globali
LE CITTA’ globali
5
globalmente PARLANDO
Una piccola introduzione in prima persona
Sarebbe interessante contare quante volte il termine globalizzazione viene usato ogni giorno nel mondo;
un conteggio impossibile ma che sicuramente vedrebbe fra coloro che utilizzano questo termine tanto
l’uomo di tutti i giorni che il più fine teorico politico; chiunque sia compreso tra questi due estremi avrà
pronunciato e sentito tale parola pronunciata. Tuttavia la convivenza non significa conoscenza. Si usano
parole e si accettano definizioni in maniera passiva, per pigrizia, per paura, per la insistenza con cui si
viene bombardati dai significati in un’epoca di sovrainformazione. Si usa la parola globalizzazione ma
cosa sia in verità ancora pochi lo sanno, e sarà probabilmente la storia a spiegare cosa abbia realmente
rappresentato.
Una comprensione piena del fenomeno è difficile da raggiungere e da esternare, senza il rischio, soprattutto per il
neofita, di cadere in delle banalizzazioni, o nella ripetizione vuota di concetti letti ma non capiti. Più che dei
rischi questi tuttavia sono dei passaggi. La banalità, ovvero l’ovvio, il sotto gli occhi di tutti, è la base di
una montagna fatta di concetti più articolati, e le opinioni di chi ha riflettuto e comunica il suo pensiero
sono la corda di sicurezza per quando frana il terreno da sotto i piedi lungo la scalata. Il rischio casomai
è fermarsi al dato reale incontrato senza ragionarlo, così come esiste il rischio di creare e aderire a
concetti senza riferirli ad un piano reale. Globalizzazione pertanto partendo dalle banalità di tutti i giorni e
iniziando a porsi delle questioni pratiche sul come dove e quando questo fenomeno cambi l’aspetto della
nostra vita. Il nostro qui-ora (Berger & Luckman), l’intorno di realtà che ci circonda e con cui cerchiamo
di coabitare, intorno di realtà che parte dalla prossimità più vicina a noi, la nostra stanza, gli oggetti più
personali (sottratti alla vista di tutti), sino ad arrivare ad una cerchia più esterna ma con cui esiste ancora
in contatto reale (ovvero non mediato); la città. Questa la montagna da scalare, la città nell’era globale.
L’idea iniziale era una analisi sul campo di una città, come fossero stati definiti i suoi spazi fisici, quali
percorsi storici avessero seguito, quali i cambiamenti negli ultimi anni.
Una ricerca sul campo insomma, degna conclusione di un ciclo universitario fondato tutto sulla teoria.
L’occasione di usare i mille chiodi di cui siamo stati dotati per scalare una montagna vera, una realtà
vera da comprendere, certo con l’aiuto di chi ha già riflettuto.
La realizzazione pratica dell’idea tuttavia è stata una continuazione del percorso universitario, in quanto
si è completamente fondata nella raccolta di analisi sulle città compiute da altri, studiosi del calibro di
globali
LE CITTA’ globali
6
Saskia Sassen, Anthony King, Giovanni Arrighi. Le mie corde di sicurezza. Purtroppo è mancata la
montagna. Ancora una volta il compito di osservare la realtà è stato lasciato ad altri, mia la descrizione
delle loro osservazioni.
Le banalità (ovvero le ovvietà o i concetti eclatanti) saranno necessarie, benché non molte vista la
mancanza dell’osservazione diretta, per stimolare la curiosità e andare avanti alla ricerca di una migliore
comprensione dei pensieri più complessi, per cercare di vedere quello che gli autori descrivono, ciò che
hanno visto con i loro occhi e che cercano di trasmettere al lettore. Le citazioni dirette non saranno usate
sempre, ma ogni passo sarà (ovviamente) stato guidato dai testi; sarebbe altrimenti come chiedere a un
cieco di descriverci il paesaggio. Cui dando uno sguardo, anche sfocato, si potrà vedere la piana da cui
si elevano le città globali; la globalizzazione.
globali
LE CITTA’ globali
7
BANALITA’ GLOBALI: VERSO LE citta’
Prima di addentrarsi nell’argomento della tesi, ovvero le città globali, è bene
affrontare un tema strettamente correlato eppure differente, ovvero quello della
globalizzazione, che rappresenta l’ambiente delle città globali.
