6
INTRODUZIONE
In seguito alla mia esperienza maturata come volontaria presso il
centro antiviolenza “Telefono Rosa” di Torino, iniziata con lo svolgimento
del servizio civile volontario nel 2012 (e che prosegue tuttora come
operatrice), la mia sensibilità di persona nei confronti del dilagante fenomeno
“violenza sulle donne” si è accresciuta notevolmente. Scrivere la tesi di laurea
su questa materia è stata per me occasione di studio e di approfondimento.
Dopo essermi trovata molte volte a contatto diretto con le donne
vittime appunto di violenza ed aver ascoltato i loro racconti, ho iniziato a
interrogarmi sulle cause che la determinano. Mi sono anche chiesta come tali
violenze venissero poi presentate all‟opinione pubblica e quali erano i mezzi
utilizzati dalle Istituzioni per contrastarle, prevenirle e sconfiggerle.
Da questi interrogativi, è scaturita l‟idea di approfondire questi temi,
prendendo come spunto la stesura della mia tesi di laurea.
Nel primo capitolo ho trattato la nascita, l‟evoluzione e le conquiste
dei movimenti femministi nel campo dell‟emancipazione a partire dagli anni
della Resistenza, oltre ad un più generale studio sulla figura della donna
all‟interno della società a partire dagli anni „50.
Nel capitolo successivo, l‟attenzione si è concentrata sullo specifico
fenomeno della violenza, cercando di individuare il momento storico-genetico
in cui le donne hanno iniziato a parlarne pubblicamente ed a denunciare le
violenze subite, con particolare riferimento alla violenza domestica. Allo
stesso tempo, ho tentato di analizzare l‟evoluzione nel tempo di questo
fenomeno. Per fare ciò, ho analizzato e messo a confronto in particolare due
fonti: una rivista prettamente femminile e un quotidiano, al fine di
approfondire lo studio sul diverso modo di presentare le notizie di violenza,
sia nei diretti confronti delle donne e sia all‟opinione pubblica in generale.
Sfogliando ogni numero, pagina dopo pagina, del periodico Noi Donne dal
1950 ad oggi e ricercando con parole-chiave gli articoli apparsi sul quotidiano
7
La Stampa in tale periodo, ho cercato di ricostruire il percorso storico e
sociologico della violenza sulle donne ed il conseguente riconoscimento di un
problema giuridico-sociale su scala internazionale.
Nel terzo capitolo ho riportato una panoramica della normativa più
recente, sia nazionale che internazionale, riguardante la prevenzione e la
repressione della violenza contro le donne.
In particolare, ho reputato opportuno esaminare la Convenzione del
Consiglio d‟Europa del 2011, detta “Convenzione di Istanbul”, e la legge di
conversione del cd. “decreto sul femminicidio” del 15 Ottobre 2013 n. 119.
In appendice ho riportato infine le interviste integrali a diverse
personalità femminili, con le quali mi sono confrontata direttamente durante
le mie ricerche: Lucia Annibali (avvocatessa e vittima di violenza, autrice del
libro “Io ci sono”); Marilla Baccassini, (volontaria presso il centro Unione
Donne del Terzo Millennio di Torino); Patrizia Celotto, (volontaria presso il
centro Casa delle Donne di Torino) e Luciana Menzio (Presidente del
Telefono Rosa di Torino).
8
CAPITOLO I
I MOVIMENTI FEMMINISTI:
CENNI STORICI
1.1 La Resistenza e il dopoguerra - 1.2 Gli anni Sessanta - 1.3 Gli anni Settanta – 1.4
Dagli anni Ottanta ai giorni nostri
1. 1 La Resistenza e il dopoguerra
La violenza sulle donne è un fenomeno che ritroviamo già nell‟antichità.
Leggendo per esempio la famosa opera del poeta latino Ovidio, L'arte di amare, ci
imbattiamo in un curioso modo, tutto maschile, di pensare:
Vim licet appelles: grata est vis ista puellis;
quod iuvat, invitae saepe dedisse volunt.
Quaecumque est Veneris subita violata rapina,
gaudet, et improbitas muneris instar habet.
1
Da queste poche righe si può dedurre in quale condizione di subalternità
rispetto all‟uomo si trovasse la donna già più di duemila anni fa. Ella doveva
sottostare alla consacrata superiorità maschile che si imponeva in tutti gli aspetti
della vita quotidiana e, nel caso specifico, nella sfera sessuale. La prevaricazione
in quest‟ambito veniva giustificata attraverso il mito della “ritrosia femminile”
2
che voleva la donna contraria alla violenza solo in apparenza in quanto per la
cultura dell‟epoca ella doveva sempre mostrarsi pudica e ritrosa davanti alle
avances maschili.
