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settori sempre più ampi, quali la sociologia, l’antropologia, la
psicologia, la medicina e la linguistica, ed i ricercatori hanno
mostrato un crescente interesse per i cross-cultural studies (studi di
tipo comparativo di solito condotti tra due o più paesi) che si
occupano di analizzare, alla luce delle diverse culture, un aspetto
ben preciso dello humor. Tuttavia, nonostante questa rinnovata
attenzione nei confronti di tale argomento, ancora oggi gli studi
sociologici condotti in materia di umorismo non sono
numerosissimi.
Questo studio si propone di verificare se esistono differenze
nella percezione dello humor tra paesi diversi ed in particolare,
attraverso l’umorismo contenuto nel film La vita è bella (1997) di
Roberto Benigni, tra la cultura italiana e quella americana.
La scelta del film non è stata casuale. La vita è bella ha
rappresentato, infatti, un caso senza precedenti sia per l’enorme
successo riscosso in Italia e negli Stati Uniti, sia per il tipo di
argomento trattato: l’Olocausto raccontato attraverso l’umorismo.
L’associazione riso - Olocausto è stata oggetto di molte polemiche,
che hanno sicuramente contribuito all’affermazione del film in seno
al panorama cinematografico mondiale. Per la prima volta, infatti,
una pellicola non americana è stata premiata con ben tre Oscar, tra
cui anche l’importante riconoscimento per il migliore attore
protagonista. Il successo riscosso oltreoceano rappresenta un fattore
molto importante per la cinematografia italiana in quanto, di solito,
l’umorismo viene esportato con difficoltà. Spesso i problemi
sorgono quando lo humor è caratterizzato dal comico del
linguaggio, ad esempio da giochi di parole non sempre traducibili, e
da riferimenti socioculturali specifici. È chiaro, quindi, che se un
film presenta situazioni strettamente connesse alla cultura d’origine
(culturally oriented) e magari anche un largo uso del comico della
retorica, esso farà più fatica ad affermarsi sul mercato estero, e la
stessa sorte toccherà ai suoi protagonisti (Chiaro, 2000:10). Basti
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pensare a Totò, uno dei principali esponenti della comicità italiana,
che, pur essendo famosissimo in patria, non è mai riuscito ad
esportare la sua comicità. Oltre ai motivi di tipo linguistico, è lecito
ipotizzare anche una scarsa capacità dell’Italia nel promuovere i
propri prodotti cinematografici all’estero. La situazione è mutata
notevolmente nel corso degli ultimi anni dal momento che i mezzi
tecnologici a nostra disposizione sono maggiori e la macchina
pubblicitaria è stata potenziata. Tuttavia, ancora oggi, non tutti gli
attori comici italiani, che godono di una grande celebrità in patria,
riescono a diventare famosi oltre confine. Tra questi si possono
citare Leonardo Pieraccioni, Christian De Sica e Massimo Boldi. La
loro comicità non è esportabile perché troppo legata agli stereotipi
culturali italiani che, in altri paesi, non verrebbero riconosciuti e
quindi apprezzati. Roberto Benigni, invece, costituisce un caso a
parte. I suoi film erano noti al pubblico straniero già da parecchi
anni, ma solo ora, con La vita è bella, la sua vis comica è stata
riconosciuta internazionalmente, consacrando definitivamente la
fama dell’attore toscano nel panorama cinematografico mondiale.
In seguito al grande successo ottenuto da La vita è bella,
altri attori e registi hanno deciso di utilizzare l’arma dell’umorismo
per raccontare il dramma delle deportazioni naziste. È il caso del
film Jakob the liar (Jakob il bugiardo, 1999, Peter Kassovitz) con
Robin Williams.
Per verificare l’ipotesi alla base di questo studio su come
diversamente il pubblico italiano e quello americano abbiano
percepito l’umorismo contenuto nel film di Benigni, è stato
condotto un esperimento di tipo comparativo tra Italia e Stati Uniti,
due paesi che, come sottolineato in precedenza, hanno avuto un
ruolo molto importante nell’affermazione del film La vita è bella e
del suo protagonista in seno all’industria cinematografica
internazionale. In particolare, le città scelte per condurre tale studio
sono state Bologna e Portland (Oregon).
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Lo strumento di indagine adottato in entrambi i casi è stato
un questionario a struttura molto semplice e concisa, poiché è stato
somministrato in luoghi particolari, quali cinema ed università, dove
gli intervistati non hanno tempo a disposizione. Il questionario è
diviso in due blocchi: il primo riguarda le caratteristiche generali
dei rispondenti (sesso, età e grado di istruzione), il secondo la
percezione dello humor presente nelle dieci scene comiche
selezionate all’interno del film di Benigni. La quantificazione di tale
percezione è resa possibile grazie all’uso della graphic rating
scale, vale a dire una scala di misurazione grafica. Ogni scala è
associata ad una determinata scena ed è caratterizzata da un limite
minimo di zero e da un limite massimo di dieci, che indicano la
totale assenza di comicità da un lato e la forte presenza di comicità
dall’altro. In sostanza, l’intervistato ha il compito di assegnare un
voto da zero a dieci ad ogni scena prescelta al fine di trasformare in
termini quantitativi la sua percezione dello humor.
Quando ci si è recati negli Stati Uniti nell’ottobre del 1999,
il film non era più facilmente reperibile. Il metodo di raccolta dei
dati seguito negli USA ha subito, perciò, delle variazioni rispetto a
quello seguito in Italia, dove i questionari sono stati somministrati
in una sala cinematografica. Negli Stati Uniti, infatti, la
somministrazione dei questionari è avvenuta in tre luoghi diversi:
alla Portland State University, in occasione di incontri con studenti
e ricercatori della facoltà stessa; presso abitazioni private, in
occasione di movie sessions organizzate con molteplici gruppi di
persone; in una sala cinematografica di Portland.
Per via dei problemi incontrati durante la fase di raccolta dei
dati negli Stati Uniti, i campioni non sono perfettamente equilibrati;
ma, anche se in Italia i rispondenti sono 180 mentre negli USA sono
94, questa discrepanza non ha inficiato in alcun modo lo
svolgimento dell’indagine.
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I risultati ottenuti dal campione totale di 274 rispondenti
hanno confermato che esistono differenze nella percezione
dell’umorismo tra la cultura italiana e la cultura americana. In
particolare, dalla lettura dei dati si evince che il campione italiano
ha apprezzato maggiormente la comicità contenuta in La vita è
bella, ed i valori della media italiani, generalmente più alti rispetto a
quelli americani, stanno ad indicare che il pubblico italiano ha colto
lo humor dell’attore toscano in ogni sua sfaccettatura, ridendo così
di più in confronto alla controparte statunitense. Le ragioni che
sottendono a tale differenza possono essere molteplici, ma
soprattutto ribadiamo il fatto che l’umorismo è molto difficile da
esportare in quanto spesso è direttamente correlato ad aspetti
linguistici e culturali, che possono creare seri problemi di
traduzione. Come è stato sottolineato in precedenza, nel caso del
film di Benigni, il campione statunitense ha percepito sì lo humor
italiano, ma non completamente. Molte scene, altamente comiche
per il nostro pubblico, hanno suscitato poco entusiasmo in quello
americano. Inoltre, si è avuta l’impressione che il campione
statunitense abbia ritenuto maggiormente la parte drammatica del
film, forse per il tipo di argomento affrontato, ossia l’Olocausto.
Tuttavia, nonostante esistano profonde differenze tra i due
campioni intervistati in merito alla percezione dello humor, La vita
è bella ha costituito un caso senza precedenti per il cinema italiano,
registrando incassi altissimi sia in Italia che negli Stati Uniti. Questa
è la conferma del fatto che, a volte, l’umorismo italiano può essere
esportato con successo anche in paesi distanti da quello d’origine.
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CAPITOLO I
LE ORIGINI DELLA COMMEDIA
1.1. INTRODUZIONE
Il presente capitolo si propone di ripercorrere brevemente le
principali fasi storiche della commedia, dalla sua nascita nell’Antica
Grecia fino alla introduzione di questo genere nel mondo del
cinematografo.
La disamina del vasto panorama dell’evoluzione della
commedia lungo i secoli è stata volutamente ristretta in particolare
alla realtà italiana, per poter introdurre uno dei maggiori esponenti
contemporanei dell’arte comica del nostro paese: l’attore - regista
Roberto Benigni.
Lo scenario storico illustrato in questo capitolo porterà
quindi ad una migliore comprensione della vis comica di Roberto
Benigni, anche alla luce dei suoi predecessori.
1.2. ORIGINI E STORIA DELLA COMMEDIA
Non ci sono notizie precise sull’origine della commedia.
Il significato del termine χώµος ώδή (comos ode), canto della
festa, dell’allegria, ci rimanda alle adunanze dei contadini che si
raccoglievano durante la vendemmia, quando si celebravano le feste
in onore di Dioniso, dio del vino. Divertimento di quei popolani era
il cantare canzoni allegre e licenziose, ricche di frizzi e lazzi;
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inoltre, in queste occasioni era concesso il diritto di beffeggiare i
passanti. Da queste battute salaci, scherzose e spesso anche oscene,
che si scambiavano i popolani in un clima di sfrenata allegria,
sarebbe nata la Commedia, che un po’ alla volta venne acquistando
la forma artistica di un componimento drammatico.
1.2.1. LA COMMEDIA IN GRECIA
Nella commedia greca distinguiamo tre età:
1) La commedia antica.
Coincide con il periodo in cui Atene godette delle libertà
democratiche, di prestigio politico e splendore culturale, e fiorì
fino a quando la città fu oppressa dalla tirannide dei Trenta (404
a.C.). Ebbe come massimo rappresentante Aristofane, ed ebbe
contenuti eminentemente politici, portando sulla scena ogni
aspetto della vita pubblica e privata degli ateniesi, fungendo così
da censura politica e rappresentando con libertà illimitata
l’opinione pubblica.
2) La commedia di mezzo.
Segna un momento di passaggio ad un diverso contenuto:
furono presi di mira non più i magistrati e gli uomini illustri, ma
i filosofi, i poeti (soprattutto i tragici) e le persone di condizione
mediocre o bassa, come artigiani, contadini, prostitute.
3) La commedia nuova.
Subentra all’intreccio la rappresentazione dei caratteri dei
personaggi e scompare del tutto dalla scena la vita politica e
pubblica. È l’autore che costruisce il suo testo seguendo un
disegno prestabilito e, dopo aver tenuto in sospeso gli spettatori,
risolve le situazioni più intricate o attraverso il matrimonio o
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attraverso il riconoscimento (agnitio). Il lieto fine è tipico della
commedia.
Il disegno della commedia è più ordinato, i contenuti meno
licenziosi, maggiore è la varietà dei personaggi. I caratteri
portati in scena, però, sono sempre gli stessi: lo sfruttatore, lo
spergiuro, il servo astuto, l’amante giovane, il soldato fanfarone,
il parassita, la prostituta.
Il massimo rappresentante della commedia nuova è Menandro.
1.2.2. LA COMMEDIA A ROMA
A Roma questo genere letterario fu introdotto da Livio
Andronico, un liberto di nazionalità greca. Prevalse l’imitazione
della commedia di mezzo e nuova, quella di carattere, rinnovata
attraverso la tecnica della contaminatio (contaminazione o
mescolanza), ossia mediante la fusione di elementi tratti da più
commedie greche.
Vero capostipite di questo genere letterario fu Tito Maccio
Plauto. Sotto il suo nome ci sono pervenute moltissime commedie,
ma già gli antichi gliene attribuivano ventuno, che ci sono state
tramandate intere, segno di come e quanto questo autore sia stato
amato nei secoli. I temi delle commedie plautine sono ricavati dalla
realtà romana, anche se l’ambiente in cui si svolgono è la Grecia e
la comicità sprizza dal contrasto di mentalità tra padri vecchi e avari
e figli scapestrati, da donne linguacciute, da servi furbi che
combinano le più impensate diavolerie per favorire se stessi e i
padroncini innamorati o dissoluti. Anche la lingua popolare,
triviale, sbarazzina contribuisce alla vis comica di Plauto e a fare di
lui uno dei più grandi commediografi di ogni tempo. Tra i tipi
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immortali creati da questo genio del teatro latino, a cui tutta la
tradizione del teatro comico deve qualcosa, ricordiamo Sosia ( che
da nome proprio è diventato nome comune), il servo dell’
Amphitruo, una commedia basata sullo scambio di persona, tema
anche dei Menaechmi (i gemelli), in cui la perfetta somiglianza di
due gemelli dà luogo a buffi ed esilaranti malintesi ed imbrogli. Il
tema del sosia e dello scambio di persona ha dato vita ad una serie
di imitazioni che vanno da I due gemelli di Goldoni a L’ispettore di
Gogol e lo si ritrova anche nel cinema in Johnny Stecchino di
Roberto Benigni, oltre che in numerosissime commedie
hollywoodiane.
Di ambiente più raffinato e di comicità più delicata sono le
commedie dell’altro autore che la tradizione latina ci tramanda:
Publio Terenzio Afro. La sua attività letteraria fu limitata perché
morì appena trentenne nel 159 a.C. durante il viaggio di ritorno
dalla Grecia, dove si era recato per avere diretta conoscenza di quel
mondo greco su cui tutto il suo teatro si basa.