Made in Taiwan. Forse questo potrebbe essere uno dei simboli del fenomeno della globalizzazione.
Magliette commissionate da ameni uffici americani, prodotte da callose mani orientali, comprate da
danarosi portafogli europei, che ritornano sotto forma di incassi in umide banche londinesi. Il proprietario
in vacanza in uno dei suoi villaggi turistici alle Canarie scruta sul web i suoi titoli in rialzo a Wall Street.
Per festeggiare chiama il cameriere, senegalese, e ordina caviale e champagne, prodotto in Francia.
Dalle industrie del suo vicino di sdraio.
Quello di inizio secolo è un mondo che va sempre più intrecciandosi, mettendosi in comunicazione,
collegando virtualmente (attraverso il web) e fisicamente (attraverso i nuovi mezzi di trasporto) zone
finora lontane fra loro. Si allargano i confini mentali degli abitanti del globo che, non più “costretti” nei
loro orizzonti locali, conoscono e talvolta comprendono altre realtà, altre culture, diversi modi di parlare,
di mangiare, di pensare. Abitanti che sono allo stesso tempo soggetti ed oggetti di comprensione. E di
intrusione. L’esempio banale (sigh) è il sig. Mario Rossi che va in vacanza all’estero con il pacco di
spaghetti e il barattolo di pomodoro nella valigia. Come l’uomo di affari alle Canarie che per festeggiare
ordina caviale e champagne, piuttosto che una bevanda locale privilegiata. L’apertura mentale, il
rispetto, la multiculturalità, sono gli aspetti positivi del fenomeno globalizzazione. Lo schiacciamento
delle sfumature locali a livello culturale ed economico, la standardizzazione dei consumi, la
sovrainformazione, la reificazione, questi alcuni dei rischi.
La negazione delle culture particolari in nome di una superiore e livellante cultura mondiale contro la
costruzione di una cultura risultante dal’aggregazione, attenta a ciò che è stato l’uomo sino ad ora senza
rinunciare a ciò che potrebbe essere, senza rinunciare quindi alla formazione di una cultura e di una
società di tipo globale. Un confronto fra una concezione del dualismo locale-globale come somma
positiva piuttosto che come somma negativa, ovvero come convivenza piuttosto che come reciproca
negazione.
globali
LE CITTA’ globali
8
Questa è la partita che si gioca a tanti livelli, culturale, economico, politico, geografico. Un confronto tra il
particolare e l’universale che molte volte nella storia è stata combattuta, ma mai ad un livello così
grande. Le lotte per l’unificazione che hanno portato nella metà del 1800 alla nascita di parte delle attuali
nazioni riguardavano tutte delle zone limitate, oggi è chiamato in causa il mondo intero.
Una lex universalis, questo è ciò cui si potrebbe un giorno arrivare. Per ora, oltre di certo alle singole
leggi nazionali, esiste quello che J.N. Rosenau ha definito una “ governance without government ”, che
altro non è che una grande legge di mercato per la regolamentazione dei rapporti che si intrattengono
oltre i confini nazionali senza l’esistenza di un vero e proprio governo mondiale. Legge che finora è stata
la cosiddetta American Bussiness Law. La legge di mercato americana.
Di certo c’è che, quale che sia la norma che regola i rapporti internazionali, il potere delle nazioni sulle
proprie città è andato sempre più indebolendosi, messo in crisi tanto dalle dinamiche migratorie quanto
dalle dinamiche di mercato che ne sfumano i confini. Gli Stati nazionali, realtà che hanno dominato il
nostro secolo, sono delle specie a rischio, “minacciate” nell’esercizio del diritto di sovranità da nuovi
soggetti non pubblici quali le imprese transnazionali, che creano reti private (di mercato) con l’estero,
così come da soggetti pubblici sovranazionali, quale è ad esempio l’UE. Il potere di decidere in terra
propria viene sottratto agli Stati
1
.
