4
Solo a partire dagli anni ’80 si è registrato un mutamento di ten-
denza, che ha condotto verso scelte che iniziano, dagli anni ’90, ad intac-
care alcune sostanziali caratteristiche del rapporto tra Stato ed economia.
Fattori esogeni, quali la globalizzazione dei mercati ed il processo
di integrazione comunitaria, e fattori endogeni, quali la crisi della finan-
za pubblica ed i mutamenti del quadro politico, hanno modificato le ra-
gioni del ruolo dello Stato ed hanno impresso un’accelerazione ai cam-
biamenti in atto
3
.
Si è così giunti, in questi ultimi anni, sia ad un forte ridimensiona-
mento della presenza diretta dello Stato nell’economia, sia ad una modi-
fica della natura e degli strumenti dell’intervento pubblico.
3
Un quadro d’insieme degli avvenimenti del decennio in corso si trova in G. GUARINO, Verso
l’Europa, ovvero la fine della politica, Mondadori, Milano, 1997.
5
1.1.2 I principi economici della Costituzione
La lettura dei rapporti tra Stato ed economia, e della loro evolu-
zione, trova riscontro nel quadro costituzionale che – come è noto – con-
templa l’intervento pubblico nell’economia.
Con l’approvazione della Costituzione repubblicana, infatti, sono
state definite le linee della cosiddetta Costituzione economica, termine
utilizzato, in senso descrittivo, per indicare sinteticamente le norme e i
principi costituzionali in materia economica
4
.
La Costituzione dedica un intero titolo ai rapporti economici
5
; tut-
tavia, per individuare le linee lungo le quali si è mosso l’intervento pub-
blico nell’economia è opportuno evidenziarne anche altre parti, preci-
puamente alcuni articoli compresi tra i “principi fondamentali”.
Va così ricordato l’art. 3 che, nel secondo comma
6
, afferma il
principio dell’uguaglianza sostanziale, la quale deve trovare applicazione
attraverso la rimozione degli “ostacoli di ordine economico e sociale”.
Per lo Stato, dunque, intervenire nell’economia non è soltanto una
scelta possibile, bensì un obbligo determinato dal dovuto rispetto di un
principio costituzionalmente determinato. Ciò risulta, del resto, ulterior-
mente precisato dall’art. 4, primo comma
7
, che impegna i pubblici poteri
ad una politica economica diretta alla realizzazione di una situazione di
piena occupazione.
4
Per un più ampio esame del termine “costituzione economica”, si veda S. CASSESE, La nuova costi-
tuzione economica, Laterza, Bari, 1995.
5
Prima parte, Diritti e doveri dei cittadini, titolo III, Rapporti economici, artt. 41-47.
6
Art. 3, omissis, «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale,
che, limitando, di fatto, la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e
sociale del Paese».
7
Art. 4, «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che
rendano effettivo questo diritto».
6
Esaminando poi i principi costituzionali specificatamente riguar-
danti l’attività economica, occorre innanzi tutto ricordare quanto dispon-
gono gli artt. 41 e 42 della Costituzione.
Nell’art. 41, primo comma, si afferma che l’iniziativa economica è
libera; ma con i successivi commi, secondo e terzo, è sancito il principio
che l’iniziativa privata può essere indirizzata e coordinata a fini sociali,
unitamente all’attività economica pubblica, nell’ambito di programmi e
sulla base di controlli fissati dal legislatore
8
.
Limiti all’iniziativa privata possono derivare anche dalla disciplina
dei beni, di cui la legge aveva il compito, tra l’altro, di assicurare la fun-
zione sociale, così come espresso nell’art. 42
9
.
Appare evidente, pertanto, che il complesso di queste diverse di-
sposizioni della Costituzione, dai principi fondamentali alle disposizioni
specificamente riguardanti l’economia, prefigura un modello di econo-
mia mista. Ciò ha trovato sostanziale conferma nell’esperienza storica
che va dalla nascita della repubblica agli anni ’80: periodo indubbiamen-
te caratterizzato da una forte e crescente presenza dello Stato
nell’economia. Lo Stato ha, in quegli anni, completato il sistema delle
partecipazioni statali e nazionalizzato il settore elettrico; ha assunto il
ruolo di Stato “finanziatore”, “pianificatore” ed “assistenziale”.
