2La Banca Centrale Europea preferisce adottare l’assunto che la banca sia un’impresa
multiprodotto e suddivide il mercato rilevante nelle varie tipologie di servizio venduto,
mentre la Federal Reserve americana considera l’impresa bancaria un’impresa mono-
prodotto per la forte interrelazione dei “diversi servizi” nella definizione dello stesso.
Allo stesso modo non esiste mia definizione unica di prodotto né; tanto meno, di in-
put dei fattori produttivi, in considerazione della forte vocazione di servizio dell’attività
bancaria.
Ciò ha effetti anche sulla disciplina antitrust, poiché la definizione di mercato rile-
vante del prodotto è essenziale per valutare l’impatto della concentrazione determinata
da una operazione di M&A.
Altre differenze interpretative tra le linee di pensiero riguardano la visione del con-
cetto di stabilità del sistema bancario o, ancora, il numero ed il tipo di autorità coinvolte
nella regolamentazione e nella definizione del disegno strategico-strutturale del settore.
Il lavoro svolto prende però spunto dalle recenti vicende che hanno visto protagoni-
sta il settore bancario italiano con attori orientati ad ampliare il proprio mercato di rife-
rimento oltre confine. Ci si riferisce al caso Unicredit-HVB e, in un certo qual modo, ad
Intesa-Sanpaolo e con attori divenuti target apprezzato nel processo di crescita esterna
di competitori stranieri (ABN su Antonveneta e BNP su BNL).
Pertanto si procederà secondo il seguente ordine.
Nella prima parte si esaminerà il fenomeno delle concentrazioni bancarie dal punto
di vista della evoluzione normativa (sia di settore che antitrust) al fine di comprendere le
spinte determinate dal processo di convergenza dell’ordinamento europeo e si dettaglie-
rà il più ampio processo di consolidamento per le imprese in generale e per le banche in
particolare.
3Nella seconda parte si analizzerà la specificità del mondo bancario considerando i
differenti drivers che guidano il processo di integrazione e riferendoci agli indicatori di
concentrazione, agli effetti sul mercato ed alle problematiche emergenti sia dal punto di
vista della governance sia dal punto di vista del ruolo ancora significativo delle fonda-
zioni bancarie nel Paese.
Una parte specifica (il terzo capitolo) è dedicata all’analisi della normativa antitrust
europea ed italiana.
Infine, nella quarta parte, si espone il caso più recente di integrazione rilevante ovve-
ro il caso Gruppo Intesa-Gruppo Sanpaolo, integrazione che pur non avendo ancora
completamente dispiegato i suoi effetti per il recente start-up del nuovo gruppo ha, im-
provvisamente, creato un competitore per masse gestite, capitalizzazione e diffusione in
grado di competere con i primi gruppi del vecchio continente, modificandone gli equili-
bri complessivi.
5CAPITOLO I
LE CONCENTRAZIONI BANCARIE: ASPETTI
ECONOMICO-TECNICI
1.1. premessa
Negli ultimi quindici anni si è assistito ad un complesso moto di trasformazione nel
settore creditizio. Trasformazione, che, dovuta al concorso combinato di diversi elemen-
ti, come si vedrà in seguito, ha determinato come primo effetto tangibile la scomparsa di
marchi storici del mondo bancario nazionale pur nella percezione, ormai diffusa, di un
aumentato presidio territoriale e di una continua e crescente visibilità dell’offerta banca-
ria.
Non si tratta pertanto di un calo fisiologico del numero di aziende dovuto ad un al-
ternarsi naturale di entrate/uscite di operatori del settore, ma di una trasformazione nel
modo di competere e di fare impresa sicché se nel 1990 esistevano 1156 banche con
20.000 sportelli, alla fine del 2005 esse sono divenute 784
1
con 30.000 punti vendita.
Tale fenomeno è esplicitato dalle ultime Relazioni Annuali della Banca d'Italia, con-
siderando che il ruolo della medesima Banca Centrale è stato, dall’introduzione della
Legge Antitrust
2
e dal Testo Unico Bancario, orientato a favorire una crescita equilibra-
ta del tenore competitivo interno e della dimensione delle banche
3
. Risulta, così, che le
1
Considerando anche l’ingresso di nuovi operatori nell’attività bancaria di 231 intermediari. Fonte Rela-
zione Annuale della Banca d’Italia per l’anno 2004.
2
Legge n. 287 del 10 ottobre 1990.
