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Ho sempre creduto che nel mondo di oggi, i più grandi mali e le più tenaci
ingiustizie fossero il risultato degli errori passati: nel presente scontiamo con gli
interessi sbagli che, per troppi anni, secoli, si e` tenuto nascosti.
La visione patriarcale della famiglia, presente di diritto in Italia fino al 1975,
credo sia uno dei più grandi errori commessi dalla società: il potere nelle mani
degli uomini e la visione della donna come mero “valore aggiunto” in un sistema
basato sulla “forza e le capacita’ maschili” ha creato i “mostri” di allora e quelli
moderni.
L’idea che fino a trenta anni fa, nemmeno una generazione addietro, il nostro
diritto penale facesse differenze tra l’adulterio maschile e quello femminile, o che
riconoscesse il monopolio del “potere” al padre sulla vita dei figli, penso abbia
contribuito al profondo stato di confusione in cui si trovano gli uomini di oggi.
In pochi decenni, la donna, facendosi strada con le proprie forze, ha visto nascere
una nuova possibilità di vita che non fosse solo “l’essere la moglie di…”. Questa
nuova indipendenza non ha messo fine alla violenza in famiglia, le ha solo dato
voce. Credo, anzi, che il maltrattamento subito oggi dalle donne, da parte dei
propri patner, sia, se possibile, ancora più subdolo ed umiliante perchè vissuto in
un contesto sociale che si definisce libero e paritario.
Ho voluto toccare un tema scottante, poiché credo che la violenza domestica
rappresenti un buon indice della discrepanza tra ciò che si crede accada e ciò che
invece realmente succeda nelle famiglie italiane.
Sono convinta che per poter affrontare un problema sia fondamentale conoscerlo a
fondo e poi affrontarlo. Proprio per questo motivo credo che il problema della
violenza domestica sia tuttora irrisolto anche perché non lo si guarda in faccia,
non lo si scopre fino in fondo. A volte, percepisco che la visione patriarcale del
nucleo familiare non abbia ancora del tutto abbandonato le nostre menti. Non e`
raro, infatti, ascoltare uomini e donne incolpare la vittima o attribuire ragioni o
attenuanti al maltrattante. Io non credo che nessun problema possa essere tale da
giustificare l’uso della violenza.
Infine, il motivo per cui ho deciso di parlare di “violenza assistita” nasce dalla mia
esperienza di tirocinio. Svolgendo tale percorso presso una comunità madre-
bambino ho avuto modo di sperimentare sulla mia pelle il trauma di questi piccoli
testimoni. Ho iniziato a domandarmi che uomini e che donne sarebbero diventati
domani ed in che modo si potessero aiutare per indirizzarli verso un destino meno
violento.
Al telegiornale, sui quotidiani, non c’e` notizia di cronaca, ormai, che non parli di
omicidi in famiglia o di donne e bambini vittime di soprusi da parte di parenti e
familiari.
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Quante volte mi sono chiesta di chi fosse la colpa e se ci fosse un reale colpevole:
la società, l’individuo o chi altro? Tali riflessioni mi hanno spinta a capire cosa
vivessero questi bambini testimoni di violenza e come questo essere
“indirettamente” toccati dalla vicenda potesse, in realtà, “direttamente” segnarli.
Partendo dunque dalla più generale violenza di genere, ho deciso di soffermarmi
sulla violenza domestica e assistita, per poi concludere con il raffronto tra teoria e
pratica grazie all’ultima esperienza di tirocinio svolta.
L’elaborato risulta, quindi, suddiviso in quattro parti:
-nella prima parte, “Quando una donna maltrattata e` anche una mamma” ho
presentato e analizzato la problematica della violenza di genere nelle sue forme
soffermandomi sulla specificità della violenza domestica. A partire da questa ho
poi scelto di analizzare le conseguenze del trauma sulle donne e la tutela giuridica
che esse hanno a disposizione. Basandomi prima sui Codici civile e penale mi
sono poi inoltrata nella recente legge 154 del 2001, “Misure contro la violenza
nelle relazioni familiari” e nell’innovativa posizione della Spagna rispetto al
fenomeno;
-nella seconda parte, “Quando dietro una mamma maltrattata c’e` un bambino che
guarda…”, ho invece dedicato la mia attenzione al legame tra violenza domestica
e violenza assistita soffermandomi ampiamente su quest’ultima. Ho, quindi, avuto
modo di approfondire conseguenze e danni della violenza assistita non solo sui
minori ma anche sulla relazione genitoriale con la madre-vittima. Cercando di
spiegare, non solo, l’esistenza di fattori di rischio ma anche di fattori che possono
“proteggere” dal trauma queste piccole vittime. Ho concluso questa parte
dedicando un capitolo alla tutela civile e penale del bambino testimone di
violenza;
-nella terza parte, “Gli interventi in favore delle mamme maltrattate e dei loro
figli”, ho ricercato, invece, come sia possibile intervenire in caso di violenza
assistita, spiegando come, le diverse fasi dell’intervento, dalla rilevazione alla
protezione e al trattamento, debbano coinvolgere non solo la madre maltrattata ma
anche i suoi figli. Ciò, in particolare, nel caso di allontanamento dalla dimora
coniugale, scegliendo di accogliere madre e figli, insieme, in una comunità
predisposta per questo genere di utenza;
-nella quarta e ultima parte, “Casa futura e l’intervento di comunità”, ho scelto di
riportare le modalità di azione che ho avuto modo di osservare durante il mio
tirocinio di terzo anno di corso, in modo tale, da effettuare un raffronto tra teoria e
pratica nell’intervento con le donne, con i minori e nella relazione genitoriale.
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PARTE PRIMA:
“QUANDO UNA DONNA MALTRATTATA E`
ANCHE UNA MAMMA…”
PREMESSA
Inizio questa parte del mio elaborato,riportando una poesia molto significativa di
Jack Folla
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, “Donne in rinascita” che mi ha emozionato molto leggendola poiché
coglie l’essenza del genere femminile nel momento che più lo caratterizza: la
rinascita,la ricostruzione. Io credo profondamente nell’altissima capacità delle
donne di ricrearsi a partire da ciò che le ha fatte morire,così come la mitologica
araba fenice rinasce dalle proprie ceneri,così ogni donna può ripartire da ciò che
l’ha distrutta.
“Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è
una donna in rinascita. Quando si rimette in piedi, dopo la catastrofe, dopo la
caduta, che uno dice... è finita. No. Finita mai, per una donna. Una donna si
rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole. Non parlo solo dei
dolori immensi, di quelle ferite da mina antiuomo che ti fa la morte o la malattia.
Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l'esistenza in
un lavoro difficile, che ogni mattina hai un esame peggio che a scuola.Te,
implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà, deciderai se
sei all'altezza o se ti devi condannare. Così ogni giorno e questo noviziato non
finisce mai, e sei tu che lo fai durare. Oppure parlo di te, che hai paura anche
solo di dormirci, con un uomo, che sei terrorizzata che una storia ti tolga l'aria,
che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno si infiltri nella tua
vita. Peggio, se ci rimani presa in mezzo tu, poi ci soffri come un cane. Sei stanca.
C'è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi
cambiare tu per tenertelo stretto, e così stai coltivando la solitudine dentro casa.
Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre."io sto bene così,
sto bene così, sto meglio così", e il cielo si abbassa di un altro palmo.
Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natali e Pasque, in
quell'uomo ci hai buttato dentro l'anima, ed è passato tanto tempo e ce ne hai
buttata talmente tanta, di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo
specchio, perché non sai più chi sei diventata.
1
Nome d’arte del poeta‐artista Diego Cugia
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Comunque sia andata, ora sei qui. E so che c'è stato un momento che hai
guardato giù e avevi i piedi nel cemento. Dovunque fossi, ci stavi stretta. Nella
tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine, ed è stata crisi. E hai pianto. Dio,
quanto piangete. Avete una sorgente d'acqua nello stomaco. Hai pianto mentre
camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino. Così,
improvvisamente. Non potevi trattenerlo.
