2
personale specializzato, in grado di garantire che tutto si svolga
nell’esclusivo interesse del minore stesso.
Lo scopo principale dell’ascolto è di fare chiarezza sugli
interessi, i desideri e i bisogni del bambino, puntando a far
emergere gli aspetti buoni della relazione genitori-figli.
In questo modo i minori potranno essere considerati “soggetti
di diritto”, poiché costituiscono i maggiori esperti in ciò che li
riguarda.
Alla luce di quanto detto, questo studio si propone, in primo
luogo, di esaminare gli aspetti generali della crisi coniugale
come causa di separazione e divorzio che principalmente
coinvolge i genitori, ma il cui esito finale ricade in maniera
determinante sulla vita futura del minore; in secondo luogo di
fare luce sul concetto di volontà del minore nonché sugli
strumenti processuali per la sua determinazione, con
particolare riferimento allo strumento dell’audizione e alla
rilevanza attribuita all’opinione dei figli, al fine di tutelare la
posizione dei minori nell’ipotesi di dissesto della famiglia; in
3
terzo luogo di analizzare gli strumenti giuridici internazionali
che hanno portato all’odierna concezione di minore, al quale è
riconosciuto non solo il diritto all’ascolto, ma anche alla
completa partecipazione ai processi che lo riguardano secondo
le sue capacità di discernimento, facendo riferimento alla
Convenzione di New York del 20 Novembre 1989, ratificata
con legge n.176 del 27 Maggio 1991, prima, e alla
Convenzione di Strasburgo del 1996, ora ratificata con legge
20 Marzo 2003 n.77.
In relazione al fatto che la Convenzione di New York per
prima ha individuato nel minore un soggetto di diritti e non un
oggetto di diritti, la Convenzione di Strasburgo recepisce a
pieno questo principio e cerca di applicarlo nel campo più
specifico delle procedure familiari di separazione e divorzio
che riguardano lo stesso.
Proprio per la natura degli interessi coinvolti in queste vicende,
sarà importante osservare l’applicazione della Convenzione
europea nell’ordinamento italiano; infatti, la separazione e il
4
divorzio dei genitori sono in ogni caso vissuti dai figli come un
trauma, aggravato dal fatto che “ancora molti coniugi si
separano senza riuscire a superare ostilità e risentimenti
reciproci, e, considerando di conseguenza il fatto di continuare
a vivere con il figlio come segno del proprio valore in
contrapposizione alla non validità dell’altro, non riescono ad
accordarsi sulle modalità del suo affido”
1
.
1
Così , A. Dell’Antonio, Il bambino conteso – Il disagio infantile nella conflittualità dei genitori separati, Milano,
1993, pag. IX.
5
CAPITOLO I
FAMIGLIA E DISGREGAZIONE DEL RAPPORTO
CONIUGALE.
1. La crisi coniugale.
La famiglia, quale società naturale così definita dall’art. 29
Cost., è una comunità essenziale allo sviluppo della personalità
individuale e, in quanto tale, “diritto inviolabile” dell’uomo.
Nata dal reciproco sentimento di due persone, la famiglia trova
i suoi elementi qualificanti negli affetti, nelle emozioni, in una
parola nel rapporto umano che la contraddistingue.
Questi elementi, tradotti nella formalizzazione
dell’ordinamento, sono individuati nei doveri sanciti dagli artt.
29 ss. Cost. e 143 ss. c.c.: eguaglianza morale e giuridica dei
coniugi, pari dignità dei suoi membri, reciproco rispetto delle
libertà individuali e delle esigenze esistenziali costituiscono
6
ciò che, con una sintesi verbale quanto mai efficace, si
qualifica come “solidarietà familiare”.
Partendo da questo presupposto, la crisi coniugale rappresenta
sicuramente uno dei momenti più delicati della vita familiare e
delle persone che quell’esperienza vivono.