3
Si veda anche i Comunicati del Governatore Fazio (comunicati scaricati dal sito www.bancaditalia.it il
17 ottobre 2005) del:
- 2 ottobre 2002. Si può trovare differenti espressioni quali “la concorrenza è divenuta più intensa, per
l’aumento del numero di banche presenti sugli stessi mercati e per l’ingresso di operatori esteri…”,
“la ricerca di assetti adeguati a fronteggiare l’inasprimento della concorrenza si è tradotta in un inten-
so processo di concentrazione” e per ultimo “si è intensificata la concorrenza; è cresciuta la contendi-
bilità degli assetti proprietari degli intermediari”;
- 3 febbraio 2001. Si ritrova la seguente espressione “nel sistema bancario italiano nello scorso decen-
nio, muovendo da livelli di concentrazione contenuti e da dimensioni aziendali ridotte, le aggrega-
6operazioni di integrazione effettuate sono state complessivamente 750 tra ristrutturazio-
ni e fusioni
4
. Nell’ultimo anno le operazioni rilevanti al fine del presente lavoro sono
state quattro di cui tre cross-border. Solo una delle tre operazioni internazionali è stata
effettuata da un gruppo nazionale nei confronti di istituti esteri, mentre le altre due sono
state a scapito dell’autonomia di imprese bancarie italiane
5
. Si riporta, nella Tabella 1, la
dinamica delle acquisizioni e fusioni avvenute nel periodo 1990-2005.
Tabella 1: Quadro riassuntivo di acquisizioni e fusioni 1990-2005.
Anno
di cui:
bcc
1990 1156 715 19 1,06 4 0,37
1991 1108 708 33 0,35 5 0,37
1992 1073 700 20 3,04 1 0,01
1993 1037 671 38 0,63 6 1,50
1994 994 643 42 1,59 10 1,90
1995 970 619 47 1,54 19 4,50
1996 937 591 37 0,47 19 1,08
1997 935 583 24 0,80 18 3,42
1998 921 562 27 2,65 23 11,02
1999 876 531 36 0,39 28 14,35
2000 841 499 33 1,50 24 4,86
2001 830 474 45 0,08 9 1,55
2002 814 461 33 0,06 12 5,06
2003 788 445 33 0,19 7 1,47
2004 778 439 21 n.d. 4 n.d.
2005 784 439 1 n.d. 0 n.d.
Numero di banche
esistenti
Num. O-
perazioni
nmero
operazioni
fusioni e incorporazioni acquisizione maggioranza
Fondi
intermediati
Fondi
intermediati
Fonte congiunta tra Relazione Annuale della Banca d’Italia anni vari
6
, De Angeli, S. (a cu-
ra di), “Banca universale o gruppo creditizio?”, Bancaria Editrice, Roma 2005 e Basile I.
(a cura di), “Nuove frontiere delle concentrazioni e ristrutturazioni – Concorrenza, crescita
zioni e le ampie ristrutturazioni hanno permesso la formazione di gruppi in grado di meglio affronta-
re la concorrenza internazionale. La liberalizzazione dell’attività creditizia e le privatizzazioni hanno
contribuito ad accrescere la concorrenza sui mercati interni.”
4
Per le quali l’Organo di Vigilanza ha aperto 23 istruttorie per concentrazione (quasi tutte terminate con
indicazioni da parte dell’Istituto per limitare gli effetti anticoncorrenziali), 28 istruttorie per intese anti-
competitive e 5 per abuso di posizione dominante. La presente terminologia verrà spiegata più avanti nel
capitolo n. 2. Fonte: Relazione annuale della Banca d'Italia per l’anno 2004.
5
Fonte: Relazione Annuale della Banca d'Italia del 31 maggio 2006 (Bozza di stampa – dal sito
www.bancaditalia.it visitato il 4 giugno 2006). Secondo il parere di chi scrive il dato non è attendibile
sull’effettiva appetibilità del sistema bancario nazionale nei confronti dell’estero, visto gli avvenimenti
verificatosi nel secondo semestre che ha portato al cambiamento della normativa antitrust e alla nomina,
per la prima volta, da parte del Presidente della Repubblica, sentito il Governo, del nuovo Governatore
della Banca d'Italia.
6
Per quanto riguarda il 2005 le operazioni sono più di una, ma si sono perfezionate nei primi mesi del
2006 ed entro la data della Relazione Annuale.
7dimensionale e impatto strategico, gestionale e organizzativo nelle banche e assicurazioni”,
Bancaria Editrice, Roma, 2001.
Il periodo di crisi economica, occorso agli inizi degli anni ’90, oltre al processo di
convergenza degli ordinamenti Europei e dei mercati, ha contribuito allo sviluppo di ta-
le fenomeno
7
.
Dalla legge del 1936, che ha disciplinato il settore creditizio, l’attività bancaria ha
subito continui cambiamenti, ma è solo nel 1990 che entrano in vigore quei provvedi-
menti destinati a trasformare in maniera significativa e irriconoscibile tutto il settore
bancario. Trattando la materia cronologicamente si esamineranno i “pilastri” su cui ha
poggiato il sistema bancario e, di seguito, i provvedimenti che sono intercorsi e che
hanno mutato l’assetto del mercato creditizio.
