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Mi hanno mostrato l’efficacia di queste teorie i ragazzi che ho incrociato su
questo cammino dei laboratori teatrali, iniziato come tirocinio presso il Teatro Donizetti
di Bergamo: gli alunni di due quarte ginnasio del Sarpi, una terza superiore e una quinta
del liceo linguistico- magistrale Falcone. Con ognuna di queste classi si è tracciata una
via diversa, adatta ad ogni età che, sebbene distanziate da pochi anni, rappresentano un
abisso durante l’adolescenza. Non voglio anticipare i temi trattati, anche perché saranno
ben visibili al lettore una volta giunto a fine lavoro, quando si troverà di fronte quel che
resta dei laboratori teatrali svolti. In realtà, sebbene io abbia cercato con la massima
pignoleria di riportare sulla carta lo svolgersi di un laboratorio teatrale, so che qualcosa
è volato via, qualcosa che l’inchiostro non può dipingere perché lontano, nell’animo dei
ragazzi con cui ho condiviso pensieri, esperienze e lacrime. Maria Grazia Panigada,
responsabile del mio tirocinio e dei laboratori teatrali nelle scuole, ha reso possibile una
crescita in tutti noi
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: io, da parte mia, mi sento più alta.
Arrivata a questo punto, spinta da una proposta, avanzata dall’Assessorato
allo Spettacolo e indirizzata a me da Passanante e Panigada, ho immaginato di estendere
quest’esperienza ai ragazzini più piccoli, meno incastrati in cliché e pregiudizi,
sicuramente più spontanei e genuini: i bambini! Più precisamente bambini del secondo
ciclo elementare e delle scuole medie inferiori. Chiaramente sarebbe impensabile far
percorrere a ragazzini di quest’età tragitti d’introspezione profonda e diretta. Come
dicevo prima, ogni età ha le sue caratteristiche da affinare, quindi ho pensato di
organizzare un laboratorio teatrale in cui si potessero sperimentare nuove forme di
comunicazione per facilitare l’espressione di sentimenti, per lasciare libera la creatività
di espletarsi come meglio crede, per esercitare l’immaginazione e la fantasia, per
sentirsi gruppo in vista di un obiettivo comune: divertirsi insieme. I bambini del mio
laboratorio teatrale tra le nuvole sarebbero stati anche i destinatari di un libretto, che li
avrebbe aiutati ad indirizzare la loro forza immaginifica, e di un sito web, che, grazie
alla possibilità d’interazione, è ben più accettato dalla generazione del net.
Che il sipario si alzi.
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Non posso distanziarmi con un freddo pronome in terza persona e nemmeno con un egocentrico io: ho
condiviso le stesse sensazioni (ognuno le ha vissute a modo suo, chiaramente) dei ragazzi dei licei ed è
scattato in me quel senso di appartenenza ad un gruppo da cui non so scindermi neanche ora. Ed è bello
così.
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2. C’ERA UNA VOLTA UN TEATRO COMUNALE
2.1 DAL PRIVATO AL PUBBLICO
Fondamentale è soffermarsi sul fatto che il Donizetti è un teatro pubblico,
perché proprio questa caratteristica lo porta ad essere così com’è: attento nei confronti
delle richieste cittadine e ricco di attività.
Ma come si è arrivati fin qui? Per carpirne a fondo l’essenza, è necessario
fare un passo indietro…
Il teatro Donizetti è stato da sempre in fermento, forse per la consapevolezza
della sua magnificenza: ancor prima
della sua totale costruzione, infatti, nel
1784, sotto legna e tela, ospitò l’opera
musicale Medonte di Giuseppe Sarti e
molte altre, prima ancora della sua
inaugurazione ufficiale, avvenuta il 24
agosto 1791. «Per la distribuzione ed
armonia – afferma un testimone
dell’epoca- può essere considerato fra i
migliori d’Italia». Si tenga conto che il suo costruttore Riccardi ne fece una delle prima
strutture quasi totalmente in muratura, sfidando, da buon pioniere, le abitudini
dell’epoca. Dopo un grande debutto, sullo sfondo di una Bergamo appartenente alla
Repubblica di Venezia e affascinata dagli eventi della Rivoluzione Francese, quello che
era stato battezzato Teatro Nuovo al Prato di Fiera e successivamente Teatro Riccardi,
incontrò le prime serie difficoltà che avrebbero potuto comprometterne la futura attività:
fu distrutto da un incendio nel 1797, che resta tuttora un giallo. Varie ipotesi di possibili
colpevoli, accuse disparate, ma nessuna soluzione definitiva. Il 30 giugno 1800 il Teatro
Riccardi riaprì le sue porte, festeggiando la sua rinascita con uno spettacolo di prosa.
