2
mento di garanzia, ma a favore dell’indipendenza dell’organo giu-
diziario
4
.
Infatti con l’istituzione del CSM, le sue primigenie attribuzioni in
materia di amministrazione della giustizia si ridimensionano, poiché
limitate alla organizzazione dei servizi necessari al buon funziona-
mento della giustizia
5
.
Prima però di entrare nel vivo della questione, si rende interessan-
te offrire una panoramica storica sulla figura del Ministro della Giu-
stizia, per analizzarne le origini e le vicende che ne hanno caratte-
rizzato l’esistenza. In questo contesto saranno indicate le originarie
competenze sino ad arrivare alla attuale conformazione. Successi-
vamente analizzeremo le attribuzioni costituzionali del Ministro e le
conseguenze del suo operare, con palese riferimento ai c.d. conflitti
di attribuzioni con gli altri organi statali.
4
E.SPAGNA MUSSO, Diritto costituzionale, Padova, 1992, p.610.
5
Secondo V. CARBONE (Commentario della Costituzione, a cura di A. PIZ-
ZORUSSO, V. ZAGREBELSKY, V. CARBONE, tomo III, La magistratura, Bologna
–Roma, 1992, sub art. 110, pag. 140) sono addirittura “carenti ed insufficienti”.
3
2. Le vicende relative alla denominazione del Ministro di Giu-
stizia ed il loro significato politico
Agli artt. 107 2° comma e 110 della Costituzione è fatto esplicito
riferimento al Ministro della Giustizia.
La denominazione che si usa nella prassi degli atti ufficiali è però
ancora quella di Ministro di Grazia e Giustizia in conformità alla
legislazione pre costituzionale, difforme da quella prevista e voluta
dalla Costituzione che, all’art. 110 cost., riporta la formula Ministro
di Giustizia.
Come si intuisce, il problema non è solo terminologico, poiché ri-
flette un preciso orientamento politico ed organizzativo che, nella
realtà delle cose, non può non dichiararsi differente dalla volontà
del dettato costituzionale.
In particolare, risulta chiaro come, nonostante la nuova disposi-
zione e la drastica riduzione delle funzioni del ministero, questo
non abbia mai attuato una propria riorganizzazione interna in modo
da potersi dedicare ai più circoscritti compiti assegnatigli dalla Car-
ta costituzionale del 1948.
Sicché il mantenimento della vecchia denominazione risalente al
periodo monarchico, successivamente voluta e potenziata dal fasci-
smo, rappresenta anche simbolicamente la vittoria del preesistente
sistema sul novum della Carta Costituzionale.
E questo nonostante la nuova denominazione fosse stata addirittu-
ra frutto di una apposita votazione in sede di adunanza plenaria
6
ed
6
Assemblea plenaria, votazione finale del 30 gennaio 1947, La Costituzione
nei lavori preparatori, VI, pag. 246.
4
apparisse incastonata, agli occhi dei filologi, in un contesto norma-
tivo assolutamente perfetto nella sua semplicità
7
.
Sotto il Regno Sabaudo questo Ministero era detto “della Grande
Cancelleria” perché deputato al controllo sull’ordine giuridico con
diritto di interferire sulla competenza delle altre amministrazioni.
L’ufficio legislativo della Grande Cancelleria era incaricato della
formulazione delle leggi, a causa del rigoroso tecnicismo utilizzato
per la stesura delle stesse, mentre al Ministero competeva la pubbli-
cazione di tutte le leggi e decreti.
Da organo custode del sigillo del sovrano (c.d. Guardasigilli, e-
spressione tutt’ora d’uso corrente) e addetto alla pubblicazione e
conservazione delle leggi, con il tempo si trasforma in organo di
giustizia comune, con talune limitazioni di competenza in ragione
di particolare opportunità e relative alla giustizia penale militare
(affidata al Ministro della Guerra), alla giustizia marittima ( affidata
al Ministro della Marina), alla giustizia amministrativa (per lungo
tempo affidata al Ministro degli Interni, prima della istituzione della
IV, V, e VI sezione del Consiglio di Stato e, nel 1971, dei T.a.r.).
Nel 1850 la Grande Cancelleria divenne Ministero degli affari ec-
clesiastici, di giustizia e di grazia
8
, sino a quando, con l’Unità
d’Italia, l’originaria competenza si estese anche agli altri culti tolle-
rati, trasformandone il nome in Ministro di Grazia e Giustizia e dei
Culti
9
.