7
Questo processo concentrativo si è diffuso in tutto il sistema occidentale a partire dagli anni ’80. In A-
merica e in Europa è partita, infatti, “un’ondata di fusioni” (dal termine inglese “merger waves”) che non
ha apparentemente ancora finito il suo ciclo. Neanche i vari periodi di crisi che hanno coinvolto i vari si-
stemi finanziari esteri come accadde in quasi tutta Europa nei primi anni ’90 e la crisi del sistema banca-
rio asiatico-giapponese verso la fine degli stessi anni, sono riusciti ad arrestare questo processo, ma in
qualche modo lo hanno alimentato attraverso la definizione di politiche di tutela del risparmio e della spe-
cificità del sistema creditizio su quello industriale. È interessante anche notare che la prima volta che si è
riconosciuta questa specificità risale al 1844 con il Banking Act inglese che è sorto dal dibattito tra la cur-
rency school e la banking school (fonte: Onado M., “La lunga rincorsa: la costruzione del sistema finan-
ziario” in Ciocca P., Toniolo G. (a cura di), “Storia economica d’Italia: industrie, mercati, istituzioni (i
vincoli e le opportunità)”, Banca Intesa – Editori Laterza, Bologna, 2003, pag. 388).
Il dibattito è emerso all’inizio del 1800 nella stessa Gran Bretagna e ha riguardato la possibilità che l’oro
debba essere convertito immediatamente su richiesta. Ciò è accaduto in tutta l’Inghilterra ad eccezione
della Scozia che ha da sempre previsto la possibilità, per le banche, di interrompere la convertibilità stes-
sa. Con le voci che i Francesi, nel 1797, hanno invaso il suolo inglese, si è verificata una “corsa agli spor-
telli” (per recuperare il proprio oro), contrastata dal Governo che ha permesso alle banche di sospendere
la convertibilità. Una volta superata, però, non viene ripristinata la convertibilità e si è lasciato il potere
alle banche di emissione di non rispettare il rapporto tra riserva aurifera e immissione di banconote. I
“bullionist”, coloro, cioè, che hanno appoggiato la convertibilità, hanno sostenuto che essa fosse necessa-
ria per non creare inflazione (ovvero di produrre più banconote rispetto alle riserve d’oro che avrebbero
causato così una diminuzione del prezzo del denaro). Gli “anti-bullionist” hanno sostenuto che le banco-
note venissero fornite dalle banche in cambio delle “banconote” dei commercianti e, per questo motivo,
limitate dalle stesse necessità del commercio (e l’eventuale eccesso non causerebbe inflazione). Il dibatti-
to si è riacceso nel 1840 circa con l’approvazione del Banking Act citato che istituisce come unica banca
di immissione la Bank of England. Il Parlamento decide di intervenire a seguito del pericoloso ridimen-
sionamento delle riserve d’oro della stessa Bank of England istituendo una commissione d’indagine che
ha fatto risaltare le differenze tra le due scuole. Esse hanno cambiato leggermente posizione e vengono
ridenominate, rispettivamente, come:
-lacurrency school o scuola monetaria (che hanno approvano questo intervento) hanno prescritto
l’obbligo di rispettare un certo massimo di banconote emesse per non causare inflazione;
-labanking school o scuola bancaria, che, pur contestando la parità dell’oro fissato con l’intervento,
hanno concordato per un certo grado di convertibilità. Si è ammesso la possibilità che l’eccesso di
moneta può causare inflazione, ma essa, in ogni caso sia provocata, comporta “corsa agli sportelli”
(per recuperare il proprio oro).
Fonte: http://cepa.newschool.edu/schools/bullionist e www.110elode.it visitato il 20 luglio 2006.
8Per indagare i processi di concentrazione bisogna prima indagare i cambiamenti
normativi ed amministrativi intervenuti nel settore bancario fino ai nostri giorni e altri
fattori, in primis le differenti strutture finanziarie con cui i Paesi possono operare e per-
seguire determinati obiettivi.
1.2. cambiamenti normativi ed amministrativi nel settore banca-
rio
Nel nostro Paese, prima del 1994, è stata in vigore la cosiddetta Legge Bancaria del
1936
8
, che ha autorizzato (tra le altre)
9
la Banca d’Italia
10
a svolgere l’attività di gover-
no della politica monetaria oltre all’emissione di moneta. La normativa viene promulga-
ta dopo una lunga serie di crisi economico-finanziarie (tra cui quella del 1929) e si è ri-
proposta di tutelare, in primis, i risparmiatori che partecipano alla raccolta di fondi delle
banche con i propri risparmi sotto forma di depositi. Il complesso dei provvedimenti
rappresenta una tappa fondamentale del processo di evoluzione del sistema finanziario
italiano. L’intervento pubblico, richiesto dalle stesse banche, è mirato al risanamento
dello stesso e a riformare, contemporaneamente, l’ordinamento.
8
Complesso di provvedimenti di cui fa parte il Decreto Legge n. 375 del 12 marzo 1936.
9
Trattato successivamente nella sezione della Legge Bancaria del 1936.