Quest‟idea della necessaria forzatura dell‟uomo nell‟ambito sessuale in
particolare e più in generale della sua supremazia rispetto alla donna, ha
1 Liber I, l. 671-674: Tu la chiami violenza? Ma se è questo/ che vuol la donna! Ciò che piace a
loro / è dar per forza ciò che voglion dare. / Colei che assali in impeto d'amore, / chiunque ella sia,
ne gode, e la violenza / è per lei come un dono […]. Ovidio, L'arte di amare, con un saggio di S.
Mariotti, traduzione e note di E. Barelli, Bur, 2011
2 Riv. Psic. Contemp. Sett-Ott 2013
9
attraversato i secoli giungendo fino a noi. Forse solo negli ultimi anni abbiamo
iniziato a renderci conto della reale portata del problema e delle conseguenze che
la cultura patriarcale, da cui ancora oggi fatichiamo a liberarci, ha comportato.
Per giungere a questa consapevolezza, si è dovuti passare attraverso varie
rivoluzioni culturali e di pensiero, che hanno avuto origine nel continente
americano e che hanno comportato diversi cambiamenti nelle vite di chi c‟era
allora e di chi viene alla luce oggi: cambiamenti che ancora adesso molti uomini
fanno fatica ad accettare.
Ogni singolo diritto riconosciuto oggi alle donne è frutto di innumerevoli
battaglie ideologiche e politiche affrontate dal genere femminile a partire dagli
anni Cinquanta del secolo scorso. Ogni singola norma è stata conquistata con
fatica, con dedizione e con la consapevolezza che in un mondo giusto, e quindi
ideale, non ci dovrebbe essere la necessità di combattere per vedersi riconosciuta
la dignità di persona.
Il punto di partenza di questo cambiamento è riconducibile agli anni della
Resistenza italiana, che Giulietta Ascoli ha definito come “movimento di masse
destinato a cambiare durevolmente i connotati e per certi versi l‟indirizzo stesso
del movimento e delle rivendicazioni femminili, rispetto al pre-fascismo.”
3
In questo periodo le donne scoprono di avere una personalità che prima
non sapevano di possedere. Esse si trovano a svolgere lavori e a compiere azioni
che fino a quel momento erano sempre stati di esclusiva competenza maschile:
curano i feriti e gli ammalati, sfamano i bisognosi, sostituiscono gli uomini nelle
fabbriche e nei campi e alcune imbracciano addirittura le armi. Importantissimo è
anche il ruolo delle cd. 'staffette' che svolgono “un‟essenziale funzione di
collegamento tra le brigate partigiane, organizzate nella campagna e in montagna,
e la città”,
4
rischiando quotidianamente la vita in prima persona. Sono ben 35.000
5
le partigiane che insieme ai loro compagni dividono pesi e pericoli della guerra.
3 G. Ascoli, La questione femminile in Italia dal „900 ad oggi, Franco Angeli Editore, Milano,
1977, pp. 99-100
4 Federazione Provinciale dei Democratici di Sinistra di Padova “Enrico Berlinguer”, Centro
Studi “Ettore Luccini” (con la collaborazione di), La resistenza e la donna, 60° della Resistenza
5 Fonte: www.resistenzaitaliana.it
10
Molte di queste vengono anche ferite, violentate e persino uccise. Ma è anche
grazie a questi terribili avvenimenti che le donne scoprono di avere grandi
capacità prima neanche immaginate e di essere coraggiose almeno quanto gli
uomini. Quello di entrare nella vita politica è “il primo atto pubblico ed
egualitario, non subalterno, che le donne compiono dopo il ventennio di
esaltazione del 'focolare' e del mito casalingo.”
6
Ed è a partire da questi anni che
le donne “iniziano un percorso di rivendicazione di nuovi diritti, di spazi nella vita
pubblica e sociale del paese, un nuovo ruolo nella vita economica e lavorativa.”
7
Una tappa fondamentale si ha infatti nel 1945 quando con il decreto legislativo
luogotenenziale n. 23 viene riconosciuto il diritto di voto alle donne, che lo
esercitano per la prima volta in occasione del referendum istituzionale del 2
Giugno 1946 con il quale è nata la Repubblica italiana.
A differenza però di quanto ci si potrebbe aspettare, la situazione delle
donne negli anni successivi a questo primo riconoscimento di far parte della vita
sociale e politica del Paese non è migliorata, anzi. In particolare la posizione della
Chiesa Cattolica sul ruolo della donna non era mutata e il Papa Pio XII ha tenuto
a ribadirlo con il suo discorso di principio pronunciato il 21 Ottobre 1945:
Ogni donna è destinata ad essere madre […] La donna, veramente tale, non può altrimenti
vedere né comprendere a fondo tutti i problemi della vita umana che sotto l‟aspetto della
famiglia […] L‟uguaglianza di diritti con l‟uomo ha, con l‟abbandono della casa ove era
regina, assoggettato la donna allo stesso peso e tempo di lavoro. La donna che va fuori
casa a lavorare stordita dal mondo agitato in cui vive, abbagliata dall‟orpello di un falso
lusso, diventa avida di loschi piaceri.
8
Come racconta Aida Ribero, “a partire dagli anni della ricostruzione si è
assistito a un lento processo di involuzione rispetto alle grandi attese e al livello di
elaborazione politica raggiunto dalle donne durante e subito dopo la liberazione
6 G. Ascoli, op. cit., p. 113
7 Federazione Provinciale dei Democratici di Sinistra di Padova “Enrico Berlinguer”, Centro
Studi “Ettore Luccini” (con la collaborazione di), La resistenza e la donna, 60° della Resistenza
8 G. Ascoli, op. cit., pp. 118 – 119
11
dal nazifascismo.”
9
Le donne devono quindi rinunciare alle proprie rivendicazioni
per impiegare le proprie forze nel ricostruire ciò che la guerra aveva distrutto.
Esse vengono “costrette a lasciare i posti di lavoro, che avevano occupato durante
la guerra, per metterli a disposizione dei militari di ritorno dai fronti” e vengono
“mobilitate nelle campagne per la pace sotto l‟incalzare della psicosi della guerra
nucleare.”
10
Nonostante le donne continuino ad incontrarsi ed a discutere del proprio
ruolo, dei propri problemi e desideri e che il 1° Ottobre 1945 venga anche fondata
un‟associazione femminile di promozione politica, sociale e culturale (U.D.I.),
esse passano in secondo piano rispetto ai bisogni imminenti di ricostruzione.
L‟unico evento positivo, e non di poco conto, che occorre ricordare in questo
periodo è l‟ingresso di ventuno donne nell‟Assemblea costituente, le quali
contribuiscono alla stesura degli articoli della nostra Costituzione. In particolare,
sotto il loro impulso, vengono scritti gli artt. 3 e 37, che riconoscono
rispettivamente la pari dignità sociale e l'uguaglianza davanti alla legge a tutti i
cittadini e la parità tra donne e uomini in ambito lavorativo.
La situazione del sesso femminile si complica nel 1948 con la vittoria della
Democrazia Cristiana, che continua l‟azione moralizzatrice iniziata dalla Chiesa.
E‟ proprio di questi anni la canonizzazione di S. Maria Goretti
11
che, secondo il
pensiero cattolico, doveva divenire il modello di purezza di tutte le donne. Molti
degli uomini intervistati nel film-documentario “Comizi d'amore” di Pier Paolo
9 A. Ribero, Una Questione di libertà, Rosenberg & Sellier, 1999 p. 52
10 Ibid.
11 Maria Goretti è stata vittima di omicidio a seguito di un tentativo di stupro da parte di un vicino
di casa; viene canonizzata nel 1950 da papa Pio XII. I fatti risalgono al 1902, quando Alessandro,
secondogenito dei Serenelli, amici di famiglia dei Goretti, attira la piccola Maria (allora
undicenne) in casa con una scusa e tenta di violentarla. Davanti al rifiuto e alle grida della giovane,
Alessandro la colpisce con un punteruolo, ferendola gravemente. Maria viene trasportata in
ospedale dove muore però il giorno successivo a causa di una setticemia dovuta a un intervento
chirurgico. Già durante l'epoca fascista si diffonde il culto di Maria Goretti, in particolare tra gli
stati più umili della popolazione, creandosi così un'icona cara ai contadini. La sua immagine
rimane importante anche per i non cattolici, tanto che Enrico Berlinguer indica nella piccola un
esempio da imitare, così come Palmiro Togliatti che nel 1953 la propone come modello di vita alle
giovani comuniste. A partire dagli anni Settanta, la figura della Goretti perde gradualmente
popolarità in quanto ritenuta dalle femministe troppo legata a una visione tradizionale della donna,
casta, votata alla maternità e al lavoro domestico.
12
Pasolini
12
, a proposito del ruolo della donna nella società, rispondono che il luogo
ideale dove le mogli possono realizzarsi è proprio dentro la propria abitazione,
disapprovando quindi l‟idea che le loro compagne e figlie possano andare a
lavorare fuori casa. Quelle che già svolgono una qualche attività lavorativa,
devono fare i conti con la disparità di salario rispetto agli uomini e col fatto che
una volta rientrate a casa il loro lavoro continua con le faccende domestiche. Per
la legge che prevede l‟uguaglianza salariale tra uomini e donne bisogna attendere
infatti il 1957, quando l‟Italia ratifica il Trattato di Roma che prevedeva questo
principio; l‟obbiettivo europeo non era una politica antidiscriminatoria, ma un
provvedimento volto ad evitare turbative di mercato, nel senso che i paesi dove il
lavoro femminile era più diffuso (essendo meno retribuito di quello maschile)
fossero favoriti rispetto agli altri. Ma sarà solo nel 1977 che l‟Italia emanerà la
legge di recepimento della norma europea.
13
Un‟altra legge che farà storia è la cd. Legge Merlin del 1958, che prende il
nome appunto dalla senatrice che la promosse, Lina Merlin. Lo scopo voleva
essere quello di porre fine allo stato di semi-schiavitù e sfruttamento in cui
versavano le donne che lavoravano all‟interno delle case di tolleranza, che con
questo provvedimento vengono fatte chiudere.
La legge abolisce inoltre la regolamentazione della prostituzione in Italia e
introduce una serie di reati intesi a contrastare lo sfruttamento della prostituzione
altrui. Proprio la decisione di rinunciare in modo assoluto anche a una minima
regolamentazione della materia fa sì che la legge Merlin vada incontro a forti
critiche da parte di chi sosteneva che relegare nell‟ombra il fenomeno della
prostituzione avrebbe potuto causare disastrose conseguenze sia sul fronte della
salute pubblica sia su quello dello sfruttamento delle ragazze, come in effetti è poi
avvenuto.
14
12 P.P.Pasolini, Comizi d'amore, film- documentario, 1965
13 Su questo argomento: A. Donà, Le pari opportunità. Condizione femminile in Italia e
integrazione europea, Roma -Bari, Laterza, 2006
14 Su questo argomento: L. Merlin, C. Barberis, Lettere dalle case chiuse, Edizioni Il Gallo,
1955
13
Nel frattempo molte donne continuano a svolgere un doppio lavoro, sia
fuori che all‟interno della famiglia, ma nessuno sembra farci caso. Per questo
motivo l‟UDI (Unione Donne in Italia)
15
si batte lungamente per veder
riconosciuta la pensione alle donne casalinghe, per avere più disponibilità di
mezzi pubblici per coloro che devono spostarsi per lavoro e asili pubblici per una
migliore organizzazione della vita e dei rapporti; l‟idea è che i bambini debbano
frequentare la scuola, indipendentemente dal fatto che la madre lavori o meno:
essi sono i futuri cittadini dello Stato ed è quindi giusto che anche lo Stato li
accudisca.
1.2 Gli anni Sessanta
Guardando questo periodo con ottica internazionale, bisogna accennare ai
cambiamenti che stavano avvenendo nel nostro Paese in quegli stessi anni. La fine
della guerra aveva lasciato un‟Italia distrutta e da ricostruire, ma una favorevole
congiuntura degli eventi internazionali porta la nostra penisola a una grande
ripresa che sfocia poi nel cd. boom economico del 1960. Gli aiuti ricevuti in
seguito al varo del Piano Marshall e della crescita dell‟industria pesante italiana,
dovuta alla grande richiesta di metalli ed altre materie lavorate di cui i Paesi
necessitavano a causa della Guerra di Corea (1950-1953), hanno comportato un
incremento vertiginoso del commercio internazionale e, di conseguenza, sia la
crescita del reddito nazionale che dell‟occupazione.
