nuovi equilibri tra aree economiche diverse. Nel periodo in cui Mundell propose
le sue teorie ( principalmente negli anni ’60 ), egli sembrò essere una sorta di
pioniere. Sin da allora egli ha tracciato un sentiero nella macroeconomia eppure
qualcuno sembra essersi perso rispetto tale sentiero. Il motivo prevalente che ha
portato alla consacrazione Mundell attiene alla sua “TEORIA DELLE AREE
VALUTARIE OTTIMALI” dove egli spiega il perché una singola valuta potrebbe
essere vitale in una regione economica dove vi è libera circolazione di lavoro e
capitali tra le nazioni. In tale clima economico, i tassi di disoccupazione, nei paesi
partecipanti, potrebbero eventualmente compensarsi in virtù dello spostamento dei
lavoratori da aree ad alta disoccupazione a quelle dove il lavoro risulta essere più
copioso. Il risultato di ciò creerebbe tutti i presupposti per realizzare una comune
area valutaria con una politica monetaria unificata. Parlando alla stampa inglese,
Mundell sottolineò l’importanza della moneta unica; egli disse: “ Per tempo io
maturai la convinzione che l’Europa stava per avviarsi alla formazione di una
moneta unica “. Attualmente ci troviamo in piena fase di transizione e la maggior
parte delle banche, borse e compagnie finanziarie degli 11 paesi che hanno aderito
all’euro sono impegnati in tale transizione anche se banconote e monete non
saranno emesse prima del gennaio del 2002. L‘essenza di tale forma di
liberalizzazione è contenuta in ciò che Mundell affermò prevedendo proprio
nell‘Europa l’esempio ottimale della sua teoria delle aree valutarie. Tali teorie
hanno trovato il consenso della maggior parte degli economisti ma, in attesa di
riscontri pratici, ciò che Mundell sostenne per anni si sta realizzando.
Stranamente, ancora in modo maggiore, Mundell crede che l‘intero pianeta sia
un’area valutaria ottimale. Egli ha a lungo discusso riguardo un ritorno al sistema
del Gold Standard come la migliore cosa da realizzare in funzione di una singola
valuta mondiale, per cui non sembra totalmente utopistica la possibilità che dopo
il dollaro e l’euro ci sia spazio per il mondor, unica moneta del globo. Come
realizzare tali idee? Secondo Mundell è necessario un sistema di cambi fissi
all’ interno delle singole aree valutarie ottimali tra le nazioni coinvolte, mentre
sarebbe auspicabile un sistema di cambi variabili tra le singole e poco numerose
aree valutarie ( Area dollaro , Area euro , Area yen ecc. ecc. ).Ciò perché le
aspettative di variazioni nel tasso di cambio sconvolgono i mercati monetari,
rendono la programmazione difficile e indeboliscono, nel lungo periodo, il
controllo che ogni singolo stato esercita sulla politica economica. Questo in breve
il pensiero di Mundell riguardo i punti salienti che gli anno permesso di
raggiungere l’ambito riconoscimento. Negli ultimi anni si è dedicato soprattutto
nell’ affinare tali sue idee proponendo una serie di saggi che spaziano dalle
problematiche relative alla convergenza tra diverse aree economiche alle sue
considerazioni sull’euro e il Sistema Monetario Internazionale. Nel lavoro da me
svolto cercherò di far emergere alcune delle più importanti considerazioni di
R.Mundell attinenti a tali problematiche tenendo conto dei più recenti contributi
forniti dal neo Nobel e dei contributi di altri autori che hanno preso spunto dalle
idee dell’economista canadese per formulare osservazioni personali riguardo le
