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Premessa
Con il presente lavoro mi propongo di creare una sorta di collegamento tra l’ambito poetico-
letterario e quello musicale nelle canzoni di Fabrizio De Andrè.
Piú rigorosamente l’obiettivo è quello di mettere in evidenza le modalità con cui ha avuto luogo in
De Andrè la rielaborazione di materiali sia musicali sia testuali pre-esistenti alla sua produzione.
Proprio tenendo conto di questa premessa e dei miei gusti personali, ho scelto di concentrarmi su
due canzoni: La canzone dell’amore perduto e La Ballata dell’amore cieco, entrambe del 1966,
ovvero del periodo dei primi 45 giri della Karim (si veda discografia), in cui le sue poche idee fisse
facevano già capolinea. Le due canzoni sono state riedite nello stesso anno all’interno del primo Lp
di De Andrè Tutto Fabrizio De Andrè e poi nel 2005 nella raccolta di tre cd In Direzione Ostinata e
Contraria che presenterò nel paragrafo 1.3.
È necessaria questa specificazione di versioni, in quanto in ambito popular l’incisione discografica
costituisce di per sé il testo poetico-musicale di partenza e la sua eventuale trascrizione, a differenza
dell’ambito classico-colto, è piú utile per l’analisi che per l’esecuzione.
La difficoltà, ma allo stesso tempo il piacere che comporta il dedicarsi ad un autore come De Andrè
scaturisce dall’estrema vastità di opere scritte e dall’estremo valore che ha assunto il suo lavoro
prima e dopo la sua morte .
Al fine di seguire un percorso logico e chiaro ho ritenuto opportuno procedere per gradi .
Innanzitutto, nel primo capitolo, ho fornito i principali punti di vista che si sono manifestati nel
corso del tempo sui cantautori in genere e più dettagliatamente sull’opera di Fabrizio De Andrè,
all’interno della spinosa querelle, ancora attuale, che si chiede se il testo di una canzone possa o
meno considerarsi poesia.
È stato in questo contesto che ho inserito alcune testimonianze del Convegno “Poesia e Musica
nella Canzone d’autore”, tenutosi a Siena nell’ottobre 2007, a cui io stessa ho preso parte. Ho fatto
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poi riferimento ad alcune iniziative promosse dalla Fondazione De Andrè, e poi all’interno di questo
panorama, ho presentato l’album da cui ho tratto le due canzoni che saranno il fulcro di questa mia
dissertazione.
Prima di passare alla parte piú consistente dell’elaborato, quella attinente al rapporto tra aspetti
poetico-testuali e aspetti musicali delle due canzoni, ovvero alle analisi vere e proprie, il secondo
capitolo ha la funzione di descrivere la scrittura poetico-musicale utilizzata dal nostro autore nel
corso del tempo, con un riferimento particolare alla sua “ doppia voce”, ai personaggi protagonisti
delle sue storie, al suo modo di scrivere; e ho inoltre ritenuto fondamentale cercare di comprendere i
motivi che hanno indotto lo chansonnier genovese a scegliere come spunto per le sue canzoni
proprio quei testi e non altri, riassumendo i suoi modelli d’ispirazione e di traduzione.
Poiché le canzoni sono unione di parole e musica, nel terzo capitolo, ho analizzato il rapporto tra
questi due elementi, soprattutto per capire se esistano dei legami tra scelte testuali e scelte musicali
di vario tipo: armoniche, ritmiche, timbriche, di organico, di tonalità. Spesso, infatti i significati
musicali possono essere chiarificati, sottolineati o negati proprio attraverso i testi o viceversa.
Musica e parola, nella vocalità unica dell’artista genovese, trovano una sintesi perfetta e davvero
straordinaria, nel senso che la parola è esaltata da questa voce, si fa musica grazie ad essa, si
confonde con le note degli strumenti ma non si perde in essi. Forse è proprio questo il grande merito
di De André, di aver saputo creare delle musiche che catturano l'orecchio dell'ascoltatore e non
soffocano il testo, ma lo impreziosiscono, suggerendo alla mente immagini che completano il
significato delle parole.
