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1. GLI SVILUPPI NORMATIVI
1.1 Indicazioni della Commissione Consultiva per la valutazione dello
stress lavoro-correlato
Com’è ormai noto, con il Decreto Legislativo n. 81, l’Italia ha recepito nel 2008 una
serie di importanti indicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro provenienti
dall’Unione Europea. Tra le altre novità, tale decreto, con l’articolo 28, comma 1 (che
riguarda l’oggetto della valutazione dei rischi) introduce l’obbligo della valutazione
dello stress lavoro–correlato: “La valutazione […] deve riguardare tutti i rischi per la
sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori
esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato,
secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le
lavoratrici in stato di gravidanza, […], nonché quelli connessi alle differenze di genere,
all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia
contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro”.
La necessità di adempiere tale obbligo ha subito reso evidente le difficoltà operative
legate all’individuazione di corrette modalità per lo svolgimento della valutazione dello
stress lavorativo.
Alcune prime perplessità in merito sono state (almeno in parte) chiarite dalla
Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (di seguito
denominata Commissione consultiva), la quale aveva (tra gli altri) il compito di
“elaborare le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro-
correlato” (articolo 6, comma 8, lettera m-quater). In attuazione a tale compito, la
suddetta Commissione ha emanato il 18 novembre 2010 una lettera circolare contenente
le indicazioni necessarie alla valutazione dello stress lavoro-correlato, con lo scopo di
indirizzare le attività dei datori di lavoro, dei loro consulenti e degli organi di vigilanza
(Ministero del lavoro e delle politiche sociali, 2010).
Con questo documento viene indicato un percorso metodologico che costituisce il
“livello minimo di attuazione dell’obbligo di valutazione del rischio da stress lavoro-
correlato per tutti i datori di lavoro pubblici e privati” (Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, 2010, p. 3). Ciò significa che non si esclude la possibilità di un
percorso più specifico, approfondito e legato alle specifiche necessità e complessità
delle diverse organizzazioni (Inail, 2011).
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La circolare specifica che la valutazione deve riferirsi a “tutte le lavoratrici e a tutti i
lavoratori, compresi i dirigenti e i preposti” (Ministero del lavoro e delle politiche
sociali, 2010, p. 4) e che l’indagine è rivolta non ai singoli ma a gruppi omogenei di
lavoratori, che possono essere individuati dal datore di lavoro secondo le caratteristiche
che sono più congeniali all’organizzazione dell’azienda (per esempio per mansioni, per
settore, per turno, ecc.).
Viene, inoltre, ricordato che la valutazione del rischio derivante dallo stress lavorativo
deve essere “effettuata, come per tutti gli altri fattori di rischio, dal datore di lavoro
avvalendosi del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) con il
coinvolgimento del medico competente, ove nominato, e previa consultazione del
Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS/RLST)” (Ministero del lavoro e
delle politiche sociali, 2010, p. 3). Sono, quindi, diverse le figure che devono essere per
legge coinvolte in questo processo di valutazione, ma non è previsto l’obbligo di
avvalersi di un professionista esperto. Nonostante questo, è utile sottolineare il fatto che
sono diverse le professionalità che dovrebbero essere coinvolte nel processo di
valutazione; esso è, infatti, un’impresa multidisciplinare nella quale è utile servirsi di
diverse competenze. Fraccaroli e Balducci (2011) indicano tra le competenze necessarie
le seguenti: in primo luogo, delle competenze di tipo gestionale e organizzativo, che si
focalizzano sull’organizzazione, sui sistemi di progettazione del lavoro e sull’impatto
della tecnologia dell’individuo, e servono per comprendere il comportamento
organizzativo. In secondo luogo, competenze psicologiche, nello specifico di psicologia
del lavoro e delle organizzazioni, attraverso le quali si possono comprendere i processi
cognitivi, emotivi e comportamentali che sottostanno alla relazione individuo-lavoro; a
queste, vanno affiancate delle competenze di tipo psicometrