INTRODUZIONE 
 
Se così non fosse, i prezzi raggiunti potrebbero essere giustificati 
dalle aspettative che molti osservatori di rilievo rip[AG1]ongono sulle 
potenzialità della Rete?  
Se ciò non si rivelasse confermato, potremmo dirci in presenza di 
una “bolla speculativa”? 
Il presente lavoro è stato diviso in due parti: nella prima si sono 
volute tracciare le principali nozioni inerenti le bolle speculative nel 
loro complesso (teorie ed eventi storici in particolar modo); nella 
seconda parte, invece, si è sviluppato il vero e proprio caso empirico 
oggetto dell’indagine. 
Innanzi tutto si è voluto approfondire cosa intenda la teoria 
prevalente per bolla speculativa. In questo contesto è apparso chiaro 
che non si possa attribuire una simile terminologia a quelle crisi di 
breve durata che producono comunque grosse fiammate speculative, 
tanto al rialzo quanto al ribasso: la bolla può ritenersi tale solo quando 
è “persistente” nel tempo.  
Poiché una “bolla speculativa” è definita come una “discrepanza tra 
i valori che l’attività oggetto di studio presenta sul mercato ed i suoi 
                                   
INTRODUZIONE 
 
fondamentali”, si è ritenuto opportuno ricercare, non tanto il 
significato di “bolla”, quanto quello di “valore fondamentale”.  
A questo punto si è svolto un attento studio sulle più diverse 
formule di valutazione dei titoli azionari, allo scopo di avere una 
panoramica, il più possibile completa, dei diversi “valori fondamentali” 
a cui ci si può indirizzare. Sebbene la parte inerente queste valutazioni 
sia stata scritta in modo da comprendere il più ampio spettro di 
modelli, si è consapevoli di averne enfatizzato “solo” quelli classici, 
ovvero quelli inerenti le società industriali.  
Per le società hi-tech, ed in particolare per quelle internet, i metodi 
di valutazione che si basano su un’impostazione “classica” possono 
non essere adatti a realtà aziendali nelle quali le componenti 
immateriali non sono di così facile valutazione e quelle materiali spesso 
non aiutano allo scopo. 
   Molto spesso, però, la storia ci viene incontro nella comprensione 
di fenomeni che sono conosciuti come manie, panici, isterie collettive, 
e che invece in molti casi, non sono altro che eventi del tutto razionali: 
semmai paradossalmente, l’irrazionalità, la mania, l’isteria si potevano 
riscontrare nel movimento precedente, quello del rialzo. In tal senso si 
                                   
INTRODUZIONE 
 
è sviluppato il II Capitolo, nel quale sono state citate e analizzate le 
principali crisi finanziarie che la storia economica ricordi come crolli 
(dalla Tulipanomania del 1638 alla più recente crisi delle Tigri Asiatiche 
del 1997, passando per una rassegna di situazioni che toccano la 
Compagnia delle Indie, quella dei Mari del Sud, la grande crisi del 1929 
e il crollo del 1987).  
Per ultimo è stato anche analizzato il caso, oggetto di studio in 
molte ricerche, del cosiddetto underpricing delle OPV, ovvero quella 
situazione nella quale le società che entrano per la prima volta in Borsa, 
attraverso un’Offerta Pubblica di Vendita (OPV), registrano un 
andamento migliore di quello del resto del mercato, lasciando 
intendere che, per motivi di natura diversa, gli emittenti fissino un 
prezzo inferiore a quello fondamentale. 
La seconda parte della tesi, come detto, tratta gli aspetti empirici.  
Innanzi tutto è bene far presente che l’analisi svolta ha riguardato 
un test di imprese rappresentative del mercato internet, che si sono 
potute dividere in 5 macrocategorie: 
1) quelle che non hanno il loro core business su internet, ma che ne 
siano fortemente influenzate;  
                                   
INTRODUZIONE 
 
2) le società che forniscono l’accesso alla Rete;  
3) quelle del mondo dell’E-Business;  
4) le società di web hosting e, non ultimo;  
5) le imprese che appartengono al settore pubblicitario dell’on-line.  
Tutta questa nuova economia prende il nome di I-conomy, che sta 
per Internet Economy. La Rete delle Reti, così come viene chiamata 
dagli americani, è oggetto di numerosi studi per valutarne le reali 
potenzialità e soprattutto per prevedere i reali impatti, non solo 
economici ma anche sociali, che essa avrà tanto sui consumatori quanto 
sulle imprese. 
Al fine di ottenere dei risultati utili per la tesi in esame, si sono 
dovuti ricavare da diverse fonti, prima tra tutte I/B/E/S, i dati degli 
Utili per Azione (di seguito EPS) delle singole società per poi calcolare 
il loro valore intrinseco utilizzando il modello del Dividend Discount; 
poi ci si è soffermati su tre multipli di Borsa molto seguiti dagli 
operatori, il rapporto Prezzo / Utili (P/E), quello tra il Prezzo e il 
Valore Contabile della società (P/BV) e per ultimo il rapporto tra 
Prezzo e Fatturato (P/S).  
                                   