Stessa sorte non tocca invece le città che abitano le nazioni, alcune delle città perlomeno, benché
soggette alle stesse dinamiche globali. Le città potrebbero anzi essere i nuovi soggetti del futuro assetto
globale, dopo essere state date per morte a seguito dell’avvento delle tecnologie informatiche.
Potrebbero essete i futuri (presenti?) nodi nevralgici di una rete di potere orizzontale, non più basata
sullo Stato ma sulla città appunto
2
.
1
Riguardo questo argomento esiste un testo scritto da Saskia Sassen intitolato “Loosing control”.
2
Si veda a tal proposito il quarto capitolo in cui si accenna alla teoria delle reti di Paolo Perulli
globali
LE CITTA’ globali
9
l’idea: LE CITTA’ GLOBALI
La nascita dell’economia dell’informazione, incentrata sulle trasmissioni telematiche
dei dati, aveva fatto pensare che a nulla più sarebbero serviti i luoghi fisici di
produzione dell’economia, che sarebbero esistite solo piazze virtuali, che pertanto le
città stesse non avrebbero più svolto alcun ruolo aggregante per gli uomini d’affari,
per le imprese, per le banche, per tutti i soggetti che intervengono nella
produzione.
L’avvento del telefono prima, del computer e del web poi, ha fatto nascere nuovi luoghi per comunicare,
non più fisici ma virtuali. La piazza, ovvero il luogo di incontro (di accordo e di reciproca definizione) non
è più uno spazio aperto dentro la città, e non è più uno spazio fisico, ma è una finestra sul monitor del
computer dove, a turno, ognuno dice la sua e legge sullo schermo quello che gli altri stanno dicendo
(scrivendo). Ovvero la chat. Ogni tipo di comunicazione può avvenire in tale maniera, ogni tipo di
informazione trasmessa via “electronic mail”, sino alla possibilità di salutarsi e sentirsi attraverso la “web-
cam”. Che bisogno c’è di muoversi se tutto questo è possibile al costo di una telefonata urbana? Che
bisogno c’è di un luogo per incontrarsi? Ha un senso un agglomerato umano reale?
Il computer con cui tutte queste operazioni vengono compiute è stato prodotto in un luogo, La tastiera, la
web-cam, il mouse anche. Qualcuno poi ve lo ha venduto, ne eravate sprovvisti prima. Probabilmente
esiste anche una rete di assistenza. Se vi si rompe il computer chiamate il numero e lo vengono a
riparare. Tutte queste operazioni hanno bisogno di un luogo fisico. Un’impresa virtuale di computer
produrrebbe computer virtuali, buoni per chi già ne possiede uno reale che gli permetta di usare quello
virtuale. Lo stesso si può dire per un’ipotetica assistenza virtuale; sarebbe superflua a computer rotto e
spento. Per non parlare poi dell’energia che alimenta un computer, energia reale, con un luogo di
produzione.
La virtualità è un ramo della realtà; se questa muore, muore anche la virtualità. Un’economia basata
sull’e-info (electronic information) non può prescindere dal mantenere viva la sorgente materiale che la
alimenta. Ovvero tutte le attività fisiche di produzione dei materiali e dei servizi che sono alla base.
Ovvero i luoghi dove queste attività risiedono e quelli in cui tali attività vengono coordinate. Ovvero le
città. Che sono, dunque, salve.
globali
LE CITTA’ globali
10
Quale, andando oltre, il destino della comunicazione? Si comunicherà via pc o la piazza (intesa come
luogo fisico di incontro) avrà ancora un suo ruolo? A questo punto subentrano elementi vari a rinforzare
la tesi che la comunicazione per via elettronica è asettica e più povera di quella reale, che rimane sino
ad ora la sola via di comunicazione immediata (non mediata). Elementi psicologici, come la fiducia nei
mezzi di trasmissione e nella verità di realtà lontane e mediate
3
, la necessità in una comunicazione di
percezioni maggiori e più complete del semplice testo del messaggio (olfattive, uditive, visive, tattili).
