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produrre vari tipi di linfochine: alcune di queste possono
causare arrossamenti e aumenti di temperatura del tessuto
interessato, attraverso la dilatazione dei piccoli vasi sanguigni e
il conseguente maggior afflusso di sangue, altre linfochine,
invece, rendono permeabili i vasi, di modo che, cellule del
sangue e plasma, riversandosi nel tessuto circostante,
provocano gonfiore e dolore. Un esempio è quello di una
dermatite allergica da contatto, sviluppatasi a seguito del
contatto con profumi, detersivi e oggetti vari normalmente
innocui;
- 2) ipersensibilità immediata (o risposta anafilattica): in altri
casi la sostanza innocua stimola i linfociti B alla produzione di
plasmacellule che secernono anticorpi. Abbiamo così una
violenta reazione allergica che si manifesta entro brevissimo
tempo (anche pochi secondi) dal contatto con l’antigene.
Il meccanismo che in tutti questi casi non funziona adeguatamente
è quello del preciso riconoscimento dell’agente patogeno tra i
milioni di molecole estranee che sono continuamente assunte,
nell’organismo, dall’esterno attraverso ad es. l’aria o il cibo.
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Caratteristiche comuni delle allergopatie
Le sindromi allergiche, pur costituendo un gruppo assai
eterogeneo di affezioni, presentano alcune carateristiche comuni:
1. deviazione dalla norma: la sostanza allergenica interessata
deve essere innocua per i soggetti normali;
2. specificità: la reazione allergica deve essere prodotta
esclusivamente dall’allergene interessato o almeno da elementi
con struttura chimica correlata;
3. indipendenza dalla dose dell’allergene: il soggetto sviluppa
manifestazioni allergiche verso un allergene indipendentemente
dalla dose con cui viene a contatto;
4. accessionalità: le manifestazioni cliniche si presentano solo in
seguito ad esposizione all’allergene specifico, mentre
l’interruzione dell’esposizione provoca la scomparsa della
sintomatologia;
5. costante modalità di insorgenza: la sintomatologia si
presentain maniera costante per ogni allergene interessato;
6. dimostrabilità di reazioni immunitarie specifiche, umorali o
cellulari, verso l’allergene responsabile;
7. efficacia della terapia specifica (Errigo, 1990).
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“Dietro” le allergie: fattori scatenanti
E’ stato ipotizzato (Buisseret, 1982) che alla base della reazione
allergica vi sia un’alterazione nella funzione di controllo di
alcuni linfociti T: o dei T helper, che, in condizioni normali
stimolano le cellule B alla produzione di anticorpi solo quando ciò
è richiesto da un antigene realmente dannoso, o dei T suppressor
che intervengono inibendo la produzione di anticorpi, quando non
è necessaria.
Le molecole anticorpali si dividono in cinque classi di
Immunoglobuline ognuna delle quali svolge uno specifico ruolo
nella difesa dell’organismo.
Le reazioni immunitarie anomale alla base delle allergie utilizzano
meccanismi differenti che descriviamo, anticipandone il
coinvolgimento nelle patologie cutanee di natura allergica, di cui
ci occupiamo:
- reazioni IgE mediate (o di tipo I) o di tipo reaginico,
responsabili di varie affezioni cutanee (es. orticaria a
patogenesi immunologica, sindrome orticaria-angioedema e
in parte nelle dermatiti atopiche); tra i mediatori coinvolti vi
è l’istamina, uno dei fattori causanti i processi infiammatori;
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- reazioni non IgE mediate, le quali si suddividono
ulteriormente in:
- reazioni di tipo simil-reaginico con meccanismo analogo a
quelle del primo gruppo;
- reazioni citolitiche o citotossiche (di tipo II) che vedono in
azione il complemento –un sistema enzimatico complesso -
(angioedema ereditario ed acquisito);
- reazioni da immunocomplessi (di tipo III);
- reazioni cellulo-mediate (di tipo IV): tra loro troviamo le
dermatiti allergiche da contatto.
E’ da tenere presente che nella realtà meccanismi diversi possono
essere alla base di una stessa sindrome clinica magari prodotta da
differenti allergeni, mentre, al contrario, uno stesso allergene può,
secondo le modalità di esposizione del soggetto, generare diverse
reazioni immunitarie e differenti manifestazioni cliniche (Errigo,
1990).
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Le Immunoglobuline-E
Le IgE, benché presenti in numero notevolmente ridotto
nell’organismo svolgono un ruolo fondamentale nelle reazioni
allergiche in quanto mediano l’ipersensibilità immediata.
L’organismo allergico produce contro l’allergene anticorpi
preferibilmente della classe delle IgE (per motivi ad oggi
sconosciuti); esse sono specifiche in quanto sono prodotte come
risposta ad una specifica proteina ad es. del latte o delle uova, dei
frutti di mare o dei peli di un gatto.
Le IgE inducono all’azione le mastcellule, cellule del tessuto
connettivo presenti tra l’altro nella pelle, negli organi linfoidi,
nelle membrane di occhi, naso e bocca, nell’apparato respiratorio e
nell’intestino; esse producono al loro interno dei granuli o
vescicole nei quali sono presenti i mediatori chimici della risposta
allergica. La loro superficie è rivestita di numerosi recettori per le
IgE. Al primo contatto con l’antigene “innocuo” le molecole IgE
specifiche sintetizzate in risposta al legame raggiungono
direttamente attraverso il circolo sanguigno le mastcellule del
connettivo e si uniscono ai recettori. La reazione allergica
s’innesca al secondo contatto con l’antigene che adesso si dirige
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immediatamente verso le molecole anticorpali IgE sulle
mastcellule e si lega ad esse; le mastcellule liberano i granuli
che, raggiungendo la superficie della stesse riversano i mediatori
chimici prodotti nel tessuto circostante.
Esistono inoltre altri mediatori biologici sintetizzati in vari tipi di
globuli bianchi quali le prostaglandine e i leucotrieni. Essi nella
reazione allergica si uniscono ai mediatori liberati dalle
mastcellule e danno origine nel caso specifico delle allergie della
pelle alla stimolazione delle terminazioni nervose, da cui risulta
dolore e prurito (Buisseret, 1982).
Una ricerca italiana: i linfociti T-helper
Un ulteriore meccanismo utile per la comprensione del fenomeno
allergico e per la sua prevenzione è stato messo in luce
recentemente da una ricerca italiana (condotta da un gruppo di
ricercatori guidati dal Dott. F. Singaglia del Centro Ricerche
Roche presso l’Ospedale S. Raffaele di Milano), che, seppur
centrata sullo studio delle malattie autoimmuni ha indirettamente
apportato dei chiarimenti sui possibili meccanismi della reazione
allergica (Ferrieri, 1997). Sono stati indagati i differenti ruoli
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svolti dai due sottogruppi dei linfociti T helper : i Th1 e i Th2 che
si formano a seguito di differenti messaggi provenienti da altre
cellule.
Essi possono essere considerati come estremi di un continuum di
cellule T intermedie (Janeway C.A. Jr., 1997).
Le Th1 producono soprattutto citochine infiammatorie; esse sono
messaggeri chimici dedicati a trasportare messaggi da cellula a
cellula (interferone gamma, fattore di necrosi tumorale e
interleuchina 2).
Le Th2 producono invece differenti interleuchine, che sono gli
ormoni del sistema immunitario (IL4, IL5, IL6, etc.)
Attraverso diversi mediatori i Th1 promuovono soprattutto
l’immunità dipendente da fagociti (i. cellulare), mentre le Th2
attivano, tra l’altro, sistemi di difesa contro parassiti complessi e
hanno una parte importante nell’ipersensibilità collegata
all’immunità umorale, stimolando il sistema alla produzione di
anticorpi.
Il risultato di questa ricerca ha portato innanzi tutto al riscontro
che mentre nelle malattie autoimmuni esiste un eccesso di Th1,
nelle malattie allergiche prevalgono i linfociti Th2.
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E’ stata poi individuata (Ferrieri, 1997) -e questo è il fattore forse
più importante- una proteina chiave per la differenziazione dei
linfociti Th1 e Th2, denominata IL 12 R: quando essa è attivata
induce la produzione di Th1, se è bloccata stimola la produzione
di Th2.
