondo le
stagioni, regolavano nei minimi dettagli le modalità della preghiera comune.
Per l’ampiezza e la ricchezza del contenuto, ma anche per l’ordine e il
metodo utilizzati, la Regola del Maestro era un’opera del tutto nuova, tanto che
fu utilizzata anche da S. Benedetto.
Il Cenobitismo latino dalla fine del IV sec. al VI sec. presentava un
aspetto abbastanza omogeneo. Al di là dei modelli particolari c’era una fonte
comune: la Sacra Scrittura. Venivano scelti quasi sempre gli stessi testi biblici
e interpretati alla stessa maniera.