Sommario e conclusioni
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conservativi e di valorizzazione, la seconda per aumentare il benessere sociale
attraverso una più razionale allocazione delle risorse, la terza nella fase di
progettazione degli interventi e selezione delle priorità, attraverso l’interazione di
criteri diversi anche extra-economici (analisi multicriteriale e multiobiettivo).
Il lavoro si divide in tre parti, seguendo un filo logico che dalla teoria generale
dei beni pubblici porta alle metodologie di valutazione di beni multifunzionali
come quelli ambientali ed architettonico-culturali.
Il sistema di beni culturali denominato “Circuito urbano delle chiese rupestri di
Matera” presenta le caratteristiche di bene pubblico (Parte I – Capitolo 1), con le
note caratteristiche della non-rivalità e non-escludibilità. Se considerassimo
esclusivamente l’uso del presente bene culturale, allora dovremmo classificarlo
come bene di “club”, per i quali la non-escludibilità si restringe ad un numero
inferiore di individui (club), precisamente al club di coloro che hanno accesso
libero. Il problema è che una risorsa culturale non ha valore solo per l’uso che se
ne fa, ma anche per l’esistenza, e sotto questo punto di vista è a tutti gli effetti un
bene pubblico. Nel caso particolare del “Circuito urbano delle chiese rupestri di
Matera” la natura di bene pubblico è avvalorata dal riconoscimento
dell’U.N.E.S.C.O. di patrimonio dell’umanità.
La natura di bene pubblico fa sorgere problemi dal punto di vista valutativo, in
quanto il mercato fallisce nel duplice obiettivo della decisone circa la produzione
o meno (per il fenomeno del free-riding) e nell’allocazione efficiente (per il
decentramento del sistema di decisioni)(Parte I, Capitolo 2). La teoria economica
ha cercato di ovviare a questi problemi, attraverso meccanismi di rivelazione delle
preferenze come la tassa di Clarke ed i meccanismi di voto (Parte I, Capitolo 3).
Da un lato le stringenti condizioni e dall’altro il teorema dell’impossibilità di
Arrows, hanno mostrato i limiti di questi meccanismi.
Nel campo delle risorse ambientali ed architettonico-culturali, il meccanismo di
mercato si dimostra fallace anche per altri motivi (Parte II, Capitolo 1): si tratta
di risorse che presentano caratteristiche di unicità, infungibilità ed
irriproducibilità, per cui accanto ad un valore di scambio (o di mercato),
presentano un valore d’uso privato e sociale, oltre ad un valore d’esistenza
(consistente). Il mercato al più riuscirebbe a fornire segnali circa il primo valore,
perché è interessato non al consumo e all’uso dei beni, ma allo scambio per mezzo
Sommario e conclusioni
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della vendita. Il prezzo di mercato pur essendo un indice di scarsità, in tema di
risorse non riproducibili non considera la domanda espressa dalle generazioni
future, favorendo il consumo attuale a scapito di quello presente. La peculiarità
del concetto di valore di questo tipo di risorse, porta a considerare metodi di
valutazione diversi dal mercato (Parte II, Capitolo 2). Il presente lavoro è
interessato alla valutazione economica del bene culturale, quindi segue la
direttrice dell’analisi monocriterio (massimizzazione del benessere sociale), ma
un’analisi esaustiva degli interventi che variano il livello quali-quantitativo
richiederebbe anche un’analisi di tipo finanziaria ed integrata (ricorrendo a metodi
multicriterio).
Nell’ambito dei metodi di valutazione economica delle risorse prive di mercato, si
distingue la valutazione contingente (Parte II, Capitolo 3), che è un metodo di
stima diretto non solo del valore d’uso, ma anche di quello d’opzione e di
esistenza, attraverso la costruzione di un mercato ipotetico per mezzo di un
questionario e la successiva elicitazione della D.A.P. Nonostante alcuni critici
abbiano cercato di delegittimarlo come metodo ideale di valutazione, ritenendolo
idoneo a rivelare solo intenzioni (per via di comportamenti strategici degli
intervistati) e non comportamenti (D.A.P. reale), ha potuto contare sul
riconoscimento del N.O.A.A. Panel (1993) come metodo ideale di valutazione dei
danni in cause legali.
