dei prigionieri di guerra, ben 1.300.000
7
che, nello sforzo di dimenticare il più
rapidamente il conflitto ed il suo portato negativo, furono trattati con
freddezza se non addirittura con fastidio
8
. Insomma, se l’Italia del 1945
apparve subito come una realtà provata in tutti i sensi, questo non impedì
una rapida rinascita del paese sia dal punto di vista produttivo (anche grazie
ai cospicui aiuti erogati dagli Stati Uniti d’America tramite l’Unrra
9
, l’United
nations relief and rehabilitation administration) sia da quello della socialità,
con il veloce risorgere e svilupparsi di partiti ed associazioni di vario genere i
quali, tornati ad operare alla luce del giorno man mano che la penisola
veniva liberata dalle truppe alleate, con la conclusione delle vicende belliche
moltiplicarono le proprie iniziative, dando il via ad una fase caratterizzata da
un vivace e variegato dibattito destinato a durare fino al 1948
10
.
In particolare molto intensa fu l’attività sviluppatasi in seno al mondo
cattolico, con la nascita di un partito politico, la Democrazia Cristiana guidata
da Alcide De Gasperi ed attiva a partire dalla fine del 1942
11
, una nuova
stagione di ampi consensi per l’Azione Cattolica e, non ultima, la creazione
delle Acli, le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani. Le Acli nacquero in
seguito alla firma del patto di Roma (9 giugno 1944) da parte di Giuseppe Di
Vittorio, Achille Grandi ed Emilio Canevari in rappresentanza, rispettivamente,
del Partito Comunista, della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista: tale
accordo diede vita alla Cgil (Confederazione generale italiana del lavoro)
unitaria, in cui le Acli rappresentavano la corrente cristiana del nuovo
sindacato
12
, cioè erano chiamate a difendere le istanze e le idee del mondo
cattolico in seno alla Confederazione.
Per Grandi le Acli avrebbero dovuto “curare la formazione religiosa,
morale e sociale dei lavoratori cristiani, contribuendo a salvaguardare la
t
7
Cfr. S. Lanaro, Storia dell’I alia repubblicana, cit., p. 17.
8
Cfr. ibidem, p. 14.
9
Cfr. G. Mammarella, L’Italia contemporanea 1943-1998, cit., pp. 87–88.
10
Cfr. ibidem, pp. 53–57.
11
Cfr. Agostino Giovagnoli, Il partito italiano. La Democrazia Cristiana dal 1942 al 1994,
Roma–Bari, Laterza, 1996, pp. 33–34.
12
Cfr. Carlo Felice Casula, Le frontiere delle Acli, Roma, Edizioni Lavoro, 2001, pp. 15–16.
23
specificità ed il patrimonio ideale del cattolicesimo sociale all’interno del
sindacato unitario”
13
. Esse si configurarono come una realtà atipica,
profondamente integrata, specie all’inizio, nel mondo cattolico e molto
apprezzata dalla stessa gerarchia (a questo proposito basta ricordare le
parole di Pio XII che definì le Acli le “cellule dell’apostolato cristiano
moderno” ed il favore con cui furono sempre guardate da monsignor
Montini) ma, allo stesso tempo, diversa perché dotata di una struttura
autonoma designata su basi democratiche
14
.
Con la progressiva liberazione dell’Italia le Acli si diffusero in tutte le
province della penisola, raggiungendo ben presto una presenza capillare,
ottenendo un buon riscontro in termini di attività e tesserati (ben
seicentomila già nel 1948
15
) e rafforzando le proprie strutture a livello
nazionale. Entrate parzialmente in crisi in seguito alla rottura dell’unità
sindacale ed alla conseguente nascita della Libera Cgil (1948), che fece
perdere all’associazione l’investitura sindacale e molto personale dirigente
16
(in primis l’onorevole Pastore, responsabile dalla nascita del patronato e
passato alla guida del nuovo sindacato), le Acli si trasformarono in
“movimento sociale dei lavoratori italiani” (secondo il nuovo Statuto
approvato nel corso del Congresso straordinario del 1948
17
), si ripresero
presto ed, a partire dai primi anni cinquanta, puntarono decisamente ad
essere parte essenziale ed integrante del movimento operaio
18
. Nello stesso
tempo proseguirono nella loro politica di collateralismo nei confronti della Dc,
come dimostrò in maniera eloquente l’elevato numero di aclisti eletti deputati
e senatori nelle file di questo partito (basti a tal proposito ricordare la figura
13
Cfr. Mariangela Meraviglia, Acli. Cinquant’anni di presenza nella Chiesa e nella società
italiana, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1996, p. 35.
14
Cfr. ibidem, p. 35.
15
Cfr. Silvio Negro, Nascita del sindacato libero, in “Corriere della Sera”, 19 settembre 1948.
16
Cfr. M. Meraviglia, Acli. Cinquant’anni di presenza nella Chiesa e nella società italiana, cit.,
p. 36.
17
Cfr. Vittorio Pozzar, Quarant’anni di Acli, Roma, Acli-editrice Formazione e Lavoro, 1985,
pp. 103- 107.