10
Istituita con legge n. 449 del 10 agosto 1893, derivante dalla fusione di tre istituti di credito: Banca Na-
zionale del Regno d’Italia, Banca Nazionale di Toscana e Banca Toscana di Credito. Solo alla sua unifi-
cazione dopo circa 60 anni di dibattito a livello nazionale a causa:
- dell’opposizione degli stati di nuova annessione;
- dell’opposizione della Banca Nazionale del Regno di Sardegna (si è contestato il fatto che l’esecutivo
potesse sia fissare le linee organizzative sia nominare il governatore del nuovo organismo);
- del timore diffuso della presunta manovrabilità a fini politici di un’unica banca.
Si è allargato così il gap con gli altri Stati europei lasciando l’Italia senza regole scritte e prassi bancaria.
Fonte: Onado M., op. cit.
La Banca d'Italia già dal 1926, ha occupato il ruolo di banca centrale con il regio decreto legge n. 812 del
6 maggio 1926. Fonte: IeBB, “Nuovo dizionario di banca, borsa e finanza”, Istituto per l’enciclopedia
della Banca e della Borsa, Roma, 2002.
91.2.1. breve disamina della storia finanziaria: dall’unità d’Italia al primo
intervento nel 1926
L’intervento dello Stato quale regolatore del sistema creditizio si è reso necessario
dapprima con la riforma bancaria del 1926 e, poi, integrato con l’istituzione di IMI
11
ed
IRI
12
. I forti poteri discrezionali della Banca d'Italia sono nati, perciò, dalla serie di crisi
del sistema creditizio italiano e dalla natura tardiva dei provvedimenti poiché in una si-
tuazione compromessa qual è stata non è risultato possibile individuare in tempo le re-
gole prudenziali efficaci e tali da non condannare al fallimento buona parte delle banche
esistenti. Con tali provvedimenti, che sostenuti dai decreti legge n. 1511 del 7 settembre
1926 e n. 1830 del 6 novembre 1926, si è parlato per la prima volta:
• di norme fondamentali per la tutela del risparmio;
11
L’Istituto Mobiliare Italiano è stato l’ente di diritto pubblico nato nel 1931 con r.d.l. n. 1398 del 13 no-
vembre per l’esercizio del credito mobiliare a medio e lungo termine verso le imprese industriali italiane.
Il capitale (di 551.100.000 lire) era costituito da quote di partecipazione sottoscritte da soggetti esercenti
il credito. Sono rientrate tra le attività la concessione di mutui per una durata massima di 20 anni,
l’emissione di obbligazioni, l’assunzione di partecipazioni azionarie, la concessione di fideiussioni, avalli
e garanzie a favore di terzi, finanziamenti all’esportazione e operazioni di credito navale, oltre
l’emissione prestiti obbligazionari con partecipazione ai dividendi di particolari gruppi di valori azionari
allo scopo di finanziarsi. Da questo si evince che il suo compito è stato quello di “non di procedere al sal-
vataggio di organismi decomposti, o in via di decomposizione, ma di aiutare le forze economiche sane”
(fonte: Petri R., “Storia economica d’Italia – Dalla Grande guerra al miracolo economico (1918-1963), Il
mulino, Bologna, 2002). Si è eliminato, così, la possibilità che le grandi aziende bancarie miste potessero
concedere prestiti considerevoli ritirando pacchetti di azioni ed obbligazioni e correre il rischio di immo-
bilizzarsi. Il collocamento tra il pubblico è stato agevolato dalla assimilazione di tali prestiti alle cartelle
fondiarie ed alla possibilità accordata all’Istituto di emissione di concedere anticipazioni in base a garan-
zie di tali obbligazioni (fonte: Papi U., Dizionario di Economia, UTET, Torino, 1967, alla voce “Italia –
sistema monetario” pagg. 817-818). A differenza degli interventi del decennio precedente nel quale lo
Stato era intervenuto per salvare a più riprese le grandi banche e le grandi industrie “socializzando” le
perdite, l’IMI ha operato come una azienda bancaria, secondo effettive valutazioni di rischio. Fonte:
IeBB, op. cit. e La Biblioteca di Repubblica, “L’Enciclopedia”, Utet – De Agostini, Roma, 2003, Voce
“IMI”.
12
L’Istituto per la Ricostruzione Industriale è stato istituito con decreto regio n. 5 del 23 gennaio 1933.
Suo compito iniziale è stato l'amministrazione dei crediti industriali e la liquidazione delle molte parteci-
pazioni azionarie delle grandi banche immobilizzate in seguito alla grande crisi del 1929, nominalmente
per il tempo necessario al loro (i crediti) recupero o alla loro (le partecipazioni) restituzione al settore pri-
vato. Nel 1937 l'IRI viene trasformato in ente di gestione permanente delle partecipazioni statali. Ha rile-
vato le partecipazioni azionarie delle tre grandi banche miste Credit, Comit, Banco di Roma controllando
così il 100% dell’industria siderurgica bellica, dell’industria di costruzioni di artiglieria e di estrazione del
carbone, il 90% dei cantieri navali, l’80% delle società di navigazione e di produzione di locomotori, il
40% della siderurgia, il 30% dell’elettricità e quasi tutta la telefonia. Per effetto delle partecipazioni in-
crociate tra banche ed imprese, l’IRI si è trovata azionista di maggioranza di Credit e Comit e ha assunto
anche il controllo del Banco di Roma. Si è posto sin da subito lo scopo di risanare e riprivatizzare le par-
tecipazioni possedute. Il percorso è stato più lungo del previsto. Dal 1° luglio 2000, l’Ente è stato posto in
liquidazione. IeBB, op. cit. e La Biblioteca di Repubblica, op. cit., voce “IRI” e Petri R., op. cit, pagg. 98
ss.
