L’artigianato in età moderna
La storia dell’artigianato non è solamente la storia della
crescente abilità dell’uomo e della sua crescente capacità di
agire sull’ambiente naturale, ma fornisce anche le prove del
1
modo in cui la società stessa è andata evolvendosi.
Artigianato: definizioni e forme di organizzazione.
Il termine artigiàno deriva dal latino artes arti, mediante un
supposto aggettivo artensis, onde poi artesianus […] – C h i
esercita un’arte (meccanica) […]. Il nome poi di artista è
consacrato più propriamente a denotare chiunque esercita le
“belle arti”, come la pittura, la scultura, la musica, ed oggi
2
anche l’ arte drammatica.
Si legge nei vecchi dizionari che arte è “l’attività umana e
specialmente l’Industria Manuale applicata alle produzioni
della natura pei bisogni e comodi della vita […]. Si prende
anche per Metodo o Maestria nell’operare secondo certe
regole; ed in questo significato si distinguono le arti in liberali
3
e meccaniche”.
In questa sede, essendo trattata la storia dell’artigianato
con maggiore richiamo all’età moderna, verrà usato
soventemente come sinonimo di artigianato il termine
“industria”.
1
E. Lucie – Smith, Storia dell’artigianato, Editori Laterza, Bari 1984, p. 3.
2
O. Pianigiani, Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, Società Editrice Dante
Alighieri di Albrighi, Segati e C., Roma – Milano 1907, vol. I.
3
Ibidem.
4
Innanzitutto, la parola industria, con riferimento all’epoca
preindustriale, quindi, dalle civiltà antiche fino almeno alla
metà del XVIII secolo, come testimoniato anche
dall’Encyclopèdie di Diderot e d’Alambert, indicava una
particolare attitudine dell’uomo: zelo, operosità, diligenza,
4
energia, assiduità. Successivamente, durante l’Ottocento,
all’epoca dell’industrializzazione, il termine “industria”
cominciò ad indicare un settore specifico dell’attività
economica, poi anche l’edificio all’interno del quale veniva
esercitata tale attività. Pertanto, “con industria, dunque,
possiamo indicare quel settore dell’economia in cui la
produzione di merci avviene tramite la trasformazione di
materie prime tratte dal mondo naturale o tramite quella di
materiali che hanno già subito una parziale lavorazione
5
(semilavorati)”. Si può, quindi, parlare di industria tessile,
quando consideriamo il settore nel quale le fibre ricavate da
piante o animali vengono trasformate in prodotti o manufatti,
e la sartoria, in tale direzione, rappresenta l’ultimo stadio
della lavorazione tessile; l’attività edilizia è il settore
dell’industria che trasforma pietre, mattoni, legno, ferro, calce
in abitazioni. Questi ed altri rami industriali vengono
comunemente indicati come industria manifatturiera,
distinguendosi dall’attività mineraria, propria dell’industria
6
estrattiva. Così definita, l’industria non è un’attività
caratteristica della sola età contemporanea: è sempre esistita,
4
P. Malanima, Economia Preindustriale. Mille anni: dal IX al XVIII secolo,
Mondadori, Milano 1995, p. 244.
5
Ibidem.
6
Ivi, p. 245.
5
in ogni civiltà, quel che cambia nel tempo sono la sua
7
organizzazione e il suo rilievo, non la sua presenza.
L’artigianato insieme all’ ”industria domestica” e all’
“industria accentrata” rientrava nei tre tipi fondamentali di
struttura industriale, documentabili dal tardo Medioevo
8
all’età moderna in tutta Europa.
Con artigianato si intende la piccola produzione di articoli
manufatti svolta nella propria abitazione, nella bottega o
nell’officina, d a u n l a v o r a t o r e s p e c i a l i z z a t o , d a s o l o o
coadiuvato da pochi aiutanti. La produzione era destinata al
mercato, che poteva essere anche molto ampio. I mobili, le
opere d’arte, i manufatti d’oro e di vetro, i drappi di seta
prodotti e lavorati in Italia venivano infatti esportati nelle
città del nord Europa, almeno dal XII fino a tutto il XVIII
9
secolo.
Ogni artigiano svolgeva anche la funzione di mercante. I
clienti dei sarti, dei calzolai, dei tessitori, dei fabbri di ogni
villaggio erano prima di tutto gli abitanti della località e dei
piccoli centri vicini. Per gli artigiani delle città la clientela era
spesso esclusivamente quella della città stessa e della
campagna circostante. In questi casi, e per i mestieri con
pochi clienti, la produzione avveniva di solito su
commissione dell’acquirente.
Non era raro che l’artigiano ottenesse dal cliente la materia
prima da lavorare. Là dove, come spesso accadeva, era
raggiungibile una fiera, gli artigiani vi conducevano spesso i
10
propri prodotti.
7
Ibidem.
8
Ivi, p. 249.
9
Ivi, p. 260.
10
Ivi, pp. 265 - 266.
6
Nell’industria domestica, invece, non si lavorava né per il
mercante, né per il mercato; chi produceva il bene era anche il
produttore della materia prima, mentre nel sistema
dell’artigianato esisteva la separazione tra l’attività del
produrre e quella del consumare. Anche per quanto concerne
il capitale, nella forma di attrezzi da lavoro, quello
dell’artigiano era sempre maggiore rispetto a quello
impiegato nell’industria domestica. Infine, l’artigiano
svolgeva quasi sempre una sola attività, a differenza del
contadino nell’industria che ne svolgeva molteplici
11
nell’industria di autoconsumo.
La lavorazione dei tessili fu indubbiamente la principale
industria domestica in età medievale e moderna. Tra le fibre
tessili lavorate, al primo posto vi erano lino e canapa, seguite
12
dalla lana e, in misura molto minore, dal cotone e dalla seta.
Per quanto riguarda l’industria accentrata, essa può essere
concepita come l’attività di trasformazione svolta da
lavoratori dietro compenso, in uno stesso luogo, sotto la
direzione di un supervisore, con strumenti appartenenti
spesso ad altri. Con questo significato essa non
contraddistingue soltanto i tempi più recenti: e s e m p i d i
industria accentrata sono riscontrabili a partire dalle epoche
più antiche sino all’età moderna, in quest’ultimo caso,
soprattutto nella forma di manifattura accentrata. Tuttavia,
risulta essere, prima della rivoluzione industriale, una forma
organizzativa minoritaria rispetto a quelle prevalenti
dell’artigianato e dell’industria domestica.
11
Ivi, p. 261.
12
Ivi, p. 255.
7
Nelle officine venivano fabbricati principalmente tessuti,
ma anche oggetti di metallo, mattoni, tegole, vasi. L’industria
nella forma accentrata investì anche una buona parte della
13
produzione edile e mineraria.
Un’altra forma del sistema dell’artigianato fu l’industria a
domicilio, detta anche industria decentrata, industria disseminata
o, per usare termini stranieri, Verlagssystem o Putting-out
system. La produzione si svolgeva nella quasi totalità dei casi
in piccoli laboratori familiari e non in grandi officine;
l’artigiano possedeva quasi sempre gli strumenti con cui
svolgeva la sua attività: tutti gli operatori, dal più piccolo
apprendista o lavorante al più potente mercante-
imprenditore erano, o sarebbero dovuti essere, iscritti alle
14
corporazioni. La struttura dell’industria a domicilio, inoltre,
15
poteva essere, in parte o in tutto, rurale.
Nel Verlagssystem l ’ a r t i g i a n o c o i n c i d e v a c o n l a f i g u r a
dell’imprenditore, il quale commissionava la lavorazione e
ritirava i prodotti semilavorati o finiti.
L’attività tessile, specialmente il settore della lana, fu una
delle prime ad assumere il carattere di industria a domicilio,
spesso fonte di entrata accessoria per tante famiglie
16
contadine. Nell’ambito della produzione laniera, come pure
in altri settori, il mercante era anche imprenditore; egli non
rappresentava più una figura esterna all’attività produttiva,
ma una che ne sorvegliava e ne dirigeva lo svolgimento. La
prima fase lavorativa aveva luogo all’interno della bottega
del mercante – i m p r e n d i t o r e, ossia la bottega centrale. In
13
Ivi, pp. 283 - 285.
14
Ivi, pp. 273 – 274.
15
Ivi, p. 281.
16
Ivi, p. 282.
8
questa officina – m a g a z z i n o v e n i v a t e n u t a l a c o n t a b i l i t à
dell’azienda e veniva accumulata la materia prima, i
semilavorati e i prodotti finiti. Vi si svolgevano diverse
operazioni, come quella della scelta della lana, della lavatura,
della pettinatura, della cardatura. In realtà, quindi, la prima
fase di lavorazione della lana non era svolta a domicilio, ma
in forma accentrata. Era con la fase successiva, quella della
filatura, che aveva inizio realmente la produzione a domicilio.
