| INTRODUZIONE
II
rischio di apparire troppo enfatici, potremmo dire che oggi gli
elementi materiali di un’azienda contribuiscono al valore del
suo prodotto finale molto meno di quanto non vi contribuisca il
suo patrimonio intangibile, vale a dire il talento e le
conoscenze dei suoi dipendenti, l’efficienza dei sistemi di
gestione, la natura e la qualità del rapporto con i clienti, che
assieme costituiscono il capitale intellettuale. C’è, tuttavia, un
problema: cercare di individuare e gestire un patrimonio fatto
di conoscenze è un po’ come pescare a mani nude, si può fare,
certo, ma spesso l’oggetto dello sforzo è piuttosto sfuggente.
Perciò, prima che un’azienda possa utilizzare al meglio le sue
idee, è necessario capire dove e come il capitale intellettuale si
viene a localizzare.
Secondo Drucker, “la conoscenza nella nuova economia è
la risorsa primaria. Terra, lavoro e capitale, i fattori tradizionali
della produzione, non sono scomparsi ma sono diventati
secondari” 1. La conoscenza è, di fatto, la vera risorsa scarsa e
strategica del nuovo millennio e ciò va di pari passo con la
capacità delle imprese di competere sui costi, neutralizzando
in breve tempo qualunque vantaggio basato sulle risorse non
knowledge-based. Un’impresa che innova è un’impresa che
crea valore, crea ricchezza e stabilisce un rapporto dialettico
con i mercati in cui opera. In tal modo non si vuole mettere in
discussione l’utilità di strumenti e concetti tradizionali quali
l’analisi dei fattori critici di successo, le economie di scala, le
curve dei costi, gli indici di redditività, né, allo stesso tempo, si
annuncia l’inutilità di strategie aziendali consolidate, come le
1
Drucker P. F. (1992), “The New Society of Organizations”, in Harvard
Business Review, September/October, p. 95.
| INTRODUZIONE
III
analisi del posizionamento sui mercati; quello che si intende
affermare, semplicemente, è che gli strumenti sopra descritti
non sono più in grado di garantire la creazione e il successivo
consolidamento di un vantaggio competitivo sostenibile se,
contemporaneamente, l’impresa non sa valorizzare e gestire la
conoscenza come principale risorsa chiave e fattore critico di
successo. Per dirla, ancora, attraverso Drucker: “il ruolo della
conoscenza non è semplicemente quello dell’ennesima risorsa
accanto alle componenti tradizionali della produzione, ma la
sola risorsa significativa del nostro tempo” 2. Il futuro, dunque,
appartiene ai lavoratori della conoscenza – individui capaci di
creare valore sotto forma di nuove competenze – e il fattore
decisivo sul quale si valuterà la prosperità di un’azienda sarà
proprio la sua capacità di formare e addestrare tali individui.
Un simile scenario non può che coinvolgere l’intera società: i
prodotti e i servizi tendono progressivamente a perdere la loro
componente fisica a favore del contenuto di conoscenza in essi
cristallizzato; le aziende adottano una struttura organizzativa
flessibile ed elastica, in grado di adattarsi velocemente ai
cambiamenti, anticipare le nuove esigenze e modificare le
modalità operative, sia al loro interno che all’esterno; la
formazione diventa una premessa essenziale nel processo di
creazione e trasferimento della conoscenza; la diffusione delle
Information and Communication Technologies (ICT) modifica
profondamente il modo di operare delle organizzazioni. Ecco,
brevemente, i temi affrontati all’interno di questo lavoro, il cui
obiettivo è anzitutto lo studio particolareggiato ed esauriente
2
Drucker P. F. (1993), La società post-capitalista, Sperling & Kupfer, Milano,
p. 14.
| INTRODUZIONE
IV
del cosiddetto knowledge worker. Più in dettaglio, il presente
elaborato è così articolato:
- nel primo capitolo, che non a caso è stato intitolato “Lavoro
e conoscenza”, vengono introdotti i concetti di società della
conoscenza, e-learning, lifelong learning e metacompetenza,
in seguito ulteriormente approfonditi. Dopo aver descritto il
delicato passaggio dalla società industriale di Taylor e Ford
alla new, net e knowledge economy, si cerca poi di chiarire il
significato del termine conoscenza attraverso i contributi di
alcuni illustri autori (Sorge, Quagli, Schumpeter, Davenport,
Nonaka e Takeuchi), distinguendo, in particolare, tra questa
e l’informazione e tra la conoscenza tacita e quella esplicita.
Gli ultimi due paragrafi, infine, sono dedicati alla formazione
nella società della conoscenza e alle notevoli difficoltà che
tuttora la caratterizzano;
- il secondo capitolo è interamente centrato sul knowledge
worker: nel primo paragrafo viene illustrato in dettaglio il
suo ruolo all’interno della knowledge economy, nel secondo
si cerca di trovare un punto d’incontro omogeneo tra diverse
formule definitorie di altrettanti autori (Bell, Rifkin, Butera,
Davenport, lo stesso Drucker), il terzo presenta il contributo
molto interessante della Fondazione IRSO, che, attingendo
ai dati delle statistiche internazionali di Italia, Germania,
Francia, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti, ha registrato
l’effettiva crescita numerica dei lavoratori della conoscenza
e ne ha messo in luce la composizione interna, per genere e
per livello di istruzione. Nei paragrafi successivi si propone,
in base alle varie dimensioni considerate, una distinzione tra
| INTRODUZIONE
V
le diverse tipologie di knowledge workers e, in particolare, si
traccia un profilo completo degli high performer, arrivando
così al tema dell’organizzazione del lavoro della conoscenza
e al Modello Analitico e Progettuale 4C di Butera (le
Comunità di lavoro basate su Cooperazione intrinseca,
Conoscenza condivisa e Comunicazione estesa), il quale
combina differenti forme di conoscenza con quattro tipologie
organizzative (ovvero: con conoscenza routinizzata, che
dipendono dagli esperti, dipendenti da simboli e analisti,
communication intensive). L’ultimo step del capitolo, invece,
rivolge l’attenzione alla conoscenza nei processi innovativi;
- il terzo capitolo traduce in maniera operativa quanto visto in
precedenza. Nella prima parte si approfondisce il processo di
generazione della conoscenza, distinguendo cinque possibili
alternative (l’acquisizione, l’impegno di risorse dedicate, la
fusione, l’adattamento e la connessione in rete), seguono le
fasi di codificazione, coordinamento e trasferimento, senza
però tralasciare i possibili fattori di attrito, che rallentano, o
addirittura impediscono, il funzionamento del meccanismo in
questione. Nella seconda parte, invece, vengono ripresi i
concetti di e-learning, lifelong learning e metacompetenza
attraverso una trattazione più ampia e minuziosa, dulcis in
fundo è la volta del modello di conversione della conoscenza
di Nonaka e Takeuchi;
- il quarto ed ultimo capitolo si apre sul concetto di Capitale
Sociale e sulle implicazioni che portano alla nascita di una
Knowledge Society. Alla riflessione non può che seguire una
solida analisi del Knowledge Management e, in particolare,
| INTRODUZIONE
VI
delle tecnologie della conoscenza. Tutto ciò in funzione di
una domanda che, ovviamente, troverà adeguata risposta
nel corso delle conclusioni: in che modo il management del
lavoro della conoscenza può gestire i knowledge workers?
I | LAVORO E CONOSCENZA
1
CAPITOLO I
LAVORO E CONOSCENZA
1. Un’economia basata sulla conoscenza
Lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione ed il
fenomeno della globalizzazione sono tra i fattori che
contribuiscono maggiormente a caratterizzare l’attuale società
come società della conoscenza o società dell’informazione. Il
Libro Bianco della Commissione Europea – Crescita,
competitività, occupazione – già nel 1995 sottolineava come la
diffusione delle ICT avrebbe influenzato il nostro modo di
comunicare, di lavorare, ma anche le nostre abitudini e il
tempo libero 3. L’imponente sviluppo dei mezzi di
comunicazione avrebbe rappresentato l’origine di un
accorciamento delle distanze spaziali e temporali, della nascita
di società multinazionali e transnazionali e dunque della
globalizzazione delle culture. Secondo Domenico Lipari 4, i
cambiamenti socio-economici degli ultimi decenni sono in
primo luogo riconducibili ad una profonda trasformazione della
natura del lavoro e delle professioni, all’imprescindibilità della
variabile tecnologica e del settore dei servizi ai fini del
benessere economico, alla crucialità dei processi di produzione
e gestione dell’informazione, anche alla luce dell’impossibilità di
3
Montedoro C., Pepe D. e Serra F. (2006), “La formazione oggi: ruolo e
prospettive”, in Bertagni B., La Rosa M. e Salvetti F. (a cura di), Società della
conoscenza e formazione. Sociologia del lavoro, n. 103, Franco Angeli, Milano, p.
13.
4
Lipari D. (2002), Logiche di azione formativa nelle organizzazioni, Guerini e
Associati, Milano, p. 95.
I | LAVORO E CONOSCENZA
2
una pianificazione di lungo periodo connessa all’aumento della
velocità di cambiamento e alla ridotta possibilità di stabilità,
infine, alla mondializzazione delle relazioni e degli scambi
economici, accompagnata da un crescente dinamismo dei
tempi e delle modalità di scambio.
Proprio perché immerse nella società della conoscenza e
rivolte soprattutto alla creazione di conoscenza, le istituzioni e
le organizzazioni si trovano oggi ad affrontare contraddizioni e
difficoltà del tutto nuove 5: devono raggiungere l’integrazione
globale e l’adattamento locale al tempo stesso; devono
affrontare contesti diversi in termini di forza lavoro, clienti,
fornitori ed imprese correlate; devono avere, infine, la capacità
di gestire il loro ambiente interno e, contemporaneamente, di
superarlo per poter funzionare in modo efficiente. Le possibilità
per un’impresa di vivere, di crescere, di gestire le
contraddizioni e le incertezze, sono legate all’entità, alla
ricchezza ed alla flessibilità del suo patrimonio di conoscenze. È
all’interno di questa prospettiva che il concetto di società
dell’informazione si trasforma in quello di società della
conoscenza, la crescente complessità dello scenario economico
e sociale richiede non solo l’acquisizione di nuove informazioni,
ma anche e soprattutto la capacità di produrre e sviluppare
nuove conoscenze e nuove competenze necessarie ad
affrontare compiti evolutivi e sociali per lo sviluppo individuale,
professionale e civile. L’apprendimento lungo l’intero corso
della vita è necessario come fattore produttivo, di crescita
5
Nonaka I. e Toyama R. (2003), “L’impresa che crea conoscenza”, in
Sviluppo & organizzazione, n. 197, Edizioni Scientifiche Tecniche Europee, Milano,
p. 83.
I | LAVORO E CONOSCENZA
3
individuale e di sviluppo delle risorse umane, ma anche come
fattore centrale di coesione sociale. Con i Consigli di Feira e
Lisbona, nel 2000, l’Unione Europea dedica un asse prioritario
ai temi dell’istruzione e della formazione permanente, decisivi
per il buon esito della transizione verso un’economia e una
società basate sulla conoscenza. “Il documento finale al
Summit di Lisbona pone, come nuovo obiettivo strategico per
l’Unione, la creazione di una knowledge-based economy, che
dovrebbe diventare un powerful engine for growth,
competitiveness and jobs; un motore, si spera, che migliorerà
la qualità della vita dei cittadini e dell’ambiente” 6. Nei
documenti programmatici dell’UE con il termine lifelong
learning si indicano tutte le attività di apprendimento
finalizzate a migliorare le conoscenze, le abilità e le
competenze, in una prospettiva personale e civica, sociale e
occupazionale. Del resto già nel 1970, nell’Introduzione
all’educazione permanente scritta per l’Unesco in occasione
dell’anno internazionale dell’educazione, Paul Lengrand
sottolineava che l’educazione non riguardava solo l’acquisizione
di un patrimonio di conoscenze, ma lo sviluppo dell’individuo
nella sua interezza 7. I compiti della formazione si declinano
allora in due specifiche direzioni: favorire l’attivazione di
strutture e di metodi per aiutare gli individui nella continuità
del loro apprendimento e della loro formazione per tutta la vita
e attrezzarli, anche attraverso le forme sempre più articolate di
6
Vespasiano F. (2005), La società della conoscenza come metafora dello
sviluppo, Franco Angeli, Milano, p. 16.
7
Lengrand P. (1973), “Introduzione all’educazione permanente”, in Serie di
educazione permanente, n. 4, Armando Editore, Roma.
I | LAVORO E CONOSCENZA
4
autoapprendimento, affinché possano essere artefici del loro
stesso sviluppo.
Il sistema di accesso al mondo del lavoro si caratterizza
sempre più per le richieste di crescente qualificazione delle
competenze sia di tipo professionale, sia di tipo tecnico, sia di
natura trasversale, specie nei termini di capacità di reagire al
cambiamento. A fronte di questa situazione gli obiettivi della
formazione e dell’orientamento tendono a porre maggiormente
l’accento sulle capacità di azione dell’individuo, “chiamato a
costruire da sé le proprie certezze, preoccupandosi, in prima
persona, delle possibilità di inserimento nel mercato del lavoro
attraverso l’istruzione e la formazione” 8. Più precisamente, “al
soggetto necessita non tanto la capacità di affinare le proprie
performance in funzione di una progressione di carriera,
nell’ambito di uno stesso lavoro o di una stessa azienda,
quanto, piuttosto, la capacità di transitare da una funzione ad
un’altra e da un ambiente di lavoro a un altro” 9. Un passaggio
ugualmente significativo riguarda la progressiva riduzione del
lavoro dipendente a vantaggio di quello indipendente: il
soggetto, non più supportato e gestito dal proprio contesto
lavorativo, si trova nella condizione di dover fare affidamento
sulle proprie capacità, le quali riguardano soprattutto il saper
individuare gli ambiti d’azione più prossimi alle proprie
caratteristiche e il saper agire al fine di incrementare la
possibilità di usufruire della formazione. Nella prospettiva di
8
Alberici A. (2002), L’educazione degli adulti, Carocci, Roma, pp. 10-11.
9
Cunti A. (2001), Pedagogia e didattica della formazione, Liguori, Napoli, p.
58.
I | LAVORO E CONOSCENZA
5
Fontana e Varchetta 10, il fattore solitamente indicato come il
sapere al lavoro rappresenta, da un lato, una risorsa strategica
fondamentale della società contemporanea, dall’altro è invece
causa di un’incertezza e di una competizione incessanti. Il
momento formativo diventa dunque una risposta essenziale al
problema della mancanza/carenza di saperi, conoscenze e
competenze considerate necessarie per affrontare l’incertezza,
di conseguenza, proprio attraverso l’educazione permanente,
l’individuo cerca di superare le sfide che incontra nell’ambito
del proprio lavoro e si propone contestualmente di dare un
senso al proprio agire.
