20
tempo stesso il radicamento di queste nella società veneziana, e l’apertura
verso le città di terraferma, in particolare Treviso.
Per ricostruire alcuni passaggi poco chiari della storia del monastero,
soprattutto nei primi anni, mi sono poi servita delle notizie ricavabili dai
catastici dell’ente, in particolare quello del 1564, redatto dal cappellano
delle monache.
Data la natura delle pergamene conservate, riguardanti in modo particolare
proprietà entrate in possesso del monastero, ho ritenuto necessario fare una
cernita, scegliendo di pubblicare solamente le trentasette che riguardavano
direttamente le religiose di Santa Chiara, e limitandomi a segnalare il
contenuto delle rimanenti.
Inoltre, per quanto riguarda il XIV secolo, ho consultato e regestato i
documenti contenuti nelle buste tre e quattro di pergamene del fondo Santa
Chiara dell’Archivio di Stato di Venezia.
21
1. Le origini del monastero di Santa Chiara di
Venezia.
1.1 La tradizione storiografica.
Il primo problema che si presenta a chi si appresti a studiare il monastero di
Santa Chiara di Venezia riguarda soprattutto la consistenza e lo stato di
conservazione dei documenti riguardanti il periodo delle sue origini.
La natura di Venezia, città costruita sull’acqua, e quindi le condizioni di
estrema umidità in cui sono sempre state conservate le carte, nonché le
vicissitudini che videro coinvolto il monastero nel corso dei secoli, da un
incendio che ne distrusse più di metà nel 1574, fino alla soppressione
napoleonica del 1806, hanno fatto sì che giungesse fino a noi solo una parte
del ricco archivio che si era venuto costituendo nei secoli. Questa situazione
abbastanza precaria, che certamente crea disagi per la ricerca, non ha
tuttavia scoraggiato alcuni studiosi dall’occuparsi del monastero veneziano,
vista la sua importanza per la spiritualità e la realtà della città lagunare, in
quanto sede del primo insediamento di Damianite.
4
Naturalmente l’interesse
della ricerca è stato focalizzato ora su questo, ora su quell’aspetto dell’ente
religioso femminile, ma molto spesso ci si è basati su tradizioni
difficilmente verificabili o ricostruibili.
5
Dopo aver accennato allo stato di
sopravvivenza delle pergamene, resta però da aggiungere che, se pur
4
SORELLI, Gli Ordini mendicanti, p. 914.
5
Ad esempio per quanto riguarda l’arrivo della beata Agnese in laguna per la fondazione del
monastero, oppure le leggende riguardanti il chiodo della croce, o l’anello di San Luigi, v.cap.4.1.
22
mutilo, l’archivio di Santa Chiara offre abbondante materiale di ricerca, in
particolare per quanto riguarda i secoli XVII e XVIII.
6
Tra quanti si sono occupati, in maniera ora più ora meno approfondita del
monastero di Santa Chiara, si distingue certamente Francesco Gonzaga
(+1620)
7
, non solo per l’epoca in cui si svolge la sua ricerca, periodo di
pieno sviluppo della comunità veneziana, ma anche per la posizione
privilegiata in cui si trova. Infatti il Gonzaga svolse dapprima l’incarico di
ministro provinciale dell’Ordine per il Veneto, ed in un secondo momento
quello di ministro generale. Durante il suo primo ministero visitò gli enti
soggetti alla sua giurisdizione, mentre, in veste di ministro generale,
proseguì la sua opera assistenziale nei confronti delle Clarisse, che sfociò
nella pubblicazione, nell’aprile 1581, delle “Costituzioni generali delle
monache dell’Ordine di Santa Chiara e del Terz’Ordine”.
8
Le notizie che si
ricavano dai suoi scritti si rivelano quindi molto utili, anche per il fatto che
la qualità delle sue fonti dovrebbe garantire un buon margine di veridicità.
