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nuove configurazioni che comportano il superamento dei
vantaggi tradizionali precedentemente acquisiti sul
mercato.
™ Sono gli anni dell ipercompetizione.
Essa Ł definita da D Aveni come un ambiente
caratterizzato da azioni competitive intense e veloci,
in cui i concorrenti devono muoversi rapidamente per
costruire i propri vantaggi e per intaccare quelli
degli avversari .
Le aziende che operano in un ambiente con tali
caratteristiche hanno la consapevolezza che nessun
vantaggio pu essere mantenuto per lungo tempo. Di
conseguenza attivano processi destinati alla continua
produzione di nuovi vantaggi e alla distruzione,
all obsolescenza o alla neutralizzazione di quelli
degli avversari, creando uno squilibrio e sconvolgendo
lo status quo del mercato.
L ipercompetizione richiede di abbandonare le
tradizionali concezioni che vedono la strategia rivolta
alla creazione del vantaggio e al mantenimento dello
stesso, per accogliere un nuovo indirizzo strategico,
maggiormente dinamico, basato sulla distruzione del
vantaggio dell avversario.
Ne deriva una totale ridefinizione delle logiche
tradizionali della concorrenza tra le imprese e si
impone alle stesse l adozione di nuove regole per
affrontare la concorrenza dinamica.
L Information Tecnology e la globalizzazione dei
mercati hanno creato nuovi metodi di combinazione delle
attivit dando vita a nuove opportunit per la
creazione del valore. Si tratta di modalit basate
sull interazione tra una molteplicit di partner e
trapiantate dal settore terziario.
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™ Sono modalit che caratterizzano l economia neo-
industriale, meglio definita come economia dei
sevizi.
Per economia neo-industriale s intende un economia che
Ł pur sempre caratterizzata dalla prevalenza
dell attivit industriale, ma che ricorre in misura
sempre piø ampia ai servizi; ma si intende soprattutto
un economia che Ł connotata da logiche innovative di
co-produzione del valore.
La logica di co-produzione implica un ripensamento del
processo di creazione del valore, tipicamente ancorato
al concetto di catena del valore introdotto da
Michael Porter.
L impostazione porteriana riflette un processo di
creazione del valore connotato da linearit ,
sequenzialit e unidirezionalit . Oggi invece esso si
presenta simultaneo ed interattivo. Un immagine che
meglio riflette tale processo Ł la costellazione del
valore sviluppata da Normann e Ramirez.
In un ambiente competitivo come quello attuale
caratterizzato da competizione globale, elevata
complessit , flessibilit e innovazione, la strategia
non Ł una questione di posizionamento di un set fisso
d attivit lungo una catena del valore. Sempre piø,
aziende di successo non aggiungono valore (logica della
catena ) ma lo reinventano. Il focus dell analisi
strategica non Ł piø la singola impresa o il settore,
ma il sistema di creazione del valore, nel quale
diversi attori economici, fornitori partner,
consumatori lavorano insieme per co-produrre valore. Il
compito strategico chiave di un impresa Ł la
riconfigurazione dei ruoli e delle relazioni in questa
costellazione di attori, al fine mobilitare la
creazione del valore in nuove forme e con nuovi
players.
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L evoluzione del contesto ha generato una riflessione
critica su quali siano le fonti del vantaggio
competitivo in presenza di una tale complessit
ambientale.
Fino agli anni 90 le fonti del vantaggio competitivo
erano da ricercare nella condizione del contesto
settoriale e nel posizionamento dell impresa rispetto
ai concorrenti.
Oggi si sta diffondendo una maggiore attenzione sugli
aspetti interni al fine di una migliore comprensione
delle determinanti del vantaggio competitivo. In questo
senso la Resource Based Theory of the firm (RBT)
ricollega il vantaggio competitivo a rendite che
afferiscono all impresa in virtø di una maggiore
efficienza rispetto ai concorrenti.
Infatti il successo non dipende soltanto dal modo in
cui l impresa si pone nei confronti del mercato e dei
concorrenti ma anche dalla disponibilit di competenze
specifiche. Si tratta di competenze distintive (core
competence), di abilit chiave di cui un impresa si
serve per realizzare i suoi obiettivi e che i
concorrenti che non ne dispongono avrebbero difficolt
a procurarsi in tempi brevi ed a costi accettabili.
La RBT identifica, quindi, nelle risorse dell impresa
la principale determinante del vantaggio competitivo, e
nella non perfetta mobilit e imitabilit di tali
risorse gli elementi che permettono la sostenibilit
dello stesso.
Oggi, per , il concetto di sostenibilit Ł stato messo
in discussione dalla dinamica competitiva.
Il vantaggio competitivo non Ł piø funzione di
generiche risorse strategiche, ma di specifiche
competenze organizzative, e soprattutto della capacit
di adattarle velocemente alle mutate condizioni
competitive.
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Si afferma il concetto di capacit dinamiche per
evidenziare le abilit di riconfigurare, riorentare,
trasformare e integrare le competenze chiave esistenti
nell impresa e i beni complementari esterni
all organizzazione per fronteggiare la sfida di una
competizione e imitazione di tipo schumpteriano (basata
cioŁ sull innovazione continua).
In situazioni di elevata complessit e turbolenza
ambientale diventa cruciale un unica risorsa: la
conoscenza.
La creazione di nuova conoscenza sta diventando una
priorit manageriale. Nuova conoscenza fornisce la base
per il rinnovamento organizzativo e per un vantaggio
competitivo sostenibile. L incapacit di creare
conoscenza e di governarla come risorsa critica pu
dare ragione del declino delle performance di molti
stabilimenti industriali.
In un numero crescente di settori, le aziende piø
competitive giungono al successo sviluppando,
migliorando, proteggendo e rinnovando la conoscenza, e
sollecitando il mercato con un flusso di prodotti e
servizi rapidamente e continuamente migliorato.
™ Sono gli anni della societ della conoscenza.
Oggi la conoscenza Ł il prodotto per la maggior parte
delle aziende. La conoscenza viene sempre piø vista
come una ricchezza aziendale vera e propria, e compito
delle organizzazioni diventa quello di creare metodi
razionali per identificare e convertire le esperienze,
le specialit e le abilit individuali in risorse
dell organizzazione stessa.
Si afferma il concetto di learnig organization per
indicare un organizzazione che facilita l apprendimento
di tutti i suoi membri ed Ł capace di trasformarsi
continuamente al mutare del contesto ambientale.
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La conoscenza, di per sØ, riveste un limitato interesse
per l azienda: l interesse si concretizza se la
conoscenza Ł affiancata dalla capacit per integrarla e
per utilizzarla in modo finalizzato. In questo contesto
diventano determinanti due fattori: la conoscenza delle
singole persone e la capacit delle aziende di mettere
in moto i meccanismi piø adatti per sviluppare e
utilizzare tale capacit a livello individuale e a
livello organizzativo.
Un esempio emblematico e particolarmente significativo
a tal fine Ł rappresentato dal modello di
organizzazione della produzione tipico delle imprese
giapponesi.
Tali imprese operano in un contesto competitivo in cui
l unica certezza Ł rappresentata dall incertezza.
Schiacciate dal peso delle grandi corporation
americane, le imprese giapponesi hanno saputo
modificare le regole del gioco ottenendo vantaggi
competitivi attraverso la distruzione dei modelli
convenzionali e consolidati e rivoluzionando lo status
quo del mercato.
Il modello di gestione della produzione nelle imprese
giapponesi, noto come toyotismo , propone una lettura
rinnovata dell innovazione basata sul coinvolgimento
diretto di una molteplicit di soggetti fra cui anche
coloro che operano direttamente a contatto con la linea
di produzione. Il modello Ł rivoluzionario perchØ
alimenta la competitivit dell impresa attraverso
saperi che l impresa della produzione di massa non
aveva saputo valorizzare.
Traendo spunto dall esempio di alcune imprese
giapponesi, come la Canon, che hanno attaccato con
successo leader consolidati nei rispettivi settori, ad
esempio la Xerox, senza fare ricorso ad una innovazione
tecnologica radicale, Nonaka e Takeuchi hanno derivato
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una teoria generale della creazione della conoscenza
organizzativa .
