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Il numero di operatori del settore è piuttosto elevato; si contano circa 500 produttori, 7.000
distributori all’ingrosso, 12.000 ricambisti e 70.000 tra officine e carrozzerie.
Il settore dei ricambi è, quindi, piuttosto critico; dopo l’acquisto di una vettura, il consumatore
utilizza abbastanza spesso questo canale, per manutenzioni periodiche o rotture.
E’ molto importante che il servizio ricevuto sia veloce, efficiente e consono alle aspettative;
questo non sempre si avvera, a causa delle inefficienze presenti nella catena di rifornimento.
Quindi, partendo da un’analisi globale del settore ricambi, che ne individui i problemi e le
peculiarità, si vuole fornire con questo lavoro una visione delle applicazioni e-business
relative ai ricambi auto, con l’intento di individuarne tutti i fattori che possono favorirne la
diffusione o ostacolarla. In quest’ottica, si sono analizzati gli aspetti economici, organizzativi
e tecnologici legati a tali applicazioni.
La metodologia utilizzata consta di due fasi fondamentali:
1. Inizialmente, è stata necessaria una solida comprensione della struttura e delle
dinamiche tipiche del settore dei ricambi auto. Per raggiungere questo obiettivo, sono
risultati particolarmente utili: interviste ad operatori del settore, effettuate grazie al
supporto dell’AERO (Associazione Europea Ricambi Omologati ), materiale indiretto
tratto da riviste specializzate e da articoli di società di consulenza, ed infine materiale
tratto da Internet;
2. E’ stato possibile procedere nella mappatura dei progetti e-business più significativi
nel settore dei ricambi, con estensione geografica relativa all’Europa e agli USA;
l’analisi è stata condotta in maniera trasversale rispetto al modello tecnologico ed
organizzativo. Anche in questo caso, sono stati di supporto: materiale tratto da siti
Internet ed interviste dirette ai responsabili IT di un campione d’aziende.
La suddivisione del lavoro in due parti, relative alla comprensione del settore e
all’individuazione di applicazioni e-business nel settore automobilistico, è particolarmente
evidente nella stesura della tesi.
La prima parte descrive la supply chain dei ricambi auto e ne individua i punti critici, su cui
indirizzare i miglioramenti possibili, grazie alle tecnologie descritte successivamente.
Essa è composta da un primo capitolo introduttivo, in cui si delineano le linee evolutive del
settore automobilistico, partendo da una struttura prevalentemente artigianale dell’epoca pre-
fordista, all’integrazione verticale di Ford, che prevedeva la produzione in proprio dell’acciaio
e dei pneumatici. Quindi, si giunge alla crisi degli anni ’80, in cui sono prevalsi acquisti di
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sostituzione, rispetto a quelli di prima dotazione, favorendo le politiche di customer
satisfacion e di personalizzazione del prodotto.
Il punto focale è ,però, rappresentato dall’ingresso dei produttori giapponesi nel mercato,
caratterizzati da un elevato livello di decentramento produttivo, da un basso time to market,
da maggiore qualità ed affidabilità del prodotto.
Tale modello mette in crisi il mondo occidentale, che effettua un’intensa ristrutturazione al
suo interno e risponde con una organizzazione più snella, innovazione più veloce e maggiore
delega ai fornitori di buona parte della progettazione e dello sviluppo dei componenti.
Tale riorganizzazione si è ripercossa anche sul mondo dell’aftermarket, che si preoccupa di
trovare strategie più efficienti ed iniziative più innovative per combattere questa complessa
sfida.
Nel secondo capitolo, viene effettuata una descrizione del mercato delle parti di ricambio, con
dati macroeconomici relativi alla produzione e alla domanda italiana di componenti e
vengono individuate le varie categorie merceologiche, insieme al loro peso relativo rispetto al
valore dell’intera vettura.
Il concetto fondamentale è la distinzione tra ricambio originale e non originale. Un ricambio
originale è un pezzo che ha ricevuto l’omologazione della casa costruttrice, usato come primo
equipaggiamento e come rifornimento della casa auto. Un ricambio non originale è
semplicemente un pezzo che non passa per il circuito autorizzato della casa costruttrice e non
viene omologato da essa.