Al Gonzaga si rifà Luca Wadding, nella sua “monumentale” opera sui
Minori, quando, all’anno 1234, riporta la notizia della fondazione del
monastero di Santa Chiara di Venezia
9
: in quest’anno, “ ma la notizia non è
certa, ...il Gonzaga dice sia stato edificato il monastero di Santa Chiara di
Venezia, ad opera della beata Agnese, sorella di Chiara”. Quindi ad Agnese,
sorella di Chiara, sarebbe da attribuire la nascita dell’istituzione veneziana,
anche se la notizia è riportata “non ex certa scientia”. Prima badessa ne
6
La consistenza attuale del fondo di Santa Chiara di Venezia in A.S.V. è di 6 buste di pergamene,
databili dal secondo decennio del Duecento al XVII secolo, più 3 buste già all’ A.S Pd., inoltre 46
buste cartacee, per un totale di 56 buste.
7
GONZAGA, De origine seraphicae religionis, prov. Sancti Antonii, mon. VI.
8
Il titolo completo è “Costituzioni generali delle monache dell’ Ordine di Santa Chiara e del
Terz’Ordine, quali vivono in congregazione et clausura, sotto il governo e cura dei Frati Minori
Osservanti, fatte dal R.mo fra Francesco Gonzaga ministro generale di detti Frati”.
9
WADDING, Annales Minorum, Tomus II, p. 419, rinvia a GONZAGA, De Origine, In Prov.
Sancti Antonii, mon. VI.
23
sarebbe stata suor Auria, discepola di Chiara, ma nient’altro è dato di
sapere, secondo il Wadding, dalle carte del convento, perite tutte in un
incendio.
10
In realtà l’incendio del gennaio 1574, che procurò numerosi
danni al convento e causò la perdita di molti documenti, non ebbe un effetto
così devastante sul patrimonio archivistico, o per lo meno non così assoluto.
Il Wadding, ripercorrendo la storia dei francescani, in diverse occasioni cita
il monastero damianita di Venezia ma, data la natura della sua opera, una
ricostruzione organica della storia di quest’ente non è possibile, e a volte si
possono anzi riscontrare delle inesattezze. Gli “Annales Minorum”, infatti,
raccolgono documenti e notizie dei tre Ordini francescani catalogandoli,
come ricorda il nome stesso, anno per anno: per risalire ai dati riguardanti
una comunità, utilissimo si rivela l’indice collocato al termine di ogni tomo,
ma in ogni caso si tratta di notizie che richiedono uno studio approfondito e
riscontri precisi. Rifacendosi a quanto affermato dal Gonzaga, il Wadding
abbraccia quindi la tesi che vorrebbe suor Auria prima badessa del
convento, dopo la fondazione ad opera della beata Agnese, nel 1234, e
riporta poi, in data 1238
11
, un documento notarile, secondo alcuni
considerato apocrifo
12
, che la vedrebbe presente al capitolo riunito in San
Damiano. In base a questi dati bisognerebbe presumere che per quattro anni
il monastero sia stato retto dalla beata Agnese, ma in realtà possediamo
documenti tali da permetterci di risalire alle fasi iniziali di questa comunità
femminile, se pure, in alcuni casi, in base a copie del XVI secolo.
10
“Ampliorem huius loci noticiam ministrare non possumus, conflagratis ex infortunio universis
conventus scripturis”, WADDING, Annales, Tomus II, p. 419.
11
WADDING, Annales Minorum, Tomus III, p. 14.
12
ROMERI, Le Clarisse nel territorio, p. 138 ; non così invece CASOLINI, Il protomonastero di
Santa Chiara , p 45 e FORTINI, Nuove notizie intorno a Santa Chiara, p. 40.
24
Flaminio Corner, attento studioso delle chiese e dei monasteri di Venezia,
dedica ampio spazio al monastero che fu poi di Santa Chiara
13
,
ricostruendone la storia fino alla metà del Settecento; purtroppo però, dei
molti documenti da lui esaminati, rimane, come già detto, una minima
parte, e delle 133 pergamene ricordate nel catastico del 1653
14
, riferibili al
Duecento, oggi nell’Archivio di Stato di Venezia, se ne conservano appena
73, non tutte leggibili
15
.
Il Corner, pur riportando l’atto di “investitione sine proprio” del maggio
1237
16
a Costanza, ricordata come “priora” del monastero di Santa Maria
Madre del Cristo (uno dei nomi con cui era conosciuto) “de novo
eddificando”, ritiene che la beata Agnese sia stata inviata da Assisi per dare
forma regolare alla comunità, mettendo a capo di questa, in veste di
badessa, suor Auria.
