I. INTRODUZIONE
I.1. INQUADRAMENTO DELLA RICERCA E SUO OBIETTIVO GENERALE: STUDIO
DELLA FORMA DELLE CITTÀ DELLA PUGLIA.
La presente tesi di ricerca si inserisce in una ricerca più ampia il cui oggetto è lo
studio della forma e dei caratteri delle città della cosiddetta “Terra dei Due
Mari”, area geografico - culturale omogenea coincidente con il Salento meri-
dionale ( Area del Capo ).
I.2. OGGETTO DELLA RICERCA E SUOI OBIETTIVI SPECIFICI.
I.2.1. Studio della forma delle città del Salento leccese: le città murate ad im-
pianto irregolare
In particolare essa verte sullo studio delle “Città murate”, ovvero di quegli an-
tichi nuclei urbani ad impianto irregolare la cui forma complessiva, chiaramente
riconoscibile, è stata determinata e condizionata dalla presenza delle mura urba-
ne, demolite tra il XVIII ed il XIX secolo. La dislocazione di queste città sul ter-
ritorio è fortemente legata a due fattori: la rete storica dei percorsi (di origine
messapica e romana), che costituisce il telaio portante di questa struttura poli-
centrica, e gli elementi naturali delle serre, che segnano e caratterizzano il terri-
torio sud-salentino.
I.2.2. Il caso di studio della città di Alessano
La tesi ha assunto quale caso di studio la città di Alessano, il cui centro antico
costituisce uno dei borghi murati più interessanti e significativi rispetto agli
obiettivi della ricerca. Già città regia nonché capoluogo di contea, Alessano è
stata fino alla seconda decade del XIX secolo la città di riferimento di tutta la
Terra del Capo, in quanto sede delle istituzioni civili e religiose più importanti
di governo del territorio. La ricerca si è focalizzata sul centro antico e sulla lettu-
ra dei suoi caratteri tipo-morfologici, spaziali e costruttivi.
I.3. METODI E STRUMENTI APPLICATI
Il lavoro svolto in questa sede si è articolato in due parti, tra loro complementari
ed interrelate:
- la parte conoscitiva ( analitica ), finalizzata alla lettura tematica del territorio di
riferimento, della città e delle sue architetture;
- la parte progettuale ( sintetica ) il cui obiettivo è quello della individuazione e
definizione, attraverso un processo di aggiornamento tipologico e costruttivo, di
modelli insediativi/abitativi sostenibili da applicare all’ambito urbano scelto.
Gli strumenti concettuali applicati nella prima fase sono quelli dell’analisi tipo-
morfologica ( letture comparative, tassonomie ed abachi tipologici ); i principi
individuati in questa fase, accanto a tutte le conoscenze acquisite attraverso la
consultazione degli archivi e il rilievo diretto, costituiscono per Noi i dati fon-
damentali per la definizione dei modelli sperimentati nel progetto.
1
II. L’ORGANISMO TERRITORIALE: IL
SALENTO LECCESE E LE CITTA’ MURATE
II.1. EXCURSUS STORICO
La denominazione di “Terra d’Otranto” accomuna le
province di Taranto, Brindisi e Lecce sin dall’età
medievale, e la delimitazione fisica dei suoi limiti è
alquanto problematica, in quanto contiene anche magna
pars della cd. Murgia dei Trulli e parte dell’Alta Murgia
che declina verso Taranto.
Le indagini archeologiche comprovano la datazione dei
più antichi insediamenti della regione al III millennio a. C.
(età neolitica), ma il primo popolamento ad opera di civiltà
rupestri, che risiedevano ancora in spelonche ed antri
naturali, rimonterebbe addirittura al Paleolitico
(1)
.
Si affermò il fenomeno dei dolmen e dei menhir, che,
assente in Capitanata e ben attestato in Terra di Bari,
assume un’elevatissima concentrazione in Terra d’Otranto,
soprattutto nella Provincia di Lecce
(2)
.
Nell’Antichità i Greci nominarono la Puglia (dal lat.