A questo punto, è stata fatta una discussione sulla necessità di una normativa che classifichi i
pezzi di ricambio in originale e non originale, e che soprattutto certifichi la qualità dei ricambi
non originali, se essi hanno la stessa provenienza di quelli venduti dalle case auto.
Nel terzo capitolo, viene presentata la filiera logistico-produttiva del settore ricambi, con
particolare attenzione verso il ruolo svolto da ciascun attore, in modo da poterne valutare
l’effettivo valore aggiunto.
Quindi, si parte dall’autoriparatore e si analizzano tutte le alternative di flusso distributivo,
che consentono di trasferire i ricambi dal produttore all’autoriparatore. Dalla loro
combinazione, si ottiene uno schema riassuntivo di tutti i flussi per la distribuzione dei
ricambi auto.
Alla fine, si analizza il livello di servizio fornito dal riparatore al cliente finale, differenziando
gli obblighi di un concessionario autorizzato da quelli di un autoriparatore indipendente.
Infatti, i concessionari sono obbligati ad aderire contrattualmente a politiche comuni di
immagine di marca, devono garantire al cliente stock di ricambi e servizi pianificati per un
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periodo di almeno 10 anni dall’immatricolazione del veicolo. Le officine indipendenti,
invece, sviluppano la propria attività nel campo della manutenzione e riparazione (dal 2° o 3°
anno di vita del veicolo) e dalla revisione, dopo il 5° anno. Inoltre, non sono contrattualmente
impegnate ad offrire specifici standard di assistenza a tutti i modelli e le versioni dell’intera
gamma; esse sono da un lato più flessibili, per la mancanza di un impegno contrattuale,
dall’altro più fragili, in quanto non sono vincolate a standard specifici circa la qualità del
servizio.
Nella seconda parte della tesi, vengono individuate le applicazioni di e-business relative al
settore componentistico, con particolare attenzione nei confronti dei ricambi auto.
Nel quarto capitolo, si introduce il concetto di e-business, sia per la gestione integrata dei
progetti di filiera, sia come modello tecnologico tra imprese; si evidenzia come l’e-business
utilizzi sia la tecnologia che i processi per costruire le migliori relazioni con il cliente e creare
nuovo valore.
Il quinto capitolo, si focalizza soprattutto sui modelli EDI(Electronic Data Interchange
)tradizionali e sulla loro versione evolutiva Internet e Web based. Si parte dal progetto
Odette, che da anni si occupa di definire standard EDI per il settore automobilistico, fino alla
sua recente migrazione verso l’Edifact (Electronic Data Interchange For Administration
Commerce and Trasport ). Quindi, si descrive l’iniziativa ANX (Automotive Network
eXchange ), una rete privata virtuale basata su Internet, che permette ai sottoscrittori di
comunicare, co-progettare, scambiarsi documenti CAD/CAM, utilizzare la tecnologia EDI;
tutto ciò, facendo leva sui vantaggi di Internet e su un’elevata affidabilità della rete.
Poi, vengono descritte due iniziative recenti, promosse in Italia: EBI CAR e TecCom.
EBI CAR ha lo scopo di integrare l’intera catena distributiva dei ricambi non originali,
utilizzando la tecnologia EDI per i livelli alti della filiera, quella Web EDI per quelli più
bassi.
Il progetto TecCom, ancora in fase pilota, vuole fornire uno strumento tecnologico per la
comunicazione tra i vari partner della filiera dei ricambi, basandosi sulla rete Internet.
Nel sesto capitolo, si pone l’attenzione sulle iniziative di tipo VirtualMarketPlace, che
risolvono il problema delle connessioni multiple point to point tra partner, utilizzando la rete
Internet oppure le Virtual Private Network.
Gli esempi più caratteristici illustrati riguardano:
ξ COVISINT: marketplace di General Motors, Daimler Chrysler, Ford, utilizzato per il
procurement e per integrare le case auto con i fornitori di primo impianto. Non
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costituisce solo un prodotto per la pura trasmissione dei dati, ma si occupa anche di
rapporti con i fornitori e i clienti e dell’eventuale co-design tra loro;
ξ OE CONNECTION: relativo al marketplace dei ricambi, promosso anch’esso dalle tre
grandi case auto con lo scopo di legare i concessionari autorizzati agli autoriparatori
indipendenti. Il progetto è ancora in fase di beta test;
ξ CAR STATION: ha lo stesso ruolo di OE Connection, ma estende il servizio sia ai
ricambi originali che a quelli non originali;
ξ COBALTGROUP: si occupa di vendita ondine di auto nuove ed usate ed effettua
anche vendita di ricambi online;
ξ SUPPLYON: marketplace europeo, nato per connettere i fornitori di prima e seconda
linea, facilitando le loro transazioni e permettendo una più facile co-progettazione.
Nel settimo capitolo, si illustrano gli esempi più significativi delle extranet presenti nel
mercato italiano per ciascun attore della filiera produttiva. Al termine della scheda di
presentazione dell’iniziativa, si effettua una valutazione del tipo di commerci, del servizio
offerto e delle opzioni presenti nel sito, mediante la costruzione del pentagono del valore.
Alla fine, si traggono delle considerazioni conclusive sull’aftermarket dei ricambi auto e sulle
applicazioni e-business relative a questo settore.
Al termine del lavoro, è stato possibile giungere ai seguenti risultati:
1. Esiste uno scarso utilizzo dell’EDI come puro strumento tecnologico: Le reti EDI
risalgono agli anni ’60 e consentono una connessione point to point tra buyer e seller;
nonostante la partecipazione di grandi aziende e dei loro partner commerciali, la
diffusione di questa tecnologia è stata ostacolata dalla sua complessità e dai costi. Le
aziende che hanno effettuato investimenti in questa direzione, difficilmente sono
riuscite a convincere più del 20-30% dei propri partner commerciali a comunicare
tramite l’EDI. Esistono due modi per comunicare attraverso tale tecnologia:
ξ Point to point: comunicazione diretta tra trading partner, con costi
dipendenti dal tempo online, dalla destinazione e dal volume dei dati
inviati. Lo svantaggio è che la comunicazione tra le due parti è possibile
solo se si usa lo stesso protocollo (es. OFTP).
ξ Value Added Network: una Van è una mailbox facility, che ha il grande
vantaggio di supportare tutti i protocolli disponibili. In questo modo, un
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buyer può comunicare con un altro seller, senza preoccuparsi di
implementare il software di adattamento dei vari protocolli
Lo svantaggio di una Van è costituito da alti costi, dato che essa fa pagare entrambi
gli EDI partner. Tipicamente, l’utilizzo di una Van costa dai 20.000 ai 50.000$ al
mese per un’azienda di medie dimensioni; i vantaggi possono essere riassunti in tre
parole: sicurezza, performance e affidabilità. E’ chiaro che ben poche aziende sono
disposte a grandi investimenti per ottenere una comunicazione sicura e veloce;
soprattutto perché i vari trading partner, in genere, hanno dimensioni ridotte e
continuano ad utilizzare metodi tradizionali di comunicazione (fax e telefono).
2. Con l’avvento di Internet, l’EDI si è evoluto in questa ottica: La tecnologia EDI ha
saputo sfruttare l’avvento di Internet non per migliorarsi, ma per essere più versatile;
infatti, il problema dell’EDI era la sua scarsa penetrabilità nel mercato, soprattutto in
quello relativo alle piccole e medie imprese. Un’alternativa è rappresentata da
Internet, che combina i bassi costi di accesso ad una facilità d’uso; è quindi possibile
utilizzare varie soluzioni EDI basate su Internet per poter raggiungere i partner
commerciali minori. Queste soluzioni possono variare e comprendere sia i sistemi EDI
auto gestiti, sia i servizi basati su Internet offerti dalle principali reti VAN.
L’evoluzione dell’EDI in base alla tecnologia Internet ha portato alla formazione di
due alternative:
ξ Internet EDI: tecnica che consente agli utenti tradizionali dell’EDI di
scambiare con i loro trading partner messaggi EDI su Internet, unicamente
come canale di comunicazione, tramite PTP (File Transfer Protocol) o SMTP
(Simple Mail Transfer Protocol). Tale opzione permette di abbassare
notevolmente i costi della trasmissione ed è adatto a partner con interazioni
occasionali.
ξ WEB EDI: applicazione realizzata attraverso un sito web e finalizzata a
garantire all’azienda con capacità EDI la possibilità di ricercare informazioni
in formato HTML. Esse vengono poi tradotte in formato EDI e sono
automaticamente integrabili nel sistema informativo aziendale.
L’implementazione del Web EDI comporta una serie di limiti rispetto all’EDI
tradizionale, perché garantisce una minore integrazione applicativa, anche se
risulta particolarmente adatta a bassi volumi transazionali.
Naturalmente, il Web Edi ha avuto molto più successo dell’Internet EDI,
perché quest’ultimo ha l’unico vantaggio di abbassare i costi, ma è un puro
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mezzo comunicativo. Il Web Edi, invece, si preoccupa dell’integrazione
applicativa, cioè di tutti quei problemi connessi alla gestione di pagine web
differenti.
3. Successo dell’EDI come modellizzatore e standardizzatore di processi: Utilizzare
l’EDI come semplice mezzo di comunicazione veloce e sicuro tra le parti ha i suoi
vantaggi; ma ciò non basta per giustificare gli elevati investimenti da effettuare, se non
si ha la sicurezza di poterlo utilizzare in qualunque situazione. Un grande passo avanti
verso la standardizzazione della tecnologia EDI è stato fatto grazie ad Odette,
un’organizzazione gestita dal personale dell’industria autoveicolistica, che ha lo scopo
di sviluppare strumenti e raccomandazioni per migliorare il flusso delle merci, fornire
servizi, dati sul prodotto e informazioni commerciali lungo l’intera filiera.
Quando è partito il progetto Odette, non esisteva alcuno standard EDI per lo scambio
dei dati; quindi, Odette ha sviluppato una soluzione EDI europea per l’industria
automobilistica. Nel 1989, Odette ha avvertito la necessità di migrare verso uno
standard mondiale promosso dalle Nazioni Unite: l’EDIFACT; essendo comune a più
settori, l’Edifact presenta molti campi non richiesti dall’industria automobilistica. Per
questo, Odette si è assunta il compito di creare un subset di messaggi, cioè un set di
messaggi selezionati e di dati presi dal messaggio originale, conforme alle regole
Edifact. Il compito attuale di Odette è assicurare che le richieste di business
dell’industria dell’auto siano pienamente concordi con l’Edifact, sviluppando una
nuova richiesta per produrre un appropriato UNSMs.
Naturalmente, il compito svolto da Odette va oltre la standardizzazione dei dati
secondo l’Edifact. Infatti, Odette si è occupata anche della realizzazione di messaggi
standard per la trasmissione di file CAD/CAM, ha sviluppato un documento per
incrementare l’efficienza generale delle industrie automobilistiche, funge da
interlocutore europeo dell’IAG per lo sviluppo in Europa della rete Anx, ha progettato
un’etichetta fisica di trasporto, che identifichi accuratamente le merci mediante un bar
code e correli l’arrivo dei beni ad un messaggio mandato da Odette, per avvisare della
consegna.
Un’altra lodevole iniziativa relativa all’EDI è costituita dal progetto EBI CAR di
Anfia Tech, che ha lo scopo di integrare l’intera filiera dei ricambi, usando la
tecnologia EDI ed usufruendo del supporto di Anfia Tech.
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L’obiettivo del progetto è fornire agli operatori del settore ricambi non originali una
soluzione tecnico-organizzativa, che ottimizzi i processi aziendali, senza dedicare
ingenti risorse economiche allo sviluppo di strumenti di comunicazione propri.
EBI CAR utilizza lo standard Edifact D.96A e permette l’integrazione con tutti i
sistemi utilizzati in Europa nell’aftermarket.
