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INTRODUZIONE
Lo scopo di questa tesi è quello di esplorare il tema riguardante la tradizionale distinzione
tra attività continuativa ed attività occasionale che, nell'ordinamento giuridico italiano, non
sempre è chiara in tutti i suoi aspetti, a causa della mancanza di fonti normative adeguate:
questa "zona grigia" ha consentito la nascita di differenti orientamenti interpretativi
sviluppatisi, con un certo consenso, nella dottrina. Stabilita la tematica su cui centrare il
focus di questo lavoro, si è tentato di ottenerne una maggiore e più completa conoscenza
per mezzo di un sistematico esame del pensiero dei principali autori della letteratura.
Particolare attenzione è dedicata, nell’ultimo capitolo, alla figura del collezionista, il quale
acquista, vende e scambia opere d'arte: le plusvalenze generate possono essere oggetto
di imposizione o meno. Si sostiene, in questo caso, che dalla cessione di opere d’arte
possano emergere sia proventi imponibili (classificabili tra i redditi d’impresa o tra i redditi
diversi, a seconda che la cessione sia configurabile come un’attività commerciale o meno)
sia “arricchimenti” non rilevanti ai fini Irpef, consistenti nei capital gains derivanti
dall’alienazione di beni, conclusa non solo al di fuori di attività imprenditoriali, ma anche di
attività occasionali, e che è possibile qualificare come cessione isolata
1
. A tal proposito si
effettua un'analisi comparata sul regime tributario applicabile alla cessione di opere d’arte,
fra soggetti privati, in Italia e all'estero: il tema, in realtà, potrebbe esser posto con riferimento
ai soggetti che effettuano operazioni di compravendita il cui oggetto può essere qualsiasi
bene, ma per le opere d’arte assume un particolare rilievo, in virtù della forte variabilità dei
relativi valori nel tempo che consentono di ritrarre dei redditi per i quali sorgono questioni
riguardanti l’imposizione diretta
2
.
1
Bagarotto E. M., Regime tributario della cessione di opere d’arte, in Rass. trib., 2019, vol. 2, 290.
2
Si pensi, per tutti, dal punto di vista finanziario, l’evoluzione della quotazione di Jean-Michel Basquiat; essa
costituisce un vero e proprio modello: il prezzo delle sue tele e dei suoi disegni ha raggiunto cifre stellari dopo
la sua morte, avvenuta nel 1988, a tal punto che vari musei non sono riusciti ad acquistare in tempo le sue
opere a prezzi ragionevoli. Sempre quest’anno, la tela Jim Crow (1986) offre un ottimo esempio dell’incredibile
aumento dei suoi prezzi: il valore è stato moltiplicato per 130 tra il 1992 e il 2017(acquistata nel ’92 per 136.367
$ e venduta nel 2017 per 17.680.936 $: vedi Art-Price, Il mercato dell’arte nel 2017: Collezionare e Investire
nell’Arte, in https://it.artprice.com/artprice-reports/il-mercato-dellarte-nel-2017/collezionare-e-investire-
nellarte.
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CAPITOLO I
LE NOZIONI DI PROFESSIONALITA', ABITUALITA' E
OCCASIONALITA'
1.1 La rilevanza della distinzione tra abitualità e occasionalità nel sistema giuridico
italiano.
Nell’ordinamento giuridico italiano la distinzione tra attività abituale e attività occasionale è
tradizionale e di fondamentale importanza. La distinzione riguarda un’attività economica
giuridicamente rilevante che deve indicare un complesso di atti preordinati allo stesso fine
economico. In una prima generica definizione, deve quindi trattarsi di un’attività che produca
almeno astrattamente un guadagno (lucro). È anche vero che nel nostro sistema giuridico
viene considerato anche un solo atto giuridico a sé stante, tuttavia la sua disciplina presenta
delle diversità rispetto a quella dell’attività. Basti pensare al fatto che solo con riferimento a
un singolo atto, e non di un’attività, si può presentare il problema della sua validità o meno.
Ciò stabilito sull’attività, è opportuno dal punto di vista giuridico effettuare un accertamento
in merito al carattere della sua continuità o meno, al fine di individuarne le discipline a cui
essa è soggetta. L’atto giuridico rimane escluso dall’applicazione dal concetto di continuità
in quanto atto singolo e dunque va considerato in ogni sede come occasionale. Al contrario
una serie di atti, e di conseguenza un’attività giuridica, possono essere caratterizzati da
diversi gradi di continuità. Ragion per cui un’attività per quanto continuativa possa essere,
potrebbe occorrere che sia considerata come occasionale e sottoposta a differente
disciplina. Ciò significa, in conclusione, che i concetti di continuità ed occasionalità non
debbano sempre essere contrapposti e che l’occasionalità possa assumere accezioni
diverse in riferimento ad un singolo atto piuttosto che ad un’attività intesa come serie di atti.
A questo punto si rende necessaria un’osservazione: si potrebbe dedurre che la distinzione
tra i concetti di occasionalità e continuità sia irrilevante, dal momento che nel diritto tributario
si intende assoggettare ad imposizione qualunque reddito che derivi da un’attività
economica (sia essa continuativa od occasionale). Tuttavia, in questo frangente la
situazione risulta differente; infatti è da considerare che tutti i redditi derivanti da qualsivoglia
10
attività economica sono soggetti non alla stessa disciplina ma a discipline impositive
differenti
3
.