Essi affermano che nel processo originale di creazione
della conoscenza, posto in essere da tali imprese, Ł
situata la propria capacit distintiva, consistente nel
generare l innovazione continua, unica fonte di
successo in un contesto competitivo estremamente
variabile.
Le nuove conquiste in campo tecnologico, i nuovi
bisogni dei consumatori e la crescente globalizzazione
dei mercati, impongono un ritmo sempre piø accelerato
ai processi d innovazione intrapresi dalle impresa.
Ognuna di esse, per , presa singolarmente, e
indipendentemente dalle proprie dimensioni,
difficilmente possiede al suo interno tutte le risorse
necessarie ad avviare e sostenere tali processi.
Il contesto descritto porta ad affermare che
l autosufficienza non Ł piø in grado di assicurare
all impresa la sopravvivenza. L internalizzazione delle
attivit della catena del valore conferiscono
all impresa una rigidit che contrasta con la realt
attuale. Inoltre e soprattutto un impresa da sola non Ł
in grado di ottenere tutte le risorse necessarie per
realizzare un sistema di offerta in grado di soddisfare
un consumatore sempre piø esigente. Diventa
fondamentale esternalizzare e focalizzarsi su attivit
che consentono all impresa di differenziarsi e allo
stesso tempo porre in essere un network di attori che
co-producono valore, il quale non si crea in una catena
sequenziale ma in costellazioni complesse nelle quali
ogni attore partecipa in modo flessibile.
Da ci deriva un evoluzione del concetto di relazione
interimpresa:
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Relazioni finalizzate alla massimizzazione del valore
co-prodotto dai partners piuttosto che alla
minimizzazione dei costi di transazione.
Questa evoluzione pu essere analizzata attraverso
l evoluzione delle concezioni teoriche del vantaggio
competitivo. In un ottica di catena del valore il
vantaggio competitivo Ł un vantaggio di posizione. Le
pratiche di collaborazione sono guidate dalla finalit
di migliorare il posizionamento competitivo
dell impresa. Oggi il vantaggio competitivo Ł un
vantaggio basato sulle competenze. Le relazioni di
collaborazione sono concepite come processi rivolti
alla creazione congiunta e alla distribuzione del
valore tra i partecipanti, processi che consentono
l accesso, l apprendimento e la creazione di
conoscenza.
Le radici dello sviluppo del fenomeno della
collaborazione tra le imprese vanno, quindi ricercate
nelle crescenti opportunit di sfruttamento delle
complementariet esistenti tra le risorse di conoscenza
appartenenti ad imprese distinte, e nella esigenza di
mantenere una certa flessibilit di fondo rispetto allo
svolgersi di cicli tecnologici e di mercato.
La vera causa della proliferazione delle alleanze Ł di
conseguenza la rapida crescita del know-how delle
imprese, sia di tipo intrinseco che di tipo estrinseco,
che se combinato in modo creativo pu generare
sensibili vantaggi.
→ Sono gli anni della globalizzazione della
conoscenza.
La rapida creazione della conoscenza, o meglio la sua
globalizzazione, rappresenta la forza motrice del
rimodellamento della competizione in un numero
crescente di settori, creando opportunit e minacce e
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spingendo le aziende alla creazione di molteplici
alleanze basate sulla conoscenza.
Consapevole dell importanza assunta dalle alleanze, le
imprese tendono a predisporre le condizioni
organizzative per l integrazione delle competenze dei
partners.
E il caso delle piattaforme interimpresa: si tratta di
una sorta di luoghi il cui ruolo Ł quello di generare
conoscenza e trasferirla ai partner.
E interessante notare come non sia sufficiente creare
delle alleanze per ottenere l accesso alle conoscenze
dei partner, le alleanze devono essere gestite. Ci
implica estendere i processi di knowledge management
alle relazioni tra le imprese.
Gestire le alleanze significa gestire i confini delle
organizzazioni.
Il concetto di gestione delle alleanze pu risultare
innaturale ai manager occidentali. Essi sono abituati a
concepire le alleanze come strumenti per limitare la
concorrenza.