L’intreccio d’interessi non soltanto economici, i conflitti sulla
regolamentazione dei futuri rapporti fra i coniugi e con i figli, i
modelli di vita verso i quali tutti, figli e coniugi, sono
incamminati costituiscono soltanto alcuni dei problemi ai quali
si deve far fronte.
Con riferimento alla prole, poi, il momento di crisi dei coniugi
diventa particolarmente importante.
Quando si parla di separazione personale dei coniugi viene in
rilievo la questione dell’affidamento dei figli minori, “ dove il
criterio dell’interesse morale e materiale dei figli, contemplato
come il solo che deve ispirare e motivare la decisione del
giudice, esige una valutazione che deve passare attraverso
competenze, indagini, prospettive, ragionevoli anticipazioni da
7
rimettere ad aree disciplinari contigue e tuttavia
sostanzialmente estranee al diritto”
2
.
La crisi coniugale è sicuramente un momento che i genitori
possono vivere nei modi più diversi e nei confronti dei quali
non necessariamente si configura come esperienza negativa.
Rispetto ai figli, per contro, specialmente se in tenera età, la
separazione dei genitori, e di conseguenza il divorzio, si
pongono come fatti in grado di determinare gli effetti più
disparati e, secondo il modo attraverso il quale il conflitto
stesso è vissuto dai coniugi, di incidere in maniera del tutto
particolare sullo sviluppo della loro personalità.
2
Così, Rescigno, 1992, IX.
8
2. Il minore nella crisi familiare.
Nel momento in cui i genitori decidono di porre fine alla loro
unione, il bambino si trova di fronte ad una situazione in cui
non c’è più la condivisione, più o meno conflittuale, di una
realtà emotiva, ma di due realtà separate e in forte contrasto.
I figli sono le vere “vittime dello scioglimento del vincolo tra i
genitori”
3
e, non di rado, accade che nel corso dei giudizi di
separazione e divorzio vengano utilizzati come vere e proprie
armi di attacco e ricatto dai coniugi per la realizzazione di un
loro interesse egoistico che si allontana, e di non poco, da
quello che il legislatore richiede al giudice di individuare e
seguire come criterio basilare nelle sue valutazioni e scelte.
E’ proprio nell’ambito di un momento così difficile e delicato,
qual è quello della crisi coniugale, che qualsiasi legislatore
deve adoperarsi per improntare una disciplina più uniforme
possibile che miri ad evitare gli effetti negativi di quella crisi.
3
Così, Trabucchi, 1987, 137
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Alla base di tale aspettativa c’è l’esperienza della vita
quotidiana nella quale si vedono coppie i cui conflitti rischiano
di ripercuotersi sfavorevolmente sullo sviluppo della
personalità dei figli; tutto questo è in palese contrasto con la
famiglia e con i principi che la pongono come situazione
inviolabile, nonché strumento di realizzazione della persona.
Il problema principale sta nel trovare lo strumento adatto che
permetta, da un lato, ai genitori di interrompere un’esperienza
che ormai non è più adeguata alle loro aspettative e, dall’altro,
ai figli di vivere questa decisione nel modo meno traumatico
possibile, mediante una tutela specifica che tenga conto della
loro posizione del tutto particolare poiché ancora legati
sentimentalmente ad entrambi i soggetti coinvolti.
Da qualunque punto di vista si guardi il problema della
posizione dei figli nella crisi coniugale, nulla va a modificare i
rapporti che intercorrono tra loro e i singoli genitori.
I diritti e i doveri di questi ultimi nei confronti dei primi non
subiscono, fatte salve le modifiche conseguenti ai
10
provvedimenti relativi al loro affidamento, alcuna variazione
sostanziale; nonostante la crisi, o addirittura la rottura, del
vincolo, il rapporto di filiazione deve rimanere integro e tale
da garantire il permanere dei diritti e doveri previsti dall’art.
147 c.c..
11
3. L’ascolto del minore in famiglia.
Quando la famiglia vive un momento delicato che potrebbe
sfociare in un procedimento di separazione e divorzio è
importante che i genitori, ancor prima di pensare ai loro
conflitti ed interessi personali, diano importanza allo stato
d’animo dei loro figli che involontariamente si trovano
coinvolti in questa vicenda negativa.