Aree Valutarie Ottimali. Alla base di tutto ciò vi è la ricerca di un rimedio ai
rischi di destabilizzazione che comporta, come conseguenza, la nostalgia per i
cambi fissi e la possibilità di realizzare poche ma stabili aree monetarie. Tutto ciò
ha comportato una revisione della teoria riguardo le Aree Valutarie Ottimali. La
così detta “nuova teoria“ utilizza i primi concetti come punto di partenza,
sottolineando i criteri utilizzati nella scelta di un dominio di una singola valuta ed
i costi e i benefici di quest’ultima. Il maggiore contributo della nuova teoria può
essere riassunto come segue. Primo punto, la nuova teoria riconosce che uno dei
maggiori costi enfatizzati nella prima letteratura e associati alla creazione di
un’area valutaria – l’abilità nazionale nello scegliere il punto preferito sulla curva
di Phillips – non è valido per quanto attiene il lungo termine. La letteratura
recente indica che tale problema è fonte di rilevanti discussioni; queste includono
le tensioni politiche che emergono nel cooperare in un’unione monetaria in
presenza di shock asimmetrici, la tendenza di tali shock d’inasprire il ciclo degli
affari per tali paesi se periferici rispetto l’unione, effetti endogeni di crescita, i
costi prodotti dall’imporre restrizioni legali ai partecipanti all’unione. Secondo
punto, in assenza di tali problematiche, un paese sotto un regime di cambi
flessibili non può fare molto in termini d’inflazione. Dati i costi elevati causati da
alta e variabile inflazione, per una nazione risulta essere importante in termini di
credibilità fissare la sua politica monetaria a quella di un paese con un basso
livello d’inflazione. Ci sono, tuttavia, dei costi di transizione collegati ad una
integrazione monetaria che, ad esempio, includono l’incremento in
disoccupazione per i paesi con alta inflazione, e le difficoltà nel coordinare le
diverse politiche monetarie. Si tratta di effetti prevedibili per il breve termine che
dovrebbero migliorare nel medio-lungo termine. Da un’analisi più completa
scaturisce che, secondo la nuova teoria rispetto alla precedente, ci sono minori
costi in termini di perdita dell’autonomia delle politiche macroeconomiche e
maggiori benefici come una maggiore credibilità in termini d’inflazione. La
recente letteratura evidenzia la necessità di coordinare le politiche fiscali il che
potrebbe essere una costrizione aggiuntiva per le politiche nazionali. Alla fine, i
livelli fissati dei tassi di cambio associati con un’unione monetaria dovrebbero
non essere considerati come immutabili poiché non ci sarebbe motivo, in primo
luogo, nel mantenere tassi di cambio tra specifiche valute se questi tassi di cambio
siano intesi nel restare irrevocabilmente fissi. Si tratta di alcune problematiche che
in precedenza erano state affrontate in modo marginale ma che ora, in virtù di
recenti sviluppi pratici, si propongono in modo più consistente attirando
l’interesse degli addetti ai lavori e ciò sarà il punto focale del lavoro da me svolto
il quale si articola in tre parti; nella prima saranno proposte alcuni contributi
concettuali relativi alla teoria sulle Aree Valutarie Ottimali, nella seconda un
approfondimento pratico in seguito alla costituzione dell’UME e la terza nella
quale presenterò alcune previsioni per quanto attiene l’euro che è da considerarsi
il simbolo di tale unione monetaria.