7
Il dettato costituzionale è “modello di equilibrio linguistico” secondo DE
MAURO (Storia linguistica dell’Italia Unita, 2° edizione, Bari, 1984, pag. 240)
perché con “ tranquilla e sicura semplicità si vogliono al contempo sancire i di-
ritti fondamentali ed incomprimibili dell’uomo e proporre il progetto di una
nuova e diversa società” ( V. CARBONE, Commentario della Costituzione, a cu-
ra di A. PIZZORUSSO, V. ZAGREBELSKY, V. CARBONE, tomo III, La Magistratu-
ra, Bologna –Roma, 1992, sub art. 110, pag. 81).
8
R.d. del 21 dicembre 1850, n. 1122.
9
Decreto n.275 del 16 ottobre 1861.
5
Bisognerà attendere quasi quarant’anni per un’ulteriore modifica:
nel 1919 le pressanti critiche al termine “grazia” portarono alla sua
ellissi nel titolo ed alla nuova formula di Ministro di Giustizia e de-
gli affari di culto
10
.
Successivamente, nel 1922, si verificò la confluenza nel Ministe-
ro di Giustizia della direzione generale delle carceri e dei riformato-
ri (già affidata al Ministro degli interni)
11
, e, pochi anni dopo, l’art.
3 del R.D. 20-VII-1932, n. 884, sancì il trasferimento degli affari di
culto al Ministero degli interni : il Ministero tornò ad assumere la
vecchia dizione di Ministero di Grazia e Giustizia.
Quindi sino al 1932, al Ministro erano affidati gli affari di giusti-
zia comune (civile e penale) oltre che la gestione delle grazie di-
spensate in nome del re e la mediazione, circa gli affari di culto, tra
Stato e Chiesa
12
.
Secondo l’ordinamento giudiziario del 1941 (Guardasigilli Gran-
di) erano riconducibili all’attività del Guardasigilli tutte le attribu-
zioni concernenti lo stato dei magistrati, dalla nomina al colloca-
mento a riposo.
Queste attribuzioni le esercitava o direttamente o promovendo le
decisioni di altri organi, come nella materia disciplinare, oppure a-
dottando il provvedimento conclusivo di veri e propri procedimenti
amministrativi, come quelli relativi alle promozioni dei magistrati
per concorso o per scrutinio.
Quindi, prima della Costituzione, l’amministrazione della giusti-
zia competeva in pratica al Ministro, pur nei limiti visti.
10
r.d. 16 novembre 1919, n. 2109. La modifica fu propugnata dal Mortara,
Guardasigilli nel Governo Nitti: MORTARA, Pagine autobiografiche, in SATTA,
Quaderni del diritto e del processo civile, I, Padova, 1969, pag. 64.
11
R.d. 31 dicembre 1922, n. 1718.
12
Cfr. SANTANGELO-SPOTO, in Dig. It., sub Ministro e ministeri, XV, II, pag.
448.
6
L’ordinamento Grandi del 1941, infatti, prevedeva all’art. 69 che il
Pubblico Ministero esercitava le sue funzioni “sotto la direzione del
Ministro ”, suggellando in tal modo un controllo politico ed un po-
tere di indirizzo rispetto alla magistratura requirente.
La disposizione venne modificata, dopo la Liberazione, dall’art.
39 del r.d. 31 maggio 1946, n. 511, (Guarentigie della magistratura)
secondo cui il Pubblico Ministero è tenuto ad esercitare le funzioni
di sua competenza “sotto la vigilanza del Ministro di grazia e giu-
stizia”.
Ma al di là di ciò, la disciplina previgente rimaneva immutata.
Così come rimanevano immutati i poteri che le leggi accordavano
direttamente al Guardasigilli in ordine allo svolgimento della giuri-
sdizione penale
13
.
13
Il Ministro rimaneva competente a provvedere in merito alla autorizzazio-
ne procedere per reati commessi in servizio di polizia (art. 15 c.p.p.) e per una
serie di delitti contro la personalità dello Stato ( art. 313 c.p.p.) ; a richiedere il
procedimento riguardo ai reati per i quali è prevista tale condizione ( Artt. 128,
8, 9 e 10 c.p.p.); ad autorizzare la incriminazione per falsa testimonianza di chi
avesse allegato senza fondamento un segreto di Stato o di ufficio ( art. 352
c.p.p.); a provvedere in materia di liberazione condizionale di condannati adulti
e minori (artt. 176 c.p., 43 disp. Att. C.p.p., 21 r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404) di
revoca anticipata delle misure di sicurezza personali (art. 207 u.co.c.p.), di dif-
ferimento, in casi specifici, di esecuzione della pena(art. 147 c.p. e 589 c.p.p.),
di rogatorie all’estero (artt. 657 e ss. c.p.p.), infine di estradizione( artt. 661
c.p.p.).