Infezioni e atopia
I risultati della precedente ricerca risultano coerenti con alcune
osservazioni (Strachan, 1989; Matricardi e altri, 1997)
sull’incremento dell’atopia – compreso l’eczema atopico – dovuto
ad una minore esposizione nella prima infanzia alle infezioni. A
sua volta questa minore esposizione alle infezioni sarebbe una
conseguenza delle migliori condizioni igieniche, della riduzione
del numero globale dei membri conviventi in ogni famiglia, in
particolare del numero di fratelli e sorelle, considerati i primi
veicoli di trasmissione delle malattie nell’infanzia.
Altri studi (Strachan, 1997) hanno confermato che la grandezza
delle famiglie e l’ordine di nascita in particolare sono associati con
le atopie.
E’ stato ipotizzato (Romagnani, 1992) che il meccanismo
attraverso il quale le precoci infezioni da virus e batteri
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prevengono la sensibilizzazione all’atopia possa essere la
preferenziale induzione di citochine del tipo Th-1. Tali effetti
sono comunque collegati alla dose infettiva e all’età in cui è stata
contratta l’infezione.
Dati epidemiologici
Il fenomeno allergico è in continuo aumento in relazione alle
massicce modificazioni ambientali verificatesi negli ultimi anni; si
è moltiplicato inoltre il numero delle sostanze allergeniche, molte
delle quali sono prodotti di sintesi, (additivi alimentari, fibre
sintetiche, farmaci, sostanze inquinanti presenti nell’aria, etc.) ed è
infine aumentata la frequenza di esposizione agli allergeni. Vi è
stato poi un aumento di alcuni dei cd. fattori predisponenti ( ad es.
quadri morbosi vari che interessano le vie aeree causati da
sostanze inquinanti oppure la sempre maggiore assunzione di
farmaci ).
La più alta frequenza di allergopatie riguarda le nazioni più
civilizzate: negli Stati Uniti, nel corso di ca. 50 anni, vi è stato un
aumento della popolazione con manifestazioni allergiche di
differente gravità, intorno al 15% - 30% .Al contrario nelle nazioni
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in via di sviluppo vi è una frequenza di allergopatie molto più
bassa.
Per quanto riguarda l’Italia dalle indagini- iniziate solo
nell’ultimo decennio- è emerso che il 10% – 15% circa della
popolazione presenta manifestazioni allergiche di diversa entità
clinica ( Errigo, 1990 ).
Le sindromi allergiche possono insorgere a qualsiasi età, anche se
le manifestazioni cutanee, in particolare quelle dovute ad
allergeni alimentari, sono più frequenti nel 1° e nel 2° anno di
età. Fino al 15° anno di età vi è inoltre una prevalenza delle
allergopatie nel sesso maschile, in età successiva nel sesso
femminile.
Fattori predisponenti
A – Fattori genetici
Si ritiene accertata l’influenza di fattori genetici: oltre il 50% degli
allergopatici presenta un’anamnesi positiva per sindromi
allergiche: nei discendenti, inoltre, la sindrome allergica tende a
manifestarsi più precocemente ( Errigo, 1990 ).
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Tuttavia il ruolo di tali fattori e i meccanismi attraverso cui si
eredita la predisposizione all’allergia non sono ancora del tutto
chiari. Alcuni autori infatti parlano di un unico gene responsabile,
altri di una trasmissione poligenica (combinazione di più geni ).
Un’importante evidenza è che nell’allergia esiste un divario tra
ereditarietà dei geni e loro espressione: per es. due persone
entrambe con il/i geni determinanti l’allergia possono, pur vivendo
in ambienti simili, presentare, uno, i sintomi clinici dell’allergia e
l’altro no: l’allergia infatti mostra un’espressione genetica
variabile, definita anche come “penetranza incompleta”.
Uno studio effettuato in Svezia su coppie di gemelli indica che
circa il 18% della popolazione porta il/i geni dell’allergia e che la
penetranza è del 40% ca.: meno della metà delle persone
geneticamente allergiche mostrerebbero i segni clinici dell’allergia
(Buisseret, 1982).
