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produzione di legname e quindi di combustibile a basso impatto ambientale;
produzione di prodotti del sottobosco;
azione frangivento;
“luogo” di conservazione di un patrimonio genetico, sia vegetale che animale, e
quindi contributo alla biodiversità;
beneficio culturale e ricreazionale;
Non molto dissimili sono i benefici derivanti da un ambiente agricolo, salvo ovviamente
il maggiore interesse per le produzioni vegetali e zootecniche e la diversità di
paesaggio.
Studiare il paesaggio significa quindi relazionarsi con un numero enorme di variabili,
dagli elementi che costituiscono gli ecosistemi, alle interazioni che ne modificano
continuamente struttura e funzioni, ai rapporti gerarchici di scala spazio-temporale che
condizionano l’evoluzione del paesaggio.
Va detto inoltre che mentre le risorse naturali sono costituite solo dalle componenti
originarie del territorio, con il termine risorse ambientali si fa riferimento anche alle
azioni di trasformazione attuate dall’uomo, e che si sono via via stratificate e
sovrapposte a quelle originarie nel corso della storia. Diverse sono anche le risorse
culturali, come appunto è il paesaggio, la cui conservazione dipende dall’intervento
continuo dell’uomo.
2.2. ELEMENTI CARATTERIZZANTI IL PAESAGGIO AGRARIO
Gli elementi principali da considerare sono:
la morfologia del suolo;
l’assetto strutturale e infrastrutturale del territorio (presenza di case, strade, corsi
d’acqua, opere di bonifica e altri manufatti);
le sistemazioni idrauliche agrarie, le dimensioni degli appezzamenti e
l’ampiezza visiva;
le coltivazioni e la vegetazione.
Tali elementi presentano un grado di stabilità nel tempo decrescente in quanto, ad
esempio, mentre le colture praticate possono variare di anno in anno, la morfologia del
suolo può essere modificata solo parzialmente e tramite investimenti ingenti. Inoltre,
mentre si possono trovare con discreta facilità abitazioni che hanno più di cento anni, è
assai difficile trovare, specie in pianura, sistemazioni idrauliche realizzate prima del
11
secolo scorso, e per la vegetazione è raro che essa assuma la composizione floristica e la
distribuzione territoriale che aveva anche solo venti anni fa.
Il parametro che più si presta a descrivere la morfologia di un’area è la pendenza che
può essere espressa o in gradi o in percentuale.
La morfologia assume un ruolo fondamentale al fine della caratterizzazione del
paesaggio in quanto può far assumere agli altri fattori una diversa importanza: un bosco
in pianura ha un’importanza ben diversa rispetto ad un bosco di collina poiché il
contrasto tra linee verticali ed orizzontali nel primo caso è molto più accentuato.
All’opposto i fabbricati e tutti gli elementi puntiformi sono generalmente molto più
visibili nelle aree acclivi rispetto a quelle pianeggianti.
Per quanto riguarda l’assetto strutturale e infrastrutturale, va detto che sono proprio
questi elementi che, per la loro elevata stabilità nel tempo, costituiscono le
testimonianze storiche del paesaggio rurale. Si pensi al ruolo dei tracciati stradali di
epoca romana ancor oggi rinvenibili, oppure alle centuriazioni che condizionano ancora
profondamente l’assetto paesaggistico di alcune parti, ad esempio, della pianura veneta:
in epoche recenti uno degli elementi che più ha contribuito a modificare il paesaggio
agrario è stata la diffusione di fabbricati nelle aree rurali, edifici che, a causa della loro
tipologia architettonica prettamente urbana, hanno contribuito a trasformare nella parte
centrale del Veneto vaste porzioni di campagna in una sorta di estesa periferia urbana
(Tempesta, 1989).
Le sistemazioni idrauliche fanno assumere una forma assai diversa al paesaggio, e si
distinguono in sistemazioni di collina e sistemazioni di pianura.
Le sistemazioni di collina comprendono:
i terrazzamenti, che comportano una radicale trasformazione del pendio
attraverso muretti a secco;
i ciglioni: in questo caso la funzione di sostegno viene svolta attraverso
l’inerbimento della parte più acclive del pendio, e con l’impianto di viti sul
bordo del ciglione stesso;
le sistemazioni a rampe: sono una elaborazione del ciglionamento o del
terrazzamento al fine di renderli idonei alla meccanizzazione;
le sistemazioni a cavalcapoggio e a tagliapoggio: vengono realizzate senza
ingenti movimenti di terra e costituiscono solo degli interventi atti a migliorare il
deflusso delle acque nei terreni di collina;
12
il rittochino: consiste nella suddivisione del pendio in appezzamenti di forma
regolare, delimitati da fossati posti lungo le linee di massima pendenza.
Le sistemazioni di pianura, prendendo come riferimento l’agricoltura veneta (Tempesta,
1989) includono la piantata, in cui gli appezzamenti sono delimitati da filari di viti
sorrette da alberi posti ad una distanza variabile, il cavino, caratterizzato da una forte
baulatura in senso longitudinale dell’appezzamento, e la ferrarese, in cui gli
appezzamenti sono delimitati da profonde scoline. In particolare, la diffusione di
quest’ultima sistemazione ha portato ad una estrema semplificazione del paesaggio
agrario.
Alle coltivazioni si devono le caratteristiche cromatiche del paesaggio, mentre la
vegetazione ne pone in risalto alcuni elementi lineari (fossi, strade, confini degli
appezzamenti, ecc.) altrimenti non individuabili.
Con il termine “paesaggi tradizionali” si fa riferimento ai paesaggi presenti prima della
diffusione delle tecnologie ad elevato impiego di capitale, cioè a quei paesaggi originati
da un’agricoltura che faceva ampio ricorso al lavoro umano ed animale per lo
svolgimento delle principali operazioni colturali.
L’azienda agricola nelle epoche passate era inoltre perennemente attanagliata da due
necessità contrapposte: quella di espandere la superficie a cereali per aumentare il
reddito derivante dalla loro vendita e quella di destinare una parte dell’azienda ai prati
per poter allevare il bestiame necessario ad ottenere il letame per concimare i cereali.
I fattori che determinano il tipo e l’entità delle trasformazioni sono assai numerosi, ed
influenzano il grado di apprezzamento visivo da parte di un osservatore.
Tra di essi paiono particolarmente importanti:
i fattori fisici e ambientali (clima, suolo, caratteri idraulici, ecc.);
la composizione del paesaggio, dovuta a due attributi fondamentali, quali
l’ordine e la variabilità. L’ordine restituisce una ragione al lavoro umano e
produce nell’individuo un senso di controllo sulla realtà esterna; la variabilità
soddisfa invece il bisogno psicologico di esperienze nuove e interessanti. Da
questo, appare evidente la preferenza per paesaggi fortemente caratterizzati,
rispetto a quelli debolmente definiti;
la scala del paesaggio, intesa come rapporto tra gli elementi costitutivi del
paesaggio e la loro distribuzione spaziale;
le componenti cromatiche;
la sequenza degli spazi;
13
la tecnologia;
la prospettiva di osservazione;
la dinamicità (il paesaggio varia al variare delle condizioni atmosferiche, al
succedersi delle stagioni e per opera dell’uomo);
i caratteri strutturali delle aziende agricole;
la situazione socio-economica generale;
l’assetto insediativo ed infrastrutturale;
la politica agraria, le norme sull’uso del suolo e sui contratti agrari;
le esperienze psicologiche individuali;
la memoria storica.
La tecnologia è certamente il fattore che ha avuto negli ultimi anni la maggiore
influenza sul paesaggio agrario: l’adozione di tecniche standardizzate ne ha determinato
una perdita di diversificazione, con la creazione di paesaggi caratterizzati da un elevato
grado di artificialità.