Capitolo primo – Le Aree Valutarie Ottimali nella letteratura recente. -
1.1 Premessa
Dopo che si è deciso di costituire l’Unione Monetaria Europea (UME), alla quale
inizialmente parteciperanno 11 Stati membri dell’Unione Europea (EU), la
questione se la suddetta singola area valutaria presenta le potenzialità di un’area
valutaria ottimale acquista reale importanza ed inoltre ha dato impulso a nuovi
lavori dal punto di vista teorico da parte di quegli economisti interessati alle
problematiche inerenti a tali tipi di studi. Infatti, in seguito ai piani per la
formazione dell’UME durante gli anni ’90, ciò ha dato impulso ad un rinnovato
interesse per gli studi empirici e teorici sulle aree valutarie ottimali. Spostandoci
oltreoceano, recentemente tale problematiche sono state affrontate riguardo i
rapporti tra Canada e Stati Uniti e da più parti è giunta la proposta della
realizzazione di una moneta unica anche tra le due aree citate in pre (USA e
Canada). Gli sviluppi avvenuti durante gli anni ’90 hanno ancora una volta
confermato che, considerando le crisi finanziarie succedutesi in un numero
crescente di economie, i sistemi di cambio fissi e stabilizzati possono
improbabilmente essere sostenuti in un mondo economico con ampi e fluttuanti
flussi di capitali, se si considera l’eccezione per quelle aree monetarie al cui
interno fluttuano più monete rappresentative di economie simili le quali possono
decidere di utilizzare una moneta unica fissando in modo definitivo le loro monete
a quest’ultima proprio attraverso un sistema di cambi fissi. Qualsiasi disquisizione
sull’argomento non può non tener conto del contributo di Mundell per quanto
attiene la teoria delle Aree Valutarie Ottimali. Il problema cardine è che se un
definito insieme di paesi o regioni sono esposti a shock asimmetrici reali allora il
processo di aggiustamento, in presenza di rigidità nominali, richiederà un
meccanismo basato sul tasso di cambio o una maggiore mobilità dei fattori di
produzione, oppure una combinazione dei due? A dispetto di tali shock e
Capitolo primo – Le Aree Valutarie Ottimali nella letteratura recente. -
considerando l’assenza di una flessibilità del tasso di cambio nominale, di una
mobilità dei fattori di produzione (capitale e forza lavoro) e di una corretta politica
fiscale, concentrazioni di disoccupazione sia regionale che nazionale sarebbero
inevitabili. E’ questo il punto cruciale che poi ha permesso di mettere in moto
quel meccanismo in base al quale si è giunti a considerare la coerenza economica
di un’unione monetaria proprio in virtù della presenza di tali shock e della
difficile soluzione di questi considerando la situazione economica europea nel suo
insieme.
1.2 I pro e i contro della formazione di un’area valutaria ottimale
Prima che io esponga alcune considerazioni riguardo l’opportunità di un paese di
aderire ad un’area valutaria ottimale con l’obbligo, quindi, di vincolare il proprio
tasso di cambio a quello relativo alla valuta unica che sarà poi utilizzata
nell’ipotetica area valutaria, bisogna anche evidenziare qualche circostanza che
potrebbe spingere un paese nel verso opposto rispetto a quello di vincolarsi ad una
unione valutaria o ad una zona che utilizza un tasso di cambio fisso. Un paese può
rinunciare ad entrare a far parte di un’unione monetaria:
™ perché il paese vuole un tasso d’inflazione diverso dal tasso d’inflazione
della zona valutaria;
™ perché il paese vuole usare il tasso di cambio come uno strumento di
politica occupazionale al fine di diminuire o aumentare i salari;
™ perché il paese vuole usare il tasso di cambio per catturare occupazione
dagli altri paesi;
™ perché, nel caso di un paese di vaste dimensioni, questi non vuole che un
paese rivale possa beneficiare dei vantaggi economici che scaturirebbero
dall’area valutaria o anche perché teme che l’aggiunta di un’ulteriore
Capitolo primo – Le Aree Valutarie Ottimali nella letteratura recente. -
moneta potrebbe rendere di difficile attuazione la politica macroeconomica