Apulia) detta “Japigia” suddividendola in Daunia,
Peucetia, Messapia (quest’ultima corrispondente
all’attuale Salento), ognuna caratterizzata dagli omonimi
gruppi etnici, appartenenti al medesimo ceppo razziale
ariano indoeuropeo.
“La Provincia di Terra d’Otranto fu anticamente nominata
Hidrunto, Japigia, Messapia, e Salentina. [ - - - ] Vi sono
14 Città, delle quali Otranto, Brindesi, Taranto e Matera
sono Arcivescovadi; i Vescovadi sono Alessano,
Castellaneta, Castro, Gallipoli, Lecce, Mottola, Nardò,
Ostuni, Oria e Ugento.”
(3)
Il Salento è ampiamente descritto nelle opere di geografi,
storici ed eruditi dell’Antichità, tra i quali si sogliono
ricordare Aristotele, Erodoto, Strabone, Pausania,
Tolomeo, Plinio il Vecchio
(4)
I Messapi, un popolo di pastori ed agricoltori che si
insediò nella penisola intorno al V sec. a. C., adottarono
talune istituzioni greche come l’alfabeto, ma resistettero
strenue ai tentativi di sottomissione attuati da Taranto,
potente avamposto della Magna Grecia, nonché alla
2
colonizzazione di Roma, che conquistò l’intera regione
soltanto alla fine del IV sec. a. C.
Il loro stanziamento giunse ad ovest sino al Bràdano, a
nord alla linea Taranto - Brindisi, che pertanto assume la
denominazione di “Soglia messapica”.
Le città fondate dai Messapi erano caratterizzate da
monumentali cinte murarie in grandi blocchi squadrati,
generalmente a doppio paramento con emplecton. Una
delle testimonianze più rimarchevoli è costituita dai
dolmen e dai menhir disseminati ovunque nel Basso
Salento
(5)
.
Nell’VIII sec. a. C. erano state fondate lungo il litorale le
colonie magno greche di Taranto (Taras), Gallipoli, ed
Otranto, che avrebbero esteso il dominio della Magna
Grecia sui Messapi, prima di soccombere all’Imperium di
Roma.
In conseguenza del processo di romanizzazione (IV secolo
a. C. – I secolo a. C.), non è possibile discernere nel
periodo in oggetto la storia salentina da quella del resto
della Puglia: difatti la fondazione della colonia latina di
Luceria nel 314 a C., consente la penetrazione del nuovo
modello di organizzazione politica, sociale, militare e
culturale nel Nord della regione.
La successiva fondazione della colonia latina di Venosa
(91 a. C.) - la quale città avrà peraltro l’onore di dare i
natali al celebre poeta latino Q. Orazio Flacco - è
testimonianza dell’influenza romana mirante a controllare
un decisivo snodo strategico, rappresentato dai fertili
territori lungo il fiume Bradano: tale direttrice
d’espansione porterà ad un conflitto con Taranto ed i
Messapi che troverà risoluzione - ovviamente - nella
definitiva conquista romana.
La Pax Romana statuita con le singole città autoctone farà
sì che detti centri possano usufruire d’un notevole sviluppo
urbano ed istituzionale. Tale status quo entra in crisi con la
seconda guerra punica, che vede numerose città, tra cui
Taranto, Arpi, Aecae, Salapia, Herdonia, tradire i proprii
fratelli per schierarsi dalla parte dell’invasore Annibale
Barca; situazione questa - tradimento dei fratelli e
servilismo nei confronti dell’occupante - destinata
malauguratamente a ripetersi nella Storia d’Italia.
Restituzione grafica ipotetica
della città messapica di
Cavallino nel VI secolo a. C. [
da J. G. Golvin, in A. Pranzo,
op. cit., p. 19 ]: si notino le mura
ciclopiche che cingono l’ abitato
messapico
3
Nel 272 a. C. anche Taranto infatti, nonostante l’aiuto
ricevuto da Pirro Re dell’Epiro, dové sottomettersi alla
Maestà di Roma.