Il progetto prevede due soluzioni:
ξ EDI CAR: trasmissione elettronica di documenti aziendali tra computer in
formato standard. L’EDI è consigliato ai livelli più alti della filiera, permette
processi completamente automatizzati, utilizza una linea dedicata e consente la
rintracciabilità dei messaggi;
ξ WEBI CAR: servizio di e-business su rete, per l’interconnessione della filiera
logistica via Internet. Il Webi Car permette il data entry e la stampa diretta di
un documento senza aver prima caricato il file nel database, non utilizza una
linea dedicata e può andare incontro a cadute di collegamento ed infine non vi
è rintracciabilità dei messaggi; in compenso, però, ha costi molto accessibili
anche per le imprese piccole.
L’utilizzo di EBI CAR permette di automatizzare alcune operazioni, come la
conferma telefonica degli ordini da parte del fornitore al cliente, la stampa
dell’ordine, le annotazioni di variazioni, la correzione di codici errati oppure le
annotazioni degli inevasi da parte del cliente.
4. Basso utilizzo dell’EDI nell’aftermarket: Le applicazioni EDI e Web Edi sono di difficile
utilizzo nella filiera aftermarket, a causa della sua grande frammentazione e di attori piccoli e
con poca esperienza in termini IT. Diversa è la situazione del primo equipaggiamento, dato
che le case auto sono solite attivare collegamenti EDI con loro fornitori, anche per poter
effettuare progettazioni collaborative.
Quindi, i grandi e piccoli fornitori di primo impianto, per non perdere la commessa, si
adattano ed utilizzano anch’essi la tecnologia EDI.
Diversamente, nell’aftermarket non esistono realtà di grandi dimensioni, se si escludono i
produttori e qualche grossista, che possono trovare conveniente l’attivazione dell’EDI. Per
questo motivo, alcune società di consulenza del settore hanno proposto un collegamento EDI
tradizionale per i fornitori e i grossisti, che devono scambiarsi grandi quantità di dati, mentre
uno di tipo Web Edi per la parte bassa della filiera, che giustifichi i bassi costi e le occasionali
transazioni.
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Nonostante i grandi vantaggi che l’EDI e il Web Edi possono portare ai vari livelli della
catena di fornitura, i diretti interessati sono ancora molto restii ad un’informatizzazione,
perché si tratta soprattutto di esercizi a carattere locale con una clientela fidata e vicina al
punto vendita.
Ma, siccome il cliente sta diventando sempre più esigente ed un possibile concorrente dista
solo un click, allora anche queste piccole realtà devono informatizzarsi ed aprirsi ad un
rapporto più collaborativi con gli altri attori della filiera.
5. VMP visto come evoluzione del lavoro svolto dall’EDI: Prima dell’avvento dei
marketplace, ciascun fornitore doveva stabilire una connessione point to point di tipo EDI con
ciascuno dei suoi clienti, con enormi costi di connessione; in caso contrario, poteva
appoggiarsi ad una Van, per superare il problema dei differenti protocolli usati dai vari clienti.
Gli e-market, invece, rappresentano una soluzione a questo problema, in quanto fanno da
intermediario virtuale tra i venditori e compratori, in modo che ciascun fornitore sia collegato
a tutti i compratori, senza avere con ciascuno di essi una connessione dedicata.
I marketplace più evoluti non si limitano a fornire una piattaforma transazionale ai propri
clienti; essi, infatti, si appoggiano spesso a reti private, in modo da poter assicurare ai propri
clienti una trasmissione di dati sicura, affidabile e veloce.
Un tipico esempio è fornito dal marketplace Covisint, promosso dalle tre grandi case auto
americane (GM, DC e Ford), sottoscrittore di due connessioni alla rete privata virtuale Anx,
che consente la trasmissione di dati in formato EDI oppure CAD/CAM in modo sicuro.
Il vantaggio consiste in un’uniformità di formati utilizzati durante la comunicazione e bassi
costi di connessione; il compito delle Van viene assolto dal marketplace stesso, che può
contare su anni di lavoro e di ricerca per la standardizzazione svolte per l’EDI.
Alla fine, è possibile svolgere tutte le attività di una tecnologia EDI, con funzionalità
addizionali, ma con costi stremante più bassi.
6.VMP: passaggio dal supporto transazionale al supporto collaborativo: In genere, un
marketplace parte come procurement di materiali standard indiretti, caratterizzati da bassa
complessità e scarsa importanza relativa, per poi muoversi verso altri tipi di prodotti, con
l’obiettivo di raggiungere materiali diretti complessi ed una pianificazione integrata dei
processi.
Molti e-market, quindi, sono nati come mercato privato di una singola compagnia, che lo
usava per fare procurement verso i suoi fornitori; esempi lampanti sono AutoXchange di
Ford, Trade Xchange di GM, IstarXchange di Toyota. Molti di essi hanno saputo cogliere i
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vantaggi che un mercato pubblico offre rispetto ad uno privato, e si sono aggregati; per
esempio, Covisint è stato promosso dalle tre grandi case americane, che già avevano dei
marketplace proprietari. Un e-market pubblico è caratterizzato da standard universali,
partecipazione aperta, tool comuni, investimenti condivisi. Inoltre, con l’unione di più entità è
possibile sfruttare al meglio le economie di scala, si hanno prezzi d’acquisto minori e minori
costi di transazione grazie alla liquidità istantanea.
Ma un enorme vantaggio deriva anche dalla riunione delle esperienze complementari, per
offrire un servizio unico. Infatti, i marketplace più promettenti del settore automobilistico non
si occupano solo dell’attività di procurement, ma hanno focalizzato la loro attenzione sulla
Supply Chain Management e sull’e-development.
La SCM integra tutte le attività associate al flusso e alla trasformazione di beni, a partire dai
materiali diretti fino al prodotto finito da consegnare al cliente. L’e-development, invece,
fornisce strumenti software per facilitare la progettazione collaborativi tra un’azienda e i suoi
fornitori nei processi innovativi.
Queste ultime caratteristiche stanno diventando attrattive fondamentali per il successo di un
marketplace; infatti, la sola caratteristica di luogo d’incontro virtuale per buyer e seller non è
sufficiente per garantire la loro permanenza all’interni dell’e-market.
Essi potrebbero incontrarsi e poi continuare i loro business al di fuori del marketplace; le
attrattive utili per catturare clienti sono rappresentate da servizi a valore aggiunto, quali
appunto la gestione della filiera ed attività di co-progettazione.
7. VMP: pochi esempi nell’aftermarket: Gli esempi di marketplace nel settore
automobilistico riguardano soprattutto il primo impianto, come Covisint, SupplyOn ed i
marketplace privati delle varie case auto.
Solo nel 2000, c’è stato l’annuncio di CarStation, che lega i concessionari auto agli
autoriparatori indipendenti, mentre il progetto OE Connection è ancora in fase di Beta Test.
Anche l’iniziativa di Cobalt Group è da annoverare tra queste, nonostante comprenda sia la
vendita di auto che di ricambi, coinvolgendo anche il consumatore finale.
Nonostante la creazione di Covisint per il primo equipaggiamento, la GM, DC e Ford hanno
deciso di entrare nell’aftermarket solo dopo aver constatato che il progetto CarStation fosse
vincente. Effettivamente, l’aftermarket è un mercato molto ricco, ma anche molto
frammentato e chiuso, e ciò comporta notevoli rischi; per questo, quando CarStation ha
chiesto alle tre case di fornire i codici e i prezzi dei loro ricambi, esse si sono rifiutate.
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Probabilmente, sarà nata in quel periodo l’idea di entrare nel mercato dei ricambi; quindi, era
necessario bloccare un potenziale rivale molto pericoloso. IL loro progetto OE Connection è
ancora in fase di Beta Test, mentre CarStation continua a concludere grandi affari. Purtroppo,
da questa controversia tra CarStation e le tre case è nata una causa legale, per la quale si
pronuncerà a breve la Corte Federale in materia di concorrenza.
Nel frattempo, molti distributori vicini a Ford, GM e DC sono bloccati, in attesa di conoscere
il responso legale.