Accanto ad un inizio secolo in cui Napoleone dominava la scena politica,
Bortolo Riccardi fronteggiò gravi problemi gestionali, che portarono l’amministrazione
teatrale nelle mani dei suoi congiunti, fino a giungere, nel 1830, in quelle
dell’impresario Bartolomeo Morelli. Fu proprio grazie al Morelli che le opere di
Gaetano Donizetti iniziarono a circolare e ad ottenere la giusta fama, elevando il
compositore al livello dei più grandi dell’Ottocento.
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Oltre alla musica, il Riccardi ospitò balletti (si ricordi la celebre ballerina
Fanny Cerrito), commedie (alcuni fra i più illustri interpreti: Giuseppe Salvini,
Francesco Augusto Bon, Luigi Romagnoli), “Vaudevilles”, cioè gli antenati
dell’operetta, “meraviglie scientifiche” come l’Angioscopio a il Miriafanorama,
precursori del cinematografo.
Dopo tale sfolgorante attività, il teatro si trasformò in ospedale fra il 1848 e
il 1849 a seguito dell’insurrezione contro il presidio austriaco, che comunque ebbe la
meglio, e della successiva epidemia di colera. Tra apatia politica, incidenti e migliorie,
si giunse finalmente al 1859 con la liberazione dal governo straniero: iniziò un periodo
felice in cui il Riccardi si arricchì di novità artistiche e tecnologiche. Purtroppo però lo
stesso non si può dire per la qualità spettacolare: la mancanza di sovvenzioni
municipali, infatti, fece decadere il livello delle rappresentazioni.
Qualcosa iniziò a muoversi nel 1873 con il nuovo passaggio gestionale a
Luigi Dolci e ad i suoi eredi (a cui si deve l’introduzione dell’operetta nel teatro), poi a
Giovannina Lucca nel 1879 e, nel 1895, ad una società di cittadini proprietari secondo
un sistema di “carature” (quote): gli spettacoli si ampliarono, lasciando posto anche al
varietà (con artisti d’eccezione come Fregoli), agli incontri sportivi e al circo. Questo fu
il primo vero passo verso la gestione pubblica.
Un paio d’anni dopo, in occasione del centenario della nascita del
compositore, il teatro prese il suo attuale nome:
“Teatro Gaetano Donizetti”.
La vena di controtendenza del teatro
fece ancora mostra di sé, ospitando ciò che fino
ad allora appariva solo nei baracconi delle fiere
o nei caffè-concerto: il cinematografo! Una
nuova stagione fiorente si affacciò sul “nostro
Massimo” (soprannome del Donizetti, in quanto
teatro più importante della città) con il
passaggio di nuovi illustri personaggi, quali i
direttori d’orchestra Leopoldo Mugnone, Franco
Ghigne, Ettore Panizza, Antonio Guarnirei,
Tullio Serafin, i cantanti lirici Beniamino Gigli,
Toti Dal Monte, Mercedes Capsir, Rosetta Pampanini, Claudia Muzio, Riccardo
Stracciari, Nazareno De Angelis, Alessandro Dolci, il musicista Edoardo Berlendis, gli
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attori Flavio Andò, Emma e Irma Grammatica, Edoardo Ferravilla, Angelo Musco,
Gualtiero Tumiati, Maria Melato, Tina di Lorenzo, Ruggero Ruggeri ed Ermete Novelli.
Nel 1931 la direzione passò a Bindo Missiroli, su mandato del Comune, con
la cooperazione dell’impresario Ciro Ragazzini. Proprio in questo periodo, più
precisamente nel 1935, il teatro codificò quella che è sempre stata una spinta verso la
novità, che se fino a quel momento era stata perseguita da singoli o dettata dalla sorte, in
questo momento divenne vera ricerca e valorizzazione dell’avanguardia, soprattutto in
campo lirico. E’ il “Teatro delle Novità” che restò in auge per trentasei anni. Così
Missiroli spiegò le finalità di questa sperimentazione:
1) “Incoraggiare i giovani musicisti a riavvicinarsi al Teatro lirico
nell’intento di non interrompere la tradizione ed allo scopo di galvanizzare,
vivificandolo, l’immenso patrimonio lirico nazionale che altrimenti corre il rischio di
trasformarsi in materiale da museo;
2) Avvicinare i giovani musicisti al pubblico contemporaneo eliminando
l’incomprensione di esso pubblico per le nuove opere e la diffidenza dei nuovi musicisti
per i nuovi ascoltatori […] ” ;
3) Sperimentare nuovi ingegni nel campo della direzione orchestrale,
“riscattandoli da un inutile tirocinio in spettacoli di infimo ordine coi quali non è
materialmente possibile dimostrare le proprie facoltà interpretative”, nel campo dei cori
e in quello dell’invenzione scenica per “aiutare la formazione di nuove reclute nel
campo degli interpreti vocali”
3
.