nazionale;
™ perché il paese vorrebbe attuare politiche inflattive per finanziarie
temporaneamente la spesa corrente governativa ma sarebbe impedito nel
farlo a causa del crescente desiderio verso il sistema dei cambi fissi con
tutte le relative conseguenze;
™ perché il paese non vuole sacrificare l’uso del signoraggio come un mezzo
internazionale di pagamento; ciò vale soprattutto per un vasto paese;
™ perché il governo del paese vuole usare il signoraggio come fonte nascosta
e non come una voce non prevista nel bilancio dei paesi membri di una
dittatura corrotta o di un governo democratico superficiale;
™ perché un regime di tassi di cambio fissi potrebbe trovarsi in conflitto con
le richieste politiche di una banca centrale in possesso di un mandato
costituzionale per preservare la stabilità dei prezzi;
™ perché l’integrazione monetaria con diversi paesi potrebbe rimuovere una
dimensione di sovranità nazionale che è un simbolo vitale d’indipendenza
politica;
™ perché un paese vuole ottimizzare la propria denominazione monetaria in
funzione del reddito pro-capite (ciò sarebbe rilevante solo nel caso di
un’unione monetaria);
™ perché il paese vuole mantenere la sua indipendenza monetaria in modo da
utilizzare un’inflazione temporanea nell’ipotesi di una guerra;
™ perché il paese desidera proteggere la segretezza delle sue “statistiche”
come quando l’Unione Sovietica optò di non far parte del Fondo
Monetario Internazionale (IMF) e costrinse i suoi paesi limitrofi ad
abbandonare il Fondo;
Capitolo primo – Le Aree Valutarie Ottimali nella letteratura recente. -
™ perché non vi è nessuna politica interna e nessuna leadership economica in
grado di mantenere un sistema di cambio fisso in equilibrio;
™ perché le autorità politiche non possono con sicurezza mantenere i bilanci
in equilibrio in base alle richieste provenienti da organismi superiori;
™ perché i partners della preventivabile area valutaria potrebbero risultare
politicamente instabili;
™ perché i paesi alleati con economie più disastrate pretenderanno aiuto,
versamenti a loro favore oppure essere i destinatari di una buona fetta delle
spese dell’unione monetaria;
™ perché il paese non vuole accettare il grado di aggregazione implicito negli
accordi dell’area valutaria come ad esempio alcuni livelli comuni in
termini di lavoro, legislazione fiscale o politiche sull’immigrazione da
paesi limitrofi.
Si tratta di una pluralità di circostanze che, però, non sono tutte da ritenere
giustificabili dal momento che se non sono rispettati alcuni parametri, i cosiddetti
criteri di convergenza, il problema della discrezionalità per l’ingresso o meno non
si pone. Tali criteri sono rigide prescrizioni di carattere economico e politico-
finanziario che vengono valutate per tastare lo stato della stabilità di un paese;
prezzi e tasso di cambio stabili, tasso d’interesse contenuto, ad esempio sono
alcuni dei parametri per valutare se una nazione può far parte di un’unione
monetaria come nel caso dell’UME. La Gran Bretagna e la Grecia si trovano in
situazioni diverse perché la prima, pur avendo i requisiti necessari per ora ha
declinato l’invito mentre la seconda non ha offerto le garanzie necessarie. Come
lo stesso Mundell faceva osservare in uno dei suoi numerosi scritti, almeno per le
prime fasi non è necessaria la partecipazione di più paesi se questi non sono in
situazioni politiche ed economiche similari ma è necessario creare uno zoccolo
duro che con il tempo può essere la spinta per una lenta ma efficace espansione.
Capitolo primo – Le Aree Valutarie Ottimali nella letteratura recente. -
Infatti egli già negli anni ’70 aveva teorizzato la nascita di un’area monetaria
europea con la partecipazione di 5-6 Stati e con il marco tedesco che avrebbe
dovuto fungere da moneta cardine come lo è oggi il dollaro per gli USA. Alla luce
di ciò, invece è interessante analizzare quali potrebbero essere teoricamente quelle
ragioni perché un paese potrebbe decidere di unirsi ad altri in un’area monetaria.