18
Cfr. M. Meraviglia, Acli. Cinquant’anni di presenza nella Chiesa e nella società italiana, cit.,
p. 52.
24
di Mariano Rumor, presidente regionale delle Acli venete, deputato per più
legislature e per cinque volte presidente del consiglio fra il 1968 ed il 1974).
Pronunciatesi in seguito a favore dell’allargamento della maggioranza
governativa a sinistra (al Congresso di Milano del 1959 l’intervento del
presidente nazionale Penazzato fu chiaramente orientato in tal senso,
manifestando la condivisione delle Acli per parecchi punti dell’ipotizzato
programma di centro-sinistra
19
), le Acli dovettero superare (1959-1960) le
vicende legate alla decisione di impedire ai parlamentari eletti nelle file della
Dc di rivestire cariche in seno alla struttura nazionale delle Acli. Questa
decisione venne presa al fine di evitare troppe connessioni con la realtà
democristiana ed una forte coloritura politica delle Acli: è l’inizio di una nuova
fase del movimento che, dopo un periodo di transizione e di evidente
difficoltà (come testimoniarono le vicende legate alle dimissioni di Penazzato
e l’inazione delle Acli di fronte ai moti di piazza suscitati dall’operato del
governo Tambroni, che non andarono oltre una serie di deplorazioni di
circostanza
20
), vide il progressivo trionfo delle idee di Livio Labor (diffuse
tramite la rivista “Moc. Idee, problemi, dibattiti nel movimento operaio
cristiano”, nata nel novembre del 1960) anche grazie alla presenza nella
società di una nuova sensibilità verso il mondo del lavoro. Le Acli (che nel
1961 raggiunsero la ragguardevole cifra di oltre un milione di tesserati
21
)
dopo il Congresso di Bari di quello stesso anno elessero Labor a loro
presidente nazionale e videro aprirsi davanti a sé una stagione di profonda
influenza, dominata dalla chiara intenzione di rinnovare la società e di
favorire un’ampia partecipazione dei lavoratori alla gestione democratica del
potere
22
.
La volontà di rinnovamento trovò un ulteriore motivo di sviluppo nel
Concilio Vaticano II e nei fermenti legati alla contestazione giovanile del
t
19
Cfr. Pietro Di Loreto, La difficile transizione. Dalla fine del centrismo al cen ro-sinistra
1953-1960, Bologna, Il Mulino, 1993, p. 325.
20
Cfr. C. F. Casula, Le frontiere delle Acli, cit., p. 475.
21
Cfr. ibidem, p. 625.
22
Cfr. M. Meraviglia, Acli. Cinquant’anni di presenza nella Chiesa e nella società italiana, cit.,
pp. 98-99.
25
1968 ed all’“autunno caldo” nel 1969
23
, anno in cui Labor, dopo aver
trionfato nel Congresso di Torino (che segnò la fine del collateralismo delle
Acli nei confronti della Dc) raccogliendo ben il 90% dei consensi, lasciò
l’associazione per dedicarsi al deludente esperimento del Movimento politico
dei lavoratori (Mpl), naufragato in seguito agli scarsi consensi elettorali
raccolti alle politiche del 1972 (il movimento ottenne solo lo 0,4% dei
suffragi
24
). Le posizioni di Labor, sicuramente innovative ma forse in anticipo
sui tempi, determinarono, con il loro successivo sviluppo al convegno di
Vallombrosa del 1970 (nel corso del quale il nuovo presidente nazionale
Gabaglio parlò di una scelta socialista per le Acli
25
) e unitamente alla
polemica con l’episcopato, una grave crisi del movimento aclista, destinato a
perdere proprio per questo una parte non insignificante del suo ascendente e
dei suoi iscritti.
23
Cfr. ibidem, pp. 128-129.
24
Cfr. G. Mammarella, L’Italia contemporanea 1943-1998, cit., p. 371.
25
Cfr. M. Meraviglia, Acli. Cinquant’anni di presenza nella Chiesa e nella società italiana, cit.,
pp. 161-162.
26
1.2 8 agosto 1945
Il Comitato provinciale delle Acli (Associazioni cristiane dei lavoratori
italiani) si riunì per la prima volta in data 8 agosto 1945, a pochi mesi di
distanza dalla liberazione di Crema
26
e di Cremona
27
avvenuta
contemporaneamente il 28 aprile 1945, nel primo caso ad opera degli inglesi
e nel secondo degli americani. In tale incontro il segretario provinciale
provvisorio Pietro Bonoldi informò “prima di tutto gli intervenuti su quella che
[doveva] essere l’attività delle Acli e la sua organizzazione”
28
. All’intervento di
Bonoldi seguì quello dell’avvocato Ennio Zelioli Lanzini, figura di spicco della
Resistenza cremonese
29
(alla cui causa pagò un pesante fio con la perdita del
figlio Bernardino, caduto combattendo contro i tedeschi alla stazione
ferroviaria di Cremona il 26 aprile 1945
30
), e futuro senatore della
Repubblica.
