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In realtà, oggi la scuola altoatesina non affronta più soltanto
la questione dell’insegnamento/apprendimento della seconda
lingua, ma si misura anche con le difficoltà relative alla didattica
di una terza lingua, l’inglese, esprimendo, perciò, la volontà e
l’esigenza di inserirsi nella dimensione europea entro cui si muove
l’intera nazione italiana.
D’altra parte, la società di questa regione è talmente
composita e variegata, come dimostra la crescente presenza di
cittadini stranieri, da pretendere essa stessa un costante
aggiornamento dell’offerta formativa, soprattutto nell’ambito di
un’educazione plurilingue.
Per favorire l’approccio al tema proposto, nel primo capitolo
sono descritte, innanzi tutto, le caratteristiche linguistiche e socio-
culturali dell’Alto Adige–Südtirol, in modo tale da definire i punti
cardinali della realtà, di cui in seguito si tratterà un aspetto
specifico.
Nel secondo capitolo, invece, il discorso si concentra sulla
situazione scolastica altoatesina: in questa sezione lo spazio
maggiore riguarda le iniziative promosse all’interno della scuola
italiana per elevare il livello di bilinguismo degli studenti.
Tuttavia, non sono stati trascurati alcuni aspetti fondamentali per
comprendere la situazione di insegnamento ed apprendimento del
tedesco, non solo nella scuola italiana, ma anche nella scuola
tedesca: ho affrontato, perciò, il rapporto ambivalente tra la
Hochsprache e il Südtiroler Deutsch, con il quale devono
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misurarsi sia gli studenti di madrelingua tedesca, sia quelli di
madrelingua italiana. Successivamente, l’analisi ha riguardato
l’evoluzione della didattica nell’ambito dell’insegnamento del
tedesco L2, con le relative sperimentazioni. Infine, sono stati
presentati due modelli di effettivo plurilinguismo: l’ordinamento
scolastico ladino e la Libera Università di Bolzano, entrambi
orientati al trilinguismo, sebbene con lingue veicolari differenti
(italiano, tedesco e ladino per le scuole delle località ladine e
italiano, tedesco e inglese per la locale università).
Nel terzo capitolo ho descritto la situazione del bilinguismo
in Alto Adige–Südtirol prendendo in considerazione una
questione, che ha riscosso un notevole interesse presso le varie
componenti sociali: si tratta del bilinguismo precoce, di cui si
ripercorrono gli studi linguistici e psicopedagogici più
significativi, per poi approdare alle esperienze di educazione
bilingue precoce, che si sono susseguite nella regione altoatesina
dagli anni’70 ad oggi, conseguendo successi che hanno apreto un
ulteriore varco alla diffusione del plurilinguismo.
Il quarto e ultimo capitolo, invece, non poteva che essere
dedicato ad un dibattito attuale che getta una luce sui futuri
sviluppi dell’organizzazione scolastica nella Provincia Autonoma
di Bolzano. Oggi, infatti, i riflettori sono puntati sulla creazione di
una scuola plurilingue che sia anche il luogo ideale per una
convivenza più serena tra i due gruppi linguistici italiano e
tedesco.
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Giacchè le discussioni sulla scuola plurilingue sono all’ordine
del giorno, è stato difficile, ma appassionante, trovare il materiale
più recente , di cui potermi servire per analizzare la situazione nel
momento stesso del suo divenire. A tale scopo, mi sono rivolta,
tramite e-mail, all’associazione studentesca “Il Ponte-Die Brücke”
di Bolzano, che rappresenta un esempio reale di coesistenza
costruttiva tra italiani e tedeschi; la responsabile alle pubbliche
relazioni, Anna Chissalè, a cui va il mio grazie per l’enorme aiuto
accordatomi, mi ha fornito una nutrita rassegna stampa,
comprendente anche le copie dell’omonima rivista
dell’associazione. Attraverso la lettura dei vari articoli ho potuto
così tracciare le coordinate principali dell’evoluzione del tema
della scuola plurilingue, dal momento in cui è stato riproposto, in
occasione del convegno organizzato dagli stessi ragazzi de “Il
Ponte-Die Brücke” nell’aprile 2002, fino ad oggi, ossia alla data
del 9 febbraio 2003.
Da quest’ultimo capitolo, inoltre, emerge l’immagine odierna
della società altoatesina, che è percorsa da dinamiche a volte
divergenti, ma che altre volte si incontrano e si integrano,
soprattutto quando sono mosse dagli studenti stessi, che chiedono
un futuro migliore per la loro scuola: chiedono una scuola che sia
il primo luogo di confronto delle due anime di questa multiforme
società.
