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Introduzione
Il titolo di un articolo de “ L’espresso” del 24/04/2008 recita: “Attenti al Cigno
nero. L’animale metafora che smentisce ogni nostra previsione”. E’ proprio vero,
l’evento inatteso, l’imprevedibile, l’improbabile, suscita grande preoccupazione
negli uomini. Il Cigno nero rappresenta tutto questo, si tratta di un evento
altamente improbabile, dotato di tre caratteristiche: è un evento isolato e
imprevedibile, ha un impatto enorme, la nostra natura ci spinge ad architettare a
posteriori giustificazioni della sua comparsa per renderlo meno casuale di quanto
non sia in realtà. Nassim N. Taleb utilizza per la prima volta questa espressione
osservando la guerra civile in Libano, il suo paese d’origine, che sprofondò in un
caos senza fine improvvisamente, mentre prima era ricco e felice. La guerra civile
rappresenta il Cigno nero, l’evento imprevedibile che sconvolge la vita degli
uomini.
Il Cigno nero si riconduce alla difficoltà di prevedere gli eventi, di prevedere il
corso della storia e allo stesso tempo diventa impossibile per l’uomo guardare alla
storia in modo chiaro, illudendosi di comprendere molto di più di quello che in
realtà comprendiamo. Siamo abituati ad apprendere dall’esperienza, dalla
ripetizione, ci concentriamo solo su quello che conosciamo tralasciando l’ignoto,
categorizziamo e semplifichiamo penalizzandoci dalla capacità di pensare
l’impossibile. Il Cigno nero ripercorre una delle strade più tortuose della vita
dell’uomo, ossia la sua fragilità di fronte all’incertezza e all’imprevedibilità, la sua
incapacità di rispondere all’evento inatteso poiché è abituato ad avere una visione
semplificata e ordinata della realtà e appena qualcosa non va come egli aveva
previsto cade nel panico più totale non avendo riferimenti a cui rivolgersi sul
modo di comportarsi davanti all’imprevisto. La verità è che non ci sono modelli
prestabiliti di reazioni e comportamenti davanti al caso, non possiamo prevedere
la nostra vita nei minimi dettagli, ma l’incertezza ci sarà sempre, per cui
dobbiamo rassegnarci ad essa e aprire le nostre menti all’immaginazione.
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Nel primo capitolo, analizzo le principali caratteristiche del Cingo nero, ossia
rarità, forte impatto e previsione retrospettiva. La scarsa prevedibilità e l’enorme
impatto del Cigno nero lo rendono un grande mistero, a ciò si unisce poi il fatto
che ci comportiamo come se non esistesse. Esempi di Cigni neri possono essere
l’ascesa di Internet, il computer o il laser, nessuna di queste scoperte fu pianificata
o prevista. La nostra incapacità di prevedere non ci permette di comprendere il
corso della storia, il significato degli eventi. La difficoltà di prevedere la storia
può essere ricondotta alla critica di Karl Popper nei confronti dello storicismo,
con il quale egli intende un’interpretazione del metodo delle scienze sociali che
aspiri alla previsione storica mediante la scoperta dei ritmi, delle leggi e delle
tendenza che sottostanno all’evoluzione storica. Il problema del Cigno nero è
anche definito problema dell’induzione, ossia come partire da casi specifici e
giungere a conclusioni generali. Nell’uomo vi è la tendenza a concentrarsi sui
dettagli invece di osservare il quadro generale, tendiamo ad apprendere
dall’esperienza e dalla ripetizione perdendo di vista il carattere universale degli
eventi, proprio come un tacchino che imparando dall’esperienza ha fiducia
nell’uomo, poiché lo nutre ogni giorno ed è del tutto inconsapevole di quello che
gli aspetta. Il problema dell’induzione risale quasi alle origini della filosofia,
quando Sesto Empirico ( 180-220 d.C.) appartenente allo scetticismo antico,
riteneva che l’unico atteggiamento del saggio dovesse essere la sospensione del
giudizio, ossia astenersi dall’esprimere qualsiasi valutazione e giudizio. Dopo di
lui, anche David Hume si occupa di questo problema, si autodefinisce uno
scettico, ma si tratta di uno scetticismo diverso da quello tradizionale, è assente
infatti la sospensione del giudizio e sostiene la necessità di avere dei principi
soggettivi della verità che possano guidare la vita pratica degli uomini.
L’empirista scettico è colui che, secondo Taleb, accede alla vera conoscenza, nega
la possibilità di conoscere una verità ultima delle cose, si concentra su quello che
non sa, non trattando la conoscenza come un tesoro o come un qualcosa con cui
arricchirsi e aumentare la propria autostima. Karl Popper è stato un altro studioso
che si è occupato del problema dell’induzione, formulando il criterio della
falsificabilità, secondo cui una teoria per essere controllabile e perciò scientifica,
deve essere falsificabile, cioè dalle sue premesse di base devono poter essere
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deducibili le condizioni di almeno un esperimento che la possa dimostrare
integralmente falsa alla prova dei fatti. Popper non crede alla possibilità di
giungere ad una verità ultima, certa e oggettiva, ma ritiene che il sapere sia
sempre una congettura da vagliare, da sottoporre a critica, da mettere alla prova
duramente. Per comprendere la natura della conoscenza scientifica non è
sufficiente esaminare la struttura logica delle teorie, ma bisogna investigare anche
il modo in cui esse si sono affermate. A questo proposito è fondamentale il
concetto di paradigma elaborato da Thomas Kuhn, con tale termine egli intende
una prospettiva teorica condivisa e riconosciuta dalla comunità scientifica che
opera indirizzando la ricerca in termini sia di individuazione e scelta dei fatti
rilevanti da studiare, sia di formulazioni di ipotesi entro le quali collocare la
spiegazione del fenomeno osservato. Senza un paradigma una scienza è priva di
orientamenti e criteri di scelta, i paradigmi non forniscono agli scienziati solo un
modello, ma anche alcune indicazioni indispensabili per costruirlo, esso
rappresenta una visione del mondo, una finestra mentale, una griglia di lettura che
precede l’elaborazione teorica. Kuhn descrive le fasi della scienza e ritiene che
essa non è un insieme di criteri universali che sostengono descrizioni vere ed
inferenze valide in diversi contesti culturali, ma i criteri scientifici stessi sono
parte di una forma specifica di cultura, quindi la scienza sarebbe oggetto di studio
sociologico in modo uguale a ogni altra forma di conoscenza e di cultura.
Nel secondo capitolo analizzeremo i limiti della previsione umana; si continua a
prevedere come se fossimo bravi a farlo, utilizzando strumenti e metodi che
escludono gli eventi rari. Le scoperte di Popper e Poincarè pongono i limiti alla
nostra capacità di prevedere; la tesi principale di Popper è che per prevedere gli
eventi storici sia necessario prevedere l’innovazione tecnologica, che è
fondamentalmente imprevedibile. Per prevedere è necessario conoscere le
tecnologie che saranno scoperte in futuro, ma tale conoscenza ci permetterebbe
quasi automaticamente di svilupparle adesso, quindi, non sappiamo quello che
sapremo. Poincarè fu il primo matematico a capire che ci sono dei limiti nelle
nostre previsioni; con le sue ricerche sul problema dei tre corpi fu la prima
persona a scoprire un sistema caotico deterministico, ponendo in tal modo le basi
della moderna teoria del caos. Negli anni Sessanta Edward Lorenz giunse
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casualmente agli stessi risultati di Poincarè; egli ipotizzò che il battito delle ali di
una farfalla in Brasile, a seguito di una catena di eventi, potesse provocare una
tromba d’aria nel Texas, ciò venne definito effetto farfalla. Tale effetto sottolinea
come in determinati sistemi esistano degli elementi che interagendo tra loro sono
in grado di propagarsi e amplificarsi provocando effetti catastrofici; questi
elementi perché trascurati o imprevedibili, costituiscono il dilemma del nostro
secolo e possono condurci a conclusioni errate. Queste osservazioni hanno
portato allo sviluppo della Teoria del Caos che pone limiti definiti alla
prevedibilità dell’evoluzione di sistemi complessi non lineari. Il caos può essere
definito come un comportamento non predicibile di un sistema dinamico
deterministico a causa della sua sensibilità alle condizioni iniziali. Un sistema
dinamico si dice caotico quando è sensibile alle condizioni iniziali, è
imprevedibile, non evolve verso l’infinito ma si parla di caos deterministico. La
teoria del caos è strettamente collegata alla nozione di complessità; i sistemi
complessi sono sistemi aperti costituiti da componenti più o meno complesse che
interagiscono tra loro attraverso numerosissime interazioni non lineari. Tutti i
sistemi complessi si collocano tra ordine prevedibile e disordine imprevedibile,
ossia si parla di determinismo debole, in quanto l’evoluzione dei sistemi
complessi è deterministica ma imprevedibile. La complessità è dappertutto intorno
a noi, non possiamo sfuggirle. Ci troviamo di fronte a sistemi altamente complessi
e di difficile interpretazione, per questo arriviamo impreparati di fronte al Cigno
nero.