In una celebre lettera introduttiva ad un libro di saggi dedicati a De Andrè, Mario Luzi esprimeva in
modo puntuale questi concetti:
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“ Lei è davvero uno chansonnier, vale a dire un artista della chanson. La sua poesia, poiché la sua
poesia c’è, si manifesta nei modi del canto e non in altro; la sua musica, poiché la sua musica c’è,
si accende e si espande nei ritmi della sua canzone e non altrimenti. Per quanto il suo dono di
affabulazione crei una certa magia, non sarebbe in grado di soggiogare l’uditorio senza il fuoco di
quella concrezione e sintesi.”
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Si è scelto cosi di studiare questa misteriosa e magica “sintesi”(parole,musica e voce) nel suo
“significato”, ossia nei contenuti che essa trasporta.
Si è consci della limitatezza di un’operazione di tal genere, ma si ritiene anche che possa essere
utile per una comprensione maggiore del pensiero e dell’opera di Fabrizio De Andrè, ”poeta della
canzone”, o semplicemente “poeta”.
Oltre a questo obiettivo, spero inoltre con questo lavoro di confermare l’importanza di un approccio
analitico serio al repertorio popular per potersi cosi avvicinare ad esso attraverso studi razionali e
per poter riuscire a superare qualsiasi tipo di barriera esistente tra la tradizione “classico-colta” e il
repertorio “popular”.
Ho eseguito le mie analisi servendomi di metodi assimilati durante il mio corso di studi, sopratutto
dal mondo della tradizione classica: vi è stato quindi un cospicuo numero di ascolti dei brani scelti
per l’analisi, essendo l’esecuzione stessa il parametro principale di questo genere e vista l’assoluta
carenza di spartiti corretti delle canzoni di Fabrizio De Andrè; quindi dove a mio parere vi era la
necessità, ho effettuato personalmente delle trascrizioni di alcune parti.
Altro importante scopo è stato per me quello di mostrare come spesso dietro alla realizzazione di
una canzone che è frutto della sensibilità e della creatività dell’autore, possano esistere dettagliati
studi, serie riflessioni e scelte motivate dall’intenzione di realizzare una perfetta unione tra due
forme espressive cosi diverse, e al contempo cosi imparentare come il testo e la musica
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M.Luzi, Caro De Andrè, in
R.Giuffrida- B.Bigoni (a cura di), Fabrizio De Andrè. Accordi Eretici,Euresis
Edizioni, Milano 1997, p. 12.
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Primo capitolo
SITUAZIONE ATTUALE DEGLI STUDI SU FABRIZIO DE ANDRÉ
1.1: Considerazioni sul rapporto tra poesia e canzone d’autore
La parola, a volte, incontra in modo sorprendente la musica, si fonde con essa, regalandoci una
magia e una riflessione sull’uomo e sulla vita degne di nota; a volte diventa “canzone”, ed in questo
caso“canzone d’autore”, nonchè vera e propria arte. L’alchimia prodotta dall’unione di parole e
musica è però qualcosa di raro: sono stati pochi infatti gli “chansonnier” davvero in grado di
realizzarla e Fabrizio De Andrè rientra tra questi .
Parlando del cantautore è difficile ricondurlo a categorie ben stabilite poiché nella società
contemporanea è artista e artigiano, libero pensatore e fenomeno di massa.
A questo proposito, si è fatto strada un acceso dibattito che apre questioni di analisi letteraria e
musicale, nonché socio-storica. Ci si chiede se sia corretto considerare i cantautori gli eredi della
grande stagione poetica novecentesca e se si possa parlare di poesia; se siano musicisti, nonostante
spesso l’aspetto melodico sia secondario rispetto a quello testuale e nonostante il lavoro sia a volte
il risultato di arrangiamenti a piú mani.
Ci si è domandati se siano un semplice fenomeno di massa o piuttosto se non incarnino una delle
nuove possibili figure di pensatori moderni.
V orrei cosi spendere qualche parola su questa annosa querelle, che riguarda accanto a De Andrè,
anche altri grandi cantautori, italiani, (Guccini, Tenco, Lolli, Vecchioni) e stranieri (Dylan, Cohen,
Brel, Brassens, Ferrè); ci si chiede se la canzone d’autore costituisca poesia o no, e quindi anche se
Fabrizio De Andrè sia da considerarsi o meno un poeta.
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Su tale questione sono stati versati fiumi d’inchiostro e sono stati organizzati convegni e giornate di
studio, ma nonostante ciò non si è giunti ancora ad un accordo unanime; ciò significa che la
questione non prevede una soluzione semplice, o addirittura forse non ne comporta alcuna.