Alla conclusione della guerra punica, il vasto ager
publicus costituito sulla base delle confische ai centri che
avevano tradito diede la possibilità di creare una nuova
colonia romana, Siponto (194 a. C.), e di conferire
l’assegnazione di singoli lotti di terreno ai confini con
l’Irpinia a migliaia di veterani di guerra.
Nel periodo successivo alla seconda guerra punica ed alla
sconfitta di Annibale a Canne (216 a. C.) la Puglia divenne
sempre più parte integrante dell’Impero Romano,
nonché approdo privilegiato pei commerci
coll’Oriente.
I Romani sfruttarono la posizione strategica della penisola
dando prosecuzione alla rete viaria proveniente dall’Urbe,
rendendo Brindisi il capolinea dell'Appia e della Traiana e
costruendovi porti , come a San Cataldo e a Roca.
Durante il periodo della dominazione romana, molti centri
messapici dell’interno salentino disparvero (ad es.
Veretum) o comunque decaddero (ad es. Montesardo),
mentre i centri portuali subirono un deciso processo di
militarizzazione.
I Romani attuarono il loro dominio mercé la conquista
della campagna da parte della città, mediante una specifica
suddivisione dei terreni, che definì l’ager publicus populi
romani all’uopo dell’assegnazione ai milites, ossia i
veterani di guerra che venivano appunto compensati del
servizio reso alla Patria tramite l’assegnazione di terre e la
deduzione di colonie.
La centuratio (sive limitatio) - portato delle riforme agrarie
volute da Caio Gracco - consisteva nell’appoderamento
della terra attraverso il tracciamento di limites, ossia strade
ortogonali tra loro, racchiudenti un quadrato di 710,40 mt
di lato (centuriae) diviso a sua volta in appezzamenti
misurati in jugeri
(6)
.
Le centuriazioni hanno quale precipua conseguenza sul
piano del paesaggio agrario l’introduzione accanto alla
cerealicoltura e all’allevamento, di colture specializzate
quali la vite e l’olivo, colture che rimarranno preminente
sino ai tempi nostri, vedendo inoltre il sorgere di forme di
insediamento rurale imperniato su villae di dimensioni
4
medio - grandi, periferiche, contrapposte al modello
centralistico dell’organizzazione schiavistica.
Nel 90 a. C. - sedata la rivolta degli alleati italici - Roma
inizia a creare una fitta rete di centri urbani elevati al rango
di municipia, e a strutturare gli assi viari della regio
Apulia secondo tre direttrici, tutte orientate in senso ovest-
est: l’antica Appia, la Gellia - Minucia (successivamente
detta Traiana) e la Litoranea, cui bisogna aggiungere, per
la penisola salentina appunto, la Sallentina e la Calabra,
che, attestate su di un tracciato di mezza costa, ne
seguivano il perimetro (di dette strade si dirà diffusamente
nel capitolo successivo).
I municipia e le coloniae furono organizzati
dall’Imperatore C. Cesare Ottaviano Augusto in distretti
aventi funzioni fiscali, detti regiones: la Puglia viene
ricompresa nella regio secunda Apulia et Calabria,
intendendosi per Apulia le antiche Daunia e Peucezia, e
per Calabria l’attuale Terra d’Otranto.
Un primo formarsi di un’identità regionale pugliese si
ebbe attraverso la nuova articolazione amministrativa in
regiones realizzata da Diocleziano nel III secolo, che vide
l’equiparazione delle regiones italiche alle provinciae
fuori della penisola Italica.
Dal III sec. d. C. venne diffondendosi nella regione il
Cristianesimo, che portò in conseguenza la fondazione di
numerose sedi episcopali
(7)
nonché di chiese rurali sparse
in tutto il territorio.
La caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d. C.)
non determinò in Puglia drastici mutamenti dell’assetto
sociale ed urbano; gravi ripercussioni si ebbero invece con
la guerra bizantino - gotica (535-553 d. C.).
Tra il VII e l’VIII sec. i Longobardi avanzarono nella
penisola, sino a Taranto e Brindisi, lasciando l’estremo
Salento (Otranto, Lecce, Gallipoli) sotto il dominio
dell’Impero di Bisanzio.