INTRODUZIONE 
 
Così facendo si è cercato di ottenere, non tanto un target price ma 
soprattutto il tasso di crescita di lungo periodo che gli operatori stanno 
implicitamente scontando nelle quotazioni per giustificarne i valori. In 
questo caso si è infatti seguito un modello che, sebbene con le forti 
ipotesi che si sono fissate, dividesse il periodo di vita dell’impresa in 
due o tre stadi (a seconda del modello a cui si fa riferimento), lasciando 
come incognita, non il prezzo, ma il tasso di crescita della società nella 
sua  fase di stabilità. 
L’ultimo modello preso in esame è il FED Model. Si è scelta questa 
strada non perché sia un modello infallibile, ma perché dopo aver 
analizzato un paniere di titoli legati al mercato internet ed averne 
confrontato i risultati con un altro paniere di titoli appartenenti alla 
cosiddetta Old Economy, si è ritenuto indispensabile analizzare 
l’andamento del mercato nel suo complesso, attraverso un indice 
rappresentativo del mercato americano, come l’MSCI (Morgan Stanley 
Capital International) per gli Stati Uniti. 
 Prima di tutto si deve ricordare come il modello prenda la sua 
definizione dal governatore della Banca Centrale americana (appunto la 
FED) e come in esso si enfatizzi una componente molto sensibile alle 
                                   
INTRODUZIONE 
 
attenzioni del direttivo monetario statunitense: la cosiddetta “irrational 
exuberance”.  
In concreto si andrà a definire un modello che confronterà il 
rendimento ottenibile dai titoli rischiosi (azioni), come percentuale 
sull’indice MSCI di Morgan Stanley per l’area U.S.A. degli EPS corretti 
con le aspettative I/B/E/S, con il Bond yield, ovvero il rendimento 
ottenuto dall’investimento in titoli privi di rischio.  
 
R ICONOSCIMENTI   
 
Desidero esprimere il mio più profondo ringraziamento all’ufficio 
studi della ROMAGEST S.G.R. nella persona del dott. Pierfrancesco 
LABOZZETTA, per il notevole aiuto offertomi nel reperimento del 
materiale presso la Deutsche Bank e soprattutto presso I/B/E/S, senza 
il quale la presente opera, indipendentemente dai risultati presentati, 
non si sarebbe potuta realizzare. 
Un particolare riconoscimento va anche all’ufficio studi e all’ufficio 
gestioni della NUSA S.I.M. per la cordiale disponibilità con la quale mi è 
stato consentito l’utilizzo della workstation Bloomberg nel 
                                   
INTRODUZIONE 
 
reperimento dei dati sugli EPS di tutte le società inserite nel presente 
studio. 
Ultimo, ma non per questo meno importante tributo di stima e 
gratitudine, va al dott. Stefano FABRIZIO della CONSOB, per le utili 
osservazioni e spunti avuti nei nostri diversi incontri che sono serviti 
per perfezionare l’intera struttura del lavoro. 
 
                                                                                                     CAPITOLO I: LE BOLLE 
SPECULATIVE 
 
 
 
 
C APITOLO I  
 
 
 
 
LE  BOLLE  SPECULATIVE 
 
 
 
 
 
“Naturalmente la storia ci dice 
che tutte le manie sono 
terminate in un tempo finito... 
Ogni bolla un giorno o l’altro 
scoppia, ma da molto sono 
colpito e perplesso per il fatto 
che in tutto l’arsenale della 
teoria economica non abbiamo 
assolutamente alcun modo di 
predire quanto durerà una 
bolla”. 
 
P. Samuelson (1957) 
 
 
 
 
                                                                                                     CAPITOLO I: LE BOLLE 
SPECULATIVE 
 
 
 
C APITOLO I  
 
 
LE  BOLLE  SPECULATIVE 
 
 
1. INTRODUZIONE 
 
Per bolla speculativa (speculative bubble) la teoria dei mercati finanziari 
 
ha inteso attribuire un termine a quella particolare situazione che 
allontana i prezzi delle attività, reali o finanziarie, dal loro valore 
“intrinseco”, ovvero quel determinato valore che avrebbero avuto 
nell’ipotesi di mercati perfettamente efficienti.  
Infatti esiste la possibilità che, inserendo in un modello alcune ipotesi 
forti, come quella di aspettative razionali ed assenza di asimmetrie 
informative, i prezzi possano divergere dal loro livello “fondamentale” e 
trovino la loro spiegazione della stessa dinamica che li alimenta. 
Infatti si può sostenere che, sebbene gli agenti facciano un uso 
razionale delle informazioni, i prezzi presentino una discrepanza con le 
reali condizioni economiche, attuali e prospettiche, in quanto gli stessi 
                                                                                                     CAPITOLO I: LE BOLLE 
SPECULATIVE 
 