17
Lo Spada, che nel 1933 si occupò proprio delle origini di questo
monastero
18
, iniziò con l’apportare alcune correzioni alle trascrizioni del
Corner
19
, proseguendo con l’affermare che, quello che era ritenuto dallo
studioso del Settecento “un inizio di cronichetta” poco credibile, stilato da
un uomo incolto del XV secolo, rispecchierebbe invece le vere origini di
Santa Chiara. Nella busta 1 dell’archivio di Santa Chiara si trova
effettivamente un breve riassunto delle notizie che riguardano la nascita di
13
CORNER, Notizie storiche, pp. 398-404; ed Ecclesiae Venetae, Tom. VI, decas, IX-X, pp. 141-
180.
14
A.S.V. Santa Chiara di Venezia, b. 1 , catastico redatto dall’avvocato Giovanni Nicolosi, il 18
ottobre 1653, al tempo della badessa Maria Stella Venier. Da segnalare che tutte le date presenti
nel catastico sono errate.
15
Le pergamene riferibili al Duecento si trovano nelle buste 1 e 2 perg. in A.S.V., Santa Chiara di
Venezia.
16
CORNER, Ecclesiae, Tom. VI, decas IX-X, p. 160.
17
CORNER, Ecclaesiae Venetae, Tom. VI, decas IX-X, pp. 141-142, e Notizie Storiche, p. 398.
18
SPADA, Le origini del monastero di Santa Chiara di Venezia, pp. 92-103.
19
SPADA, Le origini, p. 93, “Butinicum” per “Butiniam” e “maggio” per “marzo”.
25
questa comunità, inserito in un catastico del 1564, redatto dal cappellano
del monastero Lauro Camillo, forse proprio allo scopo di tramandarne le
origini, e che possiamo immaginare simile all’inizio di cronichetta. Per
quanto riguarda il testo ricordato dal Corner, bisogna dire che è probabile si
tratti del compendio di notizie riportato in un altro catastico, redatto nel
1677 da Ventura Bortoli, in cui si nominano, quali figlie della fondatrice,
Maria e Gabriella, anziché Maria ed Orabile che sappiamo essere le figlie di
Costanza: è comunque più probabile che si tratti di un errore di trascrizione
piuttosto che di due diverse versioni del testo originale.
Come si è detto, lo Spada si occupa principalmente di ricostruire le origini
del monastero, fino al 1295, ai tempi della badessa suor Marchesina Corner,
e ritiene verosimile la notizia, pur non provata da alcun documento, della
visita della beata Agnese in Venezia.
20
Si sarebbe trattato di un viaggio di
notevole spessore spirituale, quasi indispensabile per dare forma regolare al
monastero, conformandolo alla “forma vitae” assunta in San Damiano.
Anche il Romeri
21
, che nel 1953 si occupò delle “Clarisse nel territorio
della minoritica provincia veneta”, ripercorre le vicende del monastero di
Santa Chiara, ma prosegue fino alla soppressione napoleonica, rifacendosi,
per le origini, al Gonzaga, al Wadding, al Corner e a Pietro Antonio da
Venezia. A proposito di quest’ultimo è da segnalare una svista da parte del
Romeri: parlando della data di fondazione del monastero di Santa Chiara
ritiene probabile il 1234, dal momento che Pietro Antonio da Venezia
segnala che la cessione dell’isola risale al 4 marzo 1233
22
. In realtà la
citazione di Santa Chiara è fatta da Pietro Antonio da Venezia nell’ambito
della ricostruzione delle origini del convento di San Francesco del
Deserto
23
: la donazione dell’isola posta tra Burano ed il Lido, fatta da
20
SPADA, Le origini, p. 92-95.
21
ROMERI, Le Clarisse nel territorio, pp. 7-143.
22
ROMERI, Le Clarisse nel territorio, p. 138.
23
PIETRO ANTONIO DA VENEZIA, Historia Seraphica, pp. 125-126.
26
Giacomo Michiel da San Giovanni Evangelista ai frati Minori, è fatta
risalire al 4 marzo 1233 e, dopo aver narrato il ritiro di questo nel convento
da poco costruito, Pietro Antonio riferisce che la moglie di lui, seguita da
tante altre gentildonne, fece la stessa scelta di vita consacrata, entrando
come monaca in Santa Chiara, “monastero fondato l’anno seguente (1234),
dalla beata Agnese sorella di Santa Chiara, e suor Auria discepola di essa
santa fu la prima abbadessa di esso”.