La parte III è stata dedicata ad un’applicazione del metodo della valutazione
contingente al sistema di beni culturali denominato “Circuito urbano delle chiese
rupestri di Matera”. La corretta valutazione dello stesso ha reso opportuna la sua
contestualizzazione nell’ambito del bene culturale più ampio”Sassi di Matera”
(Parte III, Capitolo 1), tra storia ed itinerari alternativi, l’affiancamento dello
stesso alle altre mete di coloro che sono interessati, sotto ogni aspetto, alla civiltà
ed alla cultura rupestre, e la descrizione del “Circuito urbano” nell’ambito del
nuovo paradigma gestionale (Parte III, Capitolo 2). I primi due capitoli della
parte III hanno perciò preparato il terreno alla valutazione vera e propria (Parte
III, Capitolo 3). Il “Circuito urbano delle chiese rupestri di Matera” è meta di un
turismo su scala mondiale, anche se la presenza più consistente è quella nostrana,
in particolare proveniente dal settentrione d’Italia. Questa considerazione, unita
alla qualifica di patrimonio dell’umanità, fa ben capire come oltre ad un valore
d’uso, il bene culturale in questione abbia un consistente valore d’esistenza, per
Sommario e conclusioni
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cui si è reso imprescindibile il ricorso al metodo della valutazione contingente per
la stima del valore globale. L’indagine è stata svolta tra novembre 2002 e gennaio
2003, con la raccolta di 420 osservazioni, in base ad un piano delle rilevazioni che
si è posto l’obiettivo di coprire l’intero arco della settimana e l’intero circuito.
Attraverso lo strumento di indagine, rappresentato dal questionario, sono state
raccolte una serie di informazioni ed elicitata la disponibilità a pagare non solo per
la visita, ma anche per garantirsi la possibilità di un uso futuro e per l’esistenza
del “Circuito urbano”. Il metodo impiegato è stato diverso per la D.A.P. per l’uso
e per quella per l’opzione d’uso e per l’esistenza (carta di pagamento nel primo
caso, formato aperto nel secondo). Il formato della carta di pagamento per la
D.A.P. d’uso è stata una scelta dovuta al fatto che il campione non è stato ritenuto
sufficiente per permettere uno studio con D.A.P. elicitata per mezzo del formato
dicotomico (che richiede stringenti condizioni circa la distribuzione dell’errore,
non facilmente verificabili). Dall’indagine è risultato un valore globale notevole,
ma soprattutto la conferma dell’enorme valore dato all’esistenza del “Circuito
urbano”. Questo vuol dire che gli individui sono disposti a pagare non solo per
politiche volte al miglioramento dell’uso del bene culturale, ma anche per la sua
conservazione e valorizzazione e quindi perpetuazione nel tempo, come mezzo di
tradizione storica di una civiltà e di una cultura. Attraverso la stima finale di una
funzione di valutazione inoltre, è risultato che gli stimoli e le iniziative a favore
della ricerca, nei diversi campi di interesse del “Circuito urbano” accrescono il
valore dello stesso, come anche la predisposizione di interventi volti ad attrarre
visitatori a reddito medio-alto. Quest’ultimo aspetto si presenta un po’ più
problematico, in quanto implica non solo interventi interessanti il “Circuito
urbano” in termini di variazione quali-quantitativa, ma anche il contesto
circostante, con la creazione di strutture ricettive che favoriscano la permanenza
del visitatore per più giorni.
In conclusione, la sfida lanciata dall’amministrazione comunale di Matera, di dare
una svolta al modello gestionale dei beni culturali, attraverso la sinergia tra risorse
locali, managerialità e intraprendenza giovanile sembra dare buoni risultati. I
visitatori riconoscono un consistente valore non solo alla visita ma anche
all’esistenza stessa del “Circuito urbano”. Il nuovo paradigma gestionale deve
orientarsi alla qualità degli interventi e per far ciò deve dotarsi di strumenti di
analisi e di valutazione, attraverso lo sviluppo di competenze diverse. Il presente
Sommario e conclusioni
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lavoro si è posto l’obiettivo di valutare il bene culturale in un’ottica
monocriteriale, analizzando gli effetti sul benessere sociale di variazioni del
livello quali-quantitativo di fornitura del “Circuito urbano”, ma rappresenta anche
l’invito a studi di analisi integrata, attraverso la convergenza di criteri diversi,
nell’ottica di valore complesso, tipico delle risorse ambientali ed architettonico-
culturali. La permanenza nel patrimonio U.N.E.S.C.O. sicuramente non dipende
solo dal modo di gestire, ma dalla generale politica seguita in tema di beni
culturali, ma rappresenta un serio tentativo di valorizzare economicamente e di
perpetuare nel tempo una delle testimonianze più significative di una civiltà,
quella rupestre, tra le più antiche e suggestive della storia.
