5
A tal proposito, per “conferimento” si intende : trasferimento,
delega o attribuzione di funzioni e compiti; prevedendo che
per le materie comprese nell’art.117 Cost. le Regioni attraverso una
propria legge, possano provvedere alla ripartizione al loro
interno tra gli enti locali; nelle materie estranee a tale articolo
dovrà provvedere lo Stato attraverso i decreti delegati .
Il disegno riformatore è poi completato dai decreti legislativi.
Viene infatti affidato al d.lgs n.112/1998, il compito di
individuare esattamente le funzioni trasferite alle Regioni, quelle
attribuite agli enti locali, ed inoltre le risorse umane, finanziarie
ed organizzative per l’ esercizio di tali funzioni . Il trasferimento
delle risorse sarà effettuato attraverso i D.P.C.M e da questi
ultimi dipenderà sia la decorrenza dell’esercizio effettivo delle
funzioni conferite, sia l’ individuazione dei beni e delle strutture
da trasferire. Per le Regioni a regime differenziato quest’ ultimo
avrà luogo “secondo le modalità previste dai rispettivi statuti” e
quindi con norme di attuazione. Tra le disposizioni sicuramente
più innovative del decreto, vi è quella che prevede che la
Conferenza Unificata, possa sollecitare il Presidente del
Consiglio, per l’ adozione dei provvedimenti di trasferimento
delle risorse , in caso di inadempienza da parte dello Stato.
Sui decreti di trasferimento delle funzioni, è chiamata a dare il
suo parere la Conferenza Stato-Regioni, il cui ruolo è stato
notevolmente rafforzato dal d.lgs n. 281/1997, in particolare è
tenuta a dare la propria “previa intesa” agli atti di indirizzo e
coordinamento del Governo. Il decreto prevede inoltre la sua
unificazione con la Conferenza Stato-città-autonomie locali per i
compiti di interesse comune.
Infine la cd. ”Bassanini bis ”ovvero la L. n.127/1997, prevede a
differenza della L. n. 59/1997 una serie di disposizioni
immediatamente operative , in materia di stato civile ed anche
di certificazione anagrafica e di dichiarazioni sostitutive .
Per quanto riguarda i controlli, procede ad una riduzione di
quelli di legittimità sugli atti amministrativi delle Regioni, per i
quali è escluso ogni sindacato di merito, ed è previsto
6
esclusivamente sui regolamenti ,oltre che sugli atti posti in
essere in adempimento agli obblighi comunitari.
Anche il controllo preventivo di legittimità sugli atti degli enti
locali, si eserciterà da ora in poi esclusivamente sugli statuti ed i
regolamenti, ed inoltre sui bilanci ed i rendiconti di gestione,
valorizzando in tal modo l’ autonomia degli stessi enti.
Il presente lavoro oltre ad evidenziare le principali novità
introdotte dalla riforma Bassanini nell’ ambito delle autonomie
regionali, si soffermerà sulle possibili ripercussioni che quest’
ultima potrà avere nei rapporti tra le Regioni e gli Enti Locali,
non trascurando inoltre le problematiche attuative riscontrate
nelle diverse Regioni (soprattutto in merito al d.lgs n.112/1998),
ed i limiti che derivano dal fatto che si tratta di una “riforma a
Costituzione invariata”.
Il primo capitolo illustrerà i vari aspetti della L. n. 59/1997.
La prima parte tratterà del decentramento amministrativo e delle
modalità di conferimento delle funzioni amministrative alle
Regioni e agli Enti Locali, l’ ultima parte si occuperà invece
della riorganizzazione dell’ amministrazione centrale e periferica
dello Stato e della semplificazione del procedimento amministrativo.
Il secondo capitolo è dedicato ai d.lgs di attuazione.
E’ suddiviso in due sezioni, di cui la prima si occupa del d.lgs
n.281/1997 e quindi delle caratteristiche principali della
Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Unificata, trattando poi
di varie questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle
Regioni davanti alla Corte Costituzionale, in merito ad alcune
disposizioni del decreto e della L.n.59/1997, che sono riportate
in una recente sentenza ( sent. n.408 del 1998) .