La comunicazione faccia a faccia è ancora necessaria, la città lo è, ancora di più se concentra in sé i
soggetti agenti nella comunicazione e nella produzione. Come in effetti accadde nelle città globali.
Queste hanno assunto in particolare un ruolo di contenitori dei soggetti economici dell’economia globale,
nonché di basi di lancio di quelle informazioni virtuali che avrebbero dovuto decretarne la morte.
Nell’economia dell’informazione non avrebbe dovuto esserci più spazio per le città.
Economia dell’informzaione: Cos’ viene definita l’economia attuale, basata sull’utilizzo delle tecnologie
telematiche che permettono una più agile e facile comunicazione fra le varie parti del mondo, condizione
(necessaria ma non sufficiente) che permette la dispersione della produzione, che viene divisa fra la
parte manuale, dispera nei paesi poveri dove la manosopera costa di meno, e la parte amministrativa,
concentrata invece nelle città. Che emergono quindi come centro di coordinamento reale della
frammentazione produttiva.
Sono le città contro ogni pronostico ad essere le protagoniste dell’era globale e del sistema che la
alimenta, le città ovvero le amministrazioni delle imprese transnazionali, le banche, i mercati che in esse
sono ospitati. Un sistema in cui le città sono dei nodi nevralgici per il coordinamento internazionale e la
fornitura di servizi ad imprese, a mercati, ad intere economie che stanno sempre più prendendo una
forma transnazionale, ovvero che stanno sempre più prendendo vita fra gli stati piuttosto che negli stati.
Città che svolgono perlopiù quattro funzioni.
Quella di essere sedi delle amministrazioni delle imprese, delle banche, dei produttori di servizi. Quella
di essere delle stanze dei bottoni di produzioni decentrate nei paesi arretrati. Quella di essere centri di
produzione di innovazione. Quella di essere sedi dei mercati finanziari.
Queste sono le città globali. Ovvero con un raggio di azione che va ben oltre la nazione ed il paese in cui
sono, globali quindi nella portata dei loro contatti.
3
Per l’argomento della fiducia e del rischio vedere “Le conseguenze della modernità” di A.Giddens
globali
LE CITTA’ globali
11
Città che contengono la sostanza amministrativa dell’economia mondiale, città che producono servizi
altamente specializzati, che sono popolate da colletti bianchi, da freeter
4
, da immigrati alla ricerca di un
lavoro.
Città che talvolta creano reti fra alcune di loro per non farsi concorrenza. Questo è un punto molto
importante. Infatti benché la città si sia scoperta un soggetto centrale nel mondo globalizzato, tuttavia
questo non vale la salvezza di tutte le città del mondo. Ve ne sono solo poche che hanno avuto la sorte
di essere i pilastri della rete di produzione e amministrazione di merci, informazioni e potere che sta
avvolgendo la sfera terrestre. Londra, New York, Tokyo sopra tutte le altre. Sono loro quelle città che
spesso cooperano invece di farsi concorrenza, sono loro al centro dei traffici. Così succede che i soldi
prodotti a Tokyo vengano fatti fruttare a Wall Street per poi essere depositati nelle sopracitate e umide
banche londinesi.
Chi rimane escluso da questa élite può rientrare comunque nel novero delle città globali, andando però
ad occupare le zone immediatamente adiacenti al centro del circolo di affari, quanto anche le zone
periferiche poco “illuminate” e dense talvolta di povertà. Molto dipende anche dal periodo storico, che
significa differenti tipi di merci, differenti élite, differenti percorsi lungo i quali si distribuisce la ricchezza.
Città una volta al culmine dell’economia sono scivolate in basso, altre sono emerse.
La prospettiva storica, l’analisi di queste dinamiche e di queste alternanze sarà l’argomento di gran parte
di questo primo capitolo.
4
il freeter è un lavoratore temporaneo
globali
LE CITTA’ globali
12
WHOWHATwhenWHEREWHY
le città globali non sono spuntate dal nulla dal giorno alla notte, ma hanno avuto
una lunga evoluzione, che tuttavia non è stata riconosciuta e studiata se non negli
anni a noi più vicini. Who(chi) sono gli studiosi, What(cosa) la scoperta delle città
globali, When(quando) sono gli anni ’70, Where(dove) nel mondo occidentale,
Why(perché) sono le dinamiche economico-politche del mondo occidentale che
mutano portando gli studiosi alla scoperta.
Il punto di partenza è la questione di come e quando siano nate queste realtà metropolitane globali. Tale
questione è stata affrontata da Anthony D.King
5
in un testo del 1990, “Global Cities”, un testo dedicato
perlopiù alle trasformazioni urbanistiche delle città, ma che affronta nella prima parte anche un’analisi
storica delle loro origini. Origini che in verità si perdono nel buio della notte dei tempi. Infatti nessuno ha
mai letto le città in una chiave globale, l’uomo non ne ha riconosciuta la nascita e l’evoluzione “in tempo
reale”, ma con grosso ritardo, ovvero negli anni ‘70. Non si parla quindi della nascita delle città globali
ma della nascita della percezione da parte degli studiosi di questa dimensione delle città, che comunque
negli anni sono andate evolvendo in questo senso, se ne accorgessero o meno i ricercatori.
“Benché sia vero che è successo qualche cosa di fondamentale negli anni '70, come i
cambiamenti nell'organizzazione dell'economia mondiale, tuttavia è stato ugualmente
significativo il cambio nella percezione e nella comprensione del fenomeno urbano.”
6
Questo significa che il sistema delle città globali non è apparso dal nulla negli anni '70, con le città che
prima di allora erano relegate ad un ambito "nazionale"; queste città già da tempo stavano svolgendo un
ruolo tanto nazionale quanto internazionale. E’ stata però riconosciuta loro una levatura globale solo
quando gli studiosi si sono accorti che il loro raggio di azione e le loro relazioni andavano ben oltre i
confini locali. Il problema che deve ora essere affrontato è quello del perché i suddetti studiosi si siano
5
Anthony D.King è professore di storia dell’arte e di sociologia al dipartimento di arte e di storia dell’arte all’università di stato di New
York a Bringhampton
6
Cit. da Anthony D.King, Global Cities, pag.7
globali
LE CITTA’ globali
13
accorti solo allora e non prima delle reali caratteristiche delle città da loro studiate. Per questo King si
pone, e pone al lettore, due questioni.
"Questo cambio di paradigmi nella metà degli anni '70 pone almeno due questioni. Primo,
quali cambiamenti sono occorsi nel mondo esterno, oggettivo, che possono essere
considerati responsabili di questo nuovo orientamento nella ricerca urbana? Secondo, posto
che questi cambiamenti oggettivi sono andati facendosi strada per almeno tre decadi, e, in
un termine più lungo, per oltre tre secoli o più, perché questa comprensione teorica e
concettuale dello sviluppo urbano si è guadagnata il suo spazio solo dagli anni '70 e non
prima? Perché il termine globale ha assunto una nuova urgenza?"
7
Perché quindi ci si è resi conto solamente negli anni ’70 che quelle che apparivano come delle
“semplici” realtà locali erano invece delle ben più articolate città globali?
"In breve una risposta alla nuova questione sul perché ci sia stato un improvviso interesse
nella ricerca urbana orientata globalmente negli anni '70 è chiaro: solamente quando la base
economica delle città delle "economie avanzate" venne intaccata al centro, solo allora molti
urbanisti in quei paesi hanno guardato oltre i confini nazionali alla più ampia economia che le
sosteneva.”
8
In verità, viene specificato nel testo, già da tempo gli abitanti del mondo esterno (a quello occidentale)
erano coscienti che la loro propria situazione urbana era stata intaccata da un agente esterno alla loro
realtà, ovvero dalla cosiddetta società centrale (leggi occidentale), solo che questa condizione era stata
vista come parte di un più largo processo “naturale” che andava sotto il nome di “neo-colonialism”, così
che nessuno studioso aveva dato una rilevanza tale al fenomeno da indurlo ad indagare.
“Un'altra risposta è più prosaica: la realizzazione accademica che le allora attuali
spiegazioni della crescita urbana erano troppo parrocchiali e quindi inadeguate: l'analisi
7
Cit. da Anthony D.King, Global Cities, pag.4
8
Cit. da Anthony D.King, Global Cities, pag.4
globali
LE CITTA’ globali
14
richiedeva una struttura più profonda (storica) e più vasta (geografica), che riuscisse anche
ad andare oltre i confini disciplinari."
9
Si può dire pertanto che l’uomo non si sia reso conto dell’esistenza di queste realtà fino agli anni ’70,
quando, a seguito della loro scoperta, è partito andando a ritroso nella storia per ricostruire l’evoluzione
delle città globali.
Ma prima di affrontare il percorso storico era (ed è tuttora) bene, fatta la scoperta, mettere a fuoco
meglio il pianeta capitato dentro il cerchio del telescopio. Bisognava definire queste città, dargli un nome
e spiegare che cosa fossero.
CITTA’ GLOBALI ?
Per una migliore messa a fuoco dell’oggetto di studio sono utili le molte definizioni date dagli studiosi nel
corso degli anni. Queste sono a volte intuizioni di differenti fenomeni coesistenti nelle città globali, altre
volte descrizioni differenti degli stessi fenomeni. Eccone alcune.
Seguendo un ordine cronologico, vi è Geddes che sostiene la tesi per cui world cities sono quelle città
"..in cui è condotta una parte sproporzionata dei più importanti affari mondiali", Braudel
10
che usa il
termine world city per denotare il centro di quelle che lui definisce "economie mondo" (vedi paragrafo
seguente), e anche come "centri urbani di gravità", Ross e Trachte i quali vedono tali città come
"contenitori dei centri istituzionali per l'allocazione delle risorse mondiali" nonché come
"basi delle grandi banche e delle corporazioni multinazionali. Da queste basi si irradia una
rete di comunicazioni elettroniche e di corridoi aerei lungo cui il capitale viene dispiegato e
ridispiegato, e attraverso cui sono spedite le decisioni fondamentali sulla struttura
dell'economia mondiale."
11
Altri due studiosi, Friedman e Wolf, che ritengono le città globali
9
Cit. da Anthony D.King, Global Cities, pag.7
10
Braudel, Fernand (1902-1985), storico francese e condirettore dell’Annales
11
Cit. da Anthony D.King, Global Cities, pag.12
globali
LE CITTA’ globali
15
“come la manifestazione materiale di questo controllo, esistenti esclusivamente nelle regioni
centrali o semi periferiche dove svolgono la funzione di banche e di centri finanziari, basi
amministrative, centri di controllo ideologico e così via.”
12
o ancora Sassen-Koob che le vedono come "punti nodali per coordinare e controllare questa attività
economica globale".
I VENTI PUNTI DI FRIEDMAN.
Friedman elabora uno schema per definire le città globali cogliendo vari aspetti di queste. Dalla loro
conformazione geografica all’estrazione sociale degli abitanti, dall’identità dei lavoratori all’identità delle
periferie, più che cercare il concetto definente una città globale ricerca i molti aspetti che la definiscono.
