2.2 Caratteristiche generali del Paese
La Romania ha 19 milioni di abitanti ed un tasso di urbanizzazione molto più
basso rispetto alla media europea ( 55% contro l’71%)
5
e ciò è strettamente
legato al tipo di agricoltura ed alla grande quantità di occupati nel settore
agricolo. Infatti nel 2016 si sono calcolate ben 3,4 milioni di aziende agricole
di cui il 94,6 % erano piccole aziende a conduzione familiare (con meno di 8
mila euro di reddito annuo) e queste hanno rappresentato il 33,4 % di tutte le
aziende agricole europee. Inoltre la forza lavoro totale impiegata nel settore
primario romeno nel 2019 costituisce il 20% di tutta la forza lavoro europea e
cioè ben 1,4 milioni di cittadini ( l’Italia ha impiegato 1,1 milione di lavoratori)
6
.
Si può affermare che la Romania è un Paese a forte vocazione agricola, in
cui il 30% dei cittadini lavora nel mondo agricolo e nei settori collegati, e dove
i contadini hanno piccole proprietà e molto spesso fanno affidamento ai
terreni comuni per produrre tutto ciò di cui hanno bisogno (infatti sono 1,5
milioni gli ettari statali che sono liberi e che rientrano negli usi civici). La loro
fortuna è che la Romania ha ben il 53,4% della terra coltivabile sul totale (125
mila km quadrati sul totale di 239 mila km quadrati ), dato molto maggiore
rispetto al 38,2% dell’Europa (l’Italia invece si ferma al 42%)
7
. Più
preoccupante è, invece, il fatto che pochissime grandi aziende detengono
estensioni immense di terra: quelle che superano i 100 ettari sono appena 12
mila e controllano il 34% dell’intera terra coltivabile. Addirittura le prime cento
di esse gestiscono da sole 500 mila ettari.
All’agricoltura tradizionale si affianca l’agricoltura di mercato generando così
un’interazione sociale ed economica tra diversi soggetti, tutti accomunati da
una volontà: la terra. I piccoli contadini chiedono gli aiuti statali e di poter
continuare ad usufruire degli usi civici sui terreni demaniali, le grandi aziende
vogliono più terra e risorse, gli speculatori vogliono comprare e rivendere i
terreni (spesso senza nemmeno coltivarli). Tutti in Romania si precipitano ad
acquistare o affittare terra coltivabile, generando una catena di conseguenze
che potrebbe avere una notevole risonanza nell’ambito europeo. Non a caso
la Romania,insieme ad altri Paesi dell’est Europa, è uno dei Paesi “preda” per
gli investimenti agricoli, così come si vedrà in seguito.
L’azione dello Stato rumeno nel campo agricolo è sempre stata molto forte ed
incisiva ,a partire già dal 1864 quando furono aboliti gli obblighi feudali per i
5 https://ec.europa.eu/eurostat/cache/RCI/#?vis=degurb.gen&lang=en
6 eurostat, agriculture,forestry and fisheries statistics, statistical book 2020 edition
7 Eurostat, Agriculture,forestry and fisheries statistics, statistical book 2020 edition
7
contadini e vi fu una redistribuzione delle terre. Le riforme continuarono per
tutto la fine del’800 ma i risultati erano sempre scarsi perché i grandi
proprietari riuscivano sempre ad evitare di perdere i loro terreni o i loro diritti
sulla terra demaniale. Nel ‘900 vi furono prima la rivolta dei contadini del
1907, stroncata brutalmente dall’esercito, poi la riforma agraria del 1921. Ma
il grande cambiamento avvenne alla fine della seconda guerra mondiale
quando il Partito Comunista Rumeno ,sostenuto dall’URSS, attuò prima una
redistribuzione delle terre e poi la loro collettivizzazione, completata negli
anni ‘60 ed eseguita con la forza. I contadini erano infatti contrariati perché i
loro genitori o nonni avevano lottato e si erano ribellati per ottenere quei
piccoli appezzamenti (2-3 ettari) ma lo Stato stabilì che gli oppositori
dovevano essere giustiziati o mandati in campi di prigionia. Il risultato fu che
più del 96% della terra finì ai GAC (Gospodării Agricole Colective :Istituzioni
agricole collettive). A seguito della Rivoluzione Rumena del 1989 e quindi
della caduta del comunismo, i contadini tornarono a protestare per la terra.