La materia prima, perciò, veniva trasportata dalla bottega
centrale alle filatrici. La lavorazione continuava a domicilio
anche nello stadio successivo, quello della tessitura. La fase
della rifinitura prevedeva una serie di operazioni che
variavano da città a città; frequente, ad esempio, era la
“purgatura”, ossia il lavaggio del panno di lana.
I più importanti momenti di lavorazione che seguivano
erano quelli della follatura (ispessimento del panno),
dell’asciugatura, della riveditura (asportazione di impurità
dal panno). Il ciclo produttivo terminava con il ritorno del
tessuto nella bottega del mercante – imprenditore.
Si comprende che l’industria a domicilio era una specie di
rete formata da molteplici botteghe indipendenti, solitamente
di piccole dimensioni e in qualche caso di maggiore
ampiezza. Il mercante – i m p r e n d i t o r e e r a i l d i r e t t o r e d i
17
questa sorta di fabbrica disseminata.
Il mercante – imprenditore poteva avere le origini più varie.
Ad esempio, poteva essere un artigiano abbiente che, in
concomitanza della crescita del suo successo nel commercio,
era riuscito a coordinare l’attività di altri artigiani e, quindi,
assoggettarli alle sue decisioni imprenditoriali. Oppure,
17
Ivi, pp. 274 - 276.
9
poteva essere anche un piccolo commerciante che in un
primo momento aveva conquistato i canali di
approvvigionamento delle materie prime e poi anche quelli
di vendita dei prodotti finiti, finchè gli artigiani si erano
piegati alle sue decisioni. O ancora, poteva essere anche un
piccolo proprietario terriero che, grazie alle proprie rendite
fondiarie, era stato in grado di investire dei capitali per
18
avviare una qualche attività commerciale.
Rispetto al mercante – i m p r e n d i t o r e , g l i a r t i g i a n i d e l
Putting – out system generalmente si connotavano come veri e
propri lavoratori salariati. La retribuzione era solitamente a
19
cottimo, in parte o completamente in natura.
Se il settore predominante dell’industria a domicilio era
quello tessile, esistevano anche in altri settori casi in cui la
funzione commerciale non veniva più esercitata
dall’artigiano, bensì da un mercante. Ciò poteva verificarsi
nell’industria del cuoio, nel momento in cui un mercante,
dopo aver comprato la materia prima, decideva di farla
lavorare ad un artigiano che veniva pagato a cottimo, e si
occupava infine della vendita del prodotto. Anche
nell’industria della paglia (stuoie, cappelli, ecc.), la funzione
commerciale veniva meno nell’artigiano, quando il mercante
riusciva a padroneggiare tutte le fasi del processo produttivo
servendosi di manodopera salariata che lavorava in casa
propria. Quest’ultima condizione poteva concretizzarsi anche
20
nel settore del ferro, ad esempio nella produzione di coltelli.
18
Ivi, p. 277.
19
Ivi, p. 280.
20
Ivi, p. 283.
10
L’evoluzione dell’artigianato nel tempo
21
L’artigianato in Europa si articola in tre fasi storiche.
La prima è quella in cui tutti i processi di fabbricazione
sono processi manuali: tutto ciò che viene realizzato con
scopo decorativo o utilitaristico rappresenta essenzialmente
un oggetto d’artigianato.
La seconda fase coincide con il Rinascimento ed è quella
nella quale si ebbe una distinzione concettuale tra artigianato
ed arte, con la considerazione della netta superiorità della
22
seconda sulla prima.
In particolare, in Italia questa distinzione si verificò nel XV
secolo, quando cioè scultori e pittori intesero conferire alla
propria attività maggiore dignità ed ambizioni scientifiche,
svincolandola dalle “arti meccaniche” (manuali), alle quali
23
fino ad allora era stata assimilata.
E’ da evidenziare che relazioni tra il settore dell’arte e
quello dell’artigianato nel corso dei secoli sono sempre
esistite: è questo il caso, solo per citare un esempio, della
produzione e della lavorazione di oggetti di vetro o statuine,
24
definiti, appunto, come oggetti di artigianato artistico.
Per questo secondo periodo storico – cronologico da noi
analizzato, occorre ricordare alcuni snodi e alcuni mutamenti
verificatesi nell’artigianato e nell’industria italiana, inseriti
all’interno del più ampio contesto europeo.