PARTE I – Capitolo 1
Concetto economico e classificazione dei beni pubblici
13
I
CONCETTO ECONOMICO E CLASSIFICAZIONE
DEI BENI PUBBLICI
1.1 Introduzione.
La teoria economica afferma che qualsiasi mezzo, materiale o immateriale,
avente l’attitudine presunta o reale a soddisfare un bisogno, è per definizione un
bene. L’economia non è interessata ai beni in generale, ma ad un particolare
sottoinsieme degli stessi: i beni economici. Questi si distinguono dai beni non-
economici per le caratteristiche di accessibilità e disponibilità limitata.
In base alle relazioni esistenti fra beni economici e bisogni, è possibile procedere
ad una classificazione degli stessi, in base alla natura o al tipo di bisogno
soddisfatto.
I beni pubblici sono a tutti gli effetti beni economici, quindi anche per essi
esiste il contrasto tra limitatezza delle risorse e illimitatezza dei bisogni che essi
soddisfano. Riguardo alla classificazione, la natura di bene pubblico discende
dall’applicazione dei principi di rivalità ed escludibilità. Come avremo modo di
approfondire in seguito, il bene pubblico puro è interessante solo sotto l’aspetto
teorico, perché la realtà ci pone di fronte beni che non rispondono allo stesso
tempo ai due principi.
PARTE I – Capitolo 1
Concetto economico e classificazione dei beni pubblici
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1.1 I principi della rivalità e dell’escludibilità.
La distinzione tra beni pubblici e beni privati si basa sul principio della rivalità
e dell’escludibilità. Nella realtà è più facilmente riscontrabile la presenza di beni
misti che di quelli puri, cioè di beni che non sono allo stesso tempo non-
escludibili e non-rivali. Nonostante ciò la teoria economica, in particolare quella
branca che prende il nome di Economia del benessere, si è soffermata,
sviluppando i suoi modelli e traendo le sue conclusioni, soprattutto sui beni privati
e sui beni pubblici puri.
Rivalità nel consumo (Musgrave, 1995) significa che il consumo del bene da
parte dell’individuo A riduce le possibilità di consumo, e quindi i benefici
ritraibili, da parte dell’individuo B. Indicando con X il vettore dei beni privati e
con Y il bene pubblico, la corrispondente funzione di utilità sarà: U
A=
U
A
(X
A
;Y) e
U
B
=U
B
(X
B
;Y) rispettivamente per l’individuo A e l’individuo B. L’output totale,
così come risultante dalla funzione di trasformazione, sarà X
A
+ X
B
+ Y. Non-
rivalità vorrà dire perciò che lo stesso output fisico di Y andrà a vantaggio sia di
A che di B. La conseguenza ultima di ciò, è che le curve di domanda individuali
saranno sommate verticalmente anziché orizzontalmente. Ad uno stadio iniziale
dell'analisi possiamo affermare che i beni pubblici, a differenza di quelli privati,
essendo non-rivali nel consumo, presentano un costo di fornitura non
proporzionale al numero degli individui.
Escludibilità (Musgrave, 1995) significa invece che il consumo di un bene
può essere regolamentato, nel senso che può essere consentito ad un soggetto A ed
impedito ad un soggetto B. Il meccanismo di mercato, costringendo gli individui a
rivelare le loro preferenze, provvede a regolamentare efficientemente il consumo.
Per quanto concerne i beni pubblici, la non-escludibilità sarà un incentivo a non
rivelare le preferenze personali, dal momento che l’individuo considererà che
PARTE I – Capitolo 1
Concetto economico e classificazione dei beni pubblici
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l’offerta totale e perciò il beneficio conseguente, non sarà condizionato
significativamente dal suo contributo. Dal momento che il mercato in tal caso
fallisce come meccanismo di rivelazione delle preferenze, si ricorre a meccanismi
alternativi quali le procedure di voto, la tassa di Clarke e i metodi di valutazione
sviluppati nell’ambito dell’economia dell’ambiente e dei beni architettonico-
culturali, di cui parleremo ampiamente in seguito.