Va inoltre ricordato che in diritto tributario:
-è spesso e volentieri lo stesso legislatore a stabilire a quali fattispecie si applichi una
particolare disciplina impositiva dei redditi piuttosto che sia l’interprete di volta in volta a
decretare discrezionalmente quando un’attività economica sia continuativa ovvero
occasionale (art.67 ss D.P.R. n.917/1986);
4
-per quanto concerne i redditi derivanti da attività commerciali o da lavoro autonomo, l’art.67
si riferisce ad attività “non esercitate abitualmente”, mentre per le altre fattispecie citate non
vi è un riferimento esplicito alla mancanza di abitualità, trattandosi di redditi che derivano
dall’attuazione di singoli atti di disposizione di beni. Motivo per cui si ripresenta il dilemma
della definizione del concetto di abitualità
5
.
1.2 La nozione di reddito.
Un’altra questione che nella disciplina tributaria assume un ruolo centrale nella
contrapposizione tra le caratteristiche di abitualità od occasionalità di un’attività economica
è rappresentata dalla connessa, e preliminare, definizione del concetto di reddito.
Va chiarito sin d’ora che il concetto di reddito considerato dal legislatore non è quello
economico, bensì il concetto di reddito giuridico, “nel senso che è lo stesso legislatore a
determinare quali debbano essere le caratteristiche degli incrementi economici derivanti
dall’esercizio di un’attività o dal compimento di un atto occasionale, onde detti incrementi
(dallo stesso legislatore qualificati redditi) debbano essere sottoposti ad una particolare
imposizione coerente con tali caratteristiche”
6
.
A sua volta la differenziazione tra redditi derivanti da attività occasionali rispetto a quelli da
attività professionali/abituali è generata dalla presenza di tali caratteristiche.
3
Salanitro G., Le attività occasionali nel sistema delle imposte sui redditi, Catania, 2011, passim.
4
Tinelli G., Lavoro nel diritto tributario, in Dig., Dis. priv., Torino, 389 ss.
5
Tinelli G., Lavoro nel diritto tributario, in Dig., Dis. priv., Torino, 389 ss.
6
Salanitro G., Le attività occasionali nel sistema delle imposte sui redditi, Catania, 2011, 9.
11
In ambito tributario, per quanto concerne lo studio del presupposto dell’Irpef, si usa
distinguere tra presupposto oggettivo e soggettivo, costituiti rispettivamente dal reddito e
dal possesso del reddito stesso
7
.
Tali aspetti sono individuabili dalla lettura dell’art. 1 del d.p.r. n. 917 del 1986 sul presupposto
dell’imposta; l’articolo dispone che: ”presupposto dell’imposta sul reddito delle persone
fisiche è il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’art.
6”
8
. In particolar modo le categorie di reddito a cui si fa riferimento nel citato articolo sono
rispettivamente:
▪ redditi fondiari;
▪ redditi di capitale;
▪ redditi di lavoro dipendente;
▪ redditi di lavoro autonomo;
▪ redditi di impresa;
▪ redditi diversi.
A ciascuna di queste categorie corrispondono particolari regole di determinazione e
differenti metodi di accertamento, che tengono conto delle caratteristiche economiche e
giuridiche della fonte: i redditi fondiari, ad esempio, sono determinati mediante il metodo
catastale; i redditi di capitale sono tassati al lordo (cioè non è prevista la deducibilità delle
spese di produzione); quelli di lavoro dipendente prevedono la deduzione forfetaria delle
spese; i redditi di impresa sono determinati apportando una serie di variazioni, in aumento
e in diminuzione, al risultato emergente dal bilancio d’esercizio
9
.
In altre parole, per quanto concerne il modus operandi nella determinazione della base
imponibile e per le regole formali attinenti alla contabilità, accertamenti piuttosto che ritenute
alla fonte, si segue un distinto regime giuridico per ciascuna categoria di reddito
10
.
Dall’altro lato, il presupposto oggettivo è, come si è detto, costituito dal reddito medesimo; il
legislatore non ne fornisce una definizione esplicita, ma si limita a indicarlo quale capacità
7
Fra i tanti si vedano: Vanoni E., Elementi di diritto tributario, in Opere giuridiche, II, Milano, 1962, 296;
Giannini A. D., Istituzioni di diritto tributario, Milano, 1974, 94.
8
Art. 1, T.U.I.R., in https://www.brocardi.it/testo-unico-imposte-redditi/titolo-i/art1.html.
9
Tinelli G. e Mencarelli S., Lineamenti giuridici dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, Torino, 2013,
passim.
10
Come osservato in dottrina (Tesauro, Istituzioni di diritto tributario. Parte Speciale, Torino, 2005, 16) il
legislatore, nel collocare un reddito in una categoria piuttosto che in un’altra, ha scelto il regime giuridico
ritenuto più consono; ad esempio, la normativa relativa agli ammortamenti ed alla contabilità, propria dei redditi
di impresa e di lavoro autonomo, è stata ritenuta compatibile con il carattere continuativo caratteristico di tali
categorie reddituali.