Innanzitutto vediamo che in Europa l’ antico equilibrio
nord-sud del sistema industriale venne a modificarsi durante
21
Cfr. E. Lucie – Smith, op. cit. p. 3.
22
Ibidem.
23
A. Bassi et alii, Storia dell’artigianato italiano, Fabbri Editori, Milano 1979, p. 245.
24
Ibidem.
11
25
l’età moderna: il cambiamento fu decisivo nel XVII secolo.
Ci fu uno spostamento verso nord: l’Italia si indebolì, mentre
Inghilterra, Francia settentrionale, Paesi Bassi, alcune regioni
della Germania e della Svezia si rafforzarono. In Italia il
declino si avvertì a partire dal Quattrocento e dal
Cinquecento, soprattutto nei settori tessile e siderurgico, ma
specialmente nel Seicento, un secolo definito dagli s t o r i c i
come secolo di crisi generale che investì tutta l’Europa e tutti
i settori dell’attività produttiva.
L’Italia del nord, dal Duecento al Cinquecento area di
manifattura laniera per eccellenza, dal Seicento si trasforma
in area importatrice di manufatti. Dal 1570 al 1620 decadono
tutti i grandi centri di produzione, come Milano, Como,
Firenze e Venezia, città quest’ultima che a partire dal
Quattrocento si era distinta anche per la produzione ed
26
esportazione di grosse quantità di cotone. Anche nella
produzione serica l’Italia centro-settentrionale nel Seicento
perse la posizione centrale ricoperta in passato. Ciò avvenne
principalmente in città quali Genova, Milano, Mantova,
Verona, Vicenza, mentre si mantenne stabile nel sud della
penisola, o si ampliò in centri come Messina, Palermo,
Catania e Catanzaro.
E’ sempre a partire dai secoli XVI e XVII che si affermarono
su larga scala la pratica della torcitura della seta e l a
gelsibachicoltura nell’Italia centro-settentrionale, soprattutto
in regioni come la Lombardia, la Toscana, il Veneto, il basso
27
Piemonte. C o s ì , m e n t r e l a f a b b r i c a z i o n e d e i t e s s u t i s i
25
Cfr. P. Malanima, op. cit., p. 318.
26
Ivi, pp. 318 – 319. Cfr. F. Braudel, Civiltà materiale, economia e capitalismo. Le
strutture del quotidiano (secoli XV-XVIII),Einaudi, Torino 2006, pp. 295 – 296.
27
P. Malanima, op. cit., p. 320. Cfr. F. Braudel, op. cit., p. 295.
12
riduceva, contestualmente aumentavano i redditi che
provenivano alle famiglie contadine dalla coltivazione dei
gelsi, dall’allevamento dei bachi e dalla torcitura della seta in
28
quelle grandi imprese che erano i mulini idraulici. Da qui i
filati r e a l i z z a t i v e n i v a n o e s p o r t a t i Oltralpe. Fu questo per
l’Italia un settore che compensò, almeno in parte, il declino in
altre attività industriali.
Possiamo allora affermare che, in termini assoluti, il reddito
pro-capite rimase in Italia più o meno stabile tra la fine del
Cinquecento e g l i i n i z i d e l S e t t e c e n t o; in termini relativi,
l’Italia cessò di essere uno dei poli più dinamici dell’industria
29
europea.
La terza fase storica attraverso la quale si snoda la storia
dell’artigianato è quella della Rivoluzione Industriale,
contraddistinta dalla separazione tra oggetto d’artigianato e
oggetto fabbricato a macchina, ovvero il prodotto
30
industriale.
Di tale cambiamento della vita economica europea, fino ad
allora basata su un sistema essenzialmente agricolo –
artigianale – c o m m e r c i a l e , o c c o r r e d e l i n e a r e a l c u n i a s p e t t i
fondamentali, utili per comprendere meglio le dinamiche dei
processi produttivi in Europa e in Italia lungo tutto il corso
dell’età moderna.
Con l’espressione rivoluzione industriale s i i n d i c a q u e l
profondo e rapido cambiamento nella vita economica che si
verificò con l’affermazione dell’industria quale settore più
dinamico e, infine, dominante. L’epoca di inizio di questo
28
P. Malanima, op. cit., p. 320. Per una storia della diffusione e dell’impiego dei
mulini ad acqua nei processi produttivi dell’economia europea si veda Braudel, op.
cit., pp. 325 – 331.