PARTE I – Capitolo 1
Concetto economico e classificazione dei beni pubblici
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1.2 Divisibilità intrinseca e divisibilità transazionale.
Ai fini di una corretta classificazione in tema di beni pubblici, occorre tenere
ben distinti l’aspetto fisico o intrinseco da quello transazionale (Forte, 2000),
questo perché i beni a volte pur essendo fisicamente divisibili in unità di vendita,
a livello transazionale divengono difficilmente o inefficientemente divisibili; in
una parola non tutti i beni fisicamente divisibili sono tecnicamente escludibili.
Tab. 1.1: Classificazione dei beni in base al principio
della divisibilità intrinseca e transazionale.
Beni transazionalmente
divisibili
Beni transaziolamente
indivisibili
Beni con prodotto
intrinsecamente
divisibile
Beni completamente divisibili
(Beni privati puri)
Beni che oggettivamente sono
divisibili ma che
transazionalmete non si
possono o comunque non
conviene dividere
Beni con prodotto
intrinsecamente
indivisibile
Beni che transazionalmente
potrebbero essere divisi ma che
non conviene a livello di
prodotto (es. difesa, faro, etc.)
Beni samuelsoniani (es.
scoperta non brevettabile “per
sua natura”)
PARTE I – Capitolo 1
Concetto economico e classificazione dei beni pubblici
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1.3 Samuelson, Dupuit, Hotelling: le diverse tipologie di beni pubblici.
Il bene pubblico samuelsoniano prende il nome dall’economista
1
che per
primo sviluppò formalmente un modello economico di equilibrio con beni privati
e beni pubblici nell’ambito della teoria neoclassica fondata sulla sovranità del
consumatore. Il tipico bene samuelsoniano presenta le seguenti caratteristiche
(Samuelson, 1977):
1) la produzione di Q unità del bene Y avvantaggia (o perlomeno potenzialmente)
tutti i possibili “n” soggetti, senza che il consumo da parte di un i-esimo soggetto
pregiudichi le possibilità di consumo dei restanti “n-i” soggetti (concetto di
non-rivalità);
2) non possiamo separare intrinsecamente e transazionalmete i benefici dei
soggetti che pagano il prezzo da quelli di coloro che non ne pagano alcuno
(concetto di non-escludibilità).
Sappiamo benissimo che i beni privati puri, essendo rivali ed escludibili,
presentano un costo medio unitario ed un costo marginale. Il discorso muta
quando focalizziamo la nostra attenzione sui beni pubblici, giacché a parità di
costo possiamo soddisfare simultaneamente più soggetti (nei limiti della
congestione). Ciò implica che mentre nel caso dei beni privati le unità di domanda
individuali sono sommate orizzontalmente, nel caso dei beni pubblici
samuelsoniani le unità di domanda individuali sono sommate verticalmente (Fig.
1.1) (Bosi, 1996). Indicando con C
s
la curva dei costi marginali (posta per
1
Paul Antonhy Samuelson (Gary, Indiana, 1915), economista americano autore, tra l’altro, del
libro di testo Economia: un’analisi introduttiva tradotto in più di dodici lingue e che ha venduto
qualcosa come quattro milioni di copie. Premio Nobel per l’economia nel 1970.
PARTE I – Capitolo 1
Concetto economico e classificazione dei beni pubblici
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semplicità uguale alla curva dei costi medi), la quantità di equilibrio per il bene
samuelsoniano sarà uguale al segmento OQ
s
nel grafico.
Fig. 1.1 La domanda aggregata di beni pubblici
Fonte: F. Forte, Principi di economia pubblica, Giuffré, 2000
Quando parliamo di beni indivisibili di Dupuit (o beni pubblici ibridi) (Forte,
2000), ci riferiamo a quei beni che transazionalmente potrebbero essere divisi in
unità di vendita, ma allo stesso tempo hanno la caratteristica di soddisfare
simultaneamente più soggetti. Conseguentemente l’esclusione di coloro che non
pagano, anche se spesso tecnicamente possibile, è inefficiente dal punto di vista
economico, almeno prima che sia stato raggiunto il punto di congestione.