Personalità come quella di Zelioli Lanzini dimostrano come fossero
parecchi gli esponenti delle neonate Acli ad aver avuto un ruolo di primo
piano nella lotta contro i nazifascisti. A tal proposito si devono ricordare don
Ferdinando Mussi
31
, assistente delle Acli diocesane di Crema dal 1945 al 1965
e figura di primo piano del Cln cremasco tanto da avere avuto un ruolo
notevole nelle trattative per la resa delle forze nazifasciste e da essere
inviato in rappresentanza dello stesso Cln ad accogliere le truppe inglesi alle
porte della città, ed Amos Zanibelli
32
, animatore della resistenza nella zona di
Soresina il quale, dopo aver rivestito per un breve lasso di tempo l’incarico di
segretario provinciale delle Acli, sarebbe stato eletto deputato nelle file della
Dc (1953).
26
Cfr. Marco Allegri, Le Fiamme Verdi e la resistenza dei cattolici cremonesi, Cremona,
Federazione Italiana Volontari della Libertà–Associazione Partigiani Cristiani, 1985, p. 105.
27
Cfr. Cinquant’anni fa. Crema ed i cremaschi dal settembre ’43 all’aprile ’45, Crema, Libreria
Editrice Buona Stampa, 1995, pp. 273 e ss.
28
Cfr. Archivio Provinciale Acli Cremona (d’ora in poi AA Cr), Registro di verbali di Consiglio,
n°1, verbale dell’8 agosto 1945.
29
Cfr. M. Allegri, Le Fiamme Verdi e la resistenza dei cattolici cremonesi, cit., p. 102.
30
Cfr. ibidem.
31
Cinquant’anni fa. Crema ed i cremaschi dal settembre ’43 all’aprile ’45, cit., pp. 254 e ss.
32
Cfr. M. Allegri, Le Fiamme Verdi e la resistenza dei cattolici cremonesi, cit., pp. 132 e ss.
27
Zelioli Lanzini nel corso del suo intervento suggerì che il territorio di
competenza avrebbe dovuto essere suddiviso in mandamenti, aventi come
località di riferimento per la presenza aclista i Comuni di “Soresina,
Casalbuttano, Pescarolo, Piadena, Casalmaggiore, Pizzighettone, Sospiro,
Crema, Soncino”
33
. L’aspetto più significato della riunione fu però l’elezione
del Consiglio direttivo provvisorio, che risultò essere composto dall’avvocato
Zelioli Lanzini in qualità di presidente, dal segretario Pietro Bonoldi, dal
vicesegretario Franco Foderaro, dal vicesegretario per le donne Maria
Marenzi e dai rappresentanti delle varie categorie dei lavoratori (operai,
impiegati, lavoratori statali, ferrovieri). Altre decisioni prese riguardarono la
costituzione dei segretariati del popolo sul territorio provinciale, la necessità
di una precisa fisionomia e di una adeguata dotazione di mezzi per la sede
provinciale, la costituzione della fanfara delle Acli e l’apertura serale della
sede a favore degli iscritti per permettere loro di leggere i giornali di cui si
disponeva
34
.
Purtroppo nel verbale della seduta dell’8 agosto il compito delle Acli
non fu precisato in maniera circostanziata, ma successivamente il presidente
Zelioli Lanzini, in un intervento sulla stampa diocesana cremonese
dall’eloquente titolo A tempi nuovi sistemi nuovi, si premurò di dare un
significato a quella che, altrimenti, non sarebbe stata altro che una delle
tante sigle allora molto diffuse in Italia. Per Zelioli Lanzini questa
associazione, nata per iniziativa dei cattolici italiani, avrebbe dovuto porsi
l’obiettivo prioritario di “immettere nella vita sociale della nazione le forze
lavoratrici cristiane che per venti anni [avevano] subito la compressione del
sindacalismo fascista”
35
ed avrebbe continuato (pur con il vivo desiderio di
avere una maggiore incisività sulla situazione sociale) il lavoro svolto
dall’Azione Cattolica tramite i “Raggi”, nati perché si “affermassero nelle
officine e sui campi la bellezza e la santità dell’idea cristiana”
36
. Le Acli,
33
AA Cr, Registro dei verbali di Consiglio, n°1, verbale dell’8 agosto 1945.
34
Cfr. ibidem.
35
Ennio Zelioli Lanzini, A tempi nuovi sistemi nuovi, in “La Vita Cattolica”, 24 agosto 1945.
36
Ibidem.
28
proseguì Zelioli Lanzini, si sarebbero proposte fondamentalmente di
“incanalare le forze del lavoro sulla strada delle giuste rivendicazioni
sociali”
37
, senza far uso della violenza “ma con un’opera di bontà persuasiva
che mira[sse] ad attuare in terra quella fraternità evangelica che sebbene da
alcuni ritenuta utopistica [era] pure una aspirazione sentita dalle masse”
38
.