29
P. Malanima, op. cit., pp. 318 – 321.
30
Cfr. E. Lucie – Smith, op. cit., p. 3.
13
cambiamento è compresa fra il 1780 e i primi decenni
dell’Ottocento. La regione in cui avvenne fu l’Inghilterra, da
qui, questa grande trasformazione si propagò a tutte le
economie del continente: dal Belgio, alla Francia, a l l a
31
Germania, all’Italia, alla Russia.
L’industrializzazione e la forte crescita dell’economia
dall’Ottocento in avanti poterono avvenire solo perché il
settore dell’agricoltura divenne più efficiente rispetto al
passato. Infatti, è la crescita dell’agricoltura la condizione
indispensabile perché avvenga la crescita dell’industria.
I maggiori redditi agricoli consentono l’acquisto di quantità
in aumento di beni secondari, sollecitando così l’espansione
32
dell’industria. In tal senso, occorre comunque evidenziare
che in paesi come l’Italia, in cui il rilievo dell’agricoltura fu
molto forte, il ruolo svolto dall’industria risultò assai
modesto, e la separazione tra industria ed agricoltura non
ancora chiaramente definita. Di fatto, in città come in
campagna, accanto ai contadini vi erano gli artigiani e gli
stessi contadini svolgevano lavori “industriali”. Per la metà
del Settecento, con ogni probabilità chi dipendeva da attività
manifatturiere corrispondeva al massimo al 30% della
33
popolazione.
L’aspetto distintivo di questa rivoluzione risiedette nel
rapido aumento della capacità produttiva grazie
all’introduzione nei processi lavorativi di tecniche sempre
più perfezionate ed efficienti, grazie alla sostituzione degli
strumenti a mano ad opera delle macchine, allo sfruttamento
di nuove forme di energia (carbon fossile e successivamente
31
P. Malanima, op. cit., p. 327.
32
Ivi, p. 247.
33
Ivi, p. 248.
14
petrolio), all’organizzazione di un primitivo sistema di
fabbrica, alla crescente divisione del lavoro, avvenuta
quest’ultima anche a causa della crescente spinta v e r s o l a
34
standardizzazione dei prodotti.
Tra le tante innovazioni tecniche sperimentate e messe a
punto prima e durante la Rivoluzione ricordiamo,
innanzitutto, che già dalla fine del Settecento James Watt
perfezionava la macchina a vapore inventata da Thomas
Savery nel 1698; nel 1733 John Kay inventava la spoletta
volante, nel 1767 Richard Arkwright c o s t r u i v a i l p r i m o
filatoio idraulico, nel 1787 Edmund Cartwright inventava il
telaio meccanico, nel 1805 il francese Joseph Marie Jacquard
metteva a punto il telaio meccanizzato che da lui prese il
nome, mentre nel 1830, in ambito austriaco, Michael Thonet
cominciava i suoi esperimenti con i mobili di legno curvato:
esempio dell’applicazione di una concezione industriale della
35
produzione di mobili.
Con la Rivoluzione Industriale cominciò ad avvertirsi una
certa conflittualità fra industria e artigianato: da un lato il
desiderio della quantità e dell’uniformità, dall’altro quello
36
della qualità e dell’individualità. Ora, i nuovi strumenti e
processi produttivi richiedevano sia abilità manuale che forza
fisica: la prima passò in secondo piano col progresso delle
37
invenzioni.
Durante la seconda fase della Rivoluzione (1820 – 1850 ca.)
l’impatto dell’industria e del suo sviluppo sugli standard
dell’artigianato e del disegno negli oggetti d’uso quotidiano
34
Ivi, pp. 327 – 328. Cfr. E. Lucie – Smith, op. cit., p. 178.
35
Vd. E. Lucie – Smith, op. cit., p. 5, 194. Cfr. sito internet www.wikipedia.org
36
E. Lucie – Smith, op. cit., p. 178.
37
Ibidem.
15
divenne molto complesso. Il Neoclassicismo, infatti,
determinò un mutamento della considerazione
dell’artigianato: il disegno non era più considerato il frutto
dell’interazione fra il prevalente gusto dell’epoca, il
particolare cliente e il fabbricante, bensì un’imposizione
unilaterale dall’alto, che ora appariva come austera. Coloro
che si erano arricchiti grazie alla rivoluzione associavano la
ricchezza a tutti gli articoli di lusso laboriosamente fatti a
38
mano per la classe che li aveva preceduti.