10
• di un provvedimento speciale autorizzativo per la costituzione e per l’eventuale e-
spansione della banca;
• di vigilanza bancaria attraverso sia norme prudenziali (quali il capitale minimo, ra-
tios patrimoniali e i limiti di fido) sia norme ispettive (come l’obbligo di far perveni-
re alla Banca d'Italia i bilanci annuali e le situazioni periodiche);
• di accantonamento a riserva ordinaria degli utili.
Con un successivo decreto
13
si è voluto, inoltre, separare la fase dei salvataggi a cari-
co del bilancio pubblico
14
.
Svolgendo un’analisi dall’Unità d’Italia
15
, si comprende che il sistema creditizio e fi-
nanziario è arretrato rispetto agli altri paesi. Infatti, “sono mancati due elementi fonda-
mentali che altrove hanno unito in sistema le varie istituzioni finanziarie: è mancato in
primo luogo la rete di relazione di debito e credito fra le singole istituzioni, che consente
la circolazione della liquidità e finisce per conferire ad una banca un ruolo centrale e
particolare. Sono mancati, inoltre, mercati relativamente efficienti, come quello delle
cambiali…” dei titoli di Stato o delle azioni
16
. A partire dal 1870 si è in presenza di
un’autentica bolla speculativa (si è parlato di “vertigine bancofila e dall’aggiotaggio”
17
)
culminata nella crisi del 1893.
Attorno al 1900 con la nascita di Comit
18
(1894) e del Credito Italiano (1895) si è i-
niziato a collegare lo sviluppo industriale a quello finanziario e si è delegato il potere
agli enti locali (camere di commercio e deputazioni di Borsa) che a loro volta hanno
riaffidato, di fatto, il controllo ai controllati. La poca propensione all’apertura a nuovi
soci ha fatto nascere le prime “scatole cinesi” attraverso complesse partecipazioni in-
crociate.
Nel 1907 è fallita la Società Bancaria Italiana. La crisi di questa banca è dovuta prin-
cipalmente al rafforzamento del connubio tra banca ed impresa (i soci fondatori della
banca per non perdere il controllo hanno creduto opportuno allearsi con gli imprenditori
industriali) e solo marginalmente a:
13
Decreto legge n. 1832 del 6 novembre 1926.
14
Fonte: Fratianni M., Spinelli F., “Storia monetaria d’Italia”, Etas, Milano, 2001 ed Onado M., op. cit.
15
Fonte: Onado M., op. cit.
16
Fonte: Onado M., op. cit., pag. 385.
17
Fonte: Onado M., op. cit., pag. 391.
18
Specializzata nell’industria pesante.
11
• l’acquisizione delle operazioni più rischiose, per aggredire le due primarie concor-
renti nazionali (Comit e Credito Italiano);
• una politica di favore da parte della Banca d'Italia tesa all’accrescimento della me-
desima;
• l’azionariato tutto italiano (al contrario di Comit e Credit che hanno anche capitale
tedesco).
La crisi si è risolta con la costituzione di un consorzio bancario
19
che ha fatto assu-
mere alla Banca d'Italia una posizione super partes e che ha portato ad un sistema teso
all’attenzione sulla specializzazione per scadenze piuttosto che:
• sul rispetto di regole moderne in uso nei paesi anglosassoni;
• sull’apertura ai mercati;
• sull’attenzione agli intrecci proprietari;
• sull’attenzione all’eccessiva concentrazione del potere finanziario.
La successiva crisi è nata nell’immediato primo dopoguerra, quando le imprese non
sono riuscite ad adattarsi all’economia di pace. I grandi gruppi hanno cercato di assicu-
rarsi il controllo dei centri nevralgici del sistema finanziario italiano (con i proventi di
guerra) sia per garantirsi le risorse finanziarie per lo sviluppo dell’attività produttiva, sia
come strumento per rafforzare il controllo sulle proprie società. Il gruppo industriale è
diventato, così, lo strumento fondamentale del controllo e la banca ne è parte fondamen-
tale (come avviene negli Usa con i trust) fino ad arrivare al cosiddetto catoblepismo di
Mattioli
20
. Esso indica che la concentrazione del potere ha raggiunto una manifestazione
patologica degenerando, poi, in un intreccio perverso chiuso in sé stesso. Nel 1918, sia
il Banco di Roma sia la Banca Italiana di Sconto si sono trovate in difficoltà. La Banca
Italiana di Sconto, ereditiera della Società Bancaria Italiana, fallisce e si provvede al
salvataggio del Banco di Roma attraverso il collaudato sistema consorziale
21
. La Banca
d'Italia ha avuto come obiettivo prioritario il salvataggio delle imprese, anche industria-
li, contravvenendo all’esigenza di mantenere una neutralità allocativa, per volere dello
stesso Governo.