La seconda sezione è dedicata al d.lgs n. 112/1998: dopo aver
passato in rassegna gli aspetti peculiari di tale decreto, si
affronteranno i problemi legati al trasferimento delle risorse e
dell’ attuazione, che ha portato le Regioni a procedere secondo
modalità e tempi diversi, rischiando talvolta di incorrere
nell’intervento sostitutivo dello Stato . Ne emerge quindi un
quadro differenziato nel panorama regionale italiano, che
7
evidenzia notevoli difficoltà nell’ attuare tale decreto, ed il
pericolo che queste differenze possano rallentare la riforma nel
suo complesso, determinando un nuovo riaccentramento statale
ed un ridimensionamento dello stesso ruolo regionale.
Si concluderà con il terzo capitolo dedicato alla L. n. 127/1997.
Anche in questo caso si è proceduto ad una suddivisione in
sezioni , vista la molteplicità degli aspetti che emergono dalla
lettura di questa legge. Nella prima sezione si illustreranno gli
aspetti principali del processo di semplificazione della
documentazione amministrativa e dell’ autocertificazione.
La seconda sezione tratterà ampiamente dello snellimento del
controllo di legittimità sulle Regioni e sugli enti locali.
Si procederà poi con la terza sezione, ad illustrare le principali
innovazioni apportate dalla legge alla Conferenza dei servizi.
Ed infine la quarta sezione, si occuperà di uno degli aspetti più
innovativi della riforma : il processo di informatizzazione della
P.A e la creazione di una rete unitaria che collegherà le
amministrazioni centrali con quelle periferiche . Si realizzerà
una “rete di reti”, che immetterà la nostra amministrazione nel
mondo delle nuove tecnologie, con l’ auspicio che quest’ ultima
possa essere proiettata verso un futuro in cui cambieranno
completamente i suoi rapporti con i cittadini, e che possa fornire
loro servizi realmente più efficienti e nel minor tempo possibile.
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CAPITOLO I
“La legge 15 marzo 1997 n.59”.
1.1 Premessa
Con la delega al Governo per il conferimento di funzioni
e compiti alle Regioni ed agli Enti Locali, per la riforma della
P.A e per la semplificazione amministrativa ( L. n. 59 del 1997)
siamo giunti alla terza normativa di decentramento ( dopo
quella del 1972 e del 1977) e alla terza legge di riforma
amministrativa ( dopo quella del 1968 e del 1993 )
1
.
E’ da questo punto che bisogna partire, per cogliere il senso
dei tentativi di modernizzare il nostro sistema amministrativo.
Il primo tentativo di trasferimento delle funzioni dallo Stato
alle Regioni, avvenne nel 1972 con undici decreti del
Presidente della Repubblica. Tuttavia, questi decreti tentarono
di ridurre le competenze regionali riservando una serie
9
di sub-materie allo Stato
2
, e gli esiti furono così insoddisfacenti,
che il Parlamento approvò una legge-delega ( la n. 382 del
1975) che doveva provvedere al completamento del riordino
dell’ amministrazione . I decreti delegati, primo fra tutti il D.P.R
616 del 1977, riorganizzarono il profilo organizzativo e funzionale
della P.A . Con esso, fu attuato il trasferimento alle Regioni delle
funzioni amministrative nelle materie indicate dall’ art. 117 Cost.,
ancora esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato. Con
i D.P.R 617 e 618 del 1977, si è provveduto alla soppressione di
uffici centrali e periferici dell’ amministrazione centrale.
Nonostante le novità introdotte, la legislazione di trasferimento fu
seguita da ulteriori provvedimenti, miranti a contenere le conquiste
appena raggiunte dalle Regioni . Dalla fine degli anni ’70, esauriti i
trasferimenti, si è avuta una certa proliferazione di leggi-
quadro, per evitare le difficoltà interpretative a cui doveva
uniformarsi il legislatore regionale. Inoltre, attraverso la
“funzione di indirizzo e coordinamento” sono stati consentiti
ulteriori ritagli e riappropriazioni di competenze da parte dello
1
Cassese Sabino, Il disegno del terzo decentramento, in “Giornale di Diritto amministrativo”, n.5, 1997, p.417 ss
2
Sepe Stefano, Osservazioni sulla L.15 marzo 1997, n.59, in Studi sulla L.n. 59 del 1997, a cura della S.S.A.I,
Roma,1998, p.1 ss.