A dire il vero, anche dai paragrafi dei precedenti capitoli
affiora la delicata situazione linguistica e socio-culturale di questa
9
regione, che pur sempre appartiene a due mondi diversi, quello
germanico e quello latino, e al tempo stesso li accoglie in sé, con le
loro peculiari identità.
Identità che convivono l’una accanto all’altra, a volte l’una in
contrasto con l’altra, perché in parte ancora prive di una profonda
conoscenza reciproca e, quindi, non ancora perfettamente
integrate.
La scuola è lo specchio di questa realtà, riflette nella sua
stessa divisione fisica tra scuole monolingui, il senso di
separazione avvertito all’interno dei due gruppi. Alla scuola, però,
è stato demandato l’onere di trasmettere la lingua e la cultura
dell’altro, quindi ha il compito di fornire gli strumenti per un
confronto certamente inevitabile nella vita quotidiana.
Per questa ragione, essa è al centro dell’attenzione e delle
speranze delle famiglie, degli studenti, dei docenti e delle forze
politiche: anche dalla scuola, infatti, può dipendere il futuro di una
società, e quando si parla di società plurilingue, le aspettative dei
soggetti direttamente coinvolti sono decisamente più elevate,
perché ci sono in gioco non una, bensì due o più identità
linguistiche e culturali, non uno, ma due o più mondi.
Il rapporto dialettico, che poi si viene a creare tra i due gruppi
linguistici più consistenti, pone questa regione di confine al centro
tra due opposte forze: una forza centrifuga, che spinge il Südtirol
verso quello spazio germanofono che gli è più affine, e una forza
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centripeta, che spinge l’Alto Adige verso lo spazio nazionale
italiano di cui si sente più partecipe.
La scuola potrebbe allora rappresentare la sintesi di questa
dialettica e fare dell’Alto Adige–Südtirol un modello di
convivenza civile da prendere come esempio.
Il mio percorso conoscitivo attraverso questa realtà tanto
complessa, ma, proprio per tale caratteristica, assai intrigante, si
conclude, in questa sede, con la testimonianza della Prof.ssa
Brigitte Widmann, insegnante di tedesco seconda lingua presso il
Liceo Ginnasio in lingua italiana “G. Carducci” di Bolzano.
In occasione del mio soggiorno nel capoluogo altoatesino,
dove ho svolto gran parte delle ricerche bibliografiche, ho avuto,
infatti, la preziosa opportunità di incontrare e conoscere - grazie
all’intermediazione della Prof.ssa Alessandra Braccili, insegnante
di lettere presso lo stesso liceo - una protagonista ed intenditrice
del mondo della scuola, che affronta quotidianamente le difficoltà
connesse all’insegnamento/apprendimento del tedesco L2. Le Sue
risposte di esperta della materia alle mie domande di neofita del
tema, che mi apprestavo a trattare, racchiudono la concretezza, la
tangibilità, l’immediatezza, l’attualità che caratterizzano il
rapporto tra plurilinguismo e scuola.
L’intervista - termine peraltro inappropriato a descrivere la
disponibilità e la gentilezza con cui le Prof.sse Braccili e
Widmann mi hanno offerto il loro aiuto, per il quale Le ringrazio
entrambe - vuole essere anche una sintesi degli argomenti salienti
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esposti nei precedenti capitoli, senza però mettere il punto finale,
oltre il quale rimane solo lo spazio bianco della pagina.
In realtà, nell’analisi del plurilinguismo altoatesino secondo
la prospettiva della didattica, si può solo chiudere il discorso con
un punto.
E andare a capo…
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CAPITOLO 1
ASPETTI STORICI E LINGUISTICI DELL’ALTO
ADIGE–SÜDTIROL
1.1 Il panorama storico.
La storia dell’Alto Adige-Südtirol è costellata di alterne
vicende, che hanno visto questo territorio perennemente in bilico
tra il mondo germanico e il mondo latino, come un ponte conteso
nei secoli, ma che ha caparbiamente conservato la propria
autonomia. La stessa collocazione geografica di questa regione di
confine chiarisce i perché degli avvenimenti che l’hanno coinvolta.
L’Alto Adige–Südtirol, infatti, comprende l’alto bacino
dell’Adige fino al crinale alpino. Il territorio, che si estende su una
superficie di 7.400 kmq, è percorso da due valli principali: la Val
d’Adige e la Val d’Isarco che collegano la regione alla Svizzera,
sul versante nord-occidentale, e all’Austria, sul versante nord-
orientale.
Queste due valli già all’epoca del dominio romano furono
denominate la “Via degli imperatori”, a dimostrazione
dell’importanza strategica che esse avevano dal punto di vista
politico e militare.
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1.1.1 Dai primi insediamenti fino all’età contemporanea.
I primi uomini ad insediarsi in questi territori furono nomadi
dell’epoca neolitica (4000 a.C.) a cui si aggiunsero tribù di Liguri,
Celti ed Etruschi. Nuove popolazioni giungevano ripetutamente
prima di ogni cambio d’epoca, fino a quando il territorio non fu
conquistato dai Romani nel 15 a.C., creando la provincia Raetia.
I popoli indigeni, con i loro diversi dialetti, adottarono come
lingua comune il retoromano, che si parlava probabilmente a quel
tempo dal Piemonte al Friuli e dal limite meridionale delle Alpi
fino alla Baviera. L’eredità più significativa sopravvissuta al
periodo del dominio romano è certamente la minoranza linguistica
ladina, che oggi è stanziata intorno a Marebbe e alla Val Badia,
alla Val di Fassa, alla Val di Fiemme e alla Valle d’Ampezzo.
Alla fine dell’Impero romano, nel 476 d.C., seguì il periodo
della colonizzazione germanica: l’invasione degli Ostrogoti, la
successiva presenza dei Longobardi nel ducato di Trento, l’arrivo
dei Baiuvari e la sottomissione del regno longobardo e della stirpe
ducale bavarese per opera dei Franchi di Carlo Magno, sono
episodi salienti che hanno ulteriormente impresso il carattere
germanico di questi territori.
In epoca cristiana si costituirono i principati ecclesiastici per
cui la regione venne divisa in precise aree diocesane e nell’ambito
delle contee del vescovo di Trento divennero particolarmente
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importanti i Conti di Venosta, che poi assunsero il nome di “Conti
del Tirolo”, dal nome del loro castello sopra Merano.
Nel 1363, dopo l’estinzione della dinastia dei Conti del
Tirolo, i loro possedimenti passarono agli Asburgo e, infine, nel
1665 all’imperatore di Vienna.
L’inizio del XVII secolo fu segnato dalla guerra di
successione spagnola e dall’invasione delle truppe bavaresi,
arginata dalle truppe territoriali locali, gli Schützen. Altri scontri si
ebbero in seguito alla minaccia napoleonica contro la quale
l’Austria non poté far altro che accettare la “Pace di Presburgo”,
nel 1805, con cui perse le province del sud e il Tirolo, ora
aggregati alla Baviera. I Tirolesi si sollevarono in rivolta per
sottrarsi al dominio bavarese, auspicando un ritorno all’Austria,
ma anche questa battaglia, portata avanti da Andreas Hofer, finì
con un’ulteriore suddivisione del Tirolo. In quest’occasione la
Bassa Atesina con Bolzano e la maggior parte del territorio
dolomitico finirono al Regno d’Italia. Quando cadde Napoleone, il
Tirolo del sud tornò all’Austria nel 1813 ed entrò a far parte della
monarchia austro-ungarica.
Dopo le guerre d’indipendenza combattute dall’Italia contro
l’Austria, la situazione restò immutata, poiché in cambio della
liberazione della Lombardia e del Veneto, i ribelli italiani
dovettero rinunciare alle pretese di annessione del Tirolo
meridionale e di altri territori non ancora liberati (il Trentino e
l’Istria).
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1.1.2 Le guerre mondiali e loro conseguenze.
Allo scoppio della prima guerra mondiale l’Italia inizialmente
si dichiarò neutrale, ma nel 1915 stipulò segretamente con gli
alleati il patto di Londra, che stabiliva i confini al Brennero. Al
termine della guerra, nel settembre 1919, il Südtirol passò all’Italia
con il trattato di Saint Germain, non rispettando le disposizioni del
programma del presidente americano Wilson, che aveva tracciato i
confini italiani secondo i principi etnici.
Nel primo dopoguerra i politici locali si opposero a lungo al
governo di Roma, ma nel frattempo si diffondeva anche in Alto
Adige la nuova politica fascista, che procedette all’italianizzazione
del territorio fino a coprire tutti i settori della vita pubblica,
economica, relazionale e culturale. Molti italiani furono spinti ad
emigrare nell’emergente polo industriale intorno a Bolzano e il
volto del popolo sudtirolese mutò più profondamente in seguito
all’accordo stipulato tra Hitler e Mussolini nel 1939.
Nonostante l’anno precedente Hitler avesse annesso l’Austria
al suo Reich, per cui molti altoatesini sperarono che anche la loro
terra venisse inclusa tra i domini del Führer, in realtà egli garantì
l’intoccabilità del confine del Brennero e con l’accordo del ’39 si
chiese ai cittadini dell’Alto Adige-Südtirol di compiere una scelta.
A loro si diede la possibilità di conservare la cittadinanza italiana
oppure di acquisire la cittadinanza tedesca, emigrando in
Germania: si tratta della cosiddetta “Option”, che rappresenta il
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culmine della massiccia politica repressiva adottata nel periodo
fascista, la quale si concretizzava nel proibire l’uso della lingua
tedesca, nella chiusura delle scuole tedesche, nell’abolizione della
toponomastica in tedesco e anche nello scioglimento di qualsiasi
forma associativa tedesca.