19
Intervento coordinato dalla stessa Banca d'Italia con due operatori del settore.
20
Onado M., op. cit., pag. 404.
21
La Sezione Autonoma del Consorzio per le sovvenzioni sui valori industriali (Csvi) inizia, con il salva-
taggio del Banco di Roma, ad operare. Fonte: Petri R., op. cit.
12
Nella metà degli anni Venti si è presentata una nuova ondata di tentativi di scalate,
intrecci finanziari sempre più complessi, di boom speculativo del credito da parte dei
grandi gruppi patrimonialmente fragili. Le banche hanno cercato di tutelarsi costituendo
consorzi di difesa i cui soci sono stati però “industriali amici” innescando una lotta dis-
sanguante nel controllo societario tanto da non riuscire a trovare fondi per avviare il de-
collo dell’industria pesante una volta finita la guerra, fino all’intervento dello Stato. Lo
Stato stesso è intervenuto (anche se non direttamente) a dare rilancio all’economia per
garantire la stabilità, prima, e la creazione di investitori istituzionali. Ma il proliferare di
istituti bancari
22
deboli ha creato una nuova instabilità attraverso il noto sistema delle
partecipazioni incrociate. Si è assistito, quindi, ad un continuo susseguirsi di crisi, salva-
taggi e interventi legislativi di nuovo tipo fino alla Legge Bancaria del 1936.
1.2.2. la Legge Bancaria del 1936 e l’assetto dirigista
La Legge Bancaria, nata con i decreti n. 375 del 12 marzo 1936 e n. 1400 del 17 lu-
glio 1937, ha comportato queste principali innovazioni:
• la razionalizzazione dell’attività di vigilanza sulle banche;
• la separazione del credito a breve da quello a medio lungo termine;
• la raccolta dei depositi e la concessione del credito sono formalmente dichiarate
funzioni di diritto pubblico anche se svolte da privati
23
;
• si è codificato e generalizzato il principio della separazione tra credito mobiliare e
credito ordinario;
• il controllo sul settore viene inizialmente concentrato nell’Ispettorato (organo della
stessa Banca d'Italia) che ha l’ulteriore compito di assicurare che l’attività bancaria
sia sistematicamente adeguata al raggiungimento degli obiettivi di volta in volta de-
finiti dai vertici politici;
• la Banca d'Italia è dichiarata istituto di diritto pubblico con funzioni di “banca delle
banche” ovvero di “prestatore di ultima istanza”
24
.
22
Definito in Lorusso M., “Dimensione aziendale ed efficienza della gestione bancaria”, Cacucci Editore,
Bari, pag. 61 come fenomeno di overbanking.
23
La raccolta a medio veniva fatta solo da enti a controllo pubblico, tra cui esercitava esclusivamente
Mediobanca (fonte: Petri R., op. cit.).
13
Si è determinato, così, il connotato di “vero e proprio centralismo finanziario, basato
sul comando unico del credito” fino ad arrivare alla cosiddetta “amministrativizzazione
del sistema” che ha comportato una sottomissione, pure psicologica, delle banche alla
Banca d'Italia e contestualmente ha ridotto gli sforzi imprenditoriali delle stesse
25
.
Il risultato è stato quello dare una configurazione al settore creditizio fortemente cen-
tralizzato, consentendo alla stessa Banca d'Italia di strutturare il settore in base alle pro-
prie visioni prospettiche. L’obiettivo è stato quello di superare il momento di crisi
26
ed è
avvenuto tramite la suddivisione del mercato creditizio tra una molteplicità di operatori
con finalità diverse. Hanno coabitato, così, Istituti di diritto pubblico, Banche di interes-
se nazionale, Aziende ordinarie di credito, Casse di risparmio, Istituti centrali di catego-
ria ed Istituti di credito speciali
27
.
Gli Istituti di credito di diritto pubblico erano sei: il Banco di Napoli, il Banco di Si-
cilia, la Banca Nazionale del Lavoro, l’Istituto Bancario S. Paolo di Torino, il Monte dei
Paschi di Siena e il Banco di Sardegna. Ad essi facevano capo “sezioni autonome” o
“gestioni speciali” che si occupavano dell’intermediazione a medio e lungo termine nel
campo del credito speciale
28
.
Le Banche di interesse nazionale (Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano e
Banco di Roma) erano costituite in forma di s.p.a con il requisito di una vasta organiz-
zazione territoriale (a livello nazionale) e lo stabilimento di filiali in almeno 30 provin-
ce.