operatori possono considerare l’andamento dei prezzi come 
un’informazione essa stessa, e la incorporino nel loro set.  
Un rialzo può così avere degli effetti esplosivi tali che, ad un certo 
punto, gli operatori non si convinceranno che la probabilità di un loro 
ribasso sarà maggiore di quella di un loro ulteriore aumento. Entrerà così 
in funzione il meccanismo opposto a quello che aveva mosso i prezzi nel 
periodo precedente: una cumulativa ed accelerante corsa al ribasso. 
Osserva C. Camerer (1995) che la rassegna teorica sulla deviazione dei 
prezzi dal loro valore intrinseco può essere suddivisa in tre categorie: 
1) quella che tratta le “bolle razionali” (anche dette “bolle crescenti”); 
2) quella sulle “mode”; 
3) ed infine quella inerente le “bolle informative”. 
La letteratura sulle “bolle razionali” è decisamente dominante, tant’è 
vero che la comune definizione di “bolla” origina proprio da questa 
corrente: in termini matematici la bolla razionale è quel valore di disturbo 
che, nelle equazioni rappresentanti i prezzi di equilibrio, si trova come 
addendo del valore fondamentale. 
Le “mode”, invece, pur essendo degli scostamenti che il prezzo 
evidenzia rispetto al valore intrinseco dell’attività sottostante, sono mossi 
da forze sociali o psicologiche, analogamente a quanto avviene nelle 
                                                                                                     CAPITOLO I: LE BOLLE 
SPECULATIVE 
 
situazioni comuni di consumo o nelle opinioni politiche. Là dove le 
“mode” ritornassero, con una certa costanza, al loro valore medio, 
prenderebbero il nome di “mode quasi - razionali”. 
Per quanto riguarda le “bolle informative”, queste si presentano 
quando si ha un livello di informazioni diverso tra gli operatori, infatti i 
prezzi possono allontanarsi dal loro reale valore nel caso in cui gli agenti 
abbiano opinioni diverse sul loro andamento futuro, ed in particolar 
modo sull’andamento complessivo dell’economia, oppure il loro set 
informativo presenta delle lacune, tali da non permettere una oggettiva 
valutazione dell’investimento. 
Si analizzerà in particolar modo lo studio sulle bolle razionali grazie 
alla nutrita letteratura di cui si dispone, senza però far cadere i 
corrispondenti lavori inerenti le altre due correnti precedentemente citate.  
 
2.  LE BOLLE RAZIONALI 
 
Autori importanti come R. P. Flood e R. J. Hodrick (1990) hanno 
rilevato come l’esistenza delle ipotesi di mercato efficiente non 
garantiscano l’assecondamento delle quotazioni ai loro valori 
fondamentali, sebbene tale teoria sostenga di contro che, essendo il 
                                                                                                     CAPITOLO I: LE BOLLE 
SPECULATIVE 
 
mercato il miglior allocatore delle risorse, in queste rientreranno anche le 
informazioni, che sono valutate immediatamente e correttamente 
incorporate nei prezzi.  
È a causa delle “aspettative autoalimentanti
1
” degli operatori che si 
vengono a determinare le dissonanze tra il valore fondamentale e quello 
di mercato. Questa situazione prenderà il nome di “bolla”.  
Seguendo le osservazioni di G. Santoni (1987), una bolla speculativa 
presenta 3 caratteristiche: 
1) sono “persistenti”, nel senso che una previsione sui prezzi effettuata 
soltanto tramite l’aspettativa dei profitti futuri, è parziale. Ciò 
significa che l’errore previsionale
2
 tenderà ad avere lo stesso segno 
col passare del tempo. La persistenza di un medesimo risultato 
porterà gli operatori a formulare aspettative di continuazione del 
modello passato, autoalimentando l’andamento delle quotazioni 
alla tendenza già assunta; 
2) le bolle devono essere “esplosive”, ovvero devono crescere ad un 
tasso tale da poter compensare il rischio che gli investitori si 
                                                 