24
Ritorna poi, con il Romeri, che anche in questo caso riprende i suoi
predecessori, la tradizione della venuta della beata Agnese, anche se non la
presenta come possibile. Si limita invece a sottolineare il fatto che, se
legami con Assisi ci furono, ciò è dovuto all’esigenza di una guida
spirituale per iniziare la vita claustrale, dal momento che le origini del
monastero sono sicuramente attribuibili ad alcune nobili veneziane.
Nel medesimo contesto di celebrazioni clariane, in occasione del VII
centenario della morte della santa di Assisi, in cui vide la luce l’articolo di
Romeri, p. Innocenzo Giuliani, parlando degli “Splendori di santità nel
secondo Ordine francescano”
25
, si limitò a brevi cenni sulle origini di Santa
Chiara, per sottolineare poi gli esempi di virtù tra le Clarisse ivi presenti.
Notevole è invece l’apporto recato dalle notizie ricavabili dai documenti di
p. Antonio Sartori
26
. Il Sartori, valendosi anche dell’opera del Tassini
27
,
parla della nascita del monastero, facendola risalire al 1236, dovuta alla
generosità di Giovanni Badoer che, in quest’anno, “donò l’isola a Costanza
perché vi fabbricasse una chiesa ed un monastero”. Senza soffermarsi
troppo sulle vicende dell’ente nel periodo delle origini, lo studioso passa
24
P. ANTONIO DA VENEZIA, Historia Seraphica, p. 126.
25
P. INNOCENZO M. GIULIANI, Splendori di santità nel secondo Ordine francescano nelle
Venezie, pp. 144-150.
26
SARTORI, Archivio Sartori, III, 2, Evoluzione del francescanesimo nelle Venezie, pp. 1452-
1460.
27
TASSINI, Curiosità veneziane, p. 183, alla voce Santa Chiara.
27
rapidamente al XVI secolo, al periodo in cui il monastero fu riformato dal
patriarca Antonio Contarini, che lo divise in due classi, una di Conventuali
ed una di Osservanti, e poi ricorda la soppressione napoleonica del 1806.
Quel che però risulta particolarmente utile nell’opera del Sartori è il quadro
d’insieme che fornisce, della storia francescana nell’ambito delle Venezie.
Una visione d’insieme ci presentano anche due lavori più recenti, se pure in
forma differente. Il primo è il volume del Ferrari
28
su “Il francescanesimo
nel Veneto”, che indugia nel trattare anche casi particolari riguardanti la
vita dei monasteri
29
, il secondo è il contributo, molto accurato, della
Sorelli
30
nel volume della “Storia di Venezia”, edito dalla Treccani, che
tratta dell’età comunale. La studiosa presenta la realtà degli Ordini
Mendicanti nella cornice, sempre molto particolare e suggestiva, della città
lagunare, e fornisce utili indicazioni archivistiche e bibliografiche per futuri
lavori di ricerca, denunciando ancora una volta
31
la mancanza, nonostante la
documentazione non manchi, di un’opera completa sulla religiosità in
Venezia.
28
FERRARI, Il Francescanesimo nel Veneto, in particolare, per quanto riguarda il tema specifico
di Santa Chiara, le pagine 223-234.
29
Ad esempio, per quanto riguarda Santa Chiara, le vicende della dote di Bonaventura o l’ingresso
di Giacoma da Vado.
30
SORELLI, Gli Ordini Mendicanti, pp. 905-928.
31
Vedi anche SORELLI, L’atteggiamento del governo veneziano, pp. 37-38.
28
1.2 La fondazione.
Il primo documento che attesta le origini del monastero di Santa Maria
Mater Iesu Christi, denominazione con cui si indicava nei primi tempi la
comunità di Santa Chiara, compare come inserto in una bolla di Innocenzo
IV datata 1247
32
.
Nel concedere la “Religiosam vitam eligentibus” alle monache, che già
vivevano secondo la regola di San Benedetto ed in ottemperanza alle
disposizioni emanate dal monastero di San Damiano di Assisi, il pontefice
conferma le libertà e le immunità riconosciute loro dal vescovo di Castello
nel 1236.