In questo momento storico le donne vivono però una sorta di paradosso, un
benessere illusorio: la figura femminile si trova a transitare da un periodo di forte
conservatorismo ad uno di innovazione e rivoluzione. Esse continuano a
scontrarsi con l‟arretratezza culturale che caratterizza la società e le leggi in
vigore: il codice penale del 1960 contiene ancora istituti come il delitto d‟onore, il
reato di abbandono del tetto coniugale e il matrimonio riparatore. E‟ proprio di
15 L'UDI è un'associazione femminile di promozione politica, sociale e culturale, senza fini di
lucro, tutt'ora esistente. Nasce ufficialmente il 1° ottobre 1945. Nei giorni successivi al primo
congresso nazionale, si uniscono ad essa anche i Gruppi di difesa della donna che avevano
partecipato alla Resistenza, al fine di creare la più grande organizzazione per l'emancipazione
femminile in Italia.
14
questi anni la nota vicenda siciliana che ha per protagonista Franca Viola
16
, la
prima ragazza ad aver rifiutato di sposare il proprio rapitore rinunciando quindi a
salvare, secondo la cultura del tempo, il proprio onore e quello familiare.
Bisognerà aspettare il 1981 per veder abrogato questo istituto.
Esistono poi alcuni casi di violenza all‟interno delle mura domestiche, ma
le donne non hanno la possibilità di allontanarsi da casa. Sono in vigore infatti
istituti giuridici come, per esempio, il già citato reato di abbandono del tetto
coniugale, l'esistenza e la giustificazione del delitto d'onore (abrogato anche
questo solo nel 1981), nonché tutta una serie di altre leggi atte a difendere il
potere maschile.
Dall'altra parte però il Paese attraversa una fase di intenso sviluppo che
tocca, come si accennava, prima l‟industria e più lentamente anche l‟agricoltura.
Entrambi i settori vengono potenziati e modernizzati. L'incremento delle scienze
e la loro applicazione alla produzione e al settore dei trasporti portano alla
creazione di molti nuovi servizi, come la motorizzazione privata e l'aviazione
civile, contribuendo ad un netto miglioramento del tenore di vita dei cittadini, che
vengono incitati a comprare auto nuove, a fare gite fuori porta la domenica e ad
acquistare elettrodomestici per rendere meno faticosi i lavori domestici delle
mogli.
Anche la donna sta cambiando: le figlie della nuova generazione si
ribellano ai vecchi stereotipi e non vogliono fare la vita delle loro madri. Dal
punto di vista legislativo qualcosa inizia a modificarsi: nel 1962 viene prolungato
16 E' la prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore, diventando così un simbolo della
crescita civile dell'Italia nel secondo dopoguerra e dell'emancipazione delle donne italiane.
Nasce nel 1947 in Sicilia in una modesta famiglia di mezzadri. All‟età di quindici anni, con il
consenso del padre, Franca si fidanza con Filippo Melodia, nipote di un noto mafioso locale e
membro di una famiglia benestante. In quel periodo, però, Melodia viene arrestato per furto e
appartenenza ad una banda mafiosa e ciò induce il padre della ragazza a rompere il
fidanzamento. A seguito di questo evento, la famiglia Viola subisce numerose minacce e
intimidazioni. Il 26 dicembre 1965, all'età di diciassette anni, Franca viene rapita da Melodia e
da altri vari complici i quali portano la ragazza in un casolare abbandonato dove viene
segregata e violentata per diversi giorni. Il 31 dicembre, il padre di Franca viene contattato dai
parenti di Melodia i quali vogliono mettere le famiglie davanti al fatto compiuto e far così
accettare ai genitori di Franca le nozze dei due giovani. Qualche giorno dopo la polizia
rintraccia il rifugio e riesce in maniera rocambolesca a liberare la ragazza. Melodia viene
arrestato con i suoi complici, ma conta evidentemente sul matrimonio “riparatore” che, come
prevedeva la legge italiana, scagionava il rapitore che sposava la propria vittima. Franca però
rifiuta di sposarlo e dà così avvio al processo che suscita molto scalpore ma alla fine del quale
Filippo Melodia viene dichiarato colpevole.
15
l‟obbligo scolastico fino ai quattordici anni; con la legge n. 66 del 9 febbraio
1963, viene esteso anche alle donne il diritto di accedere a tutte le cariche,
professioni ed impieghi pubblici, compresa la Magistratura, nei vari ruoli, carriere
e categorie, senza limitazioni concernenti le mansioni o i percorsi di carriera.
