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questo tema, della cooperazione in ambito internazionale, inevitabilmente ci
s’incontra con i governi ed i mercati. Le Ong sono, secondo i termini che le
auto-definiscono tali, non politiche, ma non per questo si possono chiamare
fuori facilmente dal dialogo con le istituzioni statali di ogni paese del
mondo. Come scrivono Thierry Pech e Marc-Olivier Padis, in un saggio
sulle Ong tra politica e mercato, “si tratta di riaffermare, tra la sfera politica
e mercantile da un lato e quella civile dall’altro, una frontiera
sufficientemente ermetica per proteggere la loro rispettiva integrità” (Pech,
T. e Padis, M.O. 2004). Con l’etichetta di Ong si fa riferimento alla Caritas
tanto quanto a Greenpeace e al WWF: esistono un gran numero di Ong
importanti e potenti a livello mondiale, per cui sono necessarie alcune
considerazioni per poter inquadrare la realtà del loro operato.
Nel primo capitolo dunque, partendo dalle definizioni legislative e
dai libri di storia, verrà delineato il profilo, i valori ed il contesto entro cui
questi organismi istituzionali stanno operando ormai da anni, sin dalle
origini radicate nei movimenti pacifisti del dopoguerra, antagonisti alle
decisioni politiche in risoluzione ai pesanti conflitti bellici che hanno
segnato indelebilmente la storia dell’umanità nel ventesimo secolo. Grazie
alla Guida alla Cooperazione Internazionale del SOCI - Servizio
Orientamento Cooperazione Internazionale, del Comune di Milano, di
seguito verrà trattato sommariamente ogni settore d’intervento tramite cui
si strutturano i diversi progetti di collaborazione internazionale, per sanare
il pesante divario tra i paesi a nord e a sud del mondo, con le relative
ripercussioni sulle condizioni di vita dei popoli.
Verranno descritte le principali Ong di coordinamento italiane a
livello nazionale, il CIPSI, il COCIS e il FOCSIV, di cui verranno trattate la
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storia, le origini, i valori e gli obiettivi in base ai quali operano da anni in
Italia e all’estero, promuovendo l’attività di sviluppo nel settore sociale non
meno che in quello degli aiuti materiali centrati sul territorio degli altri paesi.
Delle organizzazioni non governative rimaste tuttora autonome a questi
organismi di coordinamento, seguirà un paragrafo di presentazione.
Le problematiche che investono la sfera sociale e pubblica su scala
planetaria sono davvero molte e complesse, dal diritto internazionale alla
lotta per il rispetto dei diritti umani, fino ai cavilli burocratici delle
istituzioni cosiddette democratiche che promuovono persino azioni militari
giustificate da ben noti interessi economici. Si parla del divario culturale o
cultural divide (Censis, 2005) imposto forzatamente dalle nuove tecnologie,
dai paesi che ne possiedono il monopolio, primo fra tutti gli Stati Uniti
d’America; indubbiamente i loro effetti su ampia scala sono difficilmente
comprensibili in una visione d’insieme, in quanto la velocità con cui le
notizie corrono da un capo all’altro del globo non fa che aumentare la
rilevanza di ogni azione individuale, strettamente connessa a tutte le altre in
una sorta di effetto farfalla talvolta deleterio. Ogni notizia di rilevanza politica
o soltanto giornalistica si riverbera sul piano internazionale e
sopranazionale, condizionando successivamente i pensieri e le azioni di chi
ha il potere di intraprendere azioni belliche o soltanto determinare il prezzo
dei prodotti di altro consumo sul mercato.
Al concetto di cultural divide si collega facilmente quello di digital divide:
la tecnologia, un tempo al servizio dell’uomo, ora ne determina la vita
quotidiana di tutti coloro che ne fanno uso, insieme alla qualità e quindi alla
pertinenza dello scambio d’informazioni tra i suoi innumerevoli utenti e
consumatori (Galimberti, 1999).
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Il secondo capitolo riguarda le varie forme di cooperazione
internazionale in rapporto con le delicate problematiche del vivere
“globale”, delle condizioni di vita nel nostro paese in rapporto a quelle di
paesi culturalmente differenti e come poter sanare questo divario in base
alle modalità di progetto delle organizzazioni internazionali preposte a
questo scopo, siano esse di carattere politico o maggiormente autonome a
livello sopranazionale.