I caratteri strutturali delle aziende possono inoltre influenzare:
la capacità di accumulazione di capitale da parte dell’azienda e quindi la
maggiore o minore propensione alla realizzazione di investimenti fondiari;
le tecniche impiegate in azienda e la disponibilità dell’imprenditore ad
introdurre nuove produzioni e nuove tecniche produttive;
le produzioni realizzate.
Un ultimo fattore che assume una notevole influenza sulle tecniche colturali e di
conseguenza sul paesaggio è dato dal tipo di interazioni che si instaurano tra pratiche
agronomiche e presenza di specie animali e vegetali nell’ecosistema agrario. In
generale, infatti, la ricerca ha trascurato di considerare fino ad epoche recenti che ogni
modificazione di una singola tecnica colturale può avere ripercussioni anche profonde
su tutte le altre operazioni.
14
3. LA NECESSITÀ DI UNA VALUTAZIONE DEL
PAESAGGIO
La valutazione del paesaggio consiste essenzialmente nel definire l’attitudine della
componente estetica di un dato ambito territoriale a soddisfare alcune domande d’uso, e
in particolare la domanda per attività ricreative all’aria aperta e la domanda di tutela dei
beni ambientali e storico-culturali, ma è la natura stessa della risorsa paesaggistica a
rendere difficoltosa una stima adeguata del suo valore.
Tutte le funzioni svolte dall’ambiente si riflettono naturalmente sulla vita umana,
attraverso relazioni molto complesse e analizzabili in modo significativo solo nel loro
insieme. Sono quindi nell’interesse dell’uomo stesso, per dirla in termini pratici, la
salvaguardia e la manutenzione di un territorio, con tutti i benefici che ne conseguono.
Nasce da qui l’esigenza di “misurare” la qualità estetica di un paesaggio.
La componente estetica svolge un ruolo rilevante nel definire il “gradimento” di un’area
e quindi il valore che ad essa viene attribuito dai fruitori. Nel valutare la qualità visiva
del paesaggio, vale il presupposto che il paesaggio gode di una bellezza intrinseca o
oggettiva che, sebbene sia una risposta personale degli osservatori, può essere
quantificata tramite la presenza di certi elementi.
Mentre le basi delle valutazioni monetarie del paesaggio vanno ricercate nella teoria
dell’equilibrio della domanda e dell’offerta, quelle delle valutazioni non monetarie
trovano riferimento sia nel campo della filosofia che nel campo della sociologia ed
ecologia umana. Sulla base degli schemi proposti da Tempesta (1997) e da Casoni-
Poliori (2002), è possibile classificare i metodi di valutazione secondo lo schema in fig.
3.1.
19
4. L’OBIETTIVO DELLA VALUTAZIONE ESTETICO-
VISIVA
In particolare, l’obiettivo della valutazione estetico-visiva è analizzare le reazioni
dell’uomo di fronte a diversi paesaggi, ed in seguito correlare tali reazioni alle
caratteristiche del paesaggio stesso.
L’utilità di questa valutazione sta nell’elaborare un indice, l’Indice Estetico-Visivo, di
cui verrà tenuto conto durante la formulazione di erogazione di fondi per il sostegno a
determinate attività: i proprietari o conduttori di aziende agricolo-forestali di dimensioni
medio-piccole, non hanno, ad esempio, un interesse immediato a mantenere i fossi puliti
o ad eseguire lo sfalcio dell’erba lungo i bordi delle strade; il loro interesse è, attraverso
questa condotta, conservare efficiente la propria azienda nel lungo periodo.
Tra le attività volte al mantenimento del capitale fondiario vanno citate quindi:
la cura dei fossi e delle sistemazioni idraulico-agrarie in genere;
il mantenimento delle opere minori di bonifica idraulica;
la cura dei boschi non a fini produttivi, delle siepi, delle alberature e delle
piantate;
il mantenimento delle strade interpoderali (fondo, bordi, canalette di scolo
laterali, ecc.);
il mantenimento di massicciate, muretti a secco, cigli, terrazzamenti, manufatti
storici (capitelli, abbeveratoi, ecc.);
sfalcio degli appezzamenti per solo scopo estetico o di sicurezza (es: per
contrastare gli incendi).