Strumento basilare dell’azione delle Acli nell’assistenza ai lavoratori,
aperta a tutti al di là della loro fede politica e da svolgersi in collaborazione
con la Camera del Lavoro, avrebbero dovuto essere le sezioni presenti nei
singoli Comuni, chiamate ad agire in stretto collegamento con la sede
provinciale ed i cui dirigenti sarebbero stati liberamente eletti dagli
associati
39
. Altre importanti realtà acliste sarebbero stati i segretariati del
popolo, creati per aiutare ed assistere i lavoratori in campo legale e
tributario, ed i circoli e le filodrammatiche, onde consentire agli iscritti uno
svago sano ed educativo, conforme ai principi della fede
40
. Tutte queste
realtà avrebbero dovuto interagire con l’unica meta di “elevare le condizioni
di vita del lavoratore affinché raggiung[esse] le conquiste economico-sociali
che si propone[va] il movimento operaio, conservando ed alimentando nel
lavoratore la sua fede cristiana e lo spirito dell’Evangelo”
41
.
Queste tesi vennero ribadite da Zelioli Lanzini anche in un successivo
articolo, apparso sempre sulla stampa diocesana cremonese, in cui, oltre a
riconfermare l’utilità delle Acli in chiave morale e sindacale, sottolineò
l’importanza dell’apoliticità dell’associazione perché solo così il movimento
avrebbero potuto giovare alla causa dell’unità sindacale e permettere una
soluzione pacifica delle controversie concernenti il mondo del lavoro
42
.
Si configurò pertanto fin dall’inizio una duplice fedeltà per le Acli, da
un lato nei confronti del lavoratore e della tutela dei suoi interessi, dall’altro
37
Ibidem.
38
Ibidem.
39
Cfr. ibidem.
40
Cfr. ibidem.
41
Ibidem.
42
Cfr. E. Zelioli Lanzini, Nuovi orizzonti per il lavoratore italiano e cristiano, in “La Vita
Cattolica”, 10 gennaio 1946.
29
verso la fede cattolica e la dottrina sociale della Chiesa: a queste due prime
fedeltà se ne sarebbe aggiunta una terza, quella alla democrazia, arrivando
così alla formulazione della cosiddetta “triplice fedeltà” delle Acli, definita dal
presidente nazionale Penazzato in occasione dei festeggiamenti per il
decennale della nascita del movimento
43
(1955). Le tesi propugnate da Zelioli
Lanzini non sembrano discostarsi più di tanto da quelle diffuse a livello
nazionale, come adeguatamente testimoniato dall’articolo a firma Stor (e
quindi facilmente riconducibile al presidente nazionale Ferdinando Storchi)
apparso su “L’Osservatore Romano” in cui si precisarono motivi ispiratori e
compiti delle Acli.
Storchi affermò che le Acli “raggruppa[va]no coloro che,
nell’applicazione della dottrina del cristianesimo secondo l’insegnamento della
Chiesa ravvisa[va]no il fondamento e la condizione di un rinnovato
ordinamento sociale in cui [fosse] assicurato secondo giustizia il
riconoscimento dei diritti e la soddisfazione delle esigenze materiali e
spirituali dei lavoratori. Le associazioni intend[eva]no pertanto promuovere
l’affermazione dei principi cristiani nella vita, negli ordinamenti, nella
legislazione”
44
, affiancando la loro opera a quella dei sindacati per assicurare
loro un’ampia partecipazione delle masse cattoliche
45
. Storchi dichiarò altresì
che per far parte delle Acli sarebbe stato unicamente necessario accettare
l’insegnamento sociale della Chiesa
46
e che l’attività delle Acli si sarebbe
esplicata sia tramite “un’opera di formazione e di educazione spirituale
tenendo conto dei particolari bisogni”
47
del lavoratore sia occupandosi in
concreto delle sue esigenze e più precisamente delle “questioni di lavoro,
delle pratiche inerenti le varie opere di previdenza, assistenza, assegni a cui
[aveva] diritto”
48
, con la preoccupazione “di essergli vicino negli eventi
dolorosi della vita sua e della famiglia, come nel caso di infortuni, invalidità,
43
V. Pozzar, Quarant’anni di Acli, cit., pp. 195- 196.
44
Stor, Le Acli, in “L’Osservatore Romano”, 22 aprile 1945.
45
Cfr. ibidem.
46
Cfr. ibidem.
47
Ibidem.
48
Ibidem.
30
morte”
49
. Il tutto in modo autonomo dall’Azione Cattolica, con cui si
mantennero in ogni caso rapporti di collaborazione e di intesa
50
, e con
l’approvazione della gerarchia ecclesiastica, visto che lo stesso Pio XII, citato
nell’articolo da Storchi, aveva esaltato l’opera di queste indispensabili “cellule
dell’apostolato cristiano moderno”
51
volte a mantenere vivo “nel mondo del
lavoro il fondamento religioso e morale della vita in una maniera sempre
adatta alle particolari circostanze di ogni tempo”
52
ed a creare inoltre “veri
apostoli, lavoratori fattisi apostoli dei loro compagni”
53
.
1.3 L’organizzazione della struttura provinciale
Formalmente costituito il Comitato provinciale con l’elezione del
Consiglio direttivo provvisorio, il compito principale delle Acli consistette nel
dotarsi di una precisa struttura, obiettivo non certo facile ma indispensabile
per la realizzazione concreta degli scopi che le Acli si prefiggevano. Lo sforzo
organizzativo messo in atto è ben documentato dai verbali delle sedute del
Consiglio, in cui più volte venne affrontato il problema dell’organizzazione
della sede provinciale, partendo dal personale necessario (individuato in un
direttore, un applicato ed un fattorino
54
) per arrivare al reperimento dei
mobili e della legna per il riscaldamento
55
ed alla costituzione del Consiglio
direttivo del patronato
56
.