Per perseguire questo scopo i genitori devono impegnarsi a
creare un clima di serenità, complicità, confidenza che
consenta al bambino di esprimere le proprie emozioni,
riflessioni, richieste di spiegazioni in merito agli argomenti di
discussione che di volta in volta si presenteranno.
Nel momento in cui il minore si troverà in una condizione a lui
congeniale, imparerà che cosa è il dialogo con i familiari, sarà
“educato” ad esprimere i suoi disagi, grandi o piccoli che
siano.
12
I coniugi che prestano attenzione all’ascolto dei propri figli
possono rendersi conto di quanto i problemi familiari arrivino
intensamente alle loro orecchie e alla loro mente.
Spesso, però, accade che non vi sono adulti disposti ad
ascoltare i minori, pronti a dare informazioni e a chiarire
dubbi; principalmente ciò accade perché i genitori hanno paura
di ascoltare e dialogare con i bambini circa le problematiche
della separazione e divorzio, così come per qualsiasi altro
aspetto negativo dei rapporti umani.
Gli adulti devono coltivare la capacità d’ascolto dei minori, in
questo modo riescono a comprendere le loro sofferenze e
diventano consapevoli del fatto che queste possono essere
causate proprio dalla mancanza d’affetto e attenzione, da
disagio familiare, incapacità d’adattamento e isolamento.
L’ascolto in famiglia è sicuramente uno strumento utile, in
grado di portare a risultati estremamente positivi, ma solo
quando viene utilizzato correttamente dai genitori; infatti essi
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devono prestare molta attenzione a quanto il bambino dice e
devono essere effettivamente interessati alle sue opinioni.
Un ascolto attento e sensibile è fondamentale per il benessere
del minore, infatti, sarebbe auspicabile, nelle cause di
separazione e divorzio che vedono coinvolti figli minori, la
partecipazione dei coniugi a programmi di mediazione
familiare.
Non si deve tralasciare un aspetto importante che è collegato a
quanto si è detto: il modo in cui il bambino si rapporta con un
adulto, sia esso autorità o genitore, dipende proprio dal grado
di educazione che lo influenza.
Infatti, un eventuale approccio con il contesto giudiziario da
parte del minore potrebbe essere meno traumatico, e quindi
relativamente più facile, qualora egli abbia avuto dei genitori
più disponibili.
Per tutti questi motivi gli adulti devono dare voce ai figli per
consentire loro di esprimere bisogni, sentimenti e desideri, ma
anche perché dall’ascolto i genitori potrebbero sentirsi
14
“maggiormente valorizzati nel loro ruolo genitoriale al punto
da rendersi più disponibili a mutare i loro atteggiamenti, non
solo verso se stessi, ma soprattutto verso il loro figlio”
4
.
4
Così, N. Colatosti, L’ascolto del minore – Corso di formazione in: Teoria e tecnica della perizia e della consulenza
tecnica in ambito civile, penale, adulti e minorile, 2004, pag. 20.
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CAPITOLO II
LA VOLONTA’ E L’ASCOLTO DEL MINORE IN AMBITO
GIUDIZIARIO.
1. La volontà del minore e il suo valore.
Molti interrogativi si pongono in merito alla rilevanza che
deve darsi alla volontà e ai desideri del minore nella
separazione e nel divorzio dei genitori.
Sia a livello nazionale che internazionale, (significativa è la
normativa prevista dalle Convenzioni di New York del 1989 e
quella di Strasburgo del 1996 che di seguito esamineremo),
questo quesito è sollevato e risolto nel senso di dare opportuno
valore a ciò che è affermato dal minore destinatario di un
provvedimento o di un accordo dei genitori che va ad incidere
in modo determinante sulla sua vita futura.
Ai figli deve essere dato debito spazio per esprimere le proprie
opinioni e idee in merito.