Sono, quelle appena elencate, operazioni svolte dai conduttori agricoli che, pur
indispensabili alla permanenza di un certo assetto ambientale e paesaggistico ed all’uso
extra-agricolo del territorio, non sono incorporate nei ricavi di produzione, in quanto
non influiscono sulle quantità dei beni prodotti, ma rappresentano soltanto dei costi
aziendali. Gli agricoltori non si sono mai preoccupati, eseguendo questi lavori o facendo
pascolare il bestiame, di fornire un’immagine estetica del paesaggio gradevole al resto
della società, ma ne è derivato proprio questo processo, ovvero: la manutenzione e la
cura portano all’ordine, e quindi a quel senso di sicurezza che sfocia poi
nell’apprezzamento visivo di un ambiente rurale o forestale, e questo apprezzamento è
una “ricompensa” almeno simbolica di attività non retribuite economicamente o non
sufficientemente retribuite.
20
È sulla base della definizione di esternalità che si muove dunque il metodo della
valutazione estetico-visiva di un paesaggio: non è possibile monetizzare i benefici
sociali derivanti da un bene pubblico. Ad oggi, la frammentazione delle proprietà, il
sopravvento di aziende medio-grandi, l’omologazione delle colture, il recepimento delle
direttive europee e quindi l’obbligo di rispettare determinati parametri di produzione e
di organizzazione, la diminuzione della manodopera e degli impiegati nel settore
agricolo, hanno portato le suddette attività di manutenzione e le attività puramente di
sussistenza familiare (pascolamento, realizzazione di strutture ortive) ad essere in gran
parte abbandonate, preferendo quelle da cui si abbia un maggiore guadagno ravvicinato
nel tempo.
L’impegno nella cura del territorio si diversifica profondamente da azienda ad azienda,
in relazione principalmente alle specifiche condizioni ambientali e alla disponibilità di
lavoro. In particolare, si è potuto constatare che l’impegno nella cura del territorio
decresce all’aumentare delle dimensioni aziendali e del ricorso a manodopera salariata
(Prestamburgo e Tempesta, 1994)
Affinché il gradimento estetico non sia solo una retribuzione simbolica e affinché gli
agricoltori siano stimolati a continuare e a contribuire alla manutenzione della ricchezza
estetica e delle risorse di un determinato paesaggio-ambiente, la valutazione estetica
fornisce un importante quadro d’insieme del rapporto uomo-territorio, tradotto in indici
che saranno utilizzati e analizzati dagli Enti Pubblici, dalle Istituzioni per emanare
politiche di sostegno al territorio e alle attività agricole connesse. È evidente infatti che,
nel settore della conservazione del paesaggio, la spesa pubblica deve essere supportata
da idonei strumenti di valutazione della qualità: in assenza di strumenti valutativi
oggettivi, non si possono stabilire correttamente né le priorità né le modalità
d’intervento, né quindi le azioni che dovrebbero essere oggetto di finanziamento;
d’altronde l’erogazione di contributi di tipo agro-ambientale fa sempre riferimento ad
una valutazione del miglioramento del benessere sociale connesso alla realizzazione
dell’azione ammessa al finanziamento (Tempesta, 1999).
27
5. LA METODOLOGIA SEGUITA PER LA
VALUTAZIONE DEL PAESAGGIO RURALE
Le ricerche effettuate mirano quindi a mettere in risalto le componenti psicologiche che
stanno alla base della percezione dell’ambiente. Ma una volta note tali componenti,
risulta comunque difficile ricondurle a precise caratteristiche del paesaggio. Il concetto
di naturalità di un paesaggio è molto personale, pur dando ormai per assodato che tutto
ciò che riduce il grado di naturalità di un paesaggio tende a ridurne anche la qualità, e
quello che viene percepito da un individuo comune come “naturale” può essere ben
diverso da quello che viene percepito da un ecologo. Secondo Coeterier (1996) i criteri
secondo cui le persone giudicano la naturalità di una veduta sono:
l’impressione che la vegetazione si sia sviluppata naturalmente e
spontaneamente;
il modo in cui le linee sono disegnate (le forme rigide e quadrate non sono
considerate naturali, al contrario di quelle curvilinee e mosse);
la presenza di flora e fauna, indifferentemente tra quella allevata e quella
spontanea.