1
 Così si è tradotto il termine inglese self-fulfilling prophecies. 
 
2
 La differenza tra il prezzo attuale e la sua previsione. 
                                                                                                     CAPITOLO I: LE BOLLE 
SPECULATIVE 
 
assumono nell’entrare su un titolo le cui quotazioni sono mosse 
dalla speculazione e non dai fondamentali; 
3) non sono “negative”. Una bolla negativa significherebbe che il 
prezzo dell’attività tende a scendere in misura maggiore del livello 
che avrebbe seguendo i fondamentali. La caratteristica di dover 
essere “esplosiva” implicherebbe la progressiva discesa delle 
quotazioni, ma questo non può portare il titolo ad assumere valori 
negativi. 
Si deve tenere presente che nell’esplicitazione di un modello che 
rappresenti nel miglior modo possibile lo sviluppo di un meccanismo 
quale una bolla razionale è necessario evidenziare alcune ipotesi, prima 
tra tutte quella di aspettative razionali
3
 tra gli operatori.  
Alcuni autori hanno analizzato modelli con i quali verificare 
l’esistenza di bolle razionali. Innanzi tutto è necessario considerare 
un’attività con particolari caratteristiche, quali l’offerta determinata a 
priori e la durata infinita, che garantisce un certo livello di dividendi “D” 
(che può essere anche non determinato).  
Supponendo ulteriormente la neutralità al rischio degli investitori ed 
un tasso di interesse “r” identico per tutti e rispetto al quale scontare le 
                                                                                                     CAPITOLO I: LE BOLLE 
SPECULATIVE 
 
operazioni, senza dimenticare che gli agenti hanno a loro disposizione le 
stesse informazioni It, la condizione per la massimizzazione dell’utilità 
intertemporale è
4
: 
[1.1[AG1]]  P
E P D
r
t
t t t
=
+
+
+ +
[( )]
( )
1 1
1
 PREZZO di MERCATO al TEMPO 
“t” 
 
l’operatore “E” sta a rappresentare l’aspettativa statistica, ovvero il valore 
atteso della somma tra il prezzo di mercato del periodo successivo ed il 
dividendo atteso a cui si avrà diritto, scontata al tasso r (così come 
richiesto dal metodo della capitalizzazione semplice).  
Nelle pagine seguenti si seguirà questa impostazione, piuttosto che 
quella proposta da K. A. Froot e M. Obstfeld (1989), i quali ricavano il 
prezzo di mercato attraverso il metodo della capitalizzazione composta, 
secondo cui: 
Pt=e
-r
Et(Dt+1+Pt+1). 
                                                                                                                                                 
3
 Il modello di aspettative razionali implica che le aspettative soggettive degli agenti 
siano coincidenti all’aspettativa matematica del modello in cui sono inseriti. 
4
 Si tenga presente che per neutralità di un soggetto rispetto al rischio si vuole 
rappresentare la situazione in cui questi otterrà un incremento nella propria funzione 
di utilità proporzionalmente uguale ad un corrispondente aumento nel suo reddito. Si 
parlerà di avversione al rischio quando una riduzione nel reddito produrrà un calo 
nell’utilità maggiore di quanto si avrebbe nel caso opposto. Viceversa si è di fronte ad 
un soggetto propenso (o amante) del rischio quando incrementi nell’utilità saranno 
maggiori nel caso di miglioramenti nel reddito di quanto di perderebbe, sempre in 
termini di utilità, a causa di un analogo ribasso nel reddito stesso. In termini matematici 
se la derivata seconda della funzione dell’utilità , rispetto al reddito, fosse pari a zero, si 
parlerebbe di neutralità; se fosse negativa si avrebbe un’avversità al rischio; mentre se si 
ottenesse un risultato positivo, il soggetto sarebbe identificato come amante del rischio. 
                                                                                                     CAPITOLO I: LE BOLLE 
SPECULATIVE 
 
Utilizzando un processo ricorsivo, si può derivare una nuova formula 
dalla [1.1[AG2][AG3]], così come osservato da Flood & Hodrick (1990):  
[1.2] 
[ ]
)1(
)1(
)(
2211
r
r
PDEDE
P
ttttt
t
+
+
++
=
++++
 
Ripetendo questo procedimento più volte, per la legge delle aspettative 
iterative, si avrà che Et[Et+1(Dt+2)]=Et(Dt+2).  
Applicando quanto detto con un infinito numero di sostituzioni, si 
otterrà che il prezzo corrente sarà dato da: 
[1.3] P
E D
r
t
f
i
t t i
i
=
+=
∞
+
1 1
Σ
( )
( )
 
ovvero, il “valore fondamentale” di un’attività al tempo “t” è 
rappresentato dalla sommatoria dei suoi flussi di cassa futuri, scontati ad 
un tasso “r”. 
Quanto ottenuto non è esclusivamente un risultato matematico, ma ci 
consente di fare osservazioni più approfondite sulla caratteristica delle 
“bolle”. Infatti sia Camerer (1995) che Flood & Hodrick (1990) 
affermano come, anche sulla base di quanto detto precedentemente, sia 
possibile un discostarsi, nella realtà del mercato, del prezzo effettivo da 
quello ipoteticamente ottenuto con la [1.3].  
Proprio questa differenza origina il verificarsi di una bolla, che verrà 
identificata dal termine Bt: