La Vita Nova di Dante, i mistici e Riccardo di San Vittore.
4
verosimilmente più consapevole e determinante di
materiali riccardiani.
Con questo non si vuol dire che tematiche attinenti al
nostro mistico siano irrintracciabili nella produzione
antecedente al libello in lode di Beatrice; bensì che molti
punti nodali riguardanti le primitive riflessioni dantesche
sul fenomeno amoroso appaiono più pertinenti ad un
utilizzo della tradizione d’amore in genere piuttosto che
un deciso e consapevole impiego di questo o quell’altro
elemento della stessa - e quindi anche Riccardo.
Non pare un caso, ad esempio, che nello scambio di
sonetti col più maturo Dante da Maiano tocchi a
quest’ultimo, e non al ben più giovane Dante, un
eventuale palma di più fedele espositore di elementi
riccardiani:
Amor mi fa sì fedelmente amare
e sì distretto m’àve en suo disire
che solo un’ora non poria partire
La Vita Nova di Dante, i mistici e Riccardo di San Vittore.
5
lo core meo da lo suo pensare
4 (XLVI, vv.1-4)
2
che richiama - a differenza della “risposta artificiosa
stavolta più nel senso della filosofia scolastica”
(Contini
3
), del più giovane Dante di Savere e cortesia,
ingegno ed arte - quanto affermato da Riccardo intorno al
secondo grado dell’amore (terreno) nel De quatuor
gradibus violentae caritatis, ove perentoriamente si
afferma:
|7| Nonne vere et absque ulla contradictione, animus ligatus
est quando hoc unum oblivisci aut aliud meditari non
potest? Quicquid agat, quicquid dicat hoc semper mente
revolvitur perennique memoria retinetur.
4
2
Le citazioni sono tratte da Rime, a cura di G. Contini, Milano-Napoli, Ricciardi, 1980, ora
in DANTE ALIGHIERI, Opere Minori, vol. 5, tomo I, parte I de La Letteratura Italiana.
Storia e testi, Milano-Napoli, 1984, pp. 249-552.
3
Ivi, p. 308.
4
Le citazioni dell’opera di Riccardo di San Vittore sono tratte dall’edizione del De quatuor
gradibus violentae caritatis, a cura di M. Sanson, Parma 1993, p.70. Il testo, con la
suddivisione in capitoli, della seguente edizione (con traduzione italiana della curatrice) è
quello della edizione di Dumeige.
La Vita Nova di Dante, i mistici e Riccardo di San Vittore.
6
Ma non doveva passare verosimilmente molto tempo che
il nostro giovane poeta si accorgesse, in quella canzone
inviata a madonna - ”la prima donna schermo, secondo il
D’Ancona e il Bartoli; Beatrice secondo lo Zingarelli
5
” -
che è La dispietata mente, e in termini più familiari
all’oggetto della nostra indagine, della “violenza”
dell’esperienza amorosa.
Nel porre tale rilievo distinguiamo, per una tentata
accuratezza metodologica, due livelli di interferenza, il
primo, quello della fedeltà del fiorentino verso una, per
noi indistinta, tradizione amorosa (e quindi anche
riccardiana):
poi sol da voi lo suo soccorso attende 16
[...]
E certo la sua doglia più m’incende 20
quand’ i’ mi penso ben, donna che vui
per man d’ Amor là entro pinta sete
[...]
5
G. Contini, cit., p.317.
La Vita Nova di Dante, i mistici e Riccardo di San Vittore.
7
sacciate che l’attender io non posso;
ch’ i’ sono al fine de la mia possanza 30
ed il secondo, dato da quegli elementi che pur dentro una
assodata appartenenza alla tradizione (a volte - è il caso in
questione - ben anteriore allo stesso Riccardo) parrebbero
richiamare lo specifico riccardiano, sicché dentro la, forse
millenaria, tradizione dello strale amoroso, Dante riporti
sul suo cuore:
ma sappia che l’entrar di lui si trova 55
serrato forte da quella saetta
ch’Amor lanciò lo giorno ch’i’ fui preso
una situazione a cui Riccardo, trattando del primo grado
dell’amore, ma - notiamo bene - nel suo contesto
esclusivamente umano, si riferisce più che chiaramente:
La Vita Nova di Dante, i mistici e Riccardo di San Vittore.
8
|6| Nonne tibi corde percussus videtur, quando igneus ille
amoris aculeus [Il corsivo è mio] mentem hominis
medullitus penetrat, affectumque transverberat
In ogni caso pur essendo equivalenti il concetto, così
come l’immagine usata per esprimerlo - ovvero il
fenomeno amoroso come avvenimento sconvolgente che
percuote attraverso un dardo che ferisce ed
irrimediabilmente si insinua dentro il cuore del soggetto
amante - diremmo che, in forma simile, anche noi siamo
feriti da una cruciale domanda, ovvero se l’uso dantesco
di un’immagine così presente, non solo nella sua
formalizzazione cortese bensì nella letteratura universale
- pensiamo ad Ovidio o al celeberrimo episodio virgiliano
dell’innamoramento di Didone - possa più o meno
ascriversi, per il giovanissimo Alighieri, ad una decisa e
consapevole frequentazione della mistica di Riccardo di
San Vittore.
La Vita Nova di Dante, i mistici e Riccardo di San Vittore.
9
Nel sonetto Ne le man vostre, gentil donna mia, che
determinò in Contini - causa “l’evidente parentela con
alcune situazioni del libro
6
” - una domanda intorno al
motivo della sua esclusione dalla Vita nuova, il poeta
fiorentino inserisce una intrigante immagine:
Voi lo legaste [N.d.R. ‘lo spirito che more’] a la sua
signoria (v.
5)
che in Riccardo, ma lo avevamo già visto parlando dello
scambio di sonetti con Dante da Maiano, nel secondo
grado della “violenta carità”, troviamo così espressa:
|7| Primum enim gradum diximus qui vulnerat, secundum
qui ligat. Nonne vere et absque ulla contradictione, animus
ligatus est quando hoc unum oblivisci aut aliud meditari
non potest?
6
Ivi, p.346.
La Vita Nova di Dante, i mistici e Riccardo di San Vittore.
10
In questo caso siamo irrimediabilmente colpiti dalla
corrispondenza della situazione descritta, con una
equivalenza che si spinge fino all’uso della stesso
termine, ligatus, per esprimere il grado successivo
all’amore che ferisce; eppure qualche riserva intorno ad
una eventuale predilezione dantesca, in questa fase, verso
il dato eminentemente riccardiano della tradizione
amorosa
7
, permane, almeno fino a quando ci muoviamo -
ma è una fase inevitabile se vogliamo rendere luce di
7
Nel trattare intorno ad una eventuale, più o meno circoscritta, preferenza dantesca verso il
mistico vittorino, allo stesso modo in cui non è possibile tralasciare degli elementi che ci
indirizzano ad una sana ‘cautela’ (pensiamo immediatamente al ruolo svolto da San
Bernardo di Chiaravalle, giusto alla fine del viaggio dantesco), non possiamo, allo stesso
modo, assolutamente trascurare quanto dice il poeta in quel “cielo del Sole” in cui “appare a
Dante la ‘quarta famiglia’ dei beati, gli spiriti sapienti, celebri nella vita terrena per le loro
speculazioni filosofiche, teologiche o mistiche”: (cfr di M. Sanson, op. cit., introd., p.25)
Vedi oltre fiammeggiar l’ardente spiro
d’Isidoro, di Beda e di Riccardo,
che a considerar fu più che viro.
(Par. X, 130-132)
Secondo la Sanson “questa terzina attesta l’importanza che Dante attribuisce a Riccardo
definendolo ‘più che viro’, più di un semplice uomo nella ‘contemplazione’ delle realtà
divine e attribuendogli quindi un primato nel campo della mistica”. In realtà contrariamente
alla certa consapevolezza dantesca della trascendente “considerazione” del “più che viro”,
proprio quest’ultima espressione, dentro un testo avente lo stile dell’ “elenco”, perdipiù
medioevale (quindi con una spiccata predisposizione all’amplificatio delle virtù, fino
all’excellentia, dei personaggi), non pare dar piena legittimità a qualsivoglia generale
preferenza dantesca verso la mistica riccardiana.
E concludiamo queste osservazioni col ribadire il ruolo che San Bernardo avrà alla fine del
viaggio di Dante, ruolo per cui se il mistico vittorino è “più che viro” nel cielo del Sole, il
cistercense permetterà il “trasumanar” del fiorentino, nell’Empireo, fino a Dio.
La Vita Nova di Dante, i mistici e Riccardo di San Vittore.
11
quanto accadrà poi - dentro composizioni così giovanili e
frammentarie del nostro poeta.
La cultura del giovane Dante
Trattando di una eventuale propensione dantesca, al
livello delle Rime e della Vita nuova, verso questo o
quell’altro elemento della tradizione non si può non aprire
un spiraglio in direzione della cultura del giovane Dante,
anche se pare verosimile, come ha affermato De
Robertis
8
, come non sia su “singoli riferimenti” e su
“contrapposizioni di fonti e di ‘auctores’” che is possa
costruire, quando che sia, il difficile capitolo della cultura
di Dante giovane.
In ogni caso non possiamo neppure non tener conto che,
per quanto poco sappiamo degli studi di Dante sino al
quindicesimo e al diciassettesimo anno d’età
9
, sia ormai
presumibile che il suo primo contatto col mondo della
8
D. De Robertis, Il libro della “Vita Nuova”, Firenze 1970, p100.
9
N. Mineo, Dante, cit., p.13.
La Vita Nova di Dante, i mistici e Riccardo di San Vittore.
12
cultura sia avvenuto in ambiente religioso, nel convento
appunto di Santa Croce
10
.