PARTE I – Capitolo 1
Concetto economico e classificazione dei beni pubblici
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Un tipico esempio di bene indivisibile di Dupuit è il faro: anche se il proprietario
fosse in grado di ottenere un pedaggio da ciascun utente, ciò non sarebbe
socialmente ottimo, dal momento che la società avrebbe un costo extra pari a zero
consentendo ad un individuo aggiuntivo di usufruire del servizio del bene.
Facendo pagare un prezzo, provocheremmo una perdita sociale. Ulteriori esempi
significativi di beni di Dupuit sono le strade e i ponti.
Fig. 1.2 Beni indivisibili di Dupuit
Fonte: F. Forte, Principi di economia pubblica, Giuffré, 2000
PARTE I – Capitolo 1
Concetto economico e classificazione dei beni pubblici
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Possiamo dedurre dalla figura 1.2 come nei beni di Dupuit il costo si configuri
fisso fino al punto di congestione Q, cioé la curva dei costi medi tende a
decrescere all’aumentare delle unità di consumo del bene (ipotizzando sempre che
il costo marginale sia nullo). Esigenze di pareggio di bilancio richiedono la
produzione della quantità Q al prezzo P, ma operando in tal modo escluderemmo
le potenziali utenze comprese nel tratto QD’ provocando una mancata rendita del
consumatore. Per evitare che ciò accada, il prezzo andrebbe
Azzerato, in modo che tutta la domanda venga soddisfatta. Ma a tal punto si
innesta un secondo problema: le imposte che andranno a finanziare la spesa che
evita lo spreco della rendita suddetta, sono nella maggior parte dei casi distorsive
e per essere giustificate richiedono rendite consistenti.
Hotelling ha analizzato i cosiddetti beni semipubblici (Forte, 2000) che, a
differenza dei beni di Dupuit, oltre ad importanti costi fissi presentano notevoli
costi variabili, giungendo alla conclusione che se si segue in tal caso la regola del
prezzo uguale al costo marginale si può incorrere nel disavanzo pubblico.
PARTE I – Capitolo 1
Concetto economico e classificazione dei beni pubblici
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Fig. 1.3 I beni di Hotelling
Fonte: F. Forte, Principi di economia pubblica, Giuffré, 2000.
La figura 1.3 mostra come l’incontro tra la curva dei costi marginali e quella della
domanda avvenga in corrispondenza di un prezzo P minore del costo medio in
corrispondenza della quantità Q che rappresenta l’ottimo allocativo. Il disavanzo
coperto dall’economia pubblica è l’area PBAC e quasi tutta la sovvenzione
pubblica (precisamente l’area PBAR) si trasforma in rendita del consumatore.
Anche in tal caso si presenta il solito problema delle imposte che finanzieranno la
sovvenzione, che nella maggior parte dei casi provocheranno effetti distorsivi
nelle scelte degli agenti, effetti che possono, nell’estrema manifestazione, non
giustificare la sovvenzione stessa.
PARTE I – Capitolo 1
Concetto economico e classificazione dei beni pubblici
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1.4 Il problema della congestione: le diseconomie esterne.
Bisogna tener presente che beni con costi fissi notevoli, come quelli di
Dupuit ed anche quelli di Hotelling, sono soggetti a fenomeni di congestione
che generano diseconomie esterne (Forte, 2000). In tal caso non è più
efficiente la fruizione sottocosto o addirittura gratuita, e il motivo è illustrato
dalla figura 1.4. Quest’ultima suppone che l’economia sottostante abbia solo
costi medi fissi. Il punto S rappresenta il punto di congestione (o di
saturazione); facendo pagare il prezzo P avremmo quale risultato, che la
quantità si ridurrebbe rispetto a quella domandata a prezzo nullo e sarebbe così
eliminato l’eccesso di domanda SD che rappresenta la diseconomia da
congestione. Il ricavo sarebbe (sempre ipotizzando un prezzo pari a P) pari
all’area SOAP maggiore del costo totale. Operando in tal modo non solo si ha
la garanzia della copertura dei costi nei periodi di congestione, ma anche di
parte, se non proprio tutti, di quelli relativi a periodi di morta, quando per
scongiurare perdite di rendita dei consumatori il prezzo andrebbe azzerato.