La localizzazione dell’artigianato
Per ciò che riguarda la localizzazione industriale, nella
piccola produzione artigianale rivolta al mercato locale (dal
momento che ogni artigiano produce per una clientela
ridotta), il numero degli artigiani sarà collegato in ogni zona,
in maniera passiva, alla densità demografica: più uomini, più
artigiani; meno uomini, meno artigiani. Questa condizione,
tuttavia, non è fissa e dipende da diversi fattori: ad esempio,
il rapporto tra mugnai e popolazione è quasi sempre lo stesso
per l’Europa del Duecento e quella del Settecento. Invece, il
numero dei fabbri o dei sarti non è così strettamente
dipendente dal numero degli uomini. Esso, infatti, è connesso
alle attività lavorative che si svolgono in zona, al tono
economico generale, ai caratteri fisici e climatici, agli usi e
costumi, ecc.
Il discorso è diverso per quei settori dell’attività industriale
la cui produzione è destinata a mercati lontani: i settori di base,
organizzati principalmente nelle forme dell’industria a
38
Ivi, p. 192.
16
domicilio o dell’industria accentrata. A determinare la
localizzazione delle industrie di base contano innanzitutto la
disponibilità di materie prime, ma anche le condizioni
geografiche, la densità demografica e, non da ultimo,
39
l’evoluzione tecnica.
Per quanto riguarda poi la presenza degli artigiani nel
contesto rurale e in quello urbano, emerge chiaramente che
gli artigiani nelle campagne non sono mai mancati. Questi
ultimi furono impiegati maggiormente in lavori quali quello
del fabbro, del calzolaio, del sarto, del mugnaio, della
filatrice, del tessitore, presenti, ad esempio, nei villaggi
dell’Italia meridionale del Seicento. I mestieri artigianali,
tuttavia, sono sempre stati più numerosi e vari nelle città,
sede per eccellenza dell’artigianato. Questo si spiega
innanzitutto perché nel contesto urbano il mercato raggiunge
sempre grosse dimensioni e la domanda per i beni artigianali
è ampia e variegata, in secondo luogo perché
l’approvvigionamento delle materie prime è più agevole, ed
infine perché in città il reclutamento della manodopera
risulta più facile.
Quanto alla varietà dei mestieri urbani in Italia in età
moderna i settori erano in ordine di importanza: il tessile e
l’abbigliamento, l’alimentazione e le costruzioni, la
40
lavorazione dei metalli, quella del legno e quella del cuoio.
39
P. Malanima, op. cit., pp. 296 – 297.
40
Ivi, p. 262.
17
Le corporazioni e la formazione degli artigiani
Fino al XVIII secolo in Italia, come nel resto d’Europa, nel
settore artigianale fu molto forte l’influenza esercitata dal
sistema delle arti o corporazioni, basato sui due principi
fondamentali della tutela dell’uguaglianza economica tra i
membri e del monopolio della produzione nelle mani degli
41
associati contro i produttori esterni. Tuttavia, per essere
artigiani non era necessario appartenere a questa o ad altre
associazioni, come nel caso degli artigiani di campagna, i
quali non erano sottoposti al controllo delle corporazioni e
42
non pagavano alcun tipo di tassa.
Negli statuti delle corporazioni erano contemplate le norme
relative all’organizzazione delle botteghe, alla mutua
assistenza, alla tutela dei processi produttivi e soprattutto a
quelle che erano le diverse tappe dell’iter professionale: l’arco
temporale per la qualificazione dell’artigiano, i limiti d’età
per l’ammissione, il regime convittuale presso l’abitazione
del maestro, i contratti con la famiglia del giovane artigiano,
43
etc.
In particolare, il giovane che aspirava a diventare artigiano
doveva entrare (volontariamente) n e l l a f a m i g l i a d i u n
maestro, con il quale condivideva l’uguaglianza di stato
sociale. La formazione riguardava non solo la sfera
professionale, ma anche quella morale e quella religiosa.
Terminata l’istruzione e compiuto il suo volontario impegno,
il giovane era libero di spostarsi da una città all’altra per
esercitare il proprio mestiere. Il raggiungimento della
41
Ivi, p. 267.
42
Ibidem.
43
A. Bassi et alii, op. cit., pp. 209- 211.
18