Sul buon risultato delle azioni messe in campo nel corso del primo
anno di attività si possono consultare le relazioni predisposte, su apposita
richiesta del centro nazionale, dal segretario della sede provinciale Zerbi e da
quello della sede diocesana di Crema Calzi in vista del I Congresso nazionale
49
Ibidem.
50
Cfr. ibidem.
51
Ibidem.
52
Ibidem.
53
Ibidem.
54
Cfr. AA Cr, Registro dei verbali di Consiglio, n°1, verbale del 23 agosto 1945.
55
Cfr. AA Cr, Registro dei verbali di Consiglio, n°1, verbale del 6 settembre 1945.
56
Cfr. AA Cr, Registro dei verbali di Consiglio, n°1, verbale del 14 dicembre 1945.
31
che si sarebbe tenuto a Roma dal 26 al 28 settembre 1946
57
e convocato,
come dichiarato dallo stesso presidente nazionale Storchi nel suo articolo di
presentazione dell’importante appuntamento, per “completare la fase
organizzativa delle nostre Acli e consolidarne la vita attraverso quelle che
[sarebbero state] le due funzioni caratteristiche del prossimo Congresso:
approvare lo statuto definitivo ed eleggere le cariche centrali”
58
.
Per Storchi si trattava di un momento a lungo sospirato e quanto mai
necessario, tanto da definirlo una sorta di Costituente per l’associazione,
chiamata ad una serrata fase di lavoro estivo per poter arrivare
all’appuntamento congressuale con una struttura ben definita e pronta a
svolgere i compiti che sarebbero stati ad essa affidati. Tutto questo lavoro
preparatorio, secondo il presidente nazionale, avrebbe inoltre permesso di
dare vita ad un’assemblea concreta e non fatta solo di esteriorità e di
parole
59
.
La presenza di due relazioni separate per Crema e Cremona, oltre a
permettere di cogliere meglio gli sviluppi delle Acli in queste due diverse
realtà della provincia cremonese, offre la possibilità di accennare ad una
costante negativa nella storia delle Acli provinciali, quella del dualismo,
sfociato con una certa frequenza in incomprensioni e contrasti reciproci, fra
la sede provinciale di Cremona e quella diocesana di Crema. Questa
situazione sarebbe stata in parte sanata con l’accordo fra le due realtà
stipulato nel 1963
60
sotto la regia della sede nazionale
61
.
Passando al contenuto delle due relazioni quella del segretario
provinciale Zerbi
62
(subentrato a Bonoldi, divenuto nel frattempo componente
57
Cfr. V. Pozzar, Quarant’anni di Acli, cit., pp. 51-54.
58
Ferdinando Storchi, Il primo Congresso, in “Acli. Bollettino mensile delle Associazioni
cristiane dei lavoratori italiani”, 15 luglio 1946.
59
Cfr. ibidem.
60
Cfr. AA Cr, Registro dei verbali di Consiglio, n°5, verbale del 19 maggio 1963.
61
La mancanza di fonti di archivio sulla sede diocesana di Crema per il periodo dal 1945 al
1953, quasi sicuramente andate perdute, impedisce di analizzare a fondo le motivazioni di
tale dualismo, che si sarebbe manifestato in contrasti stridenti già a partire dal 1947.
62
Cfr. AA Cr, fasc. Corrispondenza 1946, relazione Zerbi, agosto 1946.
32
del direttivo provinciale del patronato
63
) mise in evidenza tanto le luci quanto
le ombre di oltre un anno di attività con un’analisi molto circostanziata e
puntuale della situazione. A livello organizzativo, fatta salva la momentanea
chiusura dell’ufficio sindacale per l’assunzione del suo titolare alla Camera del
Lavoro (l’ufficio ebbe una vita breve, visto che la sua costituzione risaliva solo
al 21 giugno 1946
64
), la struttura provinciale era pienamente operativa, con
la recente costituzione del Comitato diocesano di Crema, la presenza di
ventinove circoli dei lavoratori, di quarantuno nuclei aziendali (di cui però
solo quindici realmente attivi) e di un Consiglio direttivo (peraltro ancora
provvisorio) ed un’attività quanto mai variegata che spaziava dall’assistenza
spirituale all’attività presindacale, da quella formativo-culturale a quella
ricreativa.