Nel 1991 fu attuata una nuova riforma agraria con l’obiettivo di restituire la
terra delle cooperative statali ai proprietari pre-collettivizzazione, e assegnare
ai nullatenenti appezzamenti di 1-2 ettari. In realtà gli ex comunisti
proponevano ad assegnare a tutti gli abitanti rurali 0,5-1 ettaro per evitare di
formare una nuova classe media, ma fu il Partito Liberale ,sostenuto dai
contadini, ad ottenere la meglio e questo consentì lo smantellamento dei
GAC e una restituzione più soddisfacente delle terre. Già poco dopo 3,7
milioni di famiglie erano di nuovo proprietarie dei loro terreni pre-
collettivizzazione mentre per i nullatenenti la distribuzione fu molto più lenta e
si completò solo nei primi anni 2000. Se il crollo del regime
comunista,accompagnato da disordini sociali e dalla crisi, aveva fatto nascere
il fenomeno dell’emigrazione, fu senza dubbio la lenta distribuzione delle terre
ai nullatenenti a incentivare l’emigrazione per tutto il quindicennio successivo
alla Rivoluzione. Le conseguenze più evidenti di questo cambiamento furono
la soddisfazione di molti contadini e l’aumento della produttività ( furono
distribuiti terreni dello Stato che prima erano abbandonati) ma vi fu anche un
grande aumento del costo dei terreni. L’uso delle terre demaniali è un punto
importante per l’agricoltura rumena perché la discussione vede chi vuole che
le terre rimangano in mano dello Stato (quindi sfruttabili dai contadini ad
esempio per fare legna o per il pascolo) e chi ,invece, vuole che quei terreni
siano venduti. Fin dai primi anni 2000 la scelta è stata quella di venderli ma
negli ultimi anni la diminuzione di questi terreni ha iniziato a preoccupare
contadini ed allevatori. Alcuni ,inoltre, contestano il modo di vendita o di affitto
di questi terreni, affermando che vadano a finire sempre nelle mani di grandi
aziende o di investitori stranieri.
8
2.3 Land grabbing
La Dichiarazione di Tirana del 2011, firmata da rappresentanti di
associazioni,agenzie internazionali e governi, denuncia la pratica del land
grabbing per essere in contrasto con i diritti e la libertà di uomini e donne ed
inoltre perché non tiene conto del suo impatto economico, sociale ed
ambientale.
Non esiste una definizione precisa e universalmente accettata del land
grabbing e quella offerta dalla dichiarazione è sicuramente una delle più
complete poiché collega il valore ambientale con l’importanza della
democraticità delle acquisizioni ed inoltre tiene conto dell’importanza che
quello spazio definito assume per le comunità che lo abitano. Resta da capire
come si sviluppa il fenomeno, cosa fanno i soggetti che ,attivamente o
passivamente,partecipano e qual è la situazione della Romania.
Nel 2019 la Romania ha prodotto ben il 10% di tutti i cereali prodotti in
Europa; la capacità produttiva del Paese ,unito ad altri fattori come il basso
costo della terra e la possibilità dei sussidi europei, sta rendendo sempre più
golosi gli speculatori,gli investitori e gli altri Stati. Non a caso già nel 2015 il
Comitato Economico e Sociale Europeo emanò un parere sul tema
«L’accaparramento di terreni: un campanello d’allarme per l’Europa e una
minaccia per l’agricoltura familiare», specificando come in Romania fino al 10
% dei terreni agricoli fosse in mano ad investitori di paesi terzi e un altro 20-
30 % fosse controllato da investitori di altri paesi dell’UE.
8
È quindi necessario affrontare questo discorso soffermandosi su chi investe,
cosa produce e quanta terra è stata comprata.