10
Stato. Per quanto riguarda le attribuzioni di natura legislativa, la
normativa statale è divenuta sempre più una legislazione di
dettaglio, appiattendo i tre tipi di competenza legislativa regionale.
Se a ciò si aggiunge, l’ uso penetrante degli strumenti di controllo,
messi dalla Costituzione a disposizione dello Stato nei confronti
degli atti regionali, si ottiene la conferma delle incertezze che anche
dopo l’ emanazione del D.P.R 616/1977, hanno gravato sullo
sviluppo del regionalismo
3
. In questo quadro di modifiche
continue
4
, si colloca il disegno di legge presentato al Parlamento dal
ministro per la funzione pubblica Bassanini e divenuto la L. 15
marzo 1997 n. 59, che rappresenta senza dubbio un evento di
grande rilievo. La terza fase del decentramento oggi in atto, si
caratterizza per un aspetto di particolare importanza che invece è
mancato nelle fasi precedenti, in cui l’ esigenza di decentrare le
funzioni dallo Stato ai soggetti periferici è stata affrontata
indipendentemente da un disegno di razionalizzazione e
modernizzazione dell’ amministrazione centrale e periferica dello
Stato. Con la riforma Bassanini, si affrontano dunque, per la prima
3
Martines T.-Ruggeri A., Lineamenti di Diritto Regionale, V ed., Milano, Giuffrè, 2000, p.16 ss.
4
Pizzetti Franco, Federalismo. regionalismo e riforma dello Stato, Torino, Giappichelli ed., 1998,p.158 ss
11
volta insieme, questi due aspetti tra loro connessi : il decentramento
ed il riordino della P.A
1.2 Il sistema delle autonomie nella prima legge Bassanini.
La L. 59 del 1997, che prende il nome dal suo proponente,
il ministro per la funzione pubblica Franco Bassanini, è una
legge ad impianto complesso. Ha per oggetto un’ampia delega
legislativa al Governo, che ha dato l’avvio ad una riforma diretta
da un lato ad ampliare le funzioni ed i compiti amministrativi
delle Regioni e degli enti locali, dall’altro a procedere alla
riorganizzazione dell’Amministrazione Centrale.
Siamo in presenza di una legge ad applicazione differita, che
traccia le linee generali della riforma, ed apre la strada ad un
processo attuativo che dovrà svolgersi in varie tappe.
Si tratta probabilmente “della legge ordinaria dotata del più alto
potenziale costituzionale che non sia stata mai varata nel nostro
Paese
5
”, dal momento che è stata emanata su iniziativa
governativa, allo scopo di anticipare le riforme che la collettività
attendeva dall’ attività della Commissione Bicamerale per la
5
Cheli Enzo, Le Autonomie Regionali e Locali alla prova delle riforme, Milano, Giuffrè Editore, 1998, p.35.
12
riforma costituzionale, che avrebbe dovuto ridisegnare il Paese
in senso federale . Tuttavia, il fallimento della Bicamerale e la
consapevolezza della lentezza dell’ iter per le modifiche
costituzionali, ha spinto il Governo a presentare dei disegni di
legge ordinaria, al fine di realizzare un immediato
decentramento di poteri e di funzioni statali, con l’intenzione
di anticipare ed agevolare la transizione dello Stato verso una
struttura meno accentrata.
Si parla di questa legge, come di uno strumento destinato ad
anticipare nell’ordinamento italiano la nascita di un primo
modello di “federalismo amministrativo” a costituzione
invariata. Questo modello in tema di riparto di competenze
tra Stato centrale, amministrazione periferica dello Stato ed
Autonomie è nuovo alla tradizione giuridica italiana,
rappresenta la massima concessione di autonomia, da
parte dello Stato in favore di Regioni, Province e Comuni ,
attuabile senza modifiche della Costituzione.