7
3. L’alter ego del Ministro di (grazia e) giustizia: il Guardasi-
gilli
In letteratura giuridica, come nella prassi, si è sempre fatto un uso
indifferente dei termini Guardasigilli e Ministro di Giustizia (rec-
tius: di grazia e giustizia, nonostante la lettera costituzionale, e te-
nuto conto della denominazione risalente).
Il Guardasigilli è propriamente il guardiano del Sigillo (attual-
mente, dello Stato) ed è organo risalente alle monarchie assolute in
cui, sotto il nome di Gran Cancelliere, aveva il compito di custodire
il sigillo del re, di apporlo sugli atti, normativi e non normativi, del
sovrano, con ciò conferendone autenticità.
Appare subito evidente la nobiltà delle sue origini, anche se
“nell’ordinamento succeduto a quello assoluto il Guardasigilli ha
assunto un po’ il ruolo del nobile decaduto” che riesce a sopravvi-
vere ed ad adattarsi al mutamento dei tempi solo ove “ si rassegni
ad esercitare attività nuove e più consistenti”
14
,anche a rischio di
essere totalmente travolto della figura Costituzionalmente descritta.
Ma il Guardasigilli, quale titolare di attribuzioni specifiche, so-
pravvive alla sua proiezione più evoluta di Ministro di Giustizia e la
sua figura si ricava esclusivamente ed indirettamente dalle disposi-
zioni che disciplinano la pubblicazione degli atti dello Stato.
Tale disciplina prevede che ogni atto legislativo e regolamentare
da promulgarsi dal Presidente della Repubblica deve, prima di esse-
re inserito nella Raccolta Ufficiale delle leggi e dei decreti della
14
GIUSEPPE FERRARI, Enciclopedia del diritto, 1962s, ub Guardasigilli, pag.
799; V. CARBONE, Commentario della Costituzione Italiana, a cura di A. PIZ-
ZORUSSO, V. ZAGREBELSKY, V. CARBONE, tomo III, La Magistratura, 1992
Bologna –Roma, 1992, sub art. 110, pag. 92.
8
Repubblica Italiana, essere “munito del Sigillo dello Stato”
15
; che
tale raccolta “è posta sotto la vigilanza del Ministro Guardasigil-
li”
16
; che “gli originali delle leggi e dei decreti presidenziali da inse-
rirsi nella medesima Raccolta sono trasmessi al Ministro Guardasi-
gilli, che appone ad essi il visto ed il gran sigillo dello Stato”
17
; che
il Guardasigilli “ se però incontra qualche difficoltà riguardo alla
forma esteriore della legge, o al tenore del decreto, sospende il visto
e l’apposizione del sigillo, e ne fa relazione al Presidente del Consi-
glio, che decide, sentito il Consiglio dei Ministri”
18
; che “ le leggi
sono inserite nella Raccolta Ufficiale, appena siano munite del visto
del Guardasigilli e del sigillo dello Stato”, mentre “ i decreti presi-
denziali sono trasmessi, a cura del Guardasigilli, alla Corte dei Con-
ti per la registrazione, e vengono inseriti appena che siano registra-
ti”
19
; che, “fino a che non se ne provi l’inesattezza, mediante esibi-
zione di atto autentico rilasciato dal Ministro Guardasigilli o
dall’Archivio di Stato, la stampa ufficiale … si presume conforme
all’originale e costituisce testo legale…”
20
, e ciò, in quanto “ gli o-
riginali delle leggi e dei decreti inseriti nella Raccolta ufficiale sono
affidati alla custodia del Guardasigilli” il quale, “cessata la necessi-
tà di ritenerli presso il Ministero, ne cura la consegna all’Archivio
di Stato in Roma”
21
; che “la pubblicazione per esteso delle leggi e
15
Art. 4 d. lg. P.C. 19 giugno 1946, n.1, e art. 1 e 3 r.d. 24 settembre 1931, n.
1256. Egual compito nel vigore del c.c. albertino : all’art. 6 del Codice Civile
di Carlo Alberto era previsto che il Gran Cancelliere era tenuto ad apporre il
sigillo agli atti del sovrano.
16
Art. 5 r.d. 24 settembre 1931, n. 1256.