Nel terzo capitolo, affrontiamo la nostra cecità di fronte al Cigno nero, da questa
cecità scaturiscono alcune tematiche: l’errore di conferma, la fallacia narrativa,
ignoriamo l’esistenza del Cigno nero, la distorsione delle prove silenziose, ci
concentriamo su alcune fonti di incertezza ben definite, su un elenco troppo
specifico di Cigni neri a spese degli altri che non ci vengono facilmente in mente.
Ogni giorno il mondo appare sempre più casuale e gli esseri umani appaiono
sempre più giocati dalla fortuna e dal caso; il caso indica un avvenimento
concepito come fuori dal controllo della ragione umana. Mill, Pierce e Monod
tentano di stabilire una connessione tra caso e necessità, proprio Monod afferma
che le alterazioni del Dna sono accidentali, avvengono a caso. Il caso lo
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ritroviamo anche in ambito scientifico, in particolare in relazione alle scoperte; il
termine “ Serendipità” indica il trovare qualcosa che non stiamo cercando e che
cambia il nostro mondo, e dopo la sua scoperta ci chiediamo perché ci abbiamo
messo tanto ad arrivare a una cosa tanto ovvia. La serendipità è stata oggetto
anche di un film “Serendipity. Quando l’amore è magia” prodotto nel 2001 e
diretto da Peter Chelsom; la trama del film è una delle dimostrazioni della
serendipità, intesa come lo scoprire una cosa non cercata e imprevista mentre se
ne sta cercando un’altra. Tra gli studiosi che si sono occupati del concetto di
serendipità vi è anche Robert K. Merton, uno dei maggiori sociologi del
Novecento ed uno dei principali fondatori della Sociologia della scienza. Le
indagini di Merton si concentrano sugli aspetti organizzativi e funzionali di una
scienza vista come istituzione che si autoregolamenta, garantendo la sua buona
attività attraverso una struttura normativa. Essa è fondata su quattro imperativi
istituzionali: universalismo, comunitarismo, disinteresse e scetticismo. Merton
inoltre affronta anche i meccanismi attraverso cui sono assegnate e distribuite
all’interno della comunità scientifica risorse e ricompense quali la possibilità di
pubblicare libri, il prestigio. Questo fenomeno viene definito “effetto San
Matteo” che si traduce in un effetto cumulativo che premia coloro che si trovano
già in una posizione di privilegio. Oltre a questa conseguenza, tale effetto può
anche servire ad aumentare la visibilità dei contributi alla scienza forniti dagli
scienziati di riconosciuta reputazione e a ridurre la visibilità dei contributi offerti
da autori meno noti. Il caso e la fortuna sono presenti assiduamente nella vita
dell’uomo, la quale oscilla continuamente tra prevedibilità e imprevedibilità, tra
certezza e incertezza. Quest’ultima unita all’imprevedibilità costituisce un mix
pericoloso ma anche emozionante, per coloro che, come i giocatori d’azzardo,
vogliono sfidare continuamente la fortuna. Un esempio di gioco d’azzardo letale è
la cosiddetta “roulette russa” che consiste nel posizionare un solo proiettile in una
rivoltella, ruotare velocemente il tamburo, chiudere l’arma da fuoco senza
guardare, puntarla verso la propria testa e premere il grilletto. Questo gioco fu
reso celebre dal film “ Il cacciatore” di Michael Cimino (1978). Nella letteratura
troviamo molti riferimenti sul ruolo della fortuna nel gioco d’azzardo; un esempio
è il romanzo “ Il giocatore” di F. Destoevskij, pubblicato nel 1866, in cui egli