Un paese potrebbe decidere favorevolmente per l’ingresso in un’area valutaria
per:
™ beneficiare del tasso d’inflazione dell’area monetaria;
™ ridurre i costi di transazione relativi al suo commercio con un partner più
grande;
™ eliminare i costi relativi al mantenimento di una valuta propria in un
contesto diverso;
™ partecipare in un’area economica con una forza d’approvvigionamento dei
fattori bilanciata tra le diverse componenti e la qual cosa sarebbe favorita
dalla presenza di tassi di cambio fissi in virtù dell’unione monetaria:
™ trovare un’ancora per la politica, un punto fisso intorno al quale possono
essere formulate diverse aspettative di carattere economico;
™ rimuovere quella discrezionalità tipica delle autorità politiche per quanto
attiene problematiche fiscali e monetarie;
™ stabilire un meccanismo automatico che permetterà di attuare una
disciplina monetaria e fiscale;
™ usufruire di una protezione multinazionale verso gli shock avversi;
™ partecipare pienamente ed equamente per quanto attiene centri finanziari e
mercati dei capitali dell’unione;
™ fornire un catalizzatore per una alleanza e/o un’integrazione politica;
™ stabilire un blocco di potere in funzione della possibilità di fronteggiare la
dominante presenza delle potenze vicine;
Capitolo primo – Le Aree Valutarie Ottimali nella letteratura recente. -
™ condividere o essere ascoltati per quanto attiene quelle decisioni politiche
che possono essere rilevanti nel determinare il tasso d’inflazione dell’area
valutaria ottimale;
™ stabilire una valuta internazionale competitiva come rivale di quelle più
forti (es. il dollaro) ed inoltre guadagnare, invece di subire perdite, per
quanto attiene il signoraggio;
™ rafforzare o stabilire un blocco di potere economico che avrà più peso
nelle discussioni economiche internazionali ed avrà una maggiore forza
per migliorare, attraverso la politica commerciale, le sue relazioni
commerciali;
™ delegare ad un meccanismo esterno il processo politico domestico di
rafforzamento delle discipline fiscali e monetarie;
™ partecipare ad una restaurazione del Sistema Monetario Internazionale;
Alla fine sembrano prevalere i punti a favore di una partecipazione in un’area
valutaria ottimale rispetto quelli sfavorevoli anche in virtù del fatto che una buona
parte di questi sono da scartare a priori in virtù del fatto che la costituzione di un
asse valutario basato su una moneta unica richiede la partecipazione di economie
che godono di uno stato di salute accettabile al fine di non realizzare instabilità
future a meno che si decida di non parteciparvi per libera scelta (es. Gran
Bretagna ).
Inoltre bisogna dire che possono scaturire numerose economie di scala dalla
costituzione di un’area valutaria; ad esempio nella formazione delle politiche
monetarie da seguire come quando un piccolo paese fissa la sua valuta a quella di
un paese più vasto assicurandosi automaticamente la linea da seguire nel
realizzare le sue politiche macroeconomiche. Si può riportare l’esempio di
quando, negli anni ’70, Milton Friedman consigliò alla Jugoslavia di fissare il
dinaro al marco tedesco facendo capire schiettamente che la politica monetaria
Capitolo primo – Le Aree Valutarie Ottimali nella letteratura recente. -
della Germania era di gran lunga migliore rispetto quella della Jugoslavia. Non
bisogna dimenticare il fatto che in virtù della costituzione di un’area valutaria si
viene a realizzare una sorta d’isolamento rispetto alcuni bruschi shock economici;
più paesi fanno parte di un’area valutaria e più piccola è l’influenza sulle loro
produzioni da parte di qualche interferenza interna o esterna a tali economie. La
teoria sulle aree valutarie ottimali, quindi, è stata rispolverata dopo essere stata
messa da parte come “qualcosa relativo ad problema finito”(Johnson), e dopo
esser stata derisa come “una discussione scolastica la quale contribuisce poco ai
fini pratici per una efficiente politica nella scelta del regime del tasso cambio da
utilizzare per un paese e per una probabile riforma monetaria”, per cui si può dire
che per anni tale teoria era stata riposta nel limbo della letteratura economica.