E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l'aria buia
ti asciugasse le guance.
E poi hai scavato, hai parlato... quanto parlate ragazze.
Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia
un senso al tuo dolore."perché faccio così?","com'è che ripeto sempre lo stesso
schema?","sono forse pazza?". Se lo sono chiesto tutte. E allora... vai, giù con la
ruspa nella tua storia, a due, quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli, un
puzzle inestricabile.
Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi? E' da quel grande fegato che ti ci
vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai. Perché
una donna ricomincia comunque. Ha dentro un istinto che la trascinerà sempre
avanti.
Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova "te",
perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa. Non puoi più
essere quella di prima, prima della ruspa.
Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente, innamorarsi di nuovo di sé stessi o
farlo per la prima volta è come un diesel, parte piano. Bisogna insistere, ma
quando va in corsa... E' un'avventura ricostruire sé stesse, la più grande. Non
importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende, o dal taglio dei
capelli. Io ho sempre adorato donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di
gridare al mondo "sono nuova" con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo
biondo. Perché tutti devono vedere e capire,"attenti il cantiere è aperto, stiamo
lavorando per voi... ma soprattutto per noi stesse".
Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia, per
chi la incontra e per sé stessa.
E' la primavera a novembre, quando meno te la aspetti.
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1-LA VIOLENZA DI GENERE
“Per vivere nel mondo,dobbiamo dargli un nome. I nomi sono essenziali per la
costruzione della realtà,perché senza un nome è difficile accettare l’esistenza di
un oggetto,di un avvenimento,di un sentimento”
Questo è quanto ci ricorda la ricercatrice australiana Dale Spender,e non c’è
niente di più vero quando si parla di violenza contro le donne,poiché finchè tale
problema rimarrà un fatto privato e non un problema di tutti,non lo si affronterà
mai.
La definizione di violenza di genere descrive la violenza contro donne e minori
basata sul genere, ed è ritenuta una violazione dei diritti umani.
Nell'introduzione della Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della
violenza contro le donne del 1993
che, nell'art.1, descrive la violenza contro le
donne come "Qualsiasi atto di violenza per motivi di genere che provochi o possa
verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le
minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà
personale, sia nella vita pubblica che privata".
Questa definizione descrive un fenomeno sociale che,pur essendo presente sulla
scena mondiale dagli albori della civiltà, è riuscito a trovare una propria
connotazione sociale solo nel ventesimo secolo,grazie a diversi movimenti ed a
diverse contestazioni condotte da quelle stesse vittime negli ultimi cinquant’anni.
La violenza contro le donne,infatti, sebbene sia sempre esistita,è un problema
sociale che ha trovato attenzione solo alla fine degli anni ’60. Fino ad allora la
violenza subita dalle donne era considerata una questione privata,infatti,le stesse
vittime erano considerate “diverse” dalle donne “normali”.
È stato il movimento femminista che ha contribuito a far conoscere la violenza
contro le donne come “una modalità di interrelazione personale largamente
diffusa,anche se poco denunciata e come atto legato al modo in cui si strutturano
le relazioni tra gli uomini e le donne nella società,spesso relazioni di tipo
patriarcale”.
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Da allora l’espressione “Violenza contro le donne” è stata usata per descrivere una
serie di comportamenti di tipo violento dell’uomo sulla donna quali l’abuso
sessuale,le molestie,i maltrattamenti,la violenza fisica,quella psicologica,quella
domestica,ma anche,più recentemente,le mutilazioni genitali femminili,la
prostituzione coatta e i matrimoni forzati.
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Coop.Sociale “Cerchi d’acqua”,(2005), “Libere di scegliere”,F.Angeli,Milano
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Più di recente,tuttavia,il pensiero femminista ha introdotto il concetto di “violenza
di genere” intendendo con questo termine,la violenza che viene perpetrata dal
genere maschile su quello femminile,qualunque sia la tipologia di violenza
considerata o il contesto a cui si fa riferimento. L’ottica di genere serve a rendere
più visibile la disparità tra i soggetti coinvolti.