In quest’anno infatti Pietro Pino, vescovo di Castello dal 1235 al 1255
33
si
rivolge alle “dilette figlie e sorelle”
34
riunite ad onore di Dio e della beata
Maria, che vivono nel confinio di Santa Croce, per rispondere ad una loro
supplica .
Le monache della beata Maria Madre di Cristo “iuxta canalem prope
Giratam” in diocesi castellana, dopo avere eretto questo monastero in cui
servivano Dio nella preghiera, si erano viste costrette dall’eccessivo peso
dei contributi dovuti all’episcopato, a rivolgersi al vescovo affinché
alleviasse questi gravami. Pietro Pino, con il consenso dell’intero Capitolo,
non solo era venuto incontro alle richieste delle suore, ma aveva esentato il
monastero da qualsiasi giurisdizione, sia temporale che spirituale,
32
A.S.V, Santa Chiara di Venezia, b.1 perg. 1247, 18 maggio.
33
EUBEL, Hierarchia Catholica ,vol. I, p.171 e RIGON, I vescovi veneziani nella svolta
pastorale, pp. 36-37.
34
A.S.V. Santa Chiara di Venezia, b. 1 pergamene, 1247, 18 maggio: “…dilectis in Christo
filiabus et sororibus congregatis ad honorem Dei onnipotentis et Beatae Mariae Matris Iesu Christi
commorantibus in confinio Sancte Crucis”.
29
riservandosi il diritto, solo quando richiesto, di consacrare la chiesa e gli
altari, e di benedire la badessa e le sorelle.
Come unico censo aveva richiesto al monastero una libbra di cera per la
festa di San Pietro, da consegnarsi in questa occasione, otto giorni prima od
otto giorni dopo.
Il secondo documento conservatosi in gran parte integro nell’archivio di
Santa Chiara è datato maggio 1237
35
. In esso Pietro di Sacco, ministeriale
della curia di palazzo in Rialto, investe “sine proprio” Costanza, priora del
monastero di Santa Maria Mater Christi dell’Ordine di San Damiano “de
novo eddificando”, di una bassa isola, ancora coperta in parte dall’acqua,
posta nella contrada di Santa Croce. Proseguendo nella lettura del
documento, redatto dal notaio Donato, presbitero della chiesa di Santa
Maria Mater Domini
36
, veniamo a sapere che l’investitura a Costanza ed
alle sorelle, che vivono e vivranno nel monastero, avviene in seguito ad un
atto di donazione fatto nel settembre del 1236 da Giovanni Badoer di San
Giacomo dall’Orio assieme alle congiunte Maria, moglie di Filippo
Giustinian di San Pantaleone e Lavinia, vedova di Giovanni Storlato di San
Tomà, entrambe figlie di Pietro Badoer da San Pantaleon. Questa donazione
da parte di esponenti dell’aristocrazia, oltre a favorire l’insediamento stabile
della prima comunità di Damianite in area lagunare, si inserì nel contesto
delle opere di bonifica che interessarono Venezia nel XIII secolo, data la
natura paludosa dell’area ceduta alle religiose.
Secondo alcuni storici, tra cui il Sartori
37
, solo a partire dal settembre del
1236 si può parlare di una comunità stabile di Clarisse in Venezia,
indicando così nella donazione dei Badoer il primo atto della storia del
35
A.S.V, Santa Chiara di Venezia, b. 1 perg. 1237, maggio.
36
La chiesa di Santa Maria Mater Domini si trovava nella parrocchia di Santa Croce.
37
SARTORI, Archivio Sartori, p.1452.
30
secondo Ordine francescano in laguna. In base ai dati che possediamo é
tuttavia possibile anticipare con certezza questo margine cronologico.
Il 4 giugno del 1236, infatti, Giovanni detto Monaco da Robegano
38
,
abitante a Treviso, fa testamento e, tra gli altri lasciti a chiese, ospedali e
capitoli, quasi tutti della sua città, inserisce anche una donazione di “XX
libras” ad un “laborerio Celle”, di cui però non precisa il luogo. Dal
momento che due anni dopo la moglie, Bonaventura
39
, entra come monaca
nel monastero di Santa Maria Mater Christi di Venezia, conosciuto come
“Cella de Venetiis”, sembra possibile che Giovanni si riferisca proprio a
questa comunità femminile
40
.
Un mese dopo, nel luglio del 1236, Pietro Pino, vescovo di Castello,
risponde alla supplica delle “sorores” che vivevano nella parrocchia di
Santa Croce: il fatto che un presule accolga le richieste di un gruppo di
suore implica il riconoscimento, se pure informale, di una famiglia
religiosa. In questo caso poi, esimendo le suore da qualsiasi giurisdizione,
ma riservando per sé il diritto di benedirle e di consacrare la chiesa e gli
altari, sembra rivendicare un ruolo di referente e di guida spirituale.
Nel documento di investitura del maggio 1237
41
si legge che Giovanni,
Maria e Lavinia Badoer donano la terra a Costanza, che è ricordata col
titolo di “priora” dell’erigendo monastero, ed in quanto tale riceve la
donazione anche a nome delle sorelle religiose che dimorano e dimoreranno
38
A.S.V. Santa Chiara di Venezia, b.1 pergamene, 1236, 4 giugno, testamento di Giovanni detto
Monaco de Robegano, redatto a Treviso.
39
A.S.V., Santa Chiara di Venezia, b. 1 perg., 1238, 12 dicembre.
40
FERRARI, ne Il francescanesimo nel Veneto, p. 224, pensa invece si tratti del monastero
damianita di Treviso.
41
A. S. V. Santa Chiara di Venezia, b.1 pergamene, 1237, maggio; Pietro di Sacco, ministeriale
della curia di palazzo, investe, secondo un precetto del Doge Giacomo Tiepolo, Costanza,
“priorissa” del monastero “de novo eddificando”, di una “terra aqua superlabente” sita nel confinio
di Santa Croce.
31
nel convento: anche questo fatto pare indicare una gerarchia stabilita e
riconosciuta non solo dalle suore, ma pure al di fuori della loro comunità.
Dunque, nel giugno 1236 Giovanni Monaco fa un lascito ad un “laborerio
Celle” che, presumibilmente, è da identificarsi con la comunità di religiose
veneziane, questo tenendo presente che la moglie di lui, Bonaventura, nel
1238 prenderà i voti proprio a Santa Maria Mater Iesu Christi. Pietro Pino,
vescovo di Castello, nel luglio 1236, risponde alle richieste rivoltegli dalle
“sorores” della parrocchia di Santa Croce, ed in ciò si può leggere un
riconoscimento, anche se informale, della comunità femminile. L’anno
seguente Costanza, in qualità di “priora” del monastero “de novo
eddificando”, ricoprendo quindi un ministero ben definito, riceve, a nome
delle sorelle che dimorano e dimoreranno nel convento, la terra donata dai
Badoer nel settembre 1236.
Sembra quindi possibile affermare che le religiose si trovavano già nella
parrocchia di Santa Croce al momento della donazione del settembre del
1236, ma il testamento di Giovanni Monaco, la risposta del vescovo di
Castello e l’investitura a Costanza non ci offrono elementi sufficienti ad
individuare l’ubicazione esatta del convento.
A partire dal 1237 le religiose presero possesso dell’isola, ancora in parte
sommersa, sita nella stessa contrada di Santa Croce e, dopo opportune ed
indispensabili opere di bonifica, si trasferirono nel monastero che poi
prenderà il nome di Santa Chiara
42
.
Dal momento che le suore si trovavano in Venezia da una data anteriore al
1236, e nessun documento riguardante i primi anni è sopravvissuto, rimane
il problema di ricostruire le prime fasi di vita di questo nucleo religioso.
42
FRANZOI-DI STEFANO, Le chiese di Venezia, p. 87.
32
Esiste una tradizione precoce, forse nata all’interno del monastero ma che
finì per essere accettata da molti storici
43
, in base alla quale la fondazione
risalirebbe al principio degli anni trenta del’ 200, nel periodo in cui sono
attestati a Venezia i primi insediamenti dei Minori.