I Bizantini esercitarono per secoli il loro dominio,
lasciando in queste terre un'impronta più indelebile che
altrove.
L’imperatore di Bisanzio Leone III nel 727 emanò un
editto che imponeva in tutte le province dell’Impero
d’Oriente la rimozione e conseguente distruzione di tutte
le icone; tale decreto causò sommosse e la cd. guerra
5
iconoclastica, che divenne ben tosto una vera e propria
guerra civile.
I monaci si rifugiarono nella parte più meridionali,
fondando quindi numerosi conventi basiliani, che
divennero nel contempo centri fiorenti di cultura greca e
promotori d’una rinascita sociale ed economica.
Nel periodo 847-871 d. C. Bari diviene emirato saraceno, e
l’intera regione è terra di scontro tra Oriente ed Occidente,
in un aberrante miscuglio razziale di greci, slavi, ed ebrei.
L’imperatore Basilio I , salito nell’867 al trono di
Costantinopoli, condusse una serie di vittoriose battaglie
per scacciare i barbari invasori mussulmani.
Nell’ 880 d. C. l’ intera regione è riconquistata da
Bisanzio, e si instaura la preminenza di Bari, sede del
Catapano dal 975 d. C., preminenza che verrà consacrata
in via definitiva quasi mille anni dopo dal Regime Fascista
( 1923 - 1927 ).
L’eredità del periodo bizantino è di preminente importanza
nella formazione di alcuni caratteri del territorio pugliese,
in quanto comportò la costruzione di numerose città
fortificate, i cd. kastra. Anche Taranto viene in questo
periodo dotata di una nuova cinta muraria.
All’ inizio dell’ XI secolo la Puglia vede la formazione di
una doppia linea di città fortificate, con comune schema
urbanistico, caratterizzato da ridotta superficie,
collocazione su speroni o colline, attraversamento del
tessuto urbano da parte di una grande via centrale e rete
minore perpendicolare ( come è il caso del nucleo urbano
di Alessano ). Insediamenti minori fortificati vengono
fondati nel Brindisino e lungo il golfo di Taranto, al fine di
difendere la popolazione dalle continue scorrerie saracene.
Alla fine del sec. XI, la Puglia è sotto la dominazione dei
Normanni; la gran copia di castelli e strutture fortificate (
notevoli esempi i castelli di Bari e di Barletta ) della
regione risale difatti a questo periodo
( 8 )
. Tale
dominazione normanna inoltre pose le basi per la
formazione della Contea di Lecce e del Principato di
Taranto, che mantennero la loro preminenza anche in
epoche successive.
Nel XII sec. si attua l’affermazione del feudalesimo e
l’articolazione del territorio che l’ organizzazione feudale
6
comporta, in contee (Contea di Lecce , contea di
Alessano).
Nel 1130 Ruggiero II assunse il titolo di Re di Sicilia,
unificando il Sud Italia; la Puglia conobbe un periodo di
grande prosperità che portò alla costruzione di grandi
monumenti romanici
( 9 )
, in primis le grandiose cattedrali (
si badi che anche numerose chiese salentine sono d’
impianto romanico, successivamente imbarocchite ).
Tra il 1154 ed il 1169 la Puglia - il Ducato delle Puglie -
annoverava ben 792 feudi, raggruppati in contee ( più
feudi con a capo un diretto vassallo del Re ), come si
evince dal Catalogus Baronum , elenco dei feudi e dei
feudatari del Regno
( 10 )
.
Un’ ulteriore fase di incastellamento si afferma nei periodi
svevo e angioino,ed ha inizio con il Regno di Federico II
di Svevia ( 1208 - 1250 ) durante il quale la Puglia visse
un periodo aureo, riflesso della magnificenza imperiale del
Puer Apuliae.
In questo periodo si struttura un vero e proprio sistema di
castelli articolato in castra, fortificazioni militari e di
controllo del territorio, e domus, nuclei di organizzazione
del territorio da cui si origineranno le masserie
tardomedievali e moderne.