Si parte dalla posizione geografica (punto 1). Sono vere e proprie giunzioni fra il territorio nazionale e
l’economia mondiale, porte d’accesso al territorio statale varcate da migliaia di immigranti (punto 11)
attratti dal bagliore della possibilità di avere un impiego che spesso è un impiego sotto pagato e di basso
livello (punto 16). Le occasioni sono molte, addirittura troppe, con l’eccesso di lavoro che va ad
ingrassare la cosiddetta economia informale, galleggiante o di strada. E’ comunque molto alto il numero
di disoccupati, dipendenti dal supporto di famiglia o da un cappello rivolto sul marciapiede. L’aspetto
delle periferie assume sempre più così un profilo da “terzo mondo”, non solo nell’apparenza ma anche
nella sostanza (punto 20), fatta di conflitti razziali, violenza, crimini, carenza di legge (se non quella
hobbesiana). In queste città la forbice fra chi vive e chi sopravvive si allarga (punto 13). Gli immigrati e le
donne appartenenti alle minoranze etniche vanno a popolare le catene di montaggio, gli uffici che la sera
devono essere ripuliti, svolgono mansioni di lavoro domiciliare, si occupano di quei servizi che sono
fondamentali per la sussistenza sociale e lavorativa dei livelli più alti
13
(punti 8 e 10). Questi livelli sono
formati da élite altamente pagate, che manovrano basi corporative, centri finanziari nazionali ed
internazionali, imprese produttrici di servizi specializzati (punto 2). Tutto concentrato in una città che
diviene così un importante centro per l’investimento internazionale (punto 6).
12
Cit. da Anthony D.King, Global Cities, pag.12
13
ovvero della manutenzione di tutto ciò che ha portato la nobilitazione dei consumi, quindi elettrodomestici che vanno riparati, strade ed
autostrade che vanno mantenute, aree verdi, zone pedonali connumerosi self service, i mezzi di trasporto pubblici e privati, tutto ciò
insomma che abbisogna per il suo funzionamento di manodopera. Questi bisogni sono in parte ricoperti da immigrati e donne
appartenenti a minoranze etniche, in parte sono svolti da lavoratori locali che si situano in una fascia lavorativa più bassa.
globali
LE CITTA’ globali
16
Non tutti però si trovarono d’accordo con la descrizione offerta da Friedman, come per esempio Korff, il
quale ribatté sostenendo che le maglie dell’analisi devono essere più strette per poter fermare unità più
piccole, come i “villaggi globali” e le “famiglie globali”. L’approccio micro era piuttosto caro a questo
studioso che sosteneva anche la necessità di far nascere l’analisi dalle specifiche città piuttosto che
dalla macro analisi del sistema mondiale. Lo sviluppo della città insomma non è solamente il risultato di
processi a livello mondiale ma anche di movimenti di merci a livello regionale ed interregionale,
movimenti che per l’appunto tendono ad essere trascurati nell’analisi delle città globali.
L’ORIGINALE ANALISI DI ANTHONY D.KING
La lunga lista di studiosi che si sono cimentati nella definizione di questa nuova entità viene chiusa dal
pensiero di King, che propone un’analisi la cui mira è sempre quella di definire l’oggetto città globale ma
che è caratterizzata da uno stampo di matrice storica. Si proietta infatti nel passato cercando gli avi delle
città globali, i forerunners, i predecessori insomma. Queste città globali, come abbiamo detto, non sono
sorte all’improvviso negli anni ’70 da distese desertiche ma sono delle “mutazioni” di realtà cittadine già
precedentemente esistenti, e quindi la domanda di King è, che tipo di realtà erano queste? King opera
quell’indagine storica cui prima si faceva riferimento, va a ricercare nel passato le tracce delle global
cities per coglierne meglio la natura presente, alla ricerca del legame fra lo stato attuale della città e la
sua storia passata.
Riprendiamo la domanda che si pone King, ovvero, che tipo di realtà erano queste? La risposta: erano
delle città coloniali. Ma la definizione ancora non lo soddisfa, così che precisa che cosa è una città
coloniale, ovvero la capitale metropolitana di un impero coloniale (città imperiale), la città capitale di una
colonia, una città coloniale portuale.