Nel catastico del 1564
44
, redatto da Lauro Camillo, cappellano del
monastero quando era badessa suor Serafina Molin, sulla base di “vecchi
catastici ed altre scritture”, si dice che fu fondato nel 1234, senza
specificare il mese o le circostanze. La fondatrice sarebbe stata suor
Costanza, della famiglia Calbo, aiutata in questa pia opera dalle figlie Maria
ed Orabile, tre monache provenienti da San Marco di Ammiana, le quali
“elevaverunt totum istud monasterium de aqua” : il redattore del catastico in
questo caso non solo ci informa sulle condizioni dell’isola, ricoperta
dall’acqua e che quindi necessitava di interventi di drenaggio e bonifica, ma
sembra voler sottolineare il contributo dato dalle tre congiunte, che
riuscirono ad erigere un monastero facendolo emergere dalla laguna. Si
ripropone, anche in questo scritto antico, la familiarità ed al tempo stesso la
lotta continua che gli abitanti di Venezia dovevano ingaggiare con le acque
ed il fango, in una quotidianità fatta di pochi metri strappati al mare, e che
qui ci presenta, quasi un’icona, le tre monache impegnate in un’opera che è
anche spirituale.
Secondo il catastico la prima badessa sarebbe stata suor Auria del
monastero di Santa Chiara di Assisi, e si dice che dopo di lei abbia retto la
comunità suor Filippa proveniente da Cremona.
43
GONZAGA, De origine, Prov. Sancti Antonii, mon.VI ; WADDING, Annales, 1234, p.419 ;
CORNER, Ecclesiae Venetae, p. 146 ; Notizie storiche, p. 398; P.A.di VENEZIA, Historia
Seraphica, p. 126.
44
A.S.V. Santa Chiara di Venezia, b. 1, Catastico del monastero redatto dal cappellano Lauro
Camillo nel 1564, al tempo e su volere della badessa, suor Serafina Molin, che resse il mandato dal
1556 al 1569, e fu rieletta per due mandati nel 1562 e 1566.
33
Nell’archivio di Santa Chiara
45
si trova anche un catastico, redatto nel 1653
da Giovanni Nicolosi, al tempo della badessa Maria Stella Venier, che
riporta in copia il documento di investitura a Costanza, da cui risulta che la
terra ricoperta dall’acqua
46
fu donata il giorno 6 di settembre, ma del 1212.
Purtroppo le notizie qui riportate non sono utilizzabili, o comunque
richiedono riscontri accurati con documenti autentici, in quanto le date sono
tutte errate. La donazione dei Badoer è datata 6 settembre del 1212 mentre
l’investitura a Costanza 7 luglio del 1213: non è solo il fatto di possedere
gli atti originali che ci porta a ritenere inesatte queste datazioni, ma anche la
considerazione che nel 1212 non esisteva un movimento di San Damiano,
ordine a cui è detto appartenere il monastero, ed anzi Chiara si era appena
allontanata dalla sua famiglia per seguire l’ideale di Francesco. Inoltre la
bolla di Urbano IV, che sappiamo inviata al monastero di Venezia nel 1261,
è qui datata 10 maggio 1216; anche se in questo caso si potrebbe ipotizzare
una trasposizione di numeri, dal momento che Urbano IV salì al soglio
pontificio nel 1261 ( per rimanervi fino al 1264), la ricostruzione dei fatti e
la loro cronologia non sono attendibili.
Il compendio di notizie del 1564, ancora una volta sotto l’intestazione “ex
antiqua et autentica scrittura”, è riportato anche nella copia del catastico del
1677, accompagnato però da un altro testo in cui, all’anno 1237, è ricordata
la priora Costanza Calbo con le figlie Maria e Gabriella (anziché Orabile,
forse per un errore di lettura o trascrizione
47
) dell’Ordine di San Benedetto
“che tutte così si chiamavano le monache dell’arcella di Venetia”. Questa
45
A.S.V. Santa Chiara di Venezia, b. 1, Catastico redatto nel 1653 da Giovanni Nicolosi, al tempo
e per volere della badessa, suor Maria Stella Venier, nel terzo anno del suo unico mandato.
46
Nel documento si parla di “terra aqua superlabente”; A.S.V, Santa Chiara di Venezia, b.1
pergamene, 1237, maggio.
47
FERRARI, Il francescanesimo nel Veneto, p. 233, n. 2.