Sotto il regno di Carlo V ( XVI sec. ) vennero realizzate le
torri costiere, le quali costituivano un sistema di
avvistamento onde prevenire gli attacchi dell’ Islam.
L’ accrescersi dell’ aggressività dei barbari ottomani e
saraceni, nonché il diffuso fenomeno della pirateria alla
metà del secolo XV, determinarono la stasi commerciali
dei grandi porti di Otranto, Brindisi, Taranto, Gallipoli,
che vennero in conseguenza di tali vicissitudini, fortificati
e militarizzati.
Nel 1269 avvenne la distruzione della città di Gallipoli ad
opera di barbari invasori, colla conseguente dispersione
dei suoi abitanti. Altri drammatici accadimenti ch’ ebbero
nefaste conseguenze sul popolamento della Terra d’
Otranto furono le epidemie di peste, tra cui quella del
1301, che provocò inoltre lo spopolamento di Ginosa e di
Brindisi.
Nel 1463 con la devoluzione alla corona del Principato di
Taranto, i cui detentori, i Del Balzo Orsini, avevano
L’ Imperatore Federico II di
Svevia raffigurato in un busto (
XIII sec. ) conservato nel Museo
Civico di Barletta
( Foto Prof. G. Ortolani )
7
sviluppato la tradizione culturale illustre dell’ Umanesimo
idruntino, si assiste in Terra d’ Otranto alla formazione d’
una miriade di piccoli feudi detenuti da un baronaggio
residente ostile all’ auctoritas regia, in condizioni di
indebitamento e di conseguente sfruttamento della
popolazione sottoposta a vassallaggio
( 11 )
.
In Puglia “la trasformazione della tradizionale corte
feudale nella nuova corte signorile del Rinascimento [- - -]
assunse un minor rilievo per la prevalenza, tra i feudatari,
soprattutto di uomini d’ arme”
( 12 )
. Si tratta dunque di una
corte sì umanistica, ma alquanto differente dalle corti dell’
Italia Centrale e Settentrionale: si pensi in primis alle assai
più raffinate corti dei Medici in Firenze e degli Sforza nel
Ducato di Milano, nonché alla Roma degli illuminati
Pontefici umanisti come Pio II ( al secolo Enea Silvio
Piccolomini ) e Giulio II, che proteggevano Artisti del
calibro di Michelangiolo, Raffaello e Leonardo da Vinci .
La crisi del Seicento
( 13 )
fece sì che la Terra d’ Otranto si
collocasse sempre più ai margini dello sviluppo della
Puglia, a causa della crisi demografica
( 14 )
, della miseria,
alla quale fa da contrappunto il rifiorire della Cultura e
delle Arti, sintomo di un esibizionismo vano delle
aristocrazie locali sempre più ripiegate su sé stesse.
Tra la seconda metà del XVI sino al XVIII secolo
( 15 )
si
sviluppa appunto il complesso fenomeno del Barocco
Leccese o Barocco Salentino - stile bizzarro ed alquanto
corrivo - , che ha nella città di Lecce il suo massimo
sviluppo, auspice il Vescovo Pappacoda ( 1639 - 1670 ),
portatore nel Salento dei valori della Controriforma, dopo
la famigerata pestilenza del 1656, che risparmiò il Salento
grazie all’ intervento miracoloso di S. Oronzo, che divenne
per tale motivo il protettore del capoluogo
( 16 )
, ed il cui
culto si diffuse in tutta la penisola.
Se per la Terra di Bari il Romanico si presenta come il
fenomeno artistico più rilevante e perspicuo - sia in senso
quantitativo che qualitativo - , analogamente può dirsi per
il Barocco in Terra d’ Otranto.
Esso è però del tutto diverso da quello Romano, per il
quale V. Mariani suole distinguere le due principali
categorie di Barocco plastico - monumentale ( Bernini,
Pietro da Cortona ) e dinamico - compositivo (Borromini).
Il Barocco Salentino o Leccese può definirsi come
“esornativo” per le sue astrusità e bizzarrie, e suddividersi
altresì in due principali sottocategorie, che possono
Louis Jean Des Prez, Veduta di
Piazza S. Oronzo a Lecce, XVIII
sec. [ da G. Rossi, op. cit., p. 1 ].