17
Art. 6 r.d. 24 settembre 1931, n. 1256. Vi è una netta distinzione tra il si-
gillo (rectius: la apposizione del sigillo) ed il visto : l’apposizione del sigillo at-
tiene al documento rappresentativo, il visto attiene all’atto. La prima, che con-
siste in una mera operazione giuridica, è posteriore al visto, che invece ha natu-
ra di atto giuridico.
18
Art. 6 r.d. 24 settembre 1931, n. 1256.
19
Art. 8 r.d. 24 settembre 1931, n. 1256.
20
Art. 11 r.d. 24 settembre 1931, n. 1256.
21
Art. 12 r.d. 24 settembre 1931, n. 1256.
9
dei decreti presidenziali nella Gazzetta e nella Raccolta Ufficiale
contiene … il visto e la firma del Ministro Guardasigilli, e la men-
zione dell’apposizione del sigillo dello Stato”
22
.
I compiti del Guardasigilli si riassumono pertanto in attività di
“inserzione” delle leggi nella Raccolta Ufficiale, nonché di “tra-
smissione” dei decreti presidenziali alla Corte dei Conti per la regi-
strazione, ma anche di “vigilanza” sulla stessa Raccolta Ufficiale e
di “custodia” degli originali.
Come anticipato, dalla lettura della disciplina si nota una sostan-
ziale indifferenza nell’utilizzo del termine Guardasigilli e Ministro
Guardasigilli, rendendo palese la confluenza delle funzioni del pri-
mo negli uffici del Ministro di Giustizia.
Ma tale commistione, dovuta al contestuale arretramento del
Guardiano a tutto favore della sua moderna versione in veste mini-
steriale, non impedisce di affermare l’autonomia delle funzioni pro-
prie- e soprattutto tipiche - del Guardasigilli, e di riconoscere in de-
finitiva che i due organi sono legati -indissolubilmente- mediante
un’unione meramente personale.
Tale asserita autonomia del Guardasigilli deriverebbe dalla prete-
sa potestà del visto di sua competenza. Il visto è un atto di riscontro,
ed il Guardasigilli è titolare della relativa potestà sia riguardo alle
leggi dello Stato, sia riguardo ai decreti presidenziali da inserirsi
nella raccolta ufficiale. E se nei confronti delle prime tale potestà è
limitata alla forma esteriore, riguardo ai secondi è un riscontro di
specie più penetrante, rivolto cioè al contenuto, alla sostanza dei
decreti stessi.
E’ stato affermato che il Guardasigilli, in definitiva, in quanto ti-
tolare della suddetta potestà di visto, è un organo dello Stato.
22
Art. 5 r.d. 2 settembre 1932, n. 1293.
10
In più, se si riconosce in tale visto un riscontro con funzione di
garanzia e se si considera che il Guardasigilli non è legato da alcun
rapporto gerarchico né con il Parlamento, né con il Governo, sem-
bra lecito riconoscerne la natura giuridica di organo ausiliario
23
.
Ed in forza dell’unione –fisica- tra Guardasigilli e Ministro di
Giustizia vi è chi ritiene che il Ministro della giustizia, attraverso il
predetto potere di visto sugli atti normativi, parteciperebbe, sia pure
nella fase finale, al procedimento legislativo e quindi dovrebbe con-
siderarsi un organo ausiliario di rilevanza costituzionale
24
.
23
Sviluppa tale concezione G.FERRARI, Gli organi ausiliari, Milano,
1956;G. FERRARI, Ausiliari, organi (Diritto Costituzionale), in Enciclopedia
del diritto, 1962, IV, 319.
24
G. FERRARI, in Enciclopedia del diritto, 1962, voce Guardasigilli, pag.
798.
11
4. Il Ministro di Giustizia sopravvive ai lavori della Costituen-
te
L’art. 110 Cost. (“Ferme le competenze del Consiglio superiore
della magistratura, spettano al Ministro di Giustizia
l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi relativi alla giusti-
zia”) reca in sé il problema del delicato equilibrio tra il Csm ed il
Ministro della Giustizia.
E’ necessario partire della norma costituzionale, nell’analisi della
figura del Guardasigilli, perché in essa si scorge tutto il dibattito re-
lativo alla sua sopravvivenza. La sua salvezza è, infatti, legata ad
una serie di travagliate vicende e discussioni incentrate addirittura
sulla possibile eliminazione del Guardasigilli e del suo Dicastero,
ma l’auspicato equilibrio cui si pervenne è tuttavia ancor oggi in-
stabile, stante la forte personalità dei due organi.
