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Per quanto riguarda le cause di legittimazione queste possono essere
individuate nelle sentenze di condanna, nell assenza o latitanza dolosa, o nella
mancanza di titolarit del patrimonio di un de cuiu s.
Per la missio in possessionem, invece, chi fosse legittimato alla bonorum
venditio, doveva chiederla mediante semplice postulatio all autorit giudiziaria,
cioŁ a quei magistrati muniti di imperium. La missio, autorizzata senza
approfondita causae cognitio, avveva una funzione conservativa, permettendo
cioŁ di diventare detentori custodie causa, e facendo perdere al soggetto passivo
la capacit di disporre dei propri beni. Il missus, quindi, acquistava vari poteri,
ma di certo non molto estesi (comprendenti sia i diritti che gli obblighi ad essi
connessi), come: la facolt di accertare il numero delle cose mobili e di far
apporre i sigilli, a garanzia della conservazione; la possibilit di conoscere i
documenti riguardanti l amministrazione del patrimonio; la facolt di compiere
atti che valgono ad assicurare il reddito normale delle cose.
Per difendere la propria posizione di detentore contro chi gli impedisca di
detenere i beni o lo disturbi nella detenzione, il missus pu far ricorso ad un actio
in factum di carattere penale.
E pur vero che in taluni casi poteva essere necessaria la nomina di un
curator bonorum, figura che aveva maggiori poteri.
La missio in possessionem poteva giungere alla conclusione per vari motivi:
il debitore poteva adempiere, l indifensus poteva assumere la defensio, o ancora
il soggetto passivo riusciva a dimostrare la illegittimit della missio stessa.
Una volta trascorso il tempo stabilito e rimasta valida la missio, si
procedeva a tutto quel che era necessario per la vendita, come la comparizione
dei missi davanti al magitstrato per ricevere l autorizzazione relativa, la
proposizione al magistrato della situazione attiva e passiva con l elenco dei
creditori e dei relativi crediti che poi a maggioranza nomineranno il magister
(cioŁ chi effettivamente doveva vendere) la cui nomina doveva essere comunque
approvata dal magistrato, la redazione e pubblicazione del bando di vendita da
parte del magister, e infine la vendita che doveva avvenire rispettivamente, entro
dieci giorni o cinque giorni a seconda che si trattasse di vendita bona vivi o
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motrui. La vendita aveva per oggetto tutto il patrimonio, che veniva aggiudicato
al miglior offerente, considerando che la vendita partiva da una base d asta
fissata dal magister stesso. L acquirente dei beni cos individuato, veniva
chiamato bonorum emptor, e doveva considerarsi come successore universale del
soggetto espropriato.
In sintesi, quindi, il bonorum emptor pagava il prezzo al magister che a sua
volta si preoccupava della distribuzione del ricavato al/ai creditore/i.
Passando ora, in questo rapido excursus, al periodo relativo al regime post-
classico, possiamo rilevare la presenza di varie modificazioni dell assetto finora
descritto.
Infatti, l actio iudicati diviene non piø che una richiesta d inizio
dell esecuzione, e la sanzione della condanna in duplum Ł abolita. L esecuzione
personale Ł ancora in vigore ma Ł abolito il carcere privato (il debitore, ora, viene
rinchiuso in carceri pubbliche), e troviamo la pratica dell arresto preventivo del
convenuto povero che non possa dare una cauzione a garanzia della sua presenza
in giudizio. Bisogna precisare che l arresto rimaneva un atto legittimo, ma
comportava l utilizzo della tortura per estorcere una confessione che era
comunque una pratica illegale.
Altre modificazioni riguardavano sia il fatto che il procedimento che
iniziava con la missio in bona si chiudeva sempre con una bonorum distractio,
abolendo cos di fatto la bonorum venditio, sia il fatto che il pignus in causa
iudicati captum diviene in questo periodo, il procedimento normale nel caso in
cui non ci si trovasse in presenza di un concorso.
Nel diritto intermedio, viceversa, troviamo come caratteristica
dell ordinamento delle primitive genti germaniche, un geloso individualismo
riscontrabile nell essenza di ogni concetto di autorit politica. La rottura della
pace e la faida erano i mezzi di autotutela per ottenere soddisfazione dei torti
patiti. Nelle offese di natura civile si ricorreva al pignoramento di privata
autorit , con cui il creditore otteneva il possesso del bene rivendicato, o la
composizione del danno subito per l inadempimento del debitore.
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Lo stato, non avendo nØ i mezzi, nØ l autorit , nØ la competenza rimaneva
estraneo alla contesa, sia nella fase di esecuzione sia nella fase di cognizione, ed
interveniva solo in via accidentale e nel caso in cui il debitore lamentasse un
ingiusto pignoramento, sempre che l interessato non ricorresse alla vendetta.
Anche in questo caso il giudizio era di controllo su di una serie di formalit e la
sentenza riguardava solo le prove che doveva fornire l interessato in modo
formale.
Quando le popolazioni germaniche si insediarono nelle province romane le
cose non cambiarono molto, infatti l esecuzione avveniva sempre ad opera del
privato in forza di una promessa solenne, che poteva essere giudiziale come
stragiudiziale, sia nel caso in cui era richiesta una preventiva autorizzazione per
procedere al pignoramento, sia se questo poi avveniva in presenza di testimoni,
sia nel caso in cui al debitore era concesso, durante o dopo l esecuzione, di
ricorrere al giudice per dimostrare l ingiustizia sofferta.
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CAPITOLO I
Caratteri del processo di esecuzione
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1.1 La disciplina del codice
Nel Libro III del Codice di procedura civile vigente, troviamo la disciplina
del processo esecutivo.
In questo Libro, il Legislatore ha diretto la propria attenzione al
soddisfacimento della pretesa del creditore, vale a dire alla realizzazione coattiva
di un risultato pratico, equivalente a quello che avrebbe potuto produrre un altro
soggetto in adempimento di un obbligo giuridico. La possibilit concreta del
creditore di ottenere soddisfazione, ad esempio in virtø di una sentenza
favorevole a seguito di un ordinario processo di cognizione, non significa ancora
soddisfazione se il debitore non la esegua spontaneamente. Al fine di realizzare
questo scopo, il titolare del diritto di credito dovr esperire l azione esecutiva,
per ottenere la materiale attuazione del suo diritto anche contro la volont
(quindi coattivamente) del debitore. A dar forza al creditore viene in sostegno
anche l art. 2740 del Codice Civile, in cui si legge come il debitore risponda
nell adempimento delle obbligazioni assunte con tutti i suoi beni, presenti e
futuri. Se il debitore non adempie, il creditore procedendo ad esecuzione forzata
sui beni dello stesso, pu realizzare il suo credit o.
V osservato come tale esigenza di voler conseguire l attuazione pratica-
materiale, passa attraverso l impiego, effettivo o potenziale, della forza da parte
dell ordinamento. Un possibile impiego della forza da intendersi nel senso che
tale possibilit ne rende, il piø delle volte, inut ile l impiego effettivo.
La nuova esigenza di tutela che troviamo in capo al titolare del diritto, Ł qui
diversa da quella gi soddisfatta nel processo di c ognizione o dalle altre forme di
accertamento, in quanto viene soddisfatta dall attivit giurisdizionale esecutiva,
che si contrappone dunque alla cognizione la quale permette il passaggio
dall affermazione del diritto al suo accertamento, mentre con l esecuzione si
passa dall accertamento all attuazione materiale co attiva.
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Questa disciplina , come quella del processo di cognizione e quella dei
procedimenti speciali, d altronde v coordinata con la disciplina del Libro I
dedicato alle disposizioni generali. Bisogna tenere presente, infatti, che tali
disposizioni, applicabili a quasi ogni tipo di attivit giurisdizionale, sono state
dettate dal legislatore, quasi sempre con riferimento al processo di cognizione.
Quindi mentre la coordinazione con la disciplina del processo di cognizione
risulta scontata e implicita nel testo delle norme, quella con la disciplina del
processo esecutivo necessit di una delicata opera di adattamento. CioŁ rispetto
ad ogni disposizione generale si deve porre e risolvere il problema del se e del
come queste si applichino al processo esecutivo 1.