8
ritenersi valide sia per l’ Architettura che per le altre Arti (
pittura e scultura ):
- Barocco Salentino o Leccese Primitivo: dal crepuscolo
del Cinquecento sino al tardo Seicento, il barocco
leccese presenta una maggiore eccentricità rispetto ai
modelli Napoletani, ed un’ esuberanza decorativa che
risente ancora, specie nei motivi naturalistici
(fitomorfi e zoomorfi) ed antropomorfi, di stilemi
tardo - medievali.
- Barocco Salentino o Leccese Tardo: dalla fine del
Seicento sino alla seconda metà del Settecento - nel
momento in cui il Classicismo Tardo Barocco si
dissolve nel Neoclassicismo - il barocco di Terra d’
Otranto diviene meno bizzarro e più conforme ai
dettami Accademici, riprendendo in maniera più
fedele i modelli provenienti dalla Capitale (
Ferdinando Sanfelice, Domenico Antonio Vaccaro ),
specie per merito di valenti artisti napoletani che
lavorarono in questo sperduto lembo di terra del
Regno di Napoli .
Tra gli artefici locali, si ricordino almeno Gabriele
Riccardi e Cesare Penna, autori della facies di S. Croce a
Lecce, Giuseppe Zimbalo, autore della Cattedrale ( 1659
- 1682 ), della chiesa di S. Agostino ( 1663 ) e della
facciata della chiesa del Rosario ( 1691 ), nonché Achille
Carducci autore della facciata del S. Matteo, ricoperta di
scaglie, invero uno dei più eccentrici edifici del barocco
locale, sempre a Lecce
( 17 )
.
“Tutto ciò che è unico nell’ architettura di Lecce può
essere spiegato con la combinazione e la fusione di tre
elementi: il nuovo spirito rinascimentale che filtrava
lentamente in questa città remota, gli impareggiabili resti
medievali che si ergono intorno alle sue porte ed il lungo
dominio spagnolo.”
( 18 )
Autori successivi, tra i quali Giuseppe Cino - allievo dello
Zimbalo - operarono più in sintonia con lo spirito del
Barocco nazionale
( 19 )
.
“[ - - - ] il flusso di tecniche e di linguaggi sulla penisola -
luogo d’ incontro in questi anni delle più disparate correnti
e tradizioni culturali - è così ricco e complesso da
consentire appena una disaggregazione degli ètimi e una
analisi sistematica.”
( 20 )
Lecce. Chiesa di S. Giovanni
Battista ( Giuseppe Zimbalo, XVII
sec ) e Chiesa di S. Irene ( Francesco
Grimaldi, XVIII sec. ): risulta
evidente come la prima chiesa
presenti motivi decorativi più
bizzarri, mentre la seconda è più
conforme ai modelli della
Controriforma, napoletani e romani.
[foto S. de Bartolo].
9
Dal repertorio antiquario e filologico affine all’ area
culturale che in Toscana fa capo a Lorenzo Ghiberti
derivano gran copia dei motivi che improntano la
produzione cinquecentesca pugliese e salentina in
particolare, come ad esempio: le fasce e le lesene
riquadrate con cornice a gola rovescia, i profili infrascati
provenienti dalle grottesche.
Altra peculiare linea d’ influsso è quella spagnola, in
particolare catalana, che proviene direttamente da Napoli,
centro egemone di tutto il Meridione.
Basti fare riferimento a due elementi tipici di siffatto
repertorio linguistico: il portale “angioino - durazzesco”,
caratterizzato da un arco a tutto sesto inquadrato in cornice
quadra, con o senza ulteriore rialzo quadro centrale; la
finestra archi voltata con cornice quadra anch’ essa, solo
superiore, sostenuta da mensole
( 21 )
.
Nel Settecento si assiste ad una parziale ripresa dell’
economia e del commercio della penisola, soprattutto
mercé esportazioni d’ olio da Gallipoli
( 22 )
.