Per ognuno di questi settori di intervento Zerbi enumerò alcune delle
iniziative svolte: vale la pena di ricordare le proposte di formazione per
operatori cinematografisti e per infermieri (in collaborazione con l’Ospedale
Maggiore di Cremona), la creazione di una banda musicale e di una
filodrammatica presso la sede provinciale, l’organizzazione di una colonia
estiva a Moena e di un doposcuola per i figli dei lavoratori
65
. Inoltre il
segretario provinciale non nascose le difficoltà presenti (arrivando ad
affermare che “l’enumerazione delle difficoltà che si incontra[va]no sia da
parte del comitato provinciale che da parte dei circoli non avrebbe [avuto]
termine se non ci [fossimo fermati] alle più importanti”
66
) individuate nella
mancanza di una sede propria per molti circoli, in una insufficiente attività
sindacale (cui nel corso del 1946 si sarebbe cercato di ovviare tramite
l’organizzazione di un corso di base per propagandisti e sindacalisti), nella
carenza di individui motivati ad agire in nome delle Acli e nelle difficoltà
frapposte allo sviluppo del movimento dei lavoratori cristiani non solo dalla
63
Cfr. AA Cr, Registro dei verbali di Consiglio, n°1, verbale del 27 aprile 1946.
64
Cfr. AA Cr, fasc. Corrispondenza 1946, costituzione ufficio sindacale, 27 giugno 1946.
65
Cfr. AA Cr, fasc. Corrispondenza 1946, relazione Zerbi, agosto 1946.
66
Ibidem.
33
“subdola campagna denigratoria“
67
dei comunisti, ma anche (cosa che
stupisce ancora di più) dalla “incomprensione non ancora superata di molti
parroci”
68
.
A proposito delle critiche provenienti da ambienti comunisti vale la
pena di citare l’articolo in cui Pali (probabilmente lo pseudonimo di don Lidio
Passeri, il consulente ecclesiastico di allora) difese la sua associazione dalle
critiche di Walter Borghisani il quale, in un intervento su “L’Eco del Popolo” ,
aveva accusato le Acli di essere di ispirazione cristiana troppo marcata ed
invitato le stesse a smettere la propria attività
69
. A tali accuse, definite frutto
di “una bile politica che spinge[va] a denigrare, a diffamare senza avere
nessuna prova, solo perché seriamente e concretamente”
70
le Acli operavano
a favore dei lavoratori, il sacerdote replicò ribadendo l’apoliticità delle Acli,
dedite unicamente ad un’opera di tipo assistenziale e presindacale
71
. Inoltre
don Passeri sottolineò che l’attività di istruzione sindacale dei lavoratori era
finalizzata al solo scopo di rendere gli stessi più consapevoli dei loro diritti e
non a minare l’unità sindacale, come invece Borghisani aveva insinuato
72
.
Nell’articolo venne anche difesa la possibilità che ogni lavoratore
scegliesse in maniera autonoma da chi farsi tutelare, criticando l’idea che la
salvaguardia dei diritti dei lavoratori fosse di esclusivo appannaggio della
Camera del Lavoro e bollando addirittura come fascista il Borghisani per le
sue posizioni monopolistiche
73
. L’articolo evidenzia i rapporti non certo
cordiali fra quelle che in definitiva erano due facce della stessa medaglia,
cioè della Cgil, allora unico sindacato esistente.
Questo difficile dialogo ebbe strascichi anche in seguito, come
dimostra un successivo articolo sempre a firma Pali in cui si replicò ancora
una volta alle accuse delle forze della sinistra comunista ribadendo che le
67
Ibidem.
68
Ibidem.
69
Cfr. Pali, Che male fanno le Acli?, in “La Vita Cattolica”, 31 ottobre 1946.
70
Ibidem.
71
Cfr. ibidem.
72
Cfr. ibidem.
73
Cfr. ibidem.
34
Acli, pur essendo strettamente legate alla Democrazia Cristiana, non si
adoperavano solo in quelle attività che soddisfacevano le esigenze del partito
(come peraltro, si sottolineava, era normalmente solita fare la corrente di
sinistra della Cgil unitaria), ma avevano obiettivi molto più alti e generali,
concernenti il bene e la giustizia sociale di tutti i lavoratori
74
.
A sua volta Agostino Calzi, nel corposo scritto
75
inviato a Roma e forse
un po’ troppo retorico, raccontò le prime attività delle Acli cremasche, da lui
viste in contrapposizione (per non dire in piena antitesi) con il movimento
comunista che sembrava allora essere in grado di dominare le masse
lavoratrici allontanandole dalle fede in Cristo
76
(da osservare, qui come in
molti altri scritti, la preoccupazione delle Acli per la vita religiosa dei
lavoratori). Calzi mise innanzitutto in rilievo quanto fatto dalle Acli a partire
dalla loro apparizione nel Cremasco: la fondazione di numerosi circoli (venne
citato come particolarmente attivo quello di Ombriano, popoloso quartiere
alla periferia di Crema) frutto di un grande lavoro di propaganda, l’opera
svolta a favore dei disoccupati per facilitarne l’inserimento nel mondo del
lavoro (a questo proposito Calzi rilevò con rammarico come molti di loro si
fossero in seguito dimenticati dell’aiuto ricevuto, ma che le Acli trassero non
di meno vantaggio da questa azione, visto che essa giovò a tutta la
collettività), le consulenze legali per l’ottenimento di pensioni e di sussidi, per
la risoluzione di controversie coloniche e per ogni sorta di altra vertenza
77
.