8
Art. 41, «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale
o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i pro-
grammi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e
coordinata a fini sociali».
9
Art. 42, omissis, «La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi
di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibi-
le a tutti».
7
1.1.3 La presenza pubblica nell’economia e la regolazione finalistica
Dal secondo dopoguerra sino agli anni ’80, la presenza pubblica
nell’economia è in continua crescita, attraverso politiche e strumenti di
intervento che, anche se con alcune novità, trovano in gran parte origine
nel periodo successivo alla crisi economica del 1929.
Risale, in primo luogo, a quel periodo una delle modalità di inter-
vento pubblico più caratteristiche del sistema italiano, quella realizzata
attraverso le cosiddette partecipazioni statali. Si tratta di società per a-
zioni che operano in regime di diritto privato, ma delle quali è azionista
l’ente pubblico
10
. Alla metà degli anni ’50 esistevano, così, due grandi
enti pubblici, l’IRI
11
, e l’ENI
12
, detentori di rilevanti partecipazioni in
società ed enti economici, nonché una serie di altre partecipazioni distri-
buite tra vari Ministeri.
All’assunzione diretta di attività economiche si è affiancata, a par-
tire dagli anni ’60, una rilevante crescita dei trasferimenti finanziari, sia
dallo Stato ad altri centri pubblici di spesa (Regioni ed altri enti pubbli-
ci), sia dal settore pubblico al settore privato. Gli interventi più importan-
ti sono stati quelli, di tipo agevolativo, concessi all’industria, nella forma
sia di esenzioni da determinati tributi ed oneri, sia di operazioni di finan-
ziamento, sia di sovvenzioni.
10
Va forse precisato che l’espressione “partecipazione statale” è impropria poiché l’azionista non era
lo Stato, ma gli enti pubblici di gestione. Da ciò anche la non correttezza dell’espressione “società ad
economia mista”. Si veda S. CASSESE, La nuova costituzione economica, cit., p. 26.
11
L’IRI fu costituito, nel 1933, per porre riparo alla crisi nella quale si erano trovate le banche che de-
tenevano partecipazioni azionarie in industrie, a loro volta colpite dalla crisi.
12
L’ENI fu costituto, nel 1953, per la gestione, in regime di esclusiva, della ricerca e della coltivazio-
ne dei giacimenti di idrocarburi scoperti, agli inizi degli anni ’50, nella Valle Padana.
8
L’intervento pubblico, con l’utilizzo delle sovvenzioni e degli
incentivi, muta natura, in quanto lo Stato fissa priorità, obiettivi e criteri
per l’utilizzazione delle risorse, ma non svolge direttamente l’attività
produttiva. Con l’espressione “incentivi” si vuole proprio sottolineare la
funzione che tali agevolazioni dovrebbero, necessariamente, avere: in-
durre il soggetto agevolato a compiere un’attività che sia di interesse ai
pubblici poteri, per il perseguimento di quei fini sociali espressi dalla no-
stra Costituzione
13
.
Le politiche di sovvenzione sono ancora politiche finalistiche (lo
Stato definisce fini e scopi delle attività economiche private in conformi-
tà a quelli predeterminati mediante la politica pubblica), che si sovrap-
pongono e si sostituiscono alle regole del mercato. Il finanziamento sta-
tale rappresenta un elemento peculiare della storia degli anni ’60, durante
i quali esso ha avuto uno straordinario sviluppo, ma l’intervento pubblico
è molto penetrante anche per quel che riguarda i servizi.
In quegli stessi anni lo Stato è sia presente direttamente nei princi-
pali servizi, sia agisce al fine di influire sul comportamento degli opera-
tori, usando i vari strumenti a disposizione (leggi, provvedimenti ammi-
nistrativi, contratti, ecc.).