Si formarono, così, il gruppo degli “optanti” e dei
“Dableiber”, ossia coloro che intendevano restare. La maggior
parte degli altoatesini, tuttavia, decise per l’opzione, quindi per
l’acquisizione della cittadinanza tedesca, e dopo la guerra, che per
l’Alto Adige terminò con l’arrivo degli alleati, la decisione sul
destino di questa regione venne presa nella conferenza di pace che
si tenne a Parigi nel settembre 1945. I protagonisti della soluzione
per l’Alto Adige furono i Ministri degli Esteri italiano e austriaco
De Gasperi e Gruber, che firmarono il 5 settembre 1946 un
accordo di massima su una forma di amministrazione autonoma
per il Südtirol, allegandolo all’“Accordo di Parigi” e trasferendo
così la questione sul piano internazionale. L’Accordo De Gasperi-
Gruber è di capitale importanza per l’Alto Adige, perché segna
l’inizio del pieno riconoscimento dei diritti della minoranza
linguistica tedesca.
Infatti esso sancisce che:
art. 1 – Gli abitanti di lingua tedesca della provincia di
Bolzano e quelli dei vicini comuni bilingui della provincia di
Trento, godranno di completa uguaglianza di diritti rispetto agli
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abitanti di lingua italiana, nel quadro delle disposizioni speciali
destinate a salvaguardare il carattere etnico e lo sviluppo
culturale ed economico del gruppo di lingua tedesca[…]
1
.
Sulla base di questo articolo, si concedeva ai cittadini di
lingua tedesca l’insegnamento primario e secondario nella loro
lingua madre, l’uso paritario della lingua tedesca e italiana nella
pubblica amministrazione e nella nomenclatura topografica,
l’eguaglianza di diritti per l’ammissione ai pubblici uffici.
Il successivo articolo decretava, inoltre, l’esercizio di un
potere legislativo ed esecutivo autonomo, che venne ratificato con
il varo dello Statuto di Autonomia approvato il 31 gennaio 1948.
Con tale Statuto, nonostante l’opposizione dei politici
altoatesini, si estendeva l’autonomia anche al Trentino, con la
creazione della Regione Trentino-Alto Adige: la nuova regione
tuttavia fu dotata di diritti ben più ampi rispetto a quelli riservati
alla sola Provincia di Bolzano.
Questa decisione unita al fatto che anche i modesti diritti di
autonomia accordati nel 1946 non trovarono corrispondenti norme
di attuazione, rinfocolarono il clima di tensione già esistente fino a
sfociare negli anni’50 e ’60 in una serie di attentati dinamitardi,
che provocarono anche delle vittime.
1
Testo in: Il nuovo Statuto di Autonomia, Provincia Autonoma di Bolzano-Alto Adige, 1996,
op. cit. in Egger Kurt, L’Alto Adige-Südtirol e le sue lingue. Una regione sulla strada del
plurilinguismo, Alpha&Beta, Merano, 2001.
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In seguito a questi episodi, il Ministro degli Esteri austriaco
Bruno Kreisky sollevò la questione altoatesina per la prima volta
davanti all’ONU a New York. Le successive trattative portarono ai
primi esiti concreti per la risoluzione della questione, poiché venne
concordato un “Pacchetto” di misure per l’attuazione
dell’autonomia, che fu approvato nel 1969 dal congresso
provinciale della SVP e dai Governi italiano ed austriaco.
La parte più importante del Pacchetto, che prevedeva 137
misure, riguardava la modifica dello Statuto allora vigente, vale a
dire l’approvazione di un nuovo Statuto, avvenuta con il varo della
Legge costituzionale n.1 del 10 novembre 1971, alla quale seguì la
pubblicazione di un testo unico: questo testo comprende le norme
tuttora vigenti dello Statuto precedente e quelle del nuovo Statuto.
Il secondo Statuto entrò in vigore il 20 gennaio 1972 e con
esso alle due Province di Trento e Bolzano è riconosciuta una
maggiore autonomia rispetto al passato; anzi, la Provincia di
Bolzano gode di norme speciali in materia di scuola, uso della
madrelingua , bilinguismo e proporzionale etnica.
A partire dal 1993 l’autonomia è stata ulteriormente
potenziata con l’assegnazione di altre competenze alla provincia.
Un consolidamento delle nuove conquiste è stato reso
possibile da una legge costituzionale entrata in vigore nel 2001,
con cui si valorizza il ruolo delle due Province di Trento e
Bolzano; infine, si è approdati al terzo Statuto di Autonomia.