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analizza il gioco d’azzardo in tutte la sue forme con i diversi tipi di giocatori, dai
ricchi nobili europei, ai poveretti che si giocano tutti i loro averi, ai ladri tipici del
casinò. Il caso e la fortuna si manifestano anche nelle relazioni umane; il caso può
avere anche una veste negativa portando a delle conseguenze devastanti. Questo è
quello che accade nel romanzo di Goethe “ Le affinità elettive” scritto nel 1809; il
romanzo racconta la vita di una coppia sposata che trovandosi a convivere nella
stessa casa con un altro uomo e un’altra donna vanno incontro al disfacimento
della coppia di partenza e alla formazione di due nuove coppie, che in brevissimo
tempo si dividono per colpa di una serie di eventi avversi che termineranno in
modo tragico.
Infine possiamo affermare che la teoria del Cigno nero è un inno all’incertezza e
allo scetticismo, ci invita a liberarci di costrutti precostituiti e a guardare al mondo
con occhi probabilistici, perché nella nostra vita niente è definitivo, ma tutto può
modificarsi continuamente e imprevedibilmente.
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Capitolo 1 La nascita del cigno nero
Il mondo di oggi si presenta agli occhi dell’uomo in modo sempre più
imprevedibile. E’ più popolato, ha più variabili, ha più informazioni e la struttura
del futuro diventa sempre più complessa. In questo mondo un ruolo rilevante è
svolto dal caso, presente in ogni ambito, dalla scienza alla politica, dall’arte alla
finanza. Una situazione può cambiare continuamente nel corso del tempo e molte
di esse posso essere dovute all’attività della Dea Fortuna, la primogenita di Giove
(Taleb, 2003). Anche l’evoluzione può essere giocata dal caso, infatti a causa
della sua natura dispettosa, una specie inadatta alla sopravvivenza e quindi
incapace di sopravvivere nel lungo termine, presenta in un determinato momento
un alto grado di attrattiva e tende a moltiplicare i suoi geni; un ignaro partner sarà
portato a credere che un esponente di quella specie abbia un patrimonio genetico
superiore (fino all’evento raro successivo) e favorirà la sua riproduzione. Quindi,
la fortuna, talvolta, non essendo percepita come tale, viene scambiata per abilità,
può accadere che una persona possa trovarsi nel posto giusto al momento giusto
ed essere baciata dalla fortuna, senza però possedere delle reali competenze e
abilità. Tale soffio di fortuna, però, cosi come è giunto, può improvvisamente
allontanarsi e l’uomo avvolto da un confortevole e falso senso di sicurezza viene
colpito da una pallottola fatale che segna la sua distruzione.
La pallottola fatale è il cosiddetto Cigno Nero (Taleb, 2008), un animale metafora
che smentisce ogni nostra previsione. Nassim N. Taleb utilizza per la prima volta
questa espressione osservando la guerra civile che esplodeva in Libano, il suo
paese d’origine, che fino al giorno prima sembrava cosmopolita, ricco e felice, ma
improvvisamente precipitò in un caos senza fine. Un cigno nero sbucato dal nulla
trasformò il paradiso in un inferno. Bastarono pochi spari e scoppiò una feroce
guerra civile fra cristiani da un lato e rifugiati palestinesi e musulmani dall’altro.
Era arrivato il cigno nero, cioè un evento imprevedibile che cambia il corso della
storia lasciando gli uomini attoniti.