Ci ha lasciato solo sei commedie, che ci sono pervenute integre,
scritte su imitazione di quelle di Menandro. La commedia di
Terenzio non è movimentata, tutta intreccio e azione come quella di
Plauto, ma è quasi ferma ed imperniata sui caratteri; sconcezze e
trivialità sono bandite e riflette invece decoro e urbanità. I
personaggi, anche quelli di più bassa estrazione sociale, sono
educati e gentili perché Terenzio è il commediografo della finezza e
dell’introspezione psicologica. Egli dipinge la vita comune
borghese e pone particolare attenzione ai drammi che si svolgono
dentro l’animo umano cercando anche nell’essere più abbietto una
scintilla di nobiltà. È il commediografo dei sentimenti umani che
partecipa commosso alle vicende di tutti: homo sum, nihil humanum
alienum a me puto (sono un uomo e nulla di ciò che è umano
considero estraneo a me) Heautontimorumenos,77.
Dall’umiliazione di Sostrata nell’Hecyra (la suocera) che
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ingiustamente subisce l’odio della nuora, alla grande lezione di
pedagogia dell’Adelphoe, in cui si sostiene un’educazione fondata
sul dialogo e sulla comprensione rispetto a quella autoritaria ed
intransigente, Terenzio tocca tutte le corde dell’animo umano e,
divertendo, fa riflettere sui drammi che ognuno di noi vive.
1.2.3. LA COMMEDIA NEL MEDIOEVO
Con la caduta dell’Impero Romano (476 d.C.) si dissolve
anche la cultura latina. Il Cristianesimo con la sua nuova morale, le
invasioni barbariche, la disintegrazione dei centri del potere
politico, civile, economico e della vita associata non permettono la
sopravvivenza di forme d’arte come il teatro.
La cultura sopravvive in seno alla Chiesa, nei monasteri dove
pazienti amanuensi copiano i testi dei classici, anche se i valori
morali propugnati dalla Romanità non sempre si accordano con
quelli del Cristianesimo. Ma i classici sono auctores e pertanto,
come tali, vanno rispettati e conservati. Quelli che possono essere
interpretati secondo la morale cristiana vanno letti e divulgati,
mentre gli altri solo conservati, anche se considerati pericolosi per
la vita spirituale del credente. È il caso della tragedia che,
rappresentando scontri di grandi passioni può portare all’imitazione
e quindi al peccato, e della commedia che, inducendo al riso,
allontana dalla serietà della meditazione e riduce alla superficialità e
alla frivolezza.
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1.2.4. LA COMMEDIA NEL RINASCIMENTO
Già nel corso del Quattrocento si cominciavano a
rappresentare alcune commedie di Plauto. È il ritorno della
classicità in un’epoca in cui si riaffermano prepotentemente i valori
più laici e mondani della vita.
Al teatro classico, e soprattutto a Plauto, si ispirano i
commediografi del Cinquecento, adattando la commedia plautina
alle esigenze del teatro di corte. Il primo fu Ludovico Ariosto con la
Cassaria nel 1508. Nel Cinquecento la commedia assume la
funzione di intrattenimento di corte: è uno spettacolo offerto dal
Signore o dai ricchi ad un pubblico selezionato. Un luogo chiuso
viene adibito a specifico uso teatrale, la scenografia diventa più
spettacolare e complessa, le tecniche di rappresentazione più ricche
e raffinate. Sia Plauto che Terenzio forniscono ispirazioni per
l’intreccio e la caratterizzazione dei personaggi, ma il clima di
libertà in cui vengono inserite le commedie (feste, carnevali, ecc.) e
le possibilità di satira e di critica del costume che il genere offriva,
permette agli autori di allontanarsi dai modelli classici per mettere
in scena eventi riferiti ad ambiti sociali inferiori rispetto a quello
del pubblico con aspetti polemici o addirittura parodistici. È il caso
di Lena dell’Ariosto, della Mandragola di Machiavelli o della
Cortigiana dell’Aretino.
Nella seconda metà del Cinquecento la commedia perde
vitalità per diversi motivi:
1) Nel clima della Controriforma viene meno quella libertà
creativa ed espressiva, che permetteva di fondere insieme
realismo, comicità ed edonismo, in virtù della necessità di
codificare il genere entro canoni rigidamente fissati, che
soffocano la possibilità di critica e di irrisione.