L’idea di fondo della L. 59/97, è la stessa che nei vari paesi
del mondo ispira i diversi modelli di federalismo : tutto
ciò che non è espressamente riservato allo Stato centrale,
13
spetta ai poteri locali . Il meccanismo seguito dal
legislatore è quello della legge-delega, quindi il Governo su
mandato del Parlamento, provvede all’adozione di decreti
delegati (ai sensi dell’art.77 Cost.) per il conferimento di
funzioni e competenze alle Regioni ed agli Enti Locali
6
. Con
l’articolo 1 della L. n. 59 del 1997, si stabilisce che con i decreti
legislativi, devono essere trasferiti a Regioni ed Enti Locali :
• tutte le funzioni amministrative relative alla cura degli
interessi delle rispettive comunità.
• tutte le funzioni amministrative localizzabili nei rispettivi
territori.
Per evitare un’eccessiva discrezionalità del legislatore
delegato, la legge elenca tassativamente le materie ritenute di
interesse nazionale. Nell’ambito del conferimento di funzioni
alle Regioni ed agli Enti Locali, possiamo identificare due tipi
di limiti : impliciti ed espliciti. I primi derivano da una lettura
in negativo di ciò che è conferito : infatti non potranno essere
attribuiti i compiti che non sono relativi alla cura ed allo
sviluppo delle rispettive comunità e quelli che non sono
6
A tal proposito, Caringella F., Crisafulli A., De Marzo G., Romano F., Il nuovo volto della P.A , II ed ,
Napoli, ed. giuridiche Simone , 1999., p.15 ss.
14
localizzabili nei rispettivi territori. Ci sono poi limiti espliciti
7
(co. 3 e 4 dell’art. 1) : da una parte, sono escluse dal
conferimento un elenco di materie che fanno riferimento al
co. 3 dell’art. 1 ( affari esteri, difesa, moneta, dogane ),
dall’altra parte, nel comma 4 sono escluse alcune categorie di
compiti in base ad una triplice tipologia :
• In base alla loro natura (come i compiti di regolazione
delle autorità indipendenti, che richiedono a causa
dell’esercizio differenziato sul territorio, un soggetto unico
di riferimento).
• In ragione all’oggetto (ad esempio le infrastrutture).
• In ragione alle dimensioni.
E’ quindi enunciato ciò che rimane all’Amministrazione
centrale, procedendo ad una sorta di inversione dell’onere
della prova : la regola per cui, agli enti minori spettano le
competenze loro assegnate dalla legge è capovolta, infatti
adesso è allo Stato che spettano soltanto le materie che la
legge gli riserva, mentre tutte le altre sono attribuite alle
Regioni e agli Enti Locali.
7
Torchia Luisa, Le Autonomie regionali e locali alla prova delle riforme cit., p.70 ss.
15
1.3 Il principio di sussidiarietà.
Il principio-guida della legge in esame è quello di
sussidiarietà, principio di derivazione comunitaria
8
, che si
occupa della ripartizione delle competenze tra enti originari
ed enti associati di rango superiore. Esso prevede che
l’attribuzione dei compiti di gestione e di amministrazione,
vada alla struttura più vicina ai cittadini, lasciando a quelle
sovraordinate, le funzioni che per loro natura non possono
essere svolte localmente.
Ogni ente sovraordinato svolge quindi una funzione
sussidiaria rispetto all’Ente Locale più vicino al cittadino.
Nel caso in esame, quindi, le competenze e le funzioni
amministrative, devono essere attribuite secondo un ordine
gerarchico inverso : ai Comuni, alle Province ed alle
Comunità Montane, poi alle Regioni ed in fine allo Stato che
cede all’ Unione Europea le funzioni che devono essere svolte
in ambito sopranazionale.
8
Romano F., Il nuovo volto della P.A., II ed , Napoli, ed. giuridiche Simone., 1999, p.15 ss.