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INTRODUZIONE
Il presente lavoro si pone come obiettivo quello di analizzare un fenomeno molto
particolare dei mercati azionari: gli effetti - o anomalie - di calendario, pattern
ricorrenti nelle variazioni dei prezzi azionari che hanno luogo in determinate fasi di
una settimana, di un mese o di un anno.
Il capitolo 1, dopo aver descritto il percorso che ha portato alla formulazione
dell’ipotesi dei mercati efficienti e della teoria della passeggiata casuale (random
walk) dei prezzi azionari, ne evidenzierà i principali limiti.
Si tratteranno quindi sia le critiche alla teoria mosse dagli analisti tecnici che quelle
mosse dal mondo accademico (come il P/E Effect o lo Smal Firm Effect).
Infine, si guarderà anche alle nuove critiche emerse in seguito allo svilupparsi della
crisi economica e finanziaria attualmente in corso.
Il capitolo 2 tratterà invece più dettagliatamente il tema centrale del lavoro. Sarà
infatti analizzata la vasta letteratura scientifica in merito agli effetti di calendario e si
commenteranno gli studi relativi sia agli effetti più rilevanti, sia a quelli più curiosi.
Un’appendice riporterà poi l’opinione in merito di un esperto trader italiano.
Nel corso del capitolo 3, si riporteranno quindi le evidenze emerse da una serie di
studi empirici sul mercato azionario italiano tra il 1992 e il 2011, volti a verificare la
presenza delle principali anomalie di calendario.
Il quarto capitolo approfondirà infine gli argomenti dei primi tre andando ad
analizzare le dimensioni sociali dei mercati finanziari e degli effetti di calendario.
Si tenterà quindi di comprendere le cause delle anomalie, ponendo l’accento
sull’importante ruolo giocato dalle questioni sociologiche e psicologiche nella loro
formazione.
Infine, si trarranno le conclusioni delle varie analisi effettuate mostrando, da un lato,
la portata delle anomalie, dall’altro l’importanza di adottare un approccio
multidisciplinare per ottenere una completa comprensione del fenomeno.
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1. 1 Le funzioni svolte dai mercati finanziari
Come noto ad ogni professionista o studioso del settore, il concetto di efficienza è
centrale in finanza.
Per capire perché, basta semplicemente pensare alle molteplici funzioni svolte dai
mercati finanziari:
– Finanziamento degli investimenti, tramite un trasferimento di risorse da
settori o soggetti in surplus a settori o soggetti in deficit.
– Pricing dei titoli, ossia la determinazione in via più o meno continuativa di un
prezzo.
– Negoziabilità e liquidità degli investimenti: funzione riassumibile nella
possibilità offerta agli investitori di uscire “agevolmente” da un
investimento precedentemente intrapreso.
– Efficienza dell'impresa, allocazione della proprietà e trasferimento del
controllo delle società per azioni (tramite Offerte Pubbliche di
Acquisto); questa funzione è svolta sia indirettamente, attraverso la
determinazione del prezzo dei titoli, sia direttamente, nella misura in
cui è consentita l'acquisizione del controllo da parte dei soggetti che si
ritengano più efficienti.
– Gestione del rischio; quest'ultima funzione è garantita permettendo ai singoli
investitori la diversificazione del loro portafoglio (e la disponibilità
degli strumenti finanziari più adatti alle singole e particolari
esigenze di risk-management).
La capacità di un mercato finanziario di svolgere le sue funzioni dipende dunque in
maniera rilevante dalle condizioni di efficienza che lo caratterizzano.
E' necessario quindi definire prima di tutto cosa s’intende di preciso quando si parla
di efficienza.
Sul concetto di efficienza si è infatti comprensibilmente sviluppato nel corso dei
decenni un acceso dibattito.
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1.2 Il concetto di efficienza nei mercati finanziari e la
EMH (Efficient Market Hypothesis)
Sebbene in origine il termine efficienza sia stato semplicemente usato per descrivere
un mercato nel quale le informazioni rilevanti sono contenute nei prezzi degli asset
(e nonostante questo concetto sia tuttora quello maggiormente utilizzato, nonché
quello più interessante) è più corretto, agevole e preciso fare riferimento alla
classificazione proposta da Tobin (1984), che ha distinto quattro possibili definizioni
del concetto di efficienza:
– Efficienza informativa: si ha nel momento in cui i prezzi dei titoli riflettono
in ogni istante tutte le informazioni disponibili.
– Efficienza valutativa: si ha quando le quotazioni riflettono esattamente il
valore dell'impresa determinato in base ai cosiddetti fondamentali,
come i dati contenuti nel bilancio o, ad esempio, le valutazioni
relative all'utilizzo più o meno efficace delle risorse.
– Efficienza di completezza, o di totale assicurazione, che si ha nel momento in
cui vi sia la possibilità di realizzare scambi a tutte le scadenze ed in
qualunque circostanza futura.