Passando alla genesi del dettato costituzionale, nella Relazione
Ruini
25
al progetto di Costituzione si configurava la Magistratura
quale “autonomo potere dello Stato” : in questa relazione non vi è
alcun riferimento al Ministero ed in particolare alle funzioni ed ai
compiti già appartenenti al Ministro della giustizia, di certo non tra-
sferiti al Consiglio Superiore della Magistratura.
L’unico elemento di collegamento tra il costituendo CSM (ricor-
diamo che la sua istituzione effettiva avverrà tempo dopo, nel 1958)
e Ministro, previsto nei lavori preparatori, riguardava la titolarità in
capo al Ministro della dell’azione disciplinare, cioè la possibilità di
far richiesta al CSM circa la adozione di sanzioni di carattere disci-
25
Presidente della Commissione per la Costituzione ( c.d. Commissione dei
75 ).
12
plinare nei confronti dei magistrati, secondo le norme
dell’ordinamento giudiziario
26
.
Esaminando i lavori preparatori si rileva la originaria volontà di
affidare al Ministro di Giustizia la vice presidenza del CSM, possi-
bilità valutata ed esaminata poi dalla Commissione dei 75 nelle se-
dute di adunanza plenaria del 30 e 31 gennaio 1947.
La discussione fu aspra e contrastata: alla proposta della seconda
sezione della seconda sottocommissione di affidare la vice presi-
denza al Ministro si contrapponeva la tesi secondo cui fosse deci-
samente più congeniale a quel ruolo il Presidente della Cassazione:
la critica alla proposta della sottocommissione era motivata dal fatto
che il Ministro della Giustizia, essendo titolare dell’azione discipli-
nare, non può essere anche “capo dell’organo che deve giudicare”.
Inoltre la sua presenza in seno al Consiglio Superiore della Magi-
stratura poteva dar luogo ad “un’azione di inframmettenza politica-
senza il corrispettivo di una responsabilità nei confronti del Parla-
mento”
27
.
Tale tesi fu affiancata da una proposta mediatrice: prendendo
spunto dalla c.d. Legge delle guarentigie della magistratura
28
, che
confermava ancora una volta “l’alta sorveglianza” del Ministro di
Giustizia su tutti i giudici, il Guardasigilli Togliatti rilevò, in sede di
adunanza plenaria, che il costituendo CSM non poteva in realtà
qualificarsi organo giudicante di tipo puro, perché in parte investito
di poteri disciplinari ed in parte di funzioni amministrative
29
.
26
La disposizione, contenuta nel quarto comma dell’art. 97 del progetto
RUINI, è stata poi trasfusa nell’attuale secondo comma dell’art. 107 Cost.
27
Intervento di G. LEONE nell’adunanza del 30 gennaio 1947, in La Costitu-
zione nei lavori preparatori, VI, pag. 240.
28
r.d.l. n. 511 del 31 maggio 1946.
29
Il riferimento è alle assunzioni, alle assegnazioni, ai trasferimenti ed alle
promozioni dei magistrati.
13
Togliatti propose, per mantenere la presenza del Ministro nel
CSM, una soluzione di compromesso, proponendone la contestuale
vice presidenza del Ministro e del Presidente della Cassazione; ma
la tesi di Togliatti non fu accolta: si argomentò, a favore
dell’emendamento Leone, critico con la vice presidenza affidata al
Guardasigilli, sia che “Il Ministro di giustizia si diminuisce con
l’appartenenza al CSM”
30
sia che la presenza nel CSM del Ministro
non ne avrebbe garantito la necessaria autonomia ed indipenden-
za
31
.
Alla bocciatura quale vice presidente ed alla ulteriore esclusione
della partecipazione del Ministro come componente di diritto del
CSM
32
, fece seguito la sua candidatura in veste di assistente
33
, pro-
posta subito respinta.
La minoranza della Commissione dei 75, non paga di questa
sconfitta, propose un riconoscimento delle funzioni del Ministro
non trasferite al CSM. La proposta Targetti, anima dell’attuale art.
110 Cost., così recitava: “Il Ministro di Giustizia provvede alla or-
ganizzazione dei servizi relativi alla Amministrazione della giusti-
30
In tal senso: intervento di CONTI, BOZZI, NOBILE e FABBRI a favore della
proposta LEONE, in La Costituzione nei lavori preparatori, VI, pag. 242.