Molte aree agricole possono quindi dare una discreta impressione di naturalità quando
ad esempio comprendono al loro interno siepi, macchie boscate, bovini o ovini al
pascolo.
I manufatti (strade, case, tralicci dell’alta tensione, ecc..) tendono invece a dare un
impatto negativo alla qualità del paesaggio, e questo può essere in contrasto con la loro
potenziale utilità.
Dall’elaborazione delle preferenze visive, rilevate durante la ricerca, è possibile inoltre
realizzare per ogni ambito paesaggistico di studio un grafico, riportando sulle ascisse le
valutazioni assegnate dagli intervistati, e alle ordinate il numero di volte che è stata
assegnata una determinata valutazione, ossia il numero di preferenze: si nota che gli
ambiti paesaggistici più o meno graditi presentano una distribuzione a “J”,
rispettivamente crescente e decrescente, mentre quelli con gradimento intermedio
presentano una distribuzione a campana di Gauss (Mattalia, 1993). Nelle figure 5.1 e
5.2 sono riportati degli esempi.
28
Fig 5.1. Andamento a J crescente per un ambito paesaggistico maggiormente gradito
rispetto ad altri.
Fig. 5.2 Andamento a campana di Gauss per un ambito paesaggistico mediamente
gradito rispetto ad altri.
È opportuno che gli ambiti di rilevazione siano almeno due per tipo di paesaggio: il
paesaggio rurale presenta infatti una elevata variabilità visiva ed è quindi opportuno che
le rilevazioni siano effettuate in più siti, all'interno di un medesimo ambito
paesaggistico.
Un altro aspetto da considerare riguarda il tipo di aggregazione da impiegare nel
classificare i diversi usi del suolo. Ad esempio, per quanto attiene l'agricoltura, si potrà
adottare una classificazione estremamente articolata (per tipo di seminativo) oppure più
aggregata (distinguendo tra seminativi primaverili ed autunno-vernini) o raggruppandoli
in unica classe. Va tenuto conto che una notevole disaggregazione, oltre a determinare
un rilevante appesantimento operativo, può introdurre elementi d’errore non trascurabili
Num. preferenze
0 2 4 6 8 10
Valutazioni assegnate
dagli intervistati
Num. preferenze
0 2 4 6 8 10
Valutazioni assegnate
dagli intervistati
160
120
80
40
0
160
120
80
40
0
29
nelle stime e può rendere scarsamente significativi sul piano statistico i risultati
ottenibili.
5.1. IL CAMPIONE DEGLI INTERVISTATI
La composizione del campione degli intervistati è un aspetto molto importante:
potrebbe influire notevolmente sul tipo di punteggi ottenuti. Alcuni studi hanno
evidenziato l’influenza di alcune caratteristiche socio-demografiche sulla percezione del
paesaggio: l’età (Lyons, 1983), il titolo di studio (Lyons, 1983), e la sensibilità verso le
problematiche ambientali.
Le esperienze compiute nelle varie indagini non hanno però fornito indicazioni
univoche al riguardo. La definizione di un campione rappresentativo è molto complessa
perché è difficile stabilire a priori quale sia l’universo statistico di riferimento. In
particolare, quando quest’ultimo sia individuato (come correttamente dovrebbe essere)
nei frequentatori dell’area, risulta pressoché impossibile averne una conoscenza
sufficientemente dettagliata e adeguata.
Quando non si dispone di un campione che possa considerarsi rappresentativo, appare
corretto ricorrere ad un campione di intervistati che sia per lo meno sufficientemente
articolato dal punto di vista socio-economico.