Dopo un primo quinquennio d’intensa attività, il Ministero della Cultura
Popolare guardò con diffidenza al modo personalistico di agire di Bindo Missiroli e
propose il costituirsi di un comitato organizzatore, di cui avrebbero dovuto far parte tre
rappresentanti del Comune. Il 1936 quindi segna una tappa fondamentale per la storia
del Donizetti: è sciolta la società privata dei proprietari costituita nel 1895 e la proprietà
passa al Comune di Bergamo. L’ordine del giorno, apparso ne “La Voce di Bergamo”
dell’8 luglio 1936, recita così:
“ Premesso:
Che la Società Civile del Teatro Donizetti di Bergamo veniva nell’anno
1895 costituita con elevato senso di civismo da un gruppo di cittadini e per nobile
iniziativa del compianto Senatore Conte Gianforte Suardi coll’unico scopo di dare veste
monumentale all’allora Teatro Riccardi e intitolarlo al nome del grande concittadino.
3
Marcello Ballini, Il Teatro delle Novità di Bergamo 1937-1973, Comune di Bergamo – Assessorato alla
Cultura e allo Spettacolo, Bergamo, 1985, pagg. 54-55
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Che dopo quarantun anni di vita non ingloriosa per l’arte e pel decoro
cittadino la Società si trova ora per varie ragioni nella necessità alternativa di mutare la
sua natura civile in quella più agile di anonima, o di cessare a tenore dell’art.1 dell’Atto
costitutivo.
Che la impossibilità di raggiungere la trasformazione in anonima per la
mancata e necessaria unanimità dei Soci costringe ad attenersi al rimedio della
cessazione pel quale a tenore dell’Atto costitutivo ben oltre i 2/3 dei Soci e delle
carature hanno aderito.
Che ormai è diffusa fra i cittadini ad anche fra le Autorità l’idea di una
cessazione del Teatro alla Città.
Che d’altra parte tale cessazione non derogherebbe in nulla allo scopo pel
quale la società fu creata, ma anzi tornerebbe di omaggio alla memoria dei Soci
trapassati e ad onore dei Soci presenti.
L’Assemblea della Società del Teatro Donizetti regolarmente costituita
delibera la cessazione della Società con la data d’oggi affermando i Soci il vivo
desiderio che il Teatro Donizetti e le sue adiacenze passino in proprietà alla Città, anche
soltanto contro il valore delle passività, e nomina una Commissione composta dei
Signori: Sala cav. di gr. croce Lamberto, Suardi conte dr. gr. uff. Guidino, Steiner dr.
Giannino, perché provvedano congiuntamente a tutti gli incombenti come di pratica e di
legge emergenti della cessazione della Società stando anche ove occorra e facendosi
rappresentare in Giudizio, e provvedendo anche alla eventuale alienazione dello stabile,
firmando di conseguenza l’atto relativo quietanzando con rinuncia all’ipoteca legale ed
autorizzando volture e trascrizioni”
4
.
Il Comune si pronunciò con un atto del 5 luglio 1937, sostenendo:
“In relazione al voto manifestato dalla Società e corrispondendo
certamente al pensiero della Città che vuole conservato alle sue alte finalità ed alle sue
nobili tradizioni il glorioso Teatro, si sono svolti tra i rappresentanti della Società ed il
Comune, con unicità di intenti e con ampia comprensione del compito che si deve
assolvere, trattative per la cessione al Municipio di Bergamo del Teatro stesso e di ogni
sua pertinenza, trattative che, salva si intende la superiore autorizzazione, si sono per le
accennate ragioni portate rapidamente a conclusione. Scartato il concetto di rilevare le
attività e passività della Società, si è ritenuto consigliabile l’acquisto degli stabili
(lasciando alla Società stessa di provvedere alla propria liquidazione) contro il valore
della passività (lire 440.542) sostituendo il Comune nei mutui esistenti per ipoteca a
favore Cassa di Risparmio delle Province Lombarde e di detrarre dal prezzo di vendita
4
Ermanno Comuzio, IL TEATRO DONIZETTI. Due secoli di storia , 1990, pag. 289 (da Bergamo
Repubblicana del 30 ottobre 1944)
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il relativo importo […]. Ciò premesso, il Podestà delibera di acquistare dalla Società del
Teatro Donizetti di Bergamo l’intera proprietà”
5
.
Il 2 agosto la Prefettura firmò l’operazione e il passaggio di proprietà si
considerò concluso il 7 novembre 1938.
Fu un momento decisivo non solo per le sorti del Massimo Teatro Cittadino,
ma anche per tutti i bergamaschi.
Dal 1987 si vide la necessità d’inserire la figura del Direttore del teatro,
funzionario del Comune. Attualmente ricopre la carica il dr. Gaspare Passanante.
5
Ermanno Comuzio, IL TEATRO DONIZETTI. Due secoli di storia , 1990, pagg. 298-299 (da Archivio
Comunale di Bergamo, cat. XXII Proprietà Comunali, N.° d’ord. 1214 classe 99 Fasc.I.)