Le Aziende Ordinarie di Credito erano per lo più controllate dall’IRI da Istituti di
credito di diritto pubblico, da banche di interesse nazionale e da Casse di Risparmio
mantenendo, però, un loro status di società di diritto privato anche se collegate a quelle
di diritto pubblico.
24
Ovvero di operatore che costituisce una cosiddetta “rete di sicurezza” (dall’inglese safety net).
25
Le crisi vengono equiparate ad un cosiddetto “fallimento del mercato” dove interviene il settore pubbli-
co, anche se si è consapevoli che “le leve del comando saranno al di fuori del controllo diretto del gover-
no mediante organi quali la Banca d'Italia e l’IRI”. Il Governo, cioè, pianifica, ma rinuncia alla gestione
diretta sia di banche sia di imprese industriali. Fonte: Onado M., op. cit., pagg. 412 ss.
26
Crisi che è scaturita dalla commistione banca-impresa. I più grandi industriali si sono aperti la propria
banca, per finanziare i propri investimenti (vedi quanto si è detto della crisi della Società Bancaria Italia-
na). È per questo motivo che la Banca d'Italia ha preferito l’adozione di una struttura più che rigida.
27
A queste si devono aggiungere anche i Monti di credito su pegno, le Casse rurali e artigianali e le filiali
di banche estere che non hanno rappresentato un grande interesse. Art. 5 Legge Bancaria.
28
Sono state le poche che potevano esercitare il credito fondiario attraverso l’apposita sezione.
14
Le Banche popolari erano strutturate in forma di società cooperative a responsabilità
limitata il cui scopo era quello di diffondere i principi della mutualità e della coopera-
zione nel settore del credito.
Le Casse di Risparmio (nate a partire dalla prima metà dell’800 e definite con legge
25 aprile 1929 n. 967) erano istituti che si prefiggevano di raccogliere depositi a titolo
di risparmio e di trovare ad essi conveniente collocamento. Hanno tutt’ora in buona par-
te natura pubblica e sono rimaste controllate da fondazioni o corporazioni (od associa-
zioni) a seconda se siano state costituite rispettivamente da corpi morali o da associa-
zioni di persone.
Gli Istituti centrali di categoria, invece, erano costituiti da cooperative di banche e
suddivisi in Istituti di Credito delle Casse di Risparmio Italiane, Istituto Centrale delle
Banche Popolari Italiane, Istituto centrale di Banche e Banchieri, Istituti di Credito delle
Casse Rurale e Artigiane, Istituto Federale delle Casse di Risparmio delle Venezie (art.
5 Legge Bancaria). Le loro branche di attività principali sono state l’intermediazione
delle disponibilità liquide in esubero delle partecipanti e l’effettuazione accentrata di
servizi per conto delle medesime (emissione di assegni circolari tramite gli sportelli del-
le partecipanti non autorizzate all’esecuzione del servizio in modo diretto, incasso degli
effetti per conto delle associate, acquisto di titoli a reddito fisso all’emissione da distri-
buire alle singole banche che ne avessero fatto richiesta).
Gli Istituti di Credito Speciali erano istituti esercenti il credito prevalentemente a
medio e lungo termine nell’ambito delle rispettive specializzazioni di durata e destina-
zione. Al fine di adeguarsi ai cambiamenti economici si costituiscono “sezioni autono-
me” o “gestione speciali” con personalità giuridica propria o con la sola autonomia con-
tabile-amministrativa.
29
Quanto esposto ha portato il sistema creditizio:
• alla specializzazione in base all’attività svolta (specializzazione funzionale), alla
durata delle operazioni di impiego (specializzazione temporale), all’ampiezza della
zona di lavoro (specializzazione territoriale)
30
. La tutela dei depositi è stata garanti-
ta dalla liquidità del sistema (specializzazione temporale degli istituti) e bilanciando
29
Fonte: La Biblioteca di Repubblica, op. cit., voce “Banca”.
30
Ancora in vigore solo per le banche di credito cooperativo. Fonte: IeBB, op. cit., voce “Specializzazio-
ne bancaria”.
15
le scadenze di attività e passività. All’azienda ordinaria di credito si vieta (in linea di
massima) “operazioni possibili oggetto di immobilizzazione, come per esempio
l’investimento in azioni e partecipazioni”
31
, ma diventano effettuabili, caso per caso,
con espressa autorizzazione della Banca d’Italia comportando inevitabilmente al-
lungamenti dei tempi delle procedure;
• all’insindacabilità sui giudizi di vigilanza: essi concernevano molte aree dell’attività
bancaria quali la costituzione o liquidazione di una banca; l’apertura, chiusura o
spostamento di una filiale; l’acquisto di azioni, partecipazioni o immobili in deroga
alla specializzazione di ciascun tipo di banca e, ultimo, la facoltà di operare al di
fuori della competenza territoriale fissata per ciascuna banca. Il giudizio si basa sul-
le caratteristiche economiche, finanziarie, patrimoniali e organizzative del soggetto
e sugli effetti che ogni più piccolo cambiamento sul singolo intermediario potrebbe
produrre sulla struttura e sul funzionamento del mercato.