La psicologia al servizio di una comunità e ancor più, degli obiettivi
umanitari di una organizzazione non governativa, deve dunque tingersi dei
colori della diplomazia, del senso pratico e dell’energia propositiva verso un
cambiamento graduale nel tempo ed in senso positivo, volgendosi al
miglioramento, talvolta faticoso, delle condizioni di vita e del benessere
delle persone nel posto e nel momento stesso in cui la propria azione ha
luogo. Nello specifico, si cercherà di promuovere la figura professionale
dello psicologo clinico in materia di educazione allo sviluppo, di progetti
sociali e socio-assistenziali in aree oggetto d’intervento umanitario e
dell’importante funzione di coordinamento tra i diversi operatori, volontari
e non, occasionali o esperti specialisti, che si trovano ad operare in veste di
attori sociali nei progetti di cooperazione internazionale. Verrà descritta la
figura del cooperatore allo sviluppo in base ai requisiti del COOPI, una
Ong autonoma presa ad esempio per le recenti proposte di lavoro in vari
settori di cui si richiede manodopera specializzata, nonché determinate
caratteristiche personali, per l’assunzione in progetti a breve-medio termine.
Il terzo capitolo tratterà della questione di genere in materia di pari
opportunità, che anche in questo settore si fa sentire come tasto dolente di
un’intera organizzazione lavorativa a livello sopranazionale altrimenti molto
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attenta al ruolo della donna, alla sua tutela e alla relativa promozione,
almeno sulla carta.
Il quarto capitolo intende riassumere il quadro generale delle varie
forme di cooperazione internazionale, sia decentrata che volta allo sviluppo,
in rapporto talvolta fervente e delicato con i governi locali.
L’ultimo capitolo riguarda il ruolo dello psicologo in una
organizzazione internazionale, quali doti vengono richieste nel suo
intervento e nel caso specifico di un’organizzazione presa come esempio,
verranno indagate le modalità del processo di selezione che porta
all’incontro tra il singolo operatore e l’istituzione precostituita, un’incontro
importante per “stabilire una relazione” necessaria e indispensabile “tra le
motivazioni profonde ed i bisogni del singolo” da una parte e le esigenze,
gli obiettivi e la vitalità di “un’organizzazione sociale e lavorativa” dall’altra
(Kaneklin, C. e Bruno, A. in Rovetto e Moderato, 2001, p. 633).
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Capitolo primo
ONG: Organizzazione Non Governativa
La vita di un uomo non è un’impresa commerciale.
Saul Bellow, Herzog
1.1 Definizione
Le organizzazioni non governative sono “organismi indipendenti dai
governi e dalle loro politiche.” Esse operano nel campo della solidarietà
internazionale e della cooperazione allo sviluppo (Guida SOCI, 2001).
Una suddivisione abbastanza comune delle organizzazioni
internazionali che si occupano di cooperazione allo sviluppo vede
impegnate le Organizzazioni Governative, le Organizzazioni
Intergovernative (o IGO) e le Organizzazioni Non Governative (World
Volunteers, 2005). Generalmente, in riferimento a quest’ultime, si tratta di
organizzazioni non aventi fini di lucro che ottengono almeno una parte
significativa dei loro introiti da fonti private, per lo più sotto forma di
donazioni. Il loro operato in Italia è regolato dalla legge 49/87; solo un
riconoscimento dal MAE, Ministero degli Affari Esteri, permette alle Ong
idonee di “accedere ai finanziamenti governativi stanziati solitamente per
progetti di cooperazione con i paesi del terzo mondo”, o in via di sviluppo,
“per le attività ad essi collegate” (MAE, sito ufficiale Ministero degli Esteri).
Nel mondo anglosassone queste istituzioni vengono identificate con
la sigla PVO, Private Voluntary Organizations, spesso preferito
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all’acronimo NGO, Non Governamental Organizations, ma i due termini
sono grosso modo equipollenti.