Si tratterebbe, evidentemente, di conoscenze che, “sino al
tempo del compimento della Vita nuova, per la loro sfera
religiosa, oltre la dogmatica conoscenza del testo sacro,
implicavano la feconda frequentazione delle Confessioni
di Agostino e delle più note scritture mistico-ascetiche di
Bernardo (Liber de diligendo Deo, Riccardo (Tractatus
de quatuor gradibus violentae caritatis), Bonaventura
11
”.
Con questo non si vuol certo insinuare una parola
definitiva su un argomento di pur così fondamentale
importanza ma la cui “catena di mediazioni ci impedisce,
a distanza di oltre un secolo, di puntare il dito su un testo
a differenza di un altro
12
”.
10
Bisogna tener conto di altri due importanti fattori:
I) la notizia riportata dal Buti, solo, di un noviziato francescano di Dante, non giunto,
ovviamente alla professione dei voti (Ivi, p.14)
II) C’era inoltre a Firenze uno studium degli agostiniani in Santo Spirito. Cfr. Ch. T. Davis,
L’istruzione a Firenze nel tempo di Dante (1965), in L’Italia di Dante, tr. it. di Dante’s Italy
and other Essays (Philadelphia, 1984), Bologna, 1988, pp. 135-166. (La notizia è riportata
in S. Cristaldi La “Vita Nuova e la restituzione del narrare, Messina 1994.
E’ indubbiamente intrigante la notizia dell’esistenza proprio nella città del poeta - avido,
quant’altri mai, di cultura e conoscenza - di uno studio governato dalla stessa regola, che è
quella agostiniana, dei monaci di San Vittore (cfr. M. Sanson Op. cit., p.12).
11
N. Mineo, Dante, cit., p.15.
12
D. De Robertis, Il libro della Vita Nuova , cit., p.109. Nello stesso si aggiunge (pp. 105-
106) che:
La Vita Nova di Dante, i mistici e Riccardo di San Vittore.
13
E’ comunque interessante una analisi della canzone E
m’incresce di me sì duramente, in quanto scritta “secondo
il parere pressoché concorde dei critici, e dei più
autorevoli [...] per l’amore reale di Beatrice” (Contini
13
).
Pare in essa che la tensione tutta dantesca nel porre i dati
e le rappresentazioni di partenza alle loro estreme
conseguenze sembri apportare un uso più consapevole
della più consapevole tradizione sull’amore, doloroso e
non.
Ma prima di cominciare la nostra indagine non possiamo
non pensare ad alcuni elementi del componimento già
evidenziati da Contini
14
e insistenti verso la “distruzione
della personalità e [...] altri effetti dolorosi recati
dall’amore, un amore disgiunto da pietà e perseguitato dal
gabbo della donna”. Il filologo continua affermando che,
a differenza della Vita Nuova, “il contegno di lei non è
dovuto, come là, a sdegno, bensì a una civetteria feroce”,
” D’altra parte il contributo delle biblioteche conventuali fiorentine non sembra di grande
rilievo, sotto l’ordinata del sec. XIII, nel quadro della tradizione.”
13
G. Contini, op. cit., p348.
14
Ivi, pp 348-349.
La Vita Nova di Dante, i mistici e Riccardo di San Vittore.
14
che ci porterebbe, aggiunge, verso una situazione
prevalentemente mondana e tale da giustificare
l’esclusione della canzone dal “romanzetto teologico”.
Questi elementi ci sembrano importanti in quanto
potenziali fattori di attrazione, per un Dante magari
“posseduto da una sensibilità ossessiva del dolore
15
”,
verso modelli della tradizione che, anche oltre le -
senz’altro maggioritarie - suggestioni provenzali e
cavalcantiane, fossero altresì capaci di porre, per loro
natura, il dramma d’amore dentro un potenziale esito
escatologico e spirituale.
E’ per questo che, dentro il segno tipicamente
cavalcantiano - “ascritto alle ipostasi più rigorose
dell’analisi psicologica
16
” - troviamo, proprio all’inizio
della canzone, una efficace immagine di un possibile e
tragico esito dell’amore tanto doloroso quanto mondano:
sento contro mia voglia 5
raccoglier l’aire del sezza’ sospiro
15
Ivi, p.348.
16
Ivi, p348.
La Vita Nova di Dante, i mistici e Riccardo di San Vittore.
15
entro ‘n quel cor che begli occhi feriro
quando li aperse Amor con le sue mani
per conducerli al tempo che mi sface. 9
che Riccardo aveva, più di un secolo prima, e oltretutto
come quarto grado, quindi estremo, dell’amore terreno -
siamo quindi ben lontani da interiori, mistiche “dolcezze”
- così descritto:
|15| sibique ipsi totus relinquitur, solo adhuc spiritu anhelat
et omni hora ad exitum appropinquat. Ultimum jam spiritum
trahit [Il corsivo è mio]
Ma la fine, più o meno metaforica, del soggetto amante
non è di solito che la conclusione di un processo a gradi
che ha inevitabilmente, tra le sue tappe, l’annullamento
delle capacità volitive dell’individuo.
Per il poeta fiorentino:
che per forza di lei 19
m’era la mente già ben tutta tolta [Il corsivo è mio]