Così completa è stata la riabilitazione di tale teoria nei circoli professionali che,
secondo Krugman, era indiscutibile il fatto che le discussioni sulle aree valutarie
ottimali sarebbero dovute essere il punto principale su cui discutere nell’ambito
delle economie internazionali. Cosa ha provocato il rinascere di tale discussione?
Due insiemi di fattori possono essere considerati prioritariamente responsabili. Il
primo richiama gli sviluppi che si sono avuti sulla scena monetaria internazionale
negli anni ’90 tra i quali emerge il processo che poi ha condotto alla formazione
dell’UME e la susseguente emergenza dovuta alle intense pressioni all’interno
dell’ERM del Sistema Monetario Internazionale, comportando un’espansione
della banda delle fluttuazioni intorno al 15% per la maggior parte delle valute del
sistema e prevalendo il dibattito su quali paesi dell’UE sarebbero dovuti essere
inclusi già alla prima tornata nella poi costituita UME. Il secondo insieme di
fattori che hanno contribuito ad un ringiovanimento della teoria suddetta trova
origine in diverse discussioni che hanno interessato problematiche
macroeconomiche come, ad esempio, la convergenza tra diverse aree economiche
con conseguente livellamento dei prezzi dei fattori.
Capitolo primo – Le Aree Valutarie Ottimali nella letteratura recente. -
1.3 Le diverse filosofie riguardanti le Aree Valutarie Ottimali
Helpman e Lucas furono tra i primi a sviluppare teoremi di benessere ed
equivalenza in conseguenza di regimi alternativi del tasso di cambio in ambienti
dove i mercati dei capitali sono saturi e la moneta è neutrale. Tali contributi, se da
un lato forniscono un utile riferimento teorico, da un altro in base alle loro
implicazioni secondo cui la scelta di un regime di tasso di cambio non esercita
alcuna influenza sullo stato sociale, sono poco attuabili nel mondo reale dove
regna una sorta d’instabilità cronica. Invece la successiva produzione letteraria
può essere classificata a seconda dei contrasti che hanno reso interessanti le
diverse dispute sui tassi di cambio. Prezzi e rigidità salariali sono il cuore dei
contributi di Bayoumi, Ricci, Beine e Docquier i quali proposero modelli di
equilibrio generale che formalizzavano le intuizioni innovative sulle aree valutarie
ottimali ad opera di Mundell, McKinnon e Kenen. Un altro gruppo di autori,
includendo Helpman e Razin focalizzano invece la loro attenzione sulle
implicazioni che scaturiscono dalla imperfezione dei mercati finanziari. Nel
lavoro che mi accingo a disporre evidenzierò i punti salienti di tali due diversi
approcci al problema considerato.
1.3.1 Le Aree Valutarie Ottimali in modelli di equilibrio generale con rigidità
dei prezzi
Bayoumi presenta un modello formale di area valutaria ottimale nel quale il
mondo è composto da un numero diverso di regioni, ognuna specializzata nella
produzione di un particolare bene. Oltre a ciò, i salari sono rigidi verso il basso in
periodi di bassa domanda. Il modello, tuttavia, non lascia grande importanza alle
attività finanziarie ed alle politiche governative ed inoltre dà la possibilità ad ogni
regione di scegliere una valuta propria oppure di far parte di un’unione monetaria.