Il ricorso agli accordi Ł stato animato, in passato,
dalla finalit di creare mercati oligopolistici, o
addirittura monopoli, in cui le imprese potessero
operare in segmenti distinti e senza interferenze.
Le alleanze erano poste in essere per costruire delle
barriere all entrata nel settore, o nei segmenti di
business in cui operava l azienda.
Oggi rappresentano lo strumento per abbattere tali
muri e per affrontare con successo una nuova sfida
competitiva: competere per vincere.
Il presente lavoro costituisce ,quindi, una rilettura
del fenomeno collaborativo tra le imprese secondo una
prospettiva cognitiva.
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Dopo avere esaminato le ragioni e le implicazioni di
tale prospettiva, l analisi si Ł focalizzata su un caso
aziendale: L OUTSOURCING DELLA LOGISTICA IN FIAT.
La scelta Ł stata motivata dalla necessit di
approfondire l evoluzione in atto nella logica
sottostante il ricorso alla pratica dell outsourcing.
Tradizionalmente il ricorso a tale strumento era
animato da motivazioni di efficienza, l esigenza
primaria da soddisfare era la riduzione dei costi
diretti di breve termine. Oggi, invece, tendono a
prevalere le motivazioni strategiche, tanto che si
parla correttamente di STRATEGIC OUTSOURCING.
In tale prospettiva la scelta Buy non riduce
semplicemente i costi ma Ł in grado di ottimizzare la
struttura dell azienda rendendola piø snella e
flessibile.
STRATEGIC OUTSOURCING Ł un approccio strategico che si
basa su due assunti fondamentali:
1. Concentrare le risorse dell azienda su un set di core
competence in cui essa pu raggiungere una superiorit
difendibile rispetto ai concorrenti e in cui crea
valore per il cliente.
2. Esternalizzare strategicamente altre attivit .
L outsourcing strategico impone di considerare il
rapporto con il fornitore dell attivit esternalizzata
secondo una logica di partnership. Tornano le
motivazioni cognitive. La relazione con il partner
consente l accesso a competenze specialistiche,
difficilmente replicabili all interno; tali competenze
consentono all impresa di ottimizzare il livello del
servizio esternalizzato.
Tali motivazioni sono individuabili anche nella FIAT.
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In particolare, l analisi del caso si Ł concentrata su
come tale azienda ha utilizzato lo strumento
dell outsourcing per ottimizzare il processo logistico.
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CAPITOLO PRIMO
DALLA CATENA ALLA COSTELLAZIONE DEL
VALORE
1.1 L EVOLUZIONE DEL CONTESTO COMPETITIVO
Quando si parla di evoluzione si fa riferimento al
passaggio da una fase ad un altra. Per quanto
concerne il contesto competitivo il passaggio pu
essere espresso nel modo seguente: dall et della
prevedibilit all et dell incertezza .
La prevedibilit ha caratterizzato il contesto fino
agli anni 70- 80. Oggi l ambiente si presenta
dinamico, variabile, estremamente complesso.
L incertezza si riflette sulle logiche di
funzionamento delle imprese.
Di fronte alla sfida di un ambiente mutevole in
continua ricerca di assetti stabili, le imprese
tendono a perdere le connotazioni tipiche di un
passato caratterizzato da certezze e prevedibilit :
rigidit , verticalit , chiusura verso l esterno. Il
modello di organizzazione della produzione definito
fordismo Ł divenuto obsoleto: la produzione di
massa ha lasciato il posto alla personalizzazione. Le
strutture organizzative diventano sempre piø
flessibili, fluide e articolate su componenti
responsabilizzate e interattive. L autosufficienza
non Ł piø possibile in un ambiente che richiede
focalizzazione strategica, flessibilit e
innovazione. Diviene fondamentale l apertura verso
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l esterno, verso gli attori della costellazione del
valore. Si modificano le finalit delle strategie di
collaborazione, non piø guidate dall esigenza di
rafforzare la posizione competitiva dell impresa, ma
dalla necessit di accedere alle abilit e capacit
dei partners.
Cambia il ruolo del cliente non piø destinatario
passivo del valore creato dall impresa, ma partner
del processo di creazione del valore.