In questa trattazione non si fa dunque riferimento alle organizzazioni
governative e intergovernative, annoverate tra le Associazioni Nazionali di
cooperazione allo sviluppo, di cui in Italia vi è la Cooperazione Italiana che
fa capo al MAE. “Tutti i paesi sviluppati hanno comunque la propria
Agenzia di sviluppo. In USA ad esempio è la US Agency for International
Development, ovvero USAID […]” (World Volunteers, 2005).
Tra gli organismi intergovernativi si ricordano la FAO (Food and
Agriculture Organization), l’UNICEF (United Nations Children Fund) e
l’UNDP (United Nations Developmenti Programme) “che ricevono
finanziamenti principalmente dall’ONU, dall’Unione Europea e dalla Banca
Mondiale” (ibidem).
L’espressione organizzazione non governativa viene menzionata per la
prima volta nell’ambito delle Nazioni Unite: l’articolo 71 della Carta
Costituzionale dell’ONU prevede infatti l’eventualità che il Consiglio
Economico e Sociale possa consultare “organizzazioni non governative
interessate alle questioni che rientrano nelle sue competenze”, ovvero che
riguardino questioni di natura sociale o economica molto spesso non
direttamente affrontate dai governi considerati (Carta Costituzionale
dell’ONU, art. 71, riportato sul sito ufficiale del Ministero degli Affari
Esteri).
La storia e l’evoluzione politica, economica e sociale degli stati
facenti parte dell’ONU, naturalmente, è in continua trasformazione e
queste organizzazioni si assumono il compito di vigilare ed intervenire in
tutte le questioni umanitarie troppo spesso bistrattate tra le dinamiche
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sottili e delicate che legano i vari paesi tra loro sulla scena politica
internazionale. Per questo, le Ong esistono per gli scopi più numerosi e
disparati, solitamente “per difendere e perseguire le istanze politico-sociali
dei propri membri, sensibilizzati ed attivi riguardo alle questioni umanitarie
spesso trascurate dai singoli governi” (wikipedia.org, 2005). Secondo il sito
ufficiale delle organizzazioni di volontariato italiane, le organizzazioni non
governative possono essere classificate secondo 5 tipologie, a volte
interconnesse:
1. ONG di volontariato classiche, dove predomina l’aspetto
dell’impegno personale e volontario, finalizzato alla crescita morale e alla
solidarietà. Talvolta l’aspetto religioso e spirituale dei suoi membri ne è una
caratteristica predominante, tanto che molte ONG, specialmente
nell’ambito della coordinazione del FOCSIV Volontari nel mondo -
Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario - sono
di manifesta ispirazione ai valori cristiani.
2. ONG impegnate in progetti di cooperazione a breve-medio termine,
formate da personale qualificato e selezionato. I professionisti coinvolti
lavorano sia a titolo gratuito che con parziale rimborso spese; vengono
ricompensati economicamente soprattutto coloro che svolgono un ruolo di
responsabilità nella direzione, coordinazione ed attuazione di un progetto
nel paese in cui vanno ad operare.
3. ONG che sostengono finanziariamente ed operativamente progetti
nei paesi in via di sviluppo o PVS, senza necessariamente inviare volontari
sul posto ma attraverso referenti locali. Esempio ne è il CIPSI –
Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale,
l’associazione senza scopo di lucro costituitasi nel 1985 e riconosciuta
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idonea dal MAE, Ministero degli Affari Esteri. Attualmente il CIPSI è
composto da “ben più di 30 associazioni” che per statuto perseguono
obiettivi di “cooperazione internazionale mediante progetti di sviluppo nei
PVS ed iniziative di educazione allo sviluppo in Italia” (guida SOCI, 2001).
4. ONG specializzate nella ricerca, nello studio e nella formazione di
personale italiano o proveniente dagli stessi paesi oggetto d’aiuto.
Numerose scuole, enti locali ed Università in Italia si sono da tempo
attivate per promuovere corsi di aggiornamento, master e corsi di laurea
nelle specifiche discipline sociali e giuridiche d’interesse per i futuri
operatori dello sviluppo e coordinamento internazionale (ibidem).