Sempre nel quadro di questa illustrazione emerger anche la
contrapposizione tra l espropriazione e i due tipi di esecuzione forzata in forma
specifica2.
Infatti, a tale contrapposizione il legislatore si Ł riferito nel suddividere la
disciplina del Libro III del codice in sei titoli, secondo un preciso ordine logico.
Piø propriamente, il titolo I Ł dedicato alla disciplina degli atti introduttivi,
anteriori all inizio del processo esecutivo vero e proprio e comuni ad ogni tipo di
esecuzione forzata (titolo esecutivo e precetto); i titoli II, III e IV sono dedicati
alla disciplina di ciascuno dei tre tipi di esecuzione ora accennati, con
preminenza verso quello di applicazione piø frequente (l espropriazione); il titolo
V Ł invece dedicato a quelle opposizioni considerate come epentesi di cognizione
nel processo esecutivo; l ultimo titolo il VI disciplina gli episodi eventuali che si
possono inserire nel processo esecutivo, e del quale possono determinarne
l arresto: sospensione ed estinzione. Con la premessa che il processo esecutivo si
configura con una certa variet di forme che danno luogo a diversi tipi di
processo esecutivo in relazione a diverse esigenze proprie di diversi tipi diritti
sostanziali, non Ł impedito mettere in rilievo alcune caratteristiche strutturali
comuni ad ogni tipo di processo esecutivo. Si deve anticipare, ad esempio, che i
soggetti ai quali fa capo l attivit processuale so no da un lato l organo esecutivo
1
Questo discorso deve essere fatto valere anche per i principi ispiratori del sistema.
2
Esecuzione per consegna o rilascio ed esecuzione forzata degli obblighi di fare o non fare.
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che opera nel quadro di un ufficio giudiziario e sotto il controllo di un giudice e
dall altro i soggetti che rispettivamente chiedono e o nei cui confronti viene
chiesta la tutela giurisdizionale, che sono appunto il creditore, che deve precisarsi
essere creditore della prestazione nella quale si concreta l attuazione del diritto,
anche quando il diritto non ha, per se stesso, natura obbligatoria3, e il debitore.
Mentre la figura del creditore Ł ravvicinabile a quella dell attore del processo di
cognizione in quanto propone la domanda ed esercita l azione esecutiva, lo stesso
non si pu dire del debitore, cioŁ che questo sia il convenuto. Infatti il debitore
subisce l esecuzione di un diritto gi accertato.
E ovvio come anche qui vigano il principio della domanda e il principio
dell impulso di parte, con il connesso principio dispositivo. Infatti la domanda
del creditore Ł rivolta all organo esecutivo affinchØ questo provveda senz altro
all esecuzione, salvi i controlli e le direttive impartite dal giudice.
In linea generale salta all occhio come nel processo esecutivo manchi del
tutto la fase istruttoria ed ogni attivit diretta all acquisizione delle prove e vi
siano soltanto modificazioni nel patrimonio del debitore predisposte all atto
finale della soddisfazione esecutiva. Cos l esigenza del contraddittorio Ł
soddisfatta solo a posteriori, mediante la impugnazione degli atti che il debitore Ł
ammesso a compiere. Da ci deriva che, davanti al g iudice, nelle sue funzioni di
direzione e controllo dell attivit esecutiva, il d ebitore e il creditore possono
essere, di regola, ascoltati (art. 485 cpc), in un contraddittorio che investe
soltanto le modalit di esecuzione, al cui ambito s i ritiene limitato l operare della
prova nel processo esecutivo. Questo comporta che l omissione dell audizione
non d luogo di per se stessa a nullit , salvi gli eventuali vizi, che peraltro
diventano sanabili se non fatti valere nel termine dell opposizione agli atti
esecutivi. Su questo punto la dottrina dopo la recente revisione dell art. 111 della
Costituzione, da un lato, ha ravvisato un fondamento sistematico alla tesi
dell irrilevanza del vizio di omissione di convocazione delle parti prevista
3
Es.: diritto del proprietario alla riconsegna
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dall art.485 cpc, nel principio di ragionevole durata del processo4 e, dall altro, ha
contrapposto la indefettibilit del rispetto del pr incipio del contraddittorio5.
1.2 La domanda all organo esecutivo
Tornando alla domanda all organo esecutivo, questa deve essere proposta
verbalmente ed Ł sempre preceduta da una serie di atti, come la notificazione del
titolo esecutivo e del precetto, che restano al di fuori del processo esecutivo vero
e proprio costituendone un preannuncio.
La domanda esecutiva produce l effetto interruttivo della prescrizione, sia
riguardo all effetto istantaneo di cui all art. 294 3 cc ( interruzione da parte del
titolare ), sia a quello permanente dell art. 2945, 2 comm a cc ( effetti e durata
dell interruzione ). Quanto invece al periodo della sua protrazione, non
soccorrendo il richiamo all art. 2945, 2 comma al passaggio in giudicato, ci si
deve riferire, per l espropriazione al momento in cui l ordinanza di attribuzione o
di assegnazione non Ł piø assoggettata all opposizione agli atti esecutivi, nelle
4
Principio questo particolarmente sentito vista la sua finalit rivolta all effettivit della tutela
5
Costituisce ormai affermazione comune in dottrina che il processo espropriativo Ł un processo di parti
nel quale la partecipazione dei soggetti interessati Ł garantita al massimo, in quanto sia i provvedimenti
esecutivi ordinatori sia quelli materiali devono essere emanati ex art. 485 dopo che in udienza siano stati
ascoltati tutti gli interessati (compreso il debitore): cos TARZIA, Il contraddittorio nel processo
esecutivo, in Riv. dir. proc., 1978, 218 e ss., nonchØ PROTO PISANI, voce cit., 932. Tale principio non Ł
nemmeno estraneo all’esecuzione in forma specifica: al riguardo, si pu far leva sull’art. 610 c.p.c. il
quale prevede che, se nel corso dell’esecuzione sorgono difficolt che non ammettono dilazione, ciascu na
parte - e dunque anche il soggetto passivo dell’esecuzione - pu chiedere al giudice di adottare i
provvedimenti occorrenti (cos VERDE - CAPPONI, Profili del processo civile. 3. cit., 15). Stesso
discorso deve ripetersi per l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, dato che l’art. 612, comma 2,
c.p.c. prevede espressamente che il giudice deve sentire la parte obbligata prima di pronunciare
l’ordinanza determinativa delle modalit dell’esecuzione. Contra, MAZZARELLA, Sul contraddittorio nel
processo esecutivo, in Riv. dir. civ., 1979, 623 ss., secondo cui il contraddittorio nel processo esecutivo si
attua unicamente nel ambito dei giudizi cognitivi che possono instaurarsi nel corso di una esecuzione
nelle forme dei c.d. giudizi di opposizione, i quali devono intendersi «interni» ad essa. Quanto alla
giurisprudenza, essa, salvo alcune voci contrarie, Ł ancora ferma nel negare la sussistenza del principio
del contraddittorio: v. Cass. 22 novembre 1994, n. 9885, in Giur. it., 1995, I, 1, 1198; Cass. 13 giugno
1994, n. 5721, in Giust. civ., Mass., 1994, fasc. 5; Cass. 24 luglio 1993, n. 8293, in Giur. it., 1994, I, 1,
1042, con nota di GILI. Oggi, tuttavia, stante la riforma dell’art. 111 Cost., non sembra piø dubitabile
che anche il processo esecutivo debba essere improntato, in ogni suo particolare svolgimento, al rispetto
del principio del contraddittorio. Sul punto, v. TARZIA, Il giusto processo di esecuzione, in Riv. dir.