La costituzione dell’ENEL e la nazionalizzazione
14
dell’industria
elettrica, nel 1962, rappresentano uno degli eventi più importanti del pe-
riodo in esame. Esse, infatti, costituiscono l’unica occasione in cui sia
13
Il loro obiettivo, dunque, non dovrebbe essere diverso da quello che lo Stato si può prefiggere uti-
lizzando poteri autoritativi e/o minacciando sanzioni.
14
Anche in questo caso l’espressione “nazionalizzazione” appare impropria ed appare corretto parlare
di pubblicizzazione. Si veda S. CASSESE, La nuova costituzione economica, cit., p. 20.
9
stato esercitato il potere, previsto dall’art. 43 della Costituzione, di e-
spropriazione e di riserva originaria
15
di imprese.
Il più importante esempio di gestione diretta è certamente quello
rappresentato dalle Ferrovie dello Stato
16
, gestite da un’apposita azienda
autonoma del Ministero dei trasporti
17
.
Anche il settore del credito è composto in larghissima misura da
banche pubbliche e sottoposto, comunque, ad una penetrante vigilanza
della Banca d’Italia, la quale può determinare nei minimi dettagli ciò che
è consentito e/o vietato agli intermediari creditizi.
Tutta una serie di servizi, infine, ricade nel regime della conces-
sione
18
. In questi casi le attività “riservate” sono attribuite, con provvedi-
menti dello Stato, a società che svolgono il servizio in forma imprendito-
riale, ma nella veste di concessionari. Ciò significa che esse acquisiscono
la qualifica di imprenditore in virtù di uno specifico provvedimento auto-
ritativo, che conferisce loro il compito di svolgere l’attività d’impresa,
con l’esclusione di altri, secondo gli indirizzi del concedente e sottopo-
sta, altresì, al suo controllo. Si possono ricordare, tra le altre, le varie
concessioni nel settore dei trasporti, dal trasporto aereo di linea (Alitalia)
alle autolinee locali, e le concessioni alla Radiotelevisione italiana e
quella, per le comunicazioni telefoniche, alla SIP (oggi Telecom).
15
Con la riserva originaria si è precluso stabilmente alle società espropriate l’esercizio dell’impresa
elettrica. Con l. 9 gennaio 1991, n. 9, si è sottratta alla riserva tutta una serie di attività di autoprodut-
tori e, successivamente, in recepimento della dir. CEE 96/92 del 19 dicembre 1996, con il d. 16 marzo
1999, n. 79 si è completato in processo di liberalizzazione dell’industria elettrica.
16
Alla Azienda delle Ferrovie dello Stato è affidato, pressoché integralmente, il servizio ferroviario e,
per la parte non assunta da questa, esso è svolto in regime di concessione.
17
Nel 1985, con l. 17 maggio 1985, n. 210, l’Azienda veniva soppressa e le Ferrovie dello Stato affi-
date ad un ente pubblico, successivamente, trasformato in società per azioni.
18
Si ricordi che il regime della concessione può essere duplice, vi sono, infatti, concessioni conferite a
privati e concessioni conferite a società giuridicamente private, ma in controllo pubblico.
10
Tutti i principali servizi di pubblica utilità sono dunque assunti, in
varie forme, dallo Stato, che ne indirizza e regola lo svolgimento in fun-
zione delle particolari esigenze della collettività, relative sia alla fruizio-
ne dei servizi, sia ai prezzi. Mancavano, tuttavia, forme e strumenti di
protezione dell’utente dei servizi e, più in generale, del consumatore.
In conclusione, fino agli anni ’80, l’economia del Paese è caratte-
rizzata da una forte presenza pubblica, diretta ed indiretta, e dalla preva-
lenza della regolazione di tipo finalistico: indubbia attuazione di quel
modello di economia mista prefigurata dalla Costituzione economica
19
.
19
La regolazione di tipo finalistico è propria del sistema di economia mista, in cui lo Stato definiva
fini e scopi delle attività economiche in conformità agli obiettivi della politica economica.