5. ONG operanti soprattutto in Italia nel campo dell’educazione e
dell’informazione locale sui temi dello sviluppo, della solidarietà e della
cooperazione fra i popoli. Queste organizzazioni vengono principalmente
sostenute dall’attività di raccolta fondi, grazie alla promozione sul territorio,
nelle piazze e nelle manifestazioni pubbliche d’incontro (sito ufficiale:
volontariato.org).
In materia di ricerca di finanziamenti, se supportate da un buon
progetto, “anche quelle organizzazioni che non hanno ancora ottenuto il
riconoscimento dal Ministero degli Affari Esteri qui in Italia, possono
comunque accedere ai finanziamenti stanziati dal fondo sociale dell’Unione
Europea per progetti di cooperazione nei PVS” o nel nostro paese stesso
(Guida SOCI, 2001). La questione normativa economica alla base del
funzionamento e della vitalità di ogni organismo istituzionale è
naturalmente soggetta all’influenza delle politiche nazionali ed estere di ogni
stato con cui si detiene un continuo dialogo sul piano politico.
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Riguardo agli scopi ed agli obiettivi prefissati per cui opera una Ong,
si possono riconoscere alcuni ideali comuni o ragioni forti e condivise, quali
ad esempio:
- la tutela, la salvaguardia e il miglioramento dell’ambiente;
- l’incoraggiamento all’osservanza, al riconoscimento e alla difesa dei
diritti umani;
- la lotta contro la povertà e l’incremento del benessere nelle fasce di
popolazione disagiate, sia in Italia che all’estero;
- il benessere e la garanzia delle condizioni minime di vita di un
popolo, in termini di assistenza socio-sanitaria di base;
- l’attenzione alle esigenze primarie di ciascuna comunità
(wikipedia.org, 2005).
Questi sono solo alcuni esempi delle motivazioni fondamentali che
possono animare un’organizzazione non governativa ma occorre guardare
nello specifico allo statuto e alle premesse operative di ogni associazione
per poterne dedurre lo spirito che le governa. È da notare che esistono
moltissime organizzazioni i cui scopi ricoprono un’ampia gamma di
posizioni filosofiche e politiche, manifeste in progetti di varia natura e
fattibilità pratica. Tipicamente le Ong più accreditate fanno parte del
“movimento ecologista, pacifista, laburista o dei popoli indigeni e non sono
affiliate formalmente ad alcun partito politico preciso” che non rappresenti
gli ideali di pace, ecologia, tolleranza o rispetto per i diritti umani (ibidem).
Esistono Ong coperte da gruppi politici o religiose ma queste
godono di una credibilità relativamente modesta sul piano globale, nel
momento di confronto tra popoli e culture diverse.
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Le relazioni che intercorrono tra finanza e politica, tra economia e
governi in rapporto a queste organizzazioni, possono essere abbastanza
complesse e talvolta conflittuali, specialmente nel caso di Ong come
Greenpeace che si oppongono alle attività governative, finanziarie o
capitalistiche a scapito della protezione e della salvaguardia dell’ambiente.
Gli interessi economici spesso collidono con la morale ed i principi più
nobili per cui queste organizzazioni vorrebbero opporre il loro contributo
attivo e di contestazione.
Settore specifico delle Ong è, fra tutti, quello della cooperazione allo
sviluppo, sia nazionale che internazionale, per la quale la figura dello
psicologo può svolgere un importante ruolo di mediazione, facilitazione e
coordinamento nei diversi progetti di lavoro. Inoltre, si parla della modalità
di cooperazione decentrata, ulteriore variante operativa di collaborazione
internazionale a stretto contatto con gli enti locali e le associazioni locali. La
complessità e talvolta, l’ambiguità del panorama di tutte questi organismi
nelle loro vicissitudini relazionali, non è facile da mettere a fuoco da un
occhio inesperto ed estraneo alle dinamiche istituzionali ed organizzative.
A questo proposito, verranno dedicati uno o più paragrafi di
approfondimento nel secondo capitolo: saranno descritte le aree tematiche
e gli aspetti che si debbono affrontare nei diversi ambiti della cooperazione
internazionale, oltre alle modalità di concertazione che debbono essere
svolte consapevolmente dai vari operatori collaboranti, a seconda dello
spirito e delle finalità del progetto sociale da perseguire, nel contesto stesso
entro cui si trovano a lavorare.