proc., 2002, 329 ss.; CAPPONI, Alcuni problemi su contraddittorio e processo esecutivo (alla luce del
nuovo art. 111 della Costituzione), in Riv. esecuzione forzata, 2001, 28 ss
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esecuzioni in forma specifica, invece, all esaurimento delle operazioni previste
dalle singole procedure e piø precisamente fino al momento in cui l atto
conclusivo non sia assoggettato all opposizione agli atti esecutivi. Certamente,
l identit degli strumenti per il funzionamento del meccanismo giuridico
attraverso il quale si svolgono i processi, e di cognizione e di esecuzione, si
relaziona con il rilievo che la validit degli atti del processo esecutivo Ł regolata
dalle medesime norme e dai medesimi principi degli atti del processo di
cognizione; il che rimane vero anche per quanto riguarda la invalidit degli atti,
significando che a questi si applica la disciplina dell intero Titolo VI del Libro I
del Codice di procedura civile, ivi comprese le norme, sulle quali si fonda il
principio di congruit delle forme, certamente oper ante anche nel processo
esecutivo, nonchØ la disciplina della nullit degli atti.
Appurato, quindi, che la funzione dell esecuzione forzata consiste nel dare
esecuzione concreta e materiale ai diritti, Ł chiaro che debba essere, almeno
orientativamente, esatta e completa. Questa esigenza si esprime in un principio
fondamentale che viene di solito ricordato con le ormai celebri parole del
Chiovenda, per il quale il processo deve far conseguire al creditore tutto quello
e proprio quello che egli ha diritto di conseguire . Ne discende ch e l optimum
dell attivit di esecuzione sta nell attuare il dir itto nella sua identit specifica.
Per , questa possibilit viene talora a mancare sia a causa di impedimenti
materiali sia a causa di ostacoli giuridici o dei limiti imposti dal rispetto della
libert della persona 6. Quando questo accade, l ordinamento, qualora non voglia
far uso di strumenti di coartazione della volont o c.d. esecuzioni indirette, non
pu far altro che reagire in modo da trasformare il diritto sostanziale nella sua
essenza, rendendolo piø generico. Questo compito di trasformazione, per , non
spetta al processo esecutivo. Spetta invece al processo di cognizione al termine
del quale il diritto deve risultare accertato come eseguibile con le forme
preordinate in astratto ex lege. La soluzione di questi problemi deve individuarsi
a monte del processo di esecuzione; Ł in relazione a ci , infatti, che tale
disciplina appronta diverse forme di esecuzione a seconda che il diritto sia stato
6
A titolo di esempio non sar coattivamente eseguib ile l obbligazione di fare infungibile
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accertato come eseguibile nella sua specificit (in forma specifica), oppure come
eseguibile nella forma generica che consegue alla sua eventuale trasformazione
in credito di denaro, o senz altro in relazione al fatto che esso sia sorto come
credito di denaro (in forma generica o espropriazione).
I tipi di processo esecutivo che realizzano l esecuzione in forma specifica
sono l esecuzione forzata per consegna di cose mobili o rilascio di immobili con
il quale il creditore pu conseguire la disponibili t materiale di quella
determinata cosa mobile o immobile (art.2930 cc), nonchØ l esecuzione di
obblighi di fare o non fare con cui del fare o del non fare pu realizzare la
medesima specifica prestazione di fare o la eliminazione di quanto fatto in
violazione dell obbligo di non fare (artt.2931 e 2933 cc). Di piø frequente
utilizzazione e ancor prima di questi due tipi di esecuzione forzata, il codice
disciplina l esecuzione in forma generica o espropriazione. Sotto il profilo
strutturale, poi, questo tipo di processo Ł molto piø complesso da un lato per la
necessit degli atti espropriativi sui beni qualora non si trovasse denaro liquido e
dall altro perchØ la trasformazione in denaro dei beni del debitore permette ad
altri creditori di utilizzare gli atti compiuti dal primo creditore procedente cos
realizzandosi un concorso tra questi.
1.3 Funzione del titolo esecutivo e le parti
Avendo ormai acquisito che rispetto all azione esecutiva, il punto di
partenza o il fondamento sia l avvenuto accertamento del diritto sostanziale, si
deve aggiungere soltanto che questo sia idoneo a rappresentare o a documentare
il diritto (nei suoi elementi soggettivi e oggettivi) all organo che deve eseguirlo,
quindi senza necessit di altri accertamenti o valu tazioni interpretative per le
quali, come si sa, l organo esecutivo non Ł idoneo. L accertamento si presenta
quindi come la sola e vera condizione dell azione esecutiva, e dunque deve