– Efficienza funzionale: intesa come il contributo che il mercato finanziario dà
all'economia nel suo complesso, ossia la capacità di fare incontrare
domanda e offerta.
A queste definizioni, si possono ulteriormente aggiungere quella di efficienza
tecnico-operativa e quella di efficienza allocativa.
Con efficienza tecnico-operativa (o, semplicemente, tecnica) si intende la capacità di
un mercato di avere bassi costi di transazione; si considera in pratica l'insieme delle
organizzazioni e delle procedure attraverso le quali il mercato svolge le sue funzioni,
razionalizzando la propria struttura dei costi.
Con efficienza allocativa (o di ottimo paretiano) si considera invece, con specifico
riferimento ai mercati finanziari, un concetto economico generale, quello appunto
dell'efficienza paretiana.
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Nelle analisi teoriche e nelle ricerche empiriche è storicamente prevalso un ordine
logico-temporale di questo tipo: i primi studi hanno analizzato ampiamente
l'efficienza informativa e valutativa, mentre l'interesse degli studiosi si è solo
successivamente rivolto anche agli altri concetti di efficienza appena elencati.
In particolare per l'efficienza tecnico-operativa si è registrato un recente interesse per
gli aspetti di regolamentazione e di relativa evoluzione dei mercati.
In quanto, come detto, derivato dalla teoria economica, va invece considerato
separatamente il concetto di efficienza allocativa.
Pur deviando dall'ordine di presentazione dei concetti di efficienza sopra esposto, si
partirà per questo motivo da una spiegazione di quest'ultimo concetto di efficienza,
più generale rispetto a quelli che seguiranno.
1.2.1 Efficienza allocativa
Si parla di efficienza allocativa, in relazione al trasferimento delle risorse finanziarie
dai soggetti in surplus ai soggetti in deficit, quando la produttività marginale del
capitale è la stessa per tutte le forme di investimento.
In particolare, l’efficienza allocativa si realizzerebbe se tutti gli operatori
(finanziatori ed investitori) agissero in maniera razionale, ricercando le opportunità
di investimento/finanziamento che consentano di massimizzare la loro utilità attesa.
Si ha dunque un ottimo paretiano quando non è possibile alcuna riorganizzazione
della produzione che migliori le condizioni di tutti.
In tale situazione, l'utilità di una persona può essere aumentata soltanto da una
diminuzione dell'utilità di qualcun altro; vale a dire che nessuna persona può
migliorare la propria condizione senza che qualcun’altro peggiori la sua.
La condizione di partenza per un mercato efficiente in senso paretiano è la
concorrenza pura.
Un mercato concorrenziale rifletterà nei prezzi dei beni la loro scarsità in natura
secondo il principio della domanda e dell'offerta. Se il bene è scarso, e quindi la
domanda è superiore all'offerta, il prezzo sarà elevato, e viceversa.
Tale sistema permetterà un'efficienza completa perché metterà i beni in mano a
coloro che sono disposti a pagarli di più, e quindi a saperli sfruttare meglio.
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Un mercato orientato in modo pareto-efficiente, e quindi concorrenziale, possiede tre
caratteristiche salienti: l'efficienza della produzione, l'efficienza nello scambio e
l'efficienza nella composizione del prodotto.
In altre parole, l'efficienza allocativa è la capacità dei mercati di indirizzare le risorse
verso gli investimenti “migliori”.
Si è detto, tuttavia, che è in particolare con riferimento ai concetti di efficienza
valutativa e (ancora di più) informativa che si sono sviluppati nel corso dei decenni i
maggiori dibattiti in merito, nonché le principali analisi e teorie.
Tali concetti meritano dunque maggiori approfondimenti.
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1.2.2 Efficienza valutativa
Si parla di efficienza valutativa quando le informazioni disponibili sono impiegate
correttamente per determinare il valore d'impresa.
Si tratta di un concetto di efficienza da osservare sotto il profilo dell'analisi
fondamentale: affinché ci sia efficienza valutativa, i prezzi forniti dal mercato
devono essere basati su aspettative, formulate razionalmente, dei futuri pagamenti a
cui i titoli danno diritto.
Tutto ciò implica dunque la verifica dell'effettiva capacità del mercato di stimare
correttamente il valore delle imprese, utilizzando tutte le informazioni prospettiche
su tale valore e trasferendole nei prezzi attraverso un opportuno tasso di sconto.
I modelli utilizzati al fine di determinare l'ipotetico valore d'impresa da confrontare
con il prezzo di mercato, si riferiscono in buona parte alla nota formula dei dividendi
in crescita costante (o comunque a formulazioni più dettagliate del medesimo
modello):
dove:
P
0
: prezzo del titolo
D
1
: dividendo atteso il primo anno sulla base dell'analisi fondamentale.
r: tasso di sconto.
g: tasso di crescita (costante) del dividendo D
1
a cui dà diritto l'azione negli anni
successivi al primo.