35
6. LA QUALITÀ ECONOMICA DEI BOSCHI
Un discorso a parte merita la valutazione della funzione estetico-paesaggistica svolta dai
boschi. Avendo come obiettivo una graduatoria di apprezzamento dei paesaggi, Giau
propone la stima della Qualità Economica dei Boschi (QEB), che risulta definita come il
valore potenziale dell’insieme delle capacità utili che un bosco è capace di fornire in un
territorio. Le capacità utili prese in considerazione sono:
la produzione di legname;
la protezione contro il rischio di erosione superficiale dei suoli;
la funzione estetico-paesaggistica.
Per ciascuna delle tre capacità utili considerate si produce la relativa carta, in cui ad
ogni colore corrisponde un punteggio: dalla loro sovrapposizione si ottiene la carta della
Qualità Economica dei Boschi. Il metodo di valutazione proposto da Giau prevede una
fase preliminare di raccolta bibliografica (fotografie aeree, piani di assestamento, carte
forestali) e di ricognizione sul territorio. L’elaborazione dei dati conduce alla
quantificazione non monetaria di tre indici:
il valore di produzione;
il valore di difesa contro il rischio di erosione;
il valore estetico-paesaggistico.
Dalla media di questi tre indici si ottiene la QEB.
L’utilizzo dei tipi forestali, quali standard paesaggistici facilmente riconoscibili,
consente di cogliere l’aspetto più esterno ed appariscente della vegetazione legato alla
fisionomia delle diverse formazioni forestali (Mattalia, 1993).
Le suddette capacità utili vengono quindi stimate con riferimento ad una configurazione
ed una consistenza dei soprassuoli che viene indicata come “maturità potenziale”: può
essere una maturità economica, nei casi in cui il bosco sia sottoposto a regolari
trattamenti selvicolturali e vi siano quindi turni di riferimento, oppure una maturità
fisiologica, nelle situazioni di abbandono colturale o di boschi di recente insediamento
ai quali non sia possibile attribuire a priori un modello colturale.
La valutazione del valore estetico-paesaggistico di un bosco a cui si applichi la
determinazione della QEB può essere svolta attraverso il metodo delle preferenze
visive.
66
Sono riportati in tab. 8.9 i modelli di regressione ottenuti, con la significatività statistica
5%. Questi modelli, in grado di quantificare analiticamente la relazione tra gradimento
estetico ed uso del suolo, sono infatti ottenuti attraverso l’analisi di regressione
stepwise, che consiste nell’inserire all’inizio tutte le variabili sopra elencate, e
nell’eliminare man mano quelle non significative.
Tab. 8.9 Modelli di regressione stepwise di tipo lineare per diverse categorie di soggetti
IEV ETAM3 ETAS3 GITEM10 GITES10 REDS3 STUS3
Indice
Beta
Indice
Beta
Indice
Beta
Indice
Beta
Indice
Beta
Indice
Beta
Indice
Beta
FOSSI
FABRIC
ANTROP
ANTROP1
ANTROP2 -0,714 -0,785 -0,607 -0,583 -0,761 -0,804 -0,789
CIELO
TERRA -0,425 -0,614 -0,450 -0,425 -0,508 -0,538
INCOLTO
ORTO
OLIVO
SEM
VITE -0,386
PEND
PALI
OLIVO1
OLIVO2
OLIVO3
SPARSI
SISTEM 0,466 0,466 0,468 0,440 0,475 0,493 0,448
SIEPIFIL 0,383 0,342 0,427 0,350 0,389 0,402 0,412
Costante 6,042 6,093 5,935 6,028 6,073 6,032 5,976
R
2
0,494 0,477 0,411 0,412 0,498 0,495 0,490
Osservando il coefficiente di regressione Beta possono essere fatte le seguenti
considerazioni:
la variabile “superficie a seminativo >50%” influisce negativamente sull’indice
estetico; ciò può essere dovuto al fatto che gli intervistati percepiscono poca
variabilità, e quindi monotonia;
contrariamente, la variabile “superficie ad orto >50%” influisce in modo
positivo sull’indice, forse per la variabilità delle colture ortive in uno stesso
appezzamento;