Negli U.S.A. un altro studio ha dimostrato che per una coppia di
genitori allergici la probabilità di avere un figlio allergico era del
58%; quando un solo genitore era allergico la percentuale
scendeva al 38%, quando non lo era nessuno dei due, il rischio
scendeva ulteriormente al 12,5% ( Buisseret, 1982 ).
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L’effetto genetico risulta particolarmente evidente sulla
regolazione dei livelli sierici di IgE, sull’instabilità mastocitaria e
sulla capacità dei mastociti e dei basofili di liberare mediatori.
L’iperproduzione, nei soggetti atopici, di IgE potrebbe venire
correlata o ad un’elevata percentuale di linfociti T i quali
producono IL-4 ed altre linfochine che a loro volta favoriscono la
proliferazione di IgE oppure, al contrario, ad una minore
percentuale di linfociti T capaci di produrre IFN-gamma ed altre
sostanze inibitrici della sintesi di IgE. Infine secondo un’ipotesi
già menzionata un difetto dei linfociti T-suppressor antigene
specifici, nei soggetti atopici, faciliterebbe l’espansione dei
linfociti T specifici per gli allergeni. (Errigo, 1990 )
Alcune ricerche danesi (Olesen e altri, 1997) su coorti di bambini
seguiti fin dalla nascita hanno messo in evidenza un maggiore
rischio di dermatite atopica nell’infanzia per i bambini nati con un
peso oltre la media ( 500 gr. e più) e per quelli nati oltre termine.
Questi risultati sono in armonia con un precedente studio su adulti
(Godfrey e altri, 1994) che ha trovato un’associazione tra più alto
peso alla nascita, nascita oltre termine ed elevata concentrazione di
IgE totali nel siero, segno di atopia.
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Nella stessa ricerca è emerso tuttavia che una più larga
circonferenza della testa alla nascita (relativamente ad un dato
peso) sarebbe l’elemento maggiormente predittivo di elevati livelli
sierici di IgE nell’adulto.
Una più larga circonferenza della testa -per un dato peso alla
nascita- indicherebbe un modello di crescita fetale sproporzionato,
conseguenza di una sottonutrizione nella tarda gestazione in un
feto con una traiettoria di crescita veloce. Ciò potrebbe condurre a
dei danni nella crescita del tronco e del timo, in particolare una
riduzione del peso del timo, che potrebbe alterare la bilancia tra le
popolazioni di cellule Th-1 e Th-2, a favore dei linfociti Th-2
(Godfrey e altri, 1994).
B – Fattori ambientali
Fattore predisponente alla comparsa di allergopatie è sicuramente
l’esposizione protratta ad elevate concentrazioni di sostanze
allergizzanti o irritanti. Ricordiamo in proposito l’inquinamento
atmosferico, la nebbia e lo smog, il fumo di tabacco, le sostanze
irritanti presenti negli ambienti lavorativi: agenti chimici, sostanze
biologiche e fibre tessili.
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I fattori ambientali possono inoltre condizionare il tipo di
sensibilizzazione e l’interessamento di uno specifico organo: ad
es. recenti studi hanno dimostrato una maggiore frequenza della
pollinosi nei soggetti nati in primavera, durante la quale (stagione)
la concentrazione di pollini è particolarmente elevata, il che
dimostra l’importanza della precocità dell’esposizione agli
allergeni per lo sviluppo di un’ipersensibilità.
La dermatite atopica – una delle allergie cutanee più diffuse –
presenta fluttuazioni climatiche in relazione al cambiamento
delle stagioni (Errigo, 1990).
Un ulteriore fattore ambientale sembra essere il modo in cui un
neonato viene allattato: al seno o artificialmente. Nel primo caso
sono minori anche le probabilità di sviluppare allergie.
Nel 1970 Walker-Smith J. del Queen E.H. for Children di Londra
dimostrò che le infezioni gastrointestinali dei neonati sono in
qualche modo correlate direttamente al successivo sviluppo di
malattie allergiche (Buisseret, 1982).
P.D. Buisseret, nel 1976, ha studiato la storia della nutrizione in
età neonatale e la predisposizione genetica all’allergia di 72
bambini dai cinque anni in su, allergici al latte di vacca. Il gruppo
più ampio (60% dei bambini) aveva almeno un genitore allergico