All origine di tali cambiamenti vi sono due fattori
macroeconomici di particolare importanza:
• la globalizzazione dell economia;
• la rapida evoluzione tecnologica.
Tali fattori hanno innescato un effetto domino che ha
coinvolto la complessa architettura di istituzioni,
di relazioni sociali, di modi di produzione che hanno
contraddistinto il secolo della produzione di massa.
1.1.1 LA GLOBALIZZAZIONE DELL ECONOMIA
La globalizzazione indica l insieme dei fenomeni di
integrazione, non solo economico-finanziaria, ma
anche culturale e politico-istituzionale, resi
possibili a livello internazionale dallo sviluppo dei
trasporti e delle telecomunicazioni. L espressione Ł
usata anche con riferimento alla crescente tendenza
delle imprese a sviluppare processi
d internazionalizzazione, operando in paesi diversi
con moduli produttivi sempre piø flessibili.
Si pensa che la globalizzazione sia recente, una
realt degli ultimi anni. Ma in realt il mondo Ł
andato sempre piø integrandosi a partire dal
dopoguerra. Alle ultime due generazioni sembra
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normale l essere cresciuti in un economia in costante
sviluppo, ma in una prospettiva storica non lo Ł
affatto. Questa generazione ha il privilegio di
vivere nel periodo di crescita economica piø
esplosivo della storia dell umanit . In nessun altro
cinquantennio vi Ł stata una tale moltiplicazione del
reddito e del benessere. Questa crescita
straordinaria Ł dovuta a diverse ragioni.
Innanzitutto lo slancio alla ricostruzione dopo le
devastazioni della guerra, poi i progressi della
tecnica, l incremento demografico e la diffusione
dell istruzione, ovvero il miglioramento della
qualit e della quantit del capitale umano. Ma il
fattore piø importante, che spiega lo straordinario
sviluppo del dopoguerra Ł la crescente integrazione
economica internazionale. La scelta di favorire la
libert degli scambi abbassando i dazi ed eliminando
altre restrizioni ha permesso di realizzare quello
che permetteva la scienza economica: la libert degli
scambi consente ai produttori di ogni paese di
specializzarsi nelle produzioni in cui sono piø bravi
e permette ai consumatori di aumentare il loro potere
d acquisto, potendo comprare i prodotti al costo piø
basso disponibile sul mercato, appunto, globale.
Ma la globalizzazione non porta solo benefici, ci
sono anche costi da pagare.
La globalizzazione finanziaria si paga con una
maggiore instabilit dei cambi e dei movimenti dei
capitali che possono provocare crisi violente e
gravissime.
La globalizzazione reale determina crisi di
adattamento per i settori che restano spiazzati dalla
concorrenza dei paesi con costi produttivi piø bassi.
Volendo approfondire le conseguenze del processo di
globalizzazione per il mondo delle imprese, notiamo
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che l internazionalizzazione non pu essere piø
concepita come una scelta, un opzione che si presenta
all interno di un ventaglio di alternative, ma la
dimensione naturale dell ambiente competitivo di
ciascun impresa. Le imprese non possono esimersi
dalla competizione globale, non possono piø
beneficiare della protezione offerta loro dalle
barriere nazionali, ma devono interagire con altre
organizzazioni, spesso di diversa nazionalit ,
concorrendo per la ricerca, l acquisizione e il
controllo di risorse e competenze geograficamente
disperse.
La dimensione globale offre alle imprese nuove
opportunit di vantaggio.
La libera circolazione dei beni, servizi, capitali,
persone, consente di ampliare le scelte di
posizionamento delle attivit .
Le imprese possono posizionare uno o piø segmenti del
processo di creazione del valore nel luogo in cui ci
sono le condizioni piø favorevoli, in modo tale da
arricchire e rafforzare il loro vantaggio
competitivo. Viene meno il principio di nazionalit
dell offerta e si afferma il fenomeno
dell internazionalizzazione della produzione. Esso
consiste nella delocalizzazione di intere produzioni
in altri paesi, oppure nella realizzazione di un
prodotto con parti fabbricate in diversi paesi e
quindi assemblate.
Come rovescio della medaglia, la dimensione globale
aumenta il livello di complessit delle strategie
d internazionalizzazione.