Tale modello di equilibrio generale presenta una serie interessanti di risultati; la
Capitolo primo – Le Aree Valutarie Ottimali nella letteratura recente. -
dimensione e la correlazione dei fattori che possono generare un’instabilità
nell’ambito dell’economia considerata sono quelli che determinano la scelta di
realizzare un’unione monetaria, la mobilità del lavoro abbassa i costi associati per
mezzo di tale unione sia all’interno che all’esterno di quest’ultima. Il grado di
apertura di tali economie verso l’esterno è ulteriormente importante in virtù del
fatto che i guadagni che scaturiscono dalla costituzione di un’unione sono in
funzione del livello della domanda dei prodotti da parte di altri canditati che
vogliono unirsi all’unione. Il maggiore risultato che emerge dall’analisi condotta
da Bayoumi è che la costituzione di un’unione mentre produce benessere per le
regioni al suo interno, tale benessere cresce in modo superiore rispetto quei paesi
limitrofi che decidono di non parteciparvi. Ciò avviene perché i guadagni (da
intendersi essenzialmente in una riduzione dei costi di transazione all’interno
dell’area considerata) si accumulano maggiormente per i membri, mentre sono più
bassi per quanto attiene gli altri paesi in conseguenza del fatto che il volume delle
loro produzioni non trova sbocco come avviene all’interno dell’area comune e ciò
innesca effetti negativi sulle loro bilance dei pagamenti ed inoltre sono una
concausa di quelle rigidità salariali. Un ulteriore punto cardine di tale approccio è
che i guadagni provenienti dal partecipare ad una unione monetaria per una
regione sono più grandi rispetto i benefici che ne derivano per i membri
dell’unione nell’ammettere un nuovo membro nel momento in cui i vantaggi
acquisiti in seguito alla riduzione dei costi nelle transazioni derivano dal volume
delle attività commerciali quando queste sono in espansione perché nel momento
in cui vi è l’ingresso di tale nuovo membro questi viene ad acquisire dei vantaggi
gia realizzatesi. Conseguentemente, se un paese preferisce non vincolare la
propria moneta, egli potrebbe avere ancora un incentivo a formare un unione con
altre regioni che si trovano nelle stesse sue condizioni. Alla fine si può dire che un
modello basato su tali supposizioni è oltremodo ottimista perché nel valutare il
Capitolo primo – Le Aree Valutarie Ottimali nella letteratura recente. -
successo di tale area valutaria non tiene conto dell’influenze che possono scaturire
da altre aree in virtù di mercati sempre più aperti e quindi con una elevata mobilità
dei fattori e ciò comporta un difficile raggiungimento dell’equilibrio interno.
Ricci, nel 1997, presentò un modello molto semplice composto da due paesi
riprendendo le argomentazioni monetarie tipiche della letteratura tradizionale
sulle aree valutarie ottimali cioè soffermandosi su quelle problematiche per
quanto attiene i tassi di cambio (con un’ovvia preferenza verso quelli fissi), la
moneta intesa non solo come unità di conto ma anche come bene di largo
consumo, i costi che scaturiscono dalle transazioni commerciali ed infine le
rigidità nominali che si possono presentare. In tale modello sono assunte alcune
preferenze nel diversificare il modo come questi due paesi reagiscono ai diversi
shock in termini di apertura verso la costituzione di un’area valutaria. Soprattutto
le conseguenze, legate agli shock causati dalle autorità monetarie in conseguenza
di una sorta di tolleranza verso l’inflazione, sono quelli che attirano maggiore
interesse. Il modello è basato su ipotesi di mobilità del lavoro ed immobilità di
tale fattore ma l’analisi tuttavia, è alquanto statica e volutamente tralascia
l’esistenza di una perfetta mobilità dei capitali.
La perdita della funzione esercitata singolarmente dalle autorità monetarie in
entrambi i paesi del modello è vista come conseguenza del tasso di
disoccupazione, del tasso d’inflazione avendo presente che a prescindere dal
modello proposto, l’essenza di un’area monetaria è l’approvazione di una serie di
obiettivi comuni rispetto all’inflazione, ai tassi di cambio ed ai tassi d’interesse
coinvolgendo tutti gli altri settori economici. Il modello tende a rimarcare il fatto
che sotto una unione comune, i due paesi usati come campione adottano
naturalmente la stessa valuta ed il fatto che i costi delle transazioni spariscono,
riprendendo, in effetti, ciò che aveva affermato Bayoumi.