2. L’innovazione dei modelli formativi
“L’innovazione è ormai considerata un elemento
fisiologico della competizione e della vita dell’impresa. Ciò
nonostante, il processo innovativo non è diventato un semplice
e banale evento della quotidianità aziendale, ma ha mantenuto
il suo carattere dirompente, che si sostanzia nella modifica
delle regole del gioco competitivo” 11. Per le organizzazioni
esposte alla competizione internazionale, la capacità di
innovare e trasformare appare decisiva. E poiché l’innovazione
è in larga misura legata alla possibilità di organizzare ed
attivare capacità riflessive sull’esperienza accumulata nelle
pratiche lavorative consolidate, emerge con forza la priorità e
10
Fontana A. e Varchetta G. (2005), La valutazione riconoscente. La
valutazione della formazione nelle organizzazioni contemporanee, Guerini e
Associati, Milano, p. 87.
11
Migliaccio M. (2002), La gestione dell’innovazione aziendale nell’era di
Internet, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, p. 19.
I | LAVORO E CONOSCENZA
6
la centralità, per questo genere di organizzazioni, della risorsa
umana, del capitale intellettuale, dell’investimento in ricerca e
in saperi, repetìta iùvant, innovativi. Si delinea così una logica
nuova, opposta rispetto a quella della razionalizzazione, basata
sull’intreccio di quattro dimensioni essenziali: la capacità di
innovazione; il capovolgimento del rapporto quantità-qualità
(nel senso del primato della qualità); la centralità della risorsa
umana; la capacità di ascolto e di apprendimento.
Il passaggio dalla società industriale a quella post-
industriale ha trasformato definitivamente il modo di lavorare e
richiede a tutti gli attori una competenza strategica primaria,
quella di governare l’incertezza e di affrontare attivamente il
cambiamento. Al lavoratore oggi sono richieste complesse ed
articolate doti umane, competenze e cultura per affrontare e
gestire il cambiamento, per essere competitivo a livello globale.
La tendenza, diffusa nel mondo delle imprese, è quella di
valorizzare le risorse umane attraverso strategie organizzative
centrate sull’individuo, con l’obiettivo di potenziare le capacità
e i talenti delle persone e di porre maggiore attenzione al ruolo
della cultura aziendale come strumento per il successo stesso
dell’impresa. È evidente, allora, come anche il ruolo dei sistemi
formativi, chiamati ad operare in risposta ad ambienti di lavoro
profondamente mutati, cambi notevolmente. La formazione
deve far fronte ad un lavoro che diventa sempre più cognitivo e
relazionale, di conseguenza la formazione si sgancia dai principi
tradizionali della standardizzazione e della specializzazione e si
orienta verso il concetto di apprendimento organizzativo, inteso
come fenomeno sociale: il processo di apprendimento perde la
I | LAVORO E CONOSCENZA
7
sua connotazione prevalentemente strumentale, come insieme
di conoscenze ed abilità finalizzate alla costruzione di un sapere
e di un saper fare funzionali alla fabbrica, allargandosi così alla
dimensione qualitativa del saper essere, connessa al senso e al
significato e non più solamente alla logica della produzione. La
centralità del concetto di apprendimento si traduce in quello di
metacompetenza, intesa come la capacità dell’individuo di
adattarsi alle dinamiche evolutive del suo sistema professionale
di riferimento, significa sapersi orientare nell’intricata realtà
lavorativa odierna, trasformare e ricostruire continuamente gli
strumenti necessari per entrare e, se necessario, rientrare nel
mercato del lavoro. Nella società della conoscenza la categoria
fondamentale dell’esperienza professionale è la capacità di
apprendere ad apprendere, capacità che implica una pluralità
di dimensioni: cognitive, emotive, sociali, linguistiche. Questa
categoria comporta una disposizione fondamentale, flessibile e
adattiva, legata a capacità individuali relazionali, affettive, di
responsabilità, orientamento, progettazione e intervento sul
reale, si tratta di ciò che, metaforicamente, potremmo definire
gli attrezzi del mestiere per comprendere e per poter essere
attori sociali nella knowledge society 12. Le competenze
strategiche tendono a configurarsi nei termini della capacità, da
parte di ogni individuo, di saper costruire e ricostruire di
continuo i propri strumenti professionali per far fronte alle
condizioni di variabilità dell’ambiente di riferimento. In ambito
istituzionale ed organizzativo, così come in quello formativo, si
12
Alberici A. (2002), “Per una pratica riflessiva integrata. La progettazione
curricolare orientata alle competenze nella dimensione del lifelong learning”, in
Montedoro C. (a cura di), Le dimensioni metacurricolari dell’agire formativo,
Franco Angeli, Milano.
I | LAVORO E CONOSCENZA
8
rende necessario mobilitare il soggetto stesso, le sue risorse, le
sue capacità, il tutto all’interno di una logica fortemente
interattiva. Alcune competenze di base sono “alimentatrici, per
non dire conditio sine qua non, di diverse metacompetenze
applicative quali l’orientamento ad apprendere, la flessibilità,
l’innovatività, la responsabilizzazione, la posizione proattiva” 13,
ciò comporta la definizione di dispositivi e modelli attivi di
formazione in cui giocano un ruolo primario l’individuo in
formazione e il processo stesso di apprendimento. La
costruzione di nuove competenze durante il percorso di
formazione si deve alla capacità dell’individuo di rimettere in
gioco le proprie abilità, il proprio orientamento, i suoi strumenti
di conoscenza e di azione. Proprio “nella combinazione di
ricorsività e di trasferibilità dell’apprendere, nutrita e sviluppata
dalla riflessività e dalla ricerca di un punto di vista laterale o di
una prospettiva rovesciata, si attiva quella metacompetenza
fondamentale che è una sorta di matrice delle
metacompetenze: l’apprendere ad apprendere“ 14. È grazie alla
possibilità, da parte dell’individuo, di costruire i propri percorsi
di conoscenze e di assumersi la responsabilità dei propri
orientamenti utilizzando al meglio l’insieme degli apprendimenti
formali, non formali ed informali, lungo tutto il corso
dell’esistenza, che si attua la sfida dell’apprendimento
13
Bruscaglioni M. (2003), “La formazione dei formatori per l’acquisizione di
metacompetenze”, in Aa. Vv., Apprendimento di competenze strategiche, Franco
Angeli, Milano, pp. 282-283.
14
Verdi Vighetti L. e Bertucci I. (2007), “Sperimentare il cambiamento tra
riflessività e azione: fabbisogni formativi dei formatori e sperimentazione di un
percorso di apprendimento sulle metacompetenze”, in ISFOL, La riflessività nella
formazione: pratiche e strumenti, Rubbettino Industrie Grafiche ed Editoriali,
Soveria Mannelli (CZ), p. 81.
I | LAVORO E CONOSCENZA
9
permanente. Il discorso sull’apprendimento di metacompetenze
si traduce così in un discorso sulla possibilità di conciliare il
potenziamento dei progetti organizzativi con l’espressione
dell’autonomia individuale, in questo senso la logica del lifelong
learning dovrebbe permettere alle persone di rimanere in una
condizione di occupabilità e di inserire il proprio percorso di
lavoro e di realizzazione personale all’interno di contesti
organizzativi e sociali più ampi, oltre che in rapida evoluzione.
Perché la formazione tradizionale, accumulata in lunghi periodi
di apprendimento scolastico e professionale, che doveva
bastare per tutto l'arco della vita, non è più sufficiente per
sopravvivere su un mercato che richiede flessibilità, adattabilità
al mutare delle tecnologie e delle conoscenze, attenzione alle
relazioni. I discorsi sulla formazione lifelong presuppongono
modelli attivi di apprendimento e, in termini per molti aspetti
analoghi, anche i temi legati all’e-learning chiamano in causa
soggetti motivati ad apprendere, capaci di tracciare i fili ai quali
è legata l’estensione e la costruzione del proprio sapere. In
definitiva, all’interno di ogni discorso sulla conoscenza
l’individuo sembra porsi, con il suo livello di valori e di sapere,
quale fondamento di un sistema di scambi e di relazioni cui egli
stesso è in gran parte artefice.