Non mancarono inoltre le iniziative di tutela dei diritti delle mondine,
allora categoria molto numerosa (ben 1.500 risaiole si rivolsero alle Acli per
ottenerne l’assistenza
78
), e quelli delle domestiche e le iniziative più
propriamente di carattere ricreativo e culturale, come la costituzione di un
circolo aviomodellistico e di una biblioteca presso la sede diocesana, la
fondazione di due filodrammatiche molto apprezzate, l’organizzazione di
74
Cfr. Pali, Eh! birichine le Acli!!!, in “La Vita Cattolica”, 5 dicembre 1946.
75
Cfr. AA Cr, fasc. Relazioni 1946–1949, relazione Calzi, s.d.
76
Cfr. ibidem.
77
Cfr. ibidem.
78
Cfr. ibidem.
35
alcune gite
79
. Per l’immediato futuro Calzi sottolineò la necessità di istituire
una scuola popolare gratuita per la realizzazione di corsi di lingue straniere e
di una maggiore azione propagandistica per far conoscere nel Cremasco le
Acli, anche al fine di rintuzzare gli attacchi delle forze di sinistra e di vincere
l’ostilità della Camera del Lavoro ed, a volte, della Dc stessa. Per Calzi le Acli
sarebbero state una “fiaccola che risplende[va] nelle tenebre”
80
in grado di
migliorare le condizioni di vita di tutti i lavoratori e di vincere i pericoli legati
al possibile trionfo del materialismo marxista, onde “mantenere una
fisionomia cristiana alla nostra società”
81
.
Oltre a queste due corpose relazioni resta effettivamente poca
documentazione sui primi momenti di attività e pertanto è necessario
desumere dai verbali le tappe dell’impegno organizzativo aclista, i cui
momenti principali furono la nomina di un segretario che potesse dedicarsi
all’attività organizzativa e nello stesso tempo occuparsi della corrente
sindacale cristiana
82
, la creazione di uno schedario provinciale per facilitare
l’invio dei materiali e gli studi di tipo statistico
83
e la progressiva e difficile
definizione dei rapporti fra la sede provinciale e quella cremasca, che
avrebbe dovuto essere subordinata a Cremona ma che in realtà godeva di
una forte autonomia
84
. In particolare fu molto positivo l’operato di Amos
Zanibelli in qualità di segretario: nominato nella seduta del 25 aprile 1947,
egli svolse con zelo, competenza e passione il suo lavoro fino a quando non
si dimise (ottobre 1948) perché preferì dedicarsi all’attività sindacale, da lui
ritenuta più consona ai suoi interessi
85
.
Il lavoro svolto da Zanibelli riguardò principalmente la migliore
definizione dell’attività presindacale delle Acli tramite i nuclei aziendali,
utilizzati per penetrare in profondità e con successo fra le schiere dei
79
Cfr. ibidem.
80
Ibidem.
81
Ibidem.
82
Cfr. AA Cr, Registro dei verbali di Consiglio, n°1, verbale del 25 aprile 1947.
83
Cfr. AA Cr, Registro dei verbali di Consiglio, n°1, verbale del 25 maggio 1947.
84
Cfr. AA Cr, Registro dei verbali di Consiglio, n°2, verbale del 2 maggio 1948.
85
Cfr. AA Cr, Registro dei verbali di Consiglio, n°2, verbale del 3 ottobre 1948.
36
lavoratori. Le sue dimissioni furono accolte a malincuore a livello provinciale
86
e nazionale
87
, segno tangibile della stima di cui Zanibelli godeva grazie alle
sue indubbie doti, che avrebbe messo in seguito a frutto in sede
parlamentare dopo l’elezione a deputato per la Dc nel 1953. Parte non
irrilevante nella precisazione della struttura provinciale fu svolta pure dai
Congressi provinciali (ben quattro nel periodo 1945-1949), come si vedrà.
L’imponenza degli sforzi iniziali fu sicuramente notevole ma è
necessario ricordare che non mancarono fin dal principio alcuni problemi, sia
dal punto di vista finanziario (nonostante le buone entrate garantite dalle
Giornate per l’assistenza sociale destinate, però, fondamentalmente al
funzionamento del patronato) sia, come già accennato in precedenza, da
quello dei rapporti con la sede diocesana di Crema, desiderosa fin dall’inizio
di una maggiore autonomia e determinata ad ottenerla. La questione si
sarebbe trascinata a lungo nel tempo e, ad onor del vero, non sarebbe mai
stata risolta in maniera soddisfacente, tanto da poter essere ritenuta,
assieme ad altre di matrice più strettamente ideologica, una delle cause della
futura scissione del 1972.
I primi contrasti fra Crema e Cremona si ebbero già a partire dal 1946:
ne rimane una flebile traccia in una lettera del presidente diocesano
cremasco Volonté alla sede provinciale, in cui rassicurò la stessa circa la
volontà di Crema di votare in modo conforme a quanto deciso dalla sede
provinciale al Congresso nazionale. Allo stesso tempo, però, si oppose
fermamente all’accensione di nuovi debiti per venire incontro alle richieste di
Cremona
88
. Ad ogni modo la contrapposizione assunse una ben diversa
coloritura nell’aprile del 1947, quando la sede diocesana di Crema fece
richiesta di poter trattenere tutto il danaro della quota di tesseramento senza
86
Cfr. AA Cr, fasc. Corrispondenza 1948, lettera riservata personale di don Lidio Passeri al
segretario nazionale Penazzato, 19 ottobre 1948.