1.2.3. la lenta evoluzione dal dopoguerra ai primi anni Novanta
Per quanto il sistema sia stato impostato in maniera dirigista, subisce lente correzio-
ni, di carattere evolutivo, collegate alla situazione economica, politica e sociale naziona-
le ed internazionale, a partire dal dopoguerra. Dal 1936, anno, com’è noto, della Legge
Bancaria, e fino al 1947 non ci sono stati apprezzabili cambiamenti nella legislazione
nazionale dovuta al ruolo di supporto della Banca d'Italia all’economia di guerra e al
poco tempo che essa ha potuto operare in condizioni normali. Ma a partire dal secondo
dopoguerra, l’Italia entra in Organizzazioni mondiali quali:
• il GATT (ovvero il General Agreement on Tariffs and Trade a cui è successo il
l’odierno WTO – World Trade Organization – dal 1995) che ha il compito di so-
vrintendere alla cooperazione tra i vari Paesi negli scambi commerciali con
l’obiettivo dell’abbattimento progressivo delle restrizioni commerciali ad eccezione
della cosiddetta clausola di salvaguardia
32
e allargato alle cosiddette barriere non ta-
31
Ruozi R., “Economia e gestione della banca”, Egea, Milano, 2002, pag. 1.
32
Applicata nei soli casi in cui la protezione si rivelasse necessaria.
16
riffarie (protezionismo amministrativo, misure sanitarie tendenti all’esclusione di
prodotti esteri e simili);
• la BIRS (Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo) fa parte del grup-
po della Banca Mondiale
33
ed è la principale banca multilaterale di sviluppo esisten-
te al mondo. Inizialmente, è stata costituita per contribuire finanziariamente alla ri-
costruzione delle attrezzature produttive distrutte dalla guerra, per poi spostare la
sua attenzione verso la costruzione di infrastrutture o di attività direttamente produt-
tive fino all’impiego sempre crescenti per alleviare la povertà, per progetti relativi
alla sanità e all’istruzione, per migliorare la capacità dei governi di rendere servizi di
qualità, per proteggere l’ambiente. La BIRS si finanzia come una vera e propria
banca e i prestiti concessi concorrono a formare il debito estero dei Paesi debitori.
Presta, anche, servizi di assistenza tecnica e di consulenza in materia di politica eco-
nomica, che si concludono in raccomandazioni;
• l’adesione (o, in un certo senso, la creazione
34
) all’ERP (European Recovery
Program noto sotto il nome di Piano Marshall – dal Segretario di Stato americano
che ha anticipato il voto del Congresso del Foreign Assistance Act del 1948);
in altre di carattere europeo come:
• la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) è nata nel 1951 (e con du-
rata prevista fino al 2002 ha una disciplina speciale rispetto all’entrata di nuovi
membri) con l’obiettivo di un mercato comune nel settore carbosiderurgico;
33
Costituita, oltre dalla BIRS, da altre quattro organizzazioni:
-l’International Development Association (IDA) che ha il compito di concedere aiuti (denominati cre-
dits) soprattutto ai paesi più poveri, che non sono affidati dalla BIRS, di durata fino ai 40 anni (con
10 anni di preammortamento) su cui non ci sono interessi ma una commissione fissa (denominata
service charge) dello 0.75%;
-l’International Finance Corporation (IFC) che ha il compito di fornire capitale di rischio e di credito
a iniziative private industriali o a favore di imprese con qualche partecipazione statale (a condizione
che operi in attività riservate all’iniziativa privata e gestita con criteri commerciali). Partecipa solo al
25 (massimo 35)% del costo stimato del nuovo progetto fino al 50% (pur non superando la quota del
25% della capitalizzazione della società stessa) per i progetti di espansione;
-laMultilateral Investment Guarantee Agency (MIGA) che ha il compito di prestare agli investimenti
esteri un servizio di assicurazione contro rischi non commerciali (quali espropriazione e guerra). Of-
fre assistenza e consulenza legale per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad aumentare la propria capa-
cità di attrarre investimenti esteri e un servizio di marketing degli investimenti in rete;
-l’International Centre for the Settlement of Investment Disputes (ICSID) che ha il compito di facilita-
re i flussi internazionali di capitale fornendo una sede di arbitrato e di conciliazione alle controversie
tra governi e investitori stranieri che hanno aderito alla Convenzione (e tutti gli Stati, anche se non
facenti parte della controversia, sono obbligati al riconoscimento delle decisioni). Ha carattere volon-
tario e una volta avanzato non può essere ritirato. Offre un servizio anche per le parti non membro e
una procedura di indagine, richiesta da una parte, per la verifica di certi fatti.
34
Per questo punto si veda Petri R., op. cit.