la variabile “presenza pali della luce” influisce negativamente sulla percezione
della qualità estetica;
67
la variabile “presenza dei fossi” influisce in modo positivo sul gradimento;
questo può essere spiegato, come si diceva in precedenza, dalla percezione di
elevata biodiversità che si può rilevare nell’ambiente fluviale;
le variabili “presenza strade bianche in primo piano" e “presenza di alberi sparsi
in primo piano” hanno un’influenza positiva sul gradimento, a confermare
quanto già detto in precedenza per questi elementi;
la variabile “presenza siepi e filari di confine” ha un effetto positivo sull’indice,
forse perché questi elementi interrompono le distese delle coltivazioni intensive;
inoltre i filari rappresentano un elemento di verticalità nella composizione
dell’immagine, e contribuiscono a diminuire la piattezza e la monotonia;
l’influenza positiva della variabile “sistemazioni-ordine del territorio” conferma
che la cura del territorio viene percepita dagli intervistati come fondamentale;
la variabile “pendenza” influisce in maniera positiva sul gradimento estetico,
spezzando la monotonia delle linee rette;
le variabili “impianti vecchi di olivi” e “presenza di pali del vigneto in cemento”
influiscono positivamente sull’indice;
la variabile “presenza di terreno nudo” incide negativamente sul gradimento,
forse a causa della sensazione di aridità e della monotonia del colore marrone
che vengono percepite dagli intervistati.
Il modello analitico che meglio spiega la variabile dipendente IEV è dunque il seguente:
IEV = 6,042 + 0,466 SISTEM + 0,383 SIEPIFIL – 0,714 ANTROP2 – 0,425 TERRA
dove, ricordiamo, SISTEM indica il territorio in condizioni di cura e di mantenimento
dell’ordine, e SIEPIFIL indica la presenza di siepi e filari di alberi di confine.
Da questo modello vediamo ad esempio che per una variazione unitaria di SISTEM,
l’IEV varia di una quantità pari a 0,466.
Il modello spiega in maniera sorprendente la relazione stretta tra il gradimento del
paesaggio e la presenza di siepi e filari di alberi, legati da una relazione positiva
(+0,383). Viceversa, si evince la relazione altamente negativa tra l’IEV e gli elementi
antropici o la presenza di terreno nudo, rispettivamente caratterizzati da un coefficiente
-0,714 e -0,425. D’altra parte, l’evidenza statistica mette in luce quello che già era
68
chiaramente emerso con la descrizione iniziale fatta nel presente capitolo, dove
dall’analisi della media dei punteggi si era evidenziato l’atteggiamento negativo degli
intervistati, relativamente alle foto che presentano tralicci o arativi privi di copertura
vegetale.
Stupisce, a dire il vero, che le coltivazioni di vite e olivo, pur nella loro diversificazione
in termini di impianto e di sistemazione agraria, non abbiano riscontrato una
significatività statistica tale da essere considerata nel modello finale di regressione. Ci si
aspettava, infatti, da parte degli intervistati un atteggiamento positivo nei riguardi di
queste coltivazioni particolarmente significative dal punto di vista paesaggistico. La
stessa cosa può dirsi per gli elementi sparsi, come ad esempio la quercia, a tutt’oggi
peraltro vincolata e tutelata dai beni ambientali come elemento storico-paesaggistico di
pregio. Tuttavia, si sottolinea che questo è un primo step della ricerca svolta dal
Dipartimento SASC, alla quale seguirà una fase di affinamento e revisione delle
informazioni desunte attraverso foto, questionari ed interviste, che costituiscono il
“core” dell’analisi. Proprio in virtù della delicatezza del procedimento le varie fasi
necessitano di maggiori puntualizzazioni.