31
Eguale orientamento in CALAMANDREI, contrario alla vice presidenza per
motivi non solo di carattere teorico, ma anche soprattutto di ordine pratico. Egli
riteneva, infatti, che il buon andamento della giustizia fosse “ perturbato da in-
frammettenze di carattere politico, la cui prima origine è l’ingerenza del Mini-
stro nell’amministrazione della giustizia per quanto riguarda nomina, trasfe-
rimento, avanzamento dei magistrati” : “fino a quando non sarà esclusa ogni
ingerenza del Ministro nell’amministrazione della giustizia, questi perturba-
menti continueranno” ( La Costituzione nei lavori preparatori, VI, pag. 242,
243 e 246).
32
In entrambi i casi : seduta del 30 gennaio 1947.
33
Proposta NOBILE, in La Costituzione nei lavori preparatori, VI, pag. 244.
14
zia ed esercita l’alta vigilanza sul funzionamento dei servizi stessi e
degli uffici giudiziari”.
La proposta raccolse freddi consensi e parve subito chiaro che la
avvertita preoccupazione di affermare nella Carta Costituzionale la
sopravvivenza del Ministro di Giustizia si configurasse più come un
chiarimento che come una autonoma disposizione costituzionale.
L’emendamento Targetti fu infatti approvato “ non come articolo
della Costituzione, ma come indicazione e norma da tenere presente
nell’ordinamento giudiziario”
34
.
L’art. 94 del testo del Comitato di redazione, divenuto poi, a se-
guito del vaglio della Commissione dei 75, art. 97 del progetto di
Costituzione, giunse all’esame dell’assemblea Costituente: al Mini-
stro, dopo le vicende sopra descritte, restava solo il potere di pro-
muovere l’azione disciplinare nei confronti dei magistrati secondo
le regole dello stesso ordinamento giudiziario.
Anche tale formulazione tuttavia non fu esente da critiche ed in
tale occasione si ripropose di affidare la vice presidenza del CSM al
Guardasigilli.
Ma la consapevolezza che l’autonomia e l’indipendenza del CSM
erano incompatibili con la presenza del Ministro portò al rigetto
dell’emendamento Perlingieri su tale attribuzione in capo al Mini-
stro della giustizia
35
.
Tuttavia si sviluppò, in sede di Assemblea Costituente, l’idea di
assicurare la sopravvivenza del Ministro : allo scopo di inserire una
norma aggiuntiva dopo l’art. 97, gli onorevoli Targetti ed altri da un
lato, e Colitto dall’altro presentarono due emendamenti simili, ma
34
La Costituzione nei lavori preparatori, VI, pag. 245 e seg.
35
La Costituzione nei lavori preparatori, V, pag.4054.
15
diversificati, nell’attribuire al Ministro o al Parlamento
l’organizzazione degli uffici giudiziari.
Per il primo “L’organizzazione dell’amministrazione della giusti-
zia spetta al Ministro di grazia e giustizia, che ne risponde innanzi
al Parlamento”, mentre per il secondo “ Il Ministro di grazia e giu-
stizia assicura il funzionamento, secondo la legge,
dell’organizzazione della giustizia”
36
.
Si ripropose anche un emendamento, già decaduto, del Mortati,
secondo cui: “Il Ministro di giustizia vigila e sovrintende al regolare
funzionamento, secondo legge, della organizzazione giurisdizionale
ordinaria e provvede all’esecuzione delle decisioni giudiziarie”
37
.
Al termine delle complesse votazioni, venne aggiunto un quarto
comma all’art. 97, nel testo poi sottoposto all’Assemblea Costituen-
te, la cui stesura riportava: “l’organizzazione ed il funzionamento,
secondo legge, di tutti i servizi della giustizia sono di competenza
del Ministro della giustizia, che ne è responsabile innanzi al Parla-
mento”.
Sotto la guida del presidente della Commissione per la Costitu-
zione, Ruini, questo quarto comma divenne articolo autonomo della
Carta Costituzionale, e, con le modifiche formali in sede di comita-
to di coordinamento, divenne l’attuale art. 110 della Costituzione
Italiana.
Sicchè il Guardasigilli sopravvisse ai lavori della Costituente
38
,
pur nella sua dimensione residuale: è’ appunto questa l’immagine
che sviluppa la lettura dell’art. 110 Cost..
36
La Costituzione nei lavori preparatori, V, pag.4060.
37
La Costituzione nei lavori preparatori, V, pag.4059.
38
E ricordo anche che il Ministro di Giustizia è l’unico ad essere richiamato
nella nostra Costituzione.