La pratica del land grabbing gioca ormai un ruolo fondamentale nell’ambito
geopolitico poiché risponde sia ad un crescente bisogno di
approvvigionamenti per molti Paesi industrializzati o in via di sviluppo, sia un
modo per esercitare una particolare forma di espansionismo economico nel
Paese colpito. Land Matrix ci fornisce vari dati sulla stima del fenomeno in
tutto il globo; va ricordato come sia difficile produrre questi dati visto che sia i
contratti di stipulazione che le capacità amministrative di taluni Paesi rendono
molto più complicato ottenere il quadro preciso della situazione. In Romania
gli ettari “accaparrati” sono poco più di 1 milione e rappresentano l’8 % di
tutta la superficie coltivabile e circa il 4% di tutta la superficie
9
. Nel Paese il
fenomeno è iniziato ancora prima del biennio 2008-2010 ma , comunque, si è
fortemente accentuato dal 2012 in poi. Geograficamente la Romania
presenta un’ampia catena montuosa al centro, i Carpazi, con principalmente
2 grandi pianure: la prima è quella che dal confine con la Serbia giunge al
Mar Nero e in cui si trova la capitale Bucarest . Questa grande pianura,
8Comitato economico e sociale europeo , Parere del Comitato economico e sociale europeo sul
tema «L’accaparramento di terreni: un campanello d’allarme per l’Europa e una minaccia per
l’agricoltura familiare»(parere d’iniziativa) ,2015/C 242/03, Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea
9 https://landmatrix.org/map/
9
racchiusa tra il Danubio e i Carpazi , è la zona più popolosa del Paese ed è
anche,però, la zona maggiormente scelta per l’acquisto di grandi
appezzamenti di terra. A suo favore vi è anche la condizione climatica,
nettamente più mite del nord del Paese. L’altra grande pianura è quella che fa
capo alla città di Timisoara ,nell’estremo ovest del Paese. Anche qui gli
investitori puntano molto sulla terra per la vicinanza all’Europa centrale ed
occidentale,il bassissimo costo dei terreni e la scarsa densità abitativa. La
zona centro-settentrionale del Paese è la più povera e prevalentemente
montuosa o collinare ma ciò non ha comunque fermato gli investitori che qui
hanno scelto perlopiù di investire nel settore forestale e minerario. Su 1
milione di ettari,75 mila sono destinati alla produzione di biocarburanti mentre
111 mila ettari riguardano il settore forestale. La restante parte è in gran parte
presa dalla produzione di cereali e poi da prati e pascoli. Ma chi sta
investendo in Romania?
Principalmente gli Emirati Arabi Uniti con 117 mila ettari, seguiti da
Svezia,Lussemburgo,Canada,Regno Unito e Danimarca con numeri che
vanno da 80 mila a 50 mila ettari. Anche l’Italia investe molto in Romania,
poco più di Germania e Stati Uniti , con 43 mila ettari presi. Gli investimenti
italiani hanno spesso origini precedenti al land grabbing e la produzione è
molto più variegata ,spaziando dal vino al riso alla frutta.
Un dato preoccupante è senza dubbio il fatto che se la maggior parte dei
contadini possiede 2 ettari o poco di più, le grandi aziende danno lavoro a
poche decine di persone, alcune volte qualche centinaia, a fronte di migliaia e
migliaia di ettari lavorati . Ad esempio la società italiana Riso Scotti Danubio
SRL controlla nel Paese ben 15 mila ettari e conta solo 48 dipendenti.
Ovviamente queste grandi aziende fanno uso dei macchinari più moderni sul
mercato , inoltre non mancano casi di subappalti o di land banking (come si
vedrà in seguito). L’accaparramento di terre è favorito da vari fattori sociali e
politici: innanzitutto la popolazione è spesso male informata, anche per il
basso livello di istruzione ricevuto , e le sue condizioni economiche sono
molte volte precarie ; in Romania gli stipendi sono bassissimi, i contadini
vivono di autoconsumo ed eventuali sbalzi di inflazione dei prezzi li
porterebbero facilmente in uno stato di disagio economico. Questo è ciò che
in parte sta già succedendo perché la Romania, così come l’Italia, vede l’età
media degli agricoltori aumentare di anno in anno; ma soprattutto negli ultimi
anni sono tantissimi i contadini che il Paese ha perso: secondo
l’Eurostat ,l’UE tra il 2005 e il 2016 ha perso 4,1 milioni di agricoltori (l’83% di
questi aveva meno di 5 ettari) di cui ben 0,8 milioni in Romania .
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A volte i contadini si dichiarano favorevoli all’avanzata del land grabbing, altre
volte si schierano contro e questa ambiguità ha molte cause, perlopiù di
10 https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?
title=Archive:Statistiche_sulle_aziende_e_sulle_superfici_agricole_nell'Unione_europea&oldid=447803#Evoluzio
ne_del_numero_di_aziende_e_delle_superfici_agricole_tra_il_2005_e_il_2016
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