Il fatto che i marketplace relativi all’aftermarket hanno tardato molto ad essere presentati
deriva soprattutto dalla grande influenza e dall’enorme potere che le case auto possono ancora
esercitare.
Il marketplace OE Connection non è stato proposto a caso; esso cercherà di fare aumentare le
vendite online dei ricambi originali, a scapito di quelli non originali, sottraendo una buona
quota di mercato ai produttori.
Dietro l’iniziativa vincente CarStation, invece, non c’è una casa costruttrice; il fatto che
questo progetto abbia cominciato a dominare il mercato ondine, non è piaciuto molto alle tre
grandi di Detroit, che probabilmente si sono sentite sopraffatte.
Inoltre, nella fornitura dei ricambi CarStation non specifica se essi debbano essere originali o
meno, allargando la gamma offerta; il suo compito è semplicemente quello di consegnare
l’esatto ricambio richiesto in un tempo molto breve.
La speranza è che nel prossimo futuro ci siano altre iniziative indipendenti nel settore ricambi,
supportate e mai ostacolate dalle case costruttrici.
8. Extranet come supporto ai processi transazionali: La tecnologia extranet funge da
supporto alle relazioni di un’impresa con i suoi trading partner e con i consumatori; essa
connette varie organizzazioni in un contesto basato sulla reciproca fiducia per il
conseguimento di obiettivi di carattere commerciale. Inoltre, permette di estendere l’impresa
fino ad includere i partner strategici, i fornitori, i distributori, che operano al di fuori delle
mura fisiche dell’azienda, ma svolgono un ruolo critico per il successo del business.
La extranet più completa nell’ambito del settore ricambi auto in Italia è quella del Gruppo
Rhiag, il più grande distributore di ricambi auto in Italia, con 300 milioni di euro di vendite
consolidate nel 2000.
La sua extranet non è soltanto promozionale, ma offre servizi di assistenza e di commerce, ha
numerosi studi di settore, mentre manca di un’area di community, dove i clienti possano
incontrarsi virtualmente per discutere, e di eventuali link verso l’esterno, indirizzati a siti
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correlati. E’ possibile acquistare ricambi online da parte di un cliente Rhiag, che abbia
sottoscritto un contratto ed ottenuto la user id e la password di accesso.
Inoltre, il cliente può usufruire di una serie di servizi, che vanno dalla possibilità di effettuare
ordini, alla verifica delle condizioni d’acquisto e della disponibilità di un prodotto, al
controllo dello stato di avanzamento dell’ordine.
9. Extranet: limitato supporto ai processi collaborativi: Dall’analisi delle extranet lungo la
filiera dei ricambi auto in Italia, è emerso che esistono ben poche extranet di autoriparatori e
ricambisti e che quelle esistenti hanno prevalentemente scopo promozionale.
Le extranet dovrebbero seguire una linea evolutiva che conduce al supporto dei processi
collaborativi; attualmente, questa visione di e-commerce è ancora lontana, a causa dei limiti
culturali del settore ricambi auto, che è poco propenso allo scambio delle informazioni.
Questo processo collaborativo consentirebbe di gestire in modo completamente diverso la
catena delle forniture, in quanto sarebbe possibile lo scambio in tempo reale dei dati relativi
alla produzione, alla gestione del magazzino e alla vendita. I fornitori si baserebbero
direttamente sugli ordini, anzicchè ricostituire le scorte di magazzino in base alle previsioni di
vendita.
In Italia solo il 10% delle aziende connesse alla rete è dotata di una Intranet ed una
percentuale ancora inferiore di una extranet; lo scetticismo che influenza l’utilizzo di una
extranet a fini transazionali e ancora di più per fini collaborativi, dipende molto dalle
difficoltà incontrate nell’integrazione del sito web con il sistema informativo-gestionale
esistente in azienda.
Altre cause decisive sono la mancanza di un deciso impegno da parte del top management, la
mancanza di fiducia nella rete, la percezione di un rischio imprenditoriale giudicato eccessivo
e la scarsa fiducia nei sistemi di pagamento online.