Non è mia intenzione tentare di appianare contrasti che forse sono e resteranno ineliminabili;
mi limiterò quindi a delineare brevemente il quadro attuale della situazione e partendo da un
convegno tenutosi a Siena nell’ottobre 2007, citerò alcuni punti di vista in merito, ed esporrò
qualche idea personale.
Proprio perché la questione è ancora oggi molto dibattuta , non è un caso che la Fondazione De
Andrè e l’università di Siena nell’ottobre 2007 abbiano organizzato un convegno sulla materia, dal
titolo “Poesia e musica nella canzone d’autore”
Il punto di partenza, sul quale più o meno tutti gli intellettuali invitati a partecipare al suddetto
incontro sono d’accordo, è la monumentalità e il valore dell’opera di Fabrizio De Andrè per i
posteri. La querelle invece si scatena nel momento in cui ognuno è chiamato a stabilire se fosse un
poeta o un cantautore e se scrivesse prima il testo o prima la musica.
In questo caso le due correnti di pensiero sono rappresentate dai rigidi sostenitori della poesia da
una parte e della musica dall’altra. È facile rilevare che da un lato c’è chi nega tenacemente il titolo
di poeta ai cantautori e quindi anche a Fabrizio De Andrè, come Enrico Deregibus, il quale ha
sostenuto che la canzone non è mai poesia o tutt’al più ammette una distinzione tra poesia alta e
poesia bassa, relegando gli interessati in questo ultimo contenitore; e c’è chi d’altro lato, ribaltando
il giudizio di valore, sostiene fermamente che la poesia dei nostri tempi risiede proprio e soprattutto
nei loro versi, come ha sostenuto Gianni Guastella, quando ha detto che De Andrè è in bilico tra
musica e letteratura ed è come un ponte in grado di avvicinare due sponde, non di tenerle separate.
Quindi la canzone di De Andrè, per questo secondo “schieramento” è anche poesia, ma non solo, si
parla di poesia intesa come armonia tra musica e testo e cioè come unione attenta tra le due
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componenti. Quest’ultimo atteggiamento è diffuso in particolare tra i critici musicali, mentre il
primo prevale nettamente tra i critici letterari.
Oltre a questi due punti di vista ne sono emersi anche altri: c’è chi infatti ha sostenuto, come Gianni
Borgna, che la poesia è il punto di partenza della musica. A pensarla allo stesso modo è anche
Marianna Marrucci la quale ha dichiarato, dopo attente analisi testuali di canzoni di Fabrizio De
Andrè, che l’idea della musica gli veniva dal testo, sostenendo lo statuto autonomo della canzone
assolutamente nuova di De Andrè. La Marrucci ha parlato di vera e propria poetica del
“saccheggio” da parte di De Andrè per la scrittura dei propri testi, nei confronti dei testi classici, dei
temi della letteratura fino a quel momento estranei alla canzone.
Si tratta quindi di un lavoro di vero “mosaicista” nella realizzazione di un disegno originale e
personale, un lavoro, per lei, piú da artigiano che d’artista. Roberto Danè in proposito ha dichiarato:
“Aveva questa straordinaria capacità che non ho più riscontrato ai suoi livelli in nessuno, questa
somma abilità di comporre le cose, di pescare una cosa per le parole, un’altra per la musica, da
chiunque, da tutti, da un sentito dire, da un incontro casuale. E secondo me il più grande talento di
De Andrè, prima ancora del talento stesso incontestabile dello scrivere e del cantare, è stato nel
mettere assieme, con coerenza, tutto ciò che ha trovato. Prima di tutto un percorso inventato o
trovato; poi una coerente composizione degli elementi finalizzati a questo progetto.”
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Le sue canzoni sembrano infatti nascere da racconti perché sono le storie che gli suggeriscono la
musica; questo aspetto è molto importante perché rivela una prima scrittura dei testi in prosa e poi
sulla base di questi della musica.
La Marrucci ha cosi evidenziato tre fasi nel processo compositivo di De Andrè:
1 La prosa: Stesura dell’idea dopo aver letto un giornale, un libro, una novella.
2 L’invenzione della Musica: Suggeritagli dalla storia.
3 La versificazione: Strettamente legata alla musica.
1 DANÉ Roberto in BERTONCELLI Riccardo, Belin sei sicuro?, Firenze, Giunti Editore, 2003, p.86.