Sono quindi tre le differenti conformazioni. Città imperiali come Londra, Parigi, Madrid, Bruxelles, e città
–portuali o interne- di importanza limitata al territorio coloniale, come New York, Sidney, Toronto, Hong
Kong.
Città comunque “pesanti” economicamente e politicamente parlando. Tanto nel passato come nel
presente. Questa permanenza è il punto fondamentale dell’analisi di King, la scoperta e la particolarità
della proposta di King. Dove negli anni addietro esistevano città inserite in una rete coloniale, nei nostri
anni esistono città comprese nella rete della global economy, che mantengono fra di loro collegamenti
che sono risultato della loro comune storia coloniale oltre e più che della loro presente posizione
spaziale o della attuale logica commerciale.
globali
LE CITTA’ globali
17
Molte sono le caratteristiche comuni alle due realtà. La più importante è l’orientamento esterno, tanto
delle forze quanto delle fortune della città stessa (punto 1), che diventa un veicolo di trasmissione dei
valori politici, culturali ed ideologici (punto 2), nonché un centro di controllo politico, economico e
manageriale (punto 4). Questo controllo presuppone la presenza in ambo i tipi di città di molti centri
amministrativi di alto livello, di importanti centri finanziari e di centri produttori di servizi specializzati
(punti 5 e 6), guidati da élite che sono esogene nelle città coloniali ed indigene in quelle globali (punto
12). La polarizzazione fra queste classi e gli immigranti, di cui ambo le città sono le maggiori destinazioni
(punto 9), è molto pronunciata, e si riflette in una polarizzazione spaziale e residenziale, così come nella
ghettizzazione (punto 13), generando costi che spesso eccedevano ed eccedono le capacità delle casse
statali.
RIASSUMENDO…
L’apertura è stata dedicata, brevemente e banalmente, alla globalizzazione, cui le città globali sono
strettamente legate essendo un effetto ed una causa del fenomeno globale. Si è visto come le realtà
cittadine, al contrario delle nazioni che le ospitano, si siano ritagliate uno spazio rilevante nella global
economy. Gli studiosi negli anni ’70 si rendono conto della natura sovranazionale della città, e
cominciano a studiarle per cercare di definirle. Un importante passo in questo senso viene compiuto
grazie all’analisi storica, al riprendere le fila delle città globali per capire da quanto esistessero e come
siano arrivate ad essere quello che oggi sono. King in particolare è ripreso per l’originalità della proposta
(Arrighi lo sarà per la profondità e la precisione dell’analisi storica). Lungo il percorso storico gli studiosi
hanno anche cercato di capire quali siano state le città più importanti nei secoli, le “elette” del passato,
centrali come lo sono oggi New York, Tokyo e Londra, quali le città che si sono poste al vertice di un
circolo di affari, di merci e di potere. Che si sono poste al comando di imperi commerciali che
abbracciavano più nazioni. Come accade anche oggi, benché fossero più di una le città influenti, quelle
che negli anni ’70 sarebbero poi state definite come città globali, tuttavia era uno il centro attorno a cui
tutte ruotavano. Centro che mutava nei secoli, così che nei secoli si sono passate lo scettro di “città
regina” varie differenti metropoli, scettro che conferiva appunto il ruolo di città centro di un importante
circolo economico e politico. Da Venezia nel 1300 si passa ad Anversa nel 1500, Genova nel decennio
1550-1560, Amsterdam a cavallo del 1600, Londra nel 1800, New York nel secolo che si è appena
concluso. Ogni volta che cambiava il centro gravitazionale attorno a cui ruotavano affari, merci soldi ma
anche idee e potere politico, cambiavano le élite dirigenti, cambiavano le città catturate nell’orbita, si
globali
LE CITTA’ globali
18
avevano quelli che Braudel ha chiamato i processi di centrage-decentrage-recentrage. E’ bene chiarire
la natura di questi processi, dato che sarà la base su cui saranno costruite le prossime pagine.