La situazione fondiaria che ebbe a determinarsi
inizialmente coll’ avvento del dominio bizantino rese la
Terra d’ Otranto un’ area di sfruttamento agricolo
estrinsecantesi mediante grandi tenute ( massae ) suddivise
in fundi
( 23 )
; siffatto status quo permase inalterato sino al
sec. XIX.
Con la proclamazione del Regno d’ Italia (17 Marzo 1861)
da parte di S. M. Vittorio Emanuele II Re per Grazia di
Dio e Volontà della Nazione, tutto il Regno di Napoli
passò sotto la sovranità sabauda.
Per quanto concerne il periodo post unitario, il Salento
riuscì a scrollarsi di dosso con notevoli difficoltà i suoi
trascorsi feudali, rimanendo in uno stato di endemica
arretratezza.
Nell’ Ottocento il processo di urbanizzazione conferma il
carattere accentrato dell’insediamento specialmente
nell’area centro settentrionale della Puglia, area nella quale
l’incremento demografico accompagna e segue una
polarizzazione delle gerarchie funzionali. Bari assume
stabilmente il primato regionale sul piano demografico,
produttivo, commerciale, finanziario, politico-
amministrativo e culturale; si attestano quindi
definitivamente le peculiarità che caratterizzano a tutt’
oggi i tre principali centri del Salento, sempre subornati
10
rispetto al capoluogo di regione: Lecce si ridefinisce quale
città “culturale” e città d’ Arte, Taranto diviene il
principale polo industriale - inizialmente a scopi militari
con la costruzione dell’ Arsenale e dei Cantieri Tosi nel
1883 ed ulteriormente potenziata in tal senso durante il
Fascismo - e Brindisi infine quale porto turistico e
commerciale
( 24 )
.
Nel periodo immediatamente successivo all’Unità d’ Italia
si aprono inoltre numerosi tratti ferroviari, seguendo le
stesse logiche delle infrastrutture viarie.
Si è anzi detto che alla morte di Federico II iniziò la
decadenza delle Puglie, che perdurò sotto la dinastia dei
Borboni e che solo nel periodo del Regime Fascista (1922
- 1943) ebbe temporanea fine, ma che si ripropone altresì
dall’ ultimo dopoguerra ad oggi, nei termini di un divario
tra il Nord Italia, industrializzato e votato al consumismo
più becero, ed un Sud arretrato e sotto l’ infame servitù di
cosche mafiose e camorristiche.
In tempi recenti i centri a nord dell’asse Taranto - Brindisi
subiscono un’ incremento demografico maggiore, rispetto
a quelli del Salento meridionale, quali ad esempio
Gallipoli e Nardò.
( 1 )
F. Porsia, op. cit., p. 178: “celebri sono i ritrovamenti avvenuti nelle
grotte della Zinzulusa, Romanelli, e del Cavallo, e le statuette muliebri
in osso raccolte a Parabita, nella grotta che prese perciò il nome di
Grotta delle Veneri. Al neolitico risale invece la grotta - santuario di
Porto Badisco con pitture parietali raffiguranti scene di caccia e
complessi simboli geometrici, umani, solari, espressione di un mondo
spirituale tutt’ altro che elementare.”
( 2 )
Ibidem
( 3 )
O. Beltrano, op. cit., p. 215
( 4 )
v. Cav. G. Arditi, op. cit., p. 2 e sgg.
( 5 )
v. A. Pranzo, op. cit., passim; il termine “Messapi” vuol significare
“genti situate tra due mari”; cfr. F. Porsia, op. cit., p. 178: “nelle mura
megalitiche di Manduria se ne può ravvisare l’ immagine più potente.”
( 6 )
L. Mongiello, Masserie di Puglia, Bari 1995, p. 8
( 7 )
v. G. Musca, op. cit., passim
( 8 )
cfr. R. De Vita, op. cit., passim
( 9 )
v. G. Musca, op. cit., passim; tuttavia lo stile romanico prevalse in
Terra di Bari e Capitanata, emergenze poco rilevanti in Terra d’
Otranto; esempi preclari la Basilica di S. Nicola ( 1087 - 1197 ) e la