87
Cfr. AA Cr, fasc. Corrispondenza 1948, lettera del segretario nazionale Penazzato a don
Lidio Passeri, 15 ottobre 1948.
88
Cfr. AA Cr, fasc. Corrispondenza 1946, lettera dell’avvocato Volonté al segretario
provinciale dottor Zerbi, 25 agosto 1946.
37
versarne alcuna parte a Cremona
89
. L’istanza venne respinta, anche per
evitare analoghe e pericolose domande da parte di altri circoli, premettendo
però che la sede provinciale si sarebbe fatta carico delle spese per il
funzionamento delle Acli di Crema
90
.
La diatriba non si esaurì qui visto che la vicenda tornò alla ribalta di lì
a poco (dicembre 1947), con una nuova richiesta di finanziamento, respinta
sempre per evitare il nascere di pericolosi precedenti
e lo svilupparsi di una
troppo forte propensione all’autonomia
91
. Fu necessario ancora del tempo
prima che la situazione si sanasse definitivamente. Infatti soltanto nella
seduta del Consiglio provinciale del 2 maggio 1948 si arrivò, grazie alla
mediazione operata dal segretario Zanibelli e dal consulente ecclesiastico
cremasco don Mussi, ad una parziale soluzione della contesa, con il
mantenimento in essere della sede diocesana in cambio della promessa di
una maggior collaborazione con il centro provinciale, onde favorire lo
scambio di notizie e garantire ai dirigenti cremonesi la possibilità di far visita
ai circoli cremaschi senza alcuna intermediazione
92
.
I rapporti in ogni caso rimasero precari e difficoltosi, come dimostra
anche la vicenda relativa alla nomina del nuovo delegato diocesano nel 1948
(quando Volonté, favorevole ad un sindacato confessionale, si dimise e
venne sostituito da Paolo Rovescalli), e destinati a rimanere tali anche in
seguito, come avrebbe evidenziato adeguatamente il nuovo scontro del
1952.
Non particolarmente riusciti furono invece i tentativi di organizzare la
struttura provinciale giovanile dell’associazione: si nominò il delegato
provinciale nella persona di Cesare Gastaldi
93
(ottobre 1947) e si organizzò
89
Cfr. AA Cr, Registro dei verbali di Consiglio, n°1, verbale del 25 aprile 1947.
90
Cfr. ibidem.
91
Cfr. AA Cr, Registro dei verbali di Consiglio, n°1, verbale del 28 dicembre 1947.
92
Cfr. AA Cr, Registro dei verbali di Consiglio, n°2, verbale del 2 maggio 1948.
93
Cfr. AA Cr, fasc. Corrispondenza 1947, lettera del segretario provinciale Zanibelli al
delegato nazionale per l’attività giovanile Olini, 28 ottobre 1947.
38
un Congresso (4 dicembre 1949)
94
, ma non si riuscì a fare di più, tanto che la
prima reale assemblea di Gioventù aclista si sarebbe tenuta solo nel 1956.
Al primo posto fra le preoccupazioni dei dirigenti praticamente fin
quasi dalla sua costituzione il finanziamento della struttura provinciale turbò
più volte il sonno degli aclisti cremonesi fra il 1945 ed il 1948, quando i
bilanci registrarono pesanti passivi. Se il patronato dal canto suo poté
contare sulle entrate delle Giornate sociali e sull’appoggio economico della
curia, la sede provinciale dovette far conto unicamente sugli introiti assicurati
dal tesseramento e dai finanziamenti provenienti da Roma, peraltro non
sempre certi e, per di più, a volte mal interpretati dai dirigenti locali. Riprova
ne fu l’annosa vicenda (trascinatasi a lungo fra il 1948 ed il 1949) relativa ad
un prestito di 350.000 lire considerato dalla sede provinciale come un
finanziamento straordinario a fondo perduto ed invece visto dal centro
nazionale unicamente come una concessione temporanea e di cui si pretese,
dopo un fitto scambio di lettere e tutta una serie di intermediazioni, la
restituzione seppure parziale (250.000 lire)
95
. La situazione, ad ogni modo,
migliorò abbastanza rapidamente, tanto che già a partire dal consuntivo 1949
le Acli si poterono considerare del tutto autonome dal punto di vista
finanziario, come dimostrò la soddisfatta comunicazione dell’amministratore
Busnardo al Consiglio provinciale del 18 settembre 1949, dal momento che
l’attivo a quella data ammontava già a mezzo milione di lire
96
.
94
Cfr. AA Cr, fasc. Corrispondenza 1949, lettera del delegato provinciale Gastaldi al
responsabile di Gioventù aclista di Crema, 15 novembre 1949.
95
Cfr. AA Cr, fasc. Corrispondenza 1949, lettera del segretario nazionale Renzo Battistella
alla presidenza provinciale, 30 settembre 1949.
96
Cfr. AA Cr, Registro dei verbali di Consiglio, n°2, verbale del 18 settembre 1949.
39