Qualcosa si muove anche nell‟ambito della delicata sfera sessuale. Fino a
questo momento uno dei più importanti valori che una ragazza deve possedere per
potersi sposare è la verginità. Prima del matrimonio il rapporto sessuale è proibito,
in seguito si può praticare, ma non può in ogni caso diventare argomento di
conversazione. Nel codice penale Rocco è ancora presente il reato di
“incitamento a pratiche contro la procreazione” sopravvissuto alla transizione dal
fascismo alla Repubblica, che crea qualche problema nel momento in cui nel 1966
viene introdotta in Italia la pillola anticoncezionale, la quale viene venduta come
farmaco per la cura ormonale, al punto che i ginecologi pensano alle più disparate
patologie per poterla prescrivere. Le conoscenze delle donne in materia sono
molto scarse, ma esse iniziano a far uso dei nuovi farmaci e così il numero di figli
inizia a diminuire. In questi anni si ha “il passaggio dalla maternità intesa come
destino, alla maternità come scelta consapevole e come realizzazione di un
desiderio.”
17
I cambiamenti di vita creano però nelle donne degli anni Sessanta una
sorta di crisi d'identità: il massiccio trasferimento della popolazione dal lavoro
agricolo a quello industriale, con il conseguente passaggio dalle campagne alle
città, provoca infatti l'accentuarsi della divisione dei ruoli tra uomo e donna.
Quest'ultima adesso vive in un bell'appartamento, ha la casa piena di
elettrodomestici, si cura dei figli e della loro educazione scolastica, si fa bella per
il marito e legge riviste che la inondano di consigli su cosa cucinare per cena,
sulle faccende domestiche e sui vestiti all'ultima moda, anche se la sua vita è
spesso segnata dall'isolamento. Nelle cittadine infatti i rapporti coi vicini e coi
propri parenti sono piuttosto scarsi e il fatto che spesso la donna faccia solo la
casalinga la esclude da altri rapporti sociali. Inoltre, non può contare su un proprio
reddito e ciò le genera frustrazione. Solo più tardi i media e gli imprenditori
17 A. Ribero, op.cit., p. 82
16
vedranno la donna come un importante obbiettivo da sfruttare attraverso la
pubblicità, al solo scopo di vendere i più svariati prodotti in commercio.
E' proprio agli inizi degli anni Sessanta che Betty Friedan scrive il famoso
saggio “La mistica della femminilità”, che in Italia si diffonde più tardi, sulla
condizione della casalinga, “immagine ideale delle giovani americane, e l'invidia,
così si diceva, delle donne di tutto il mondo.”
18
L'immagine collettiva della
casalinga americana è di una donna “sana, bella, istruita, preoccupata solo del
benessere del marito e dei figli, interessata solo alla casa.”
19
Non ci si pone più il
problema se le donne siano inferiori o superiori agli uomini perché è oramai
assodato che esse sono semplicemente diverse.
Per qualche anno il ruolo della casalinga americana sembra quindi essere
quello a cui tutte vogliono aspirare. Ma stanno davvero così bene le donne
americane? Per molto tempo si è creduto di sì, anche a causa del disagio e della
vergogna che esse provavano nell'esternare, persino a se stesse, che qualcosa non
andava, in quella che doveva essere la vita perfetta. Le donne iniziano a parlare tra
loro del “problema senza nome”,
20
con molta esitazione. Scoprono poi,
sorprendentemente, che tutte loro provano le stesse sensazioni, anche se queste
sono difficili da esprimere: si parla di un senso di vuoto, di incompletezza, di
stanchezza, di dubbi sulla propria personalità e delle crisi di pianto. Quelli che
potevano sembrare solo capricci, nel 1960 diventano un vero e proprio problema
di cui iniziano ad occuparsi anche i più importanti giornali americani. Mentre la
televisione continua a mostrare immagini e spot pubblicitari di giovani casalinghe
sorridenti, il Newsweek del 7 Marzo 1960 scrive a proposito della donna
americana:
E' insoddisfatta di una sorte che le donne di altri paesi non si sognano neppure. La sua
scontentezza è profonda, generale e resiste ai rimedi superficiali che le si offrono ad ogni
piè sospinto... Un esercito di esploratori specializzati ha già individuato le cause
principali del disagio... Da sempre il ciclo femminile definisce e confina il ruolo della
18 B. Friedan, La mistica della femminilità, 3°ed., Edizioni di Comunità, Milano, 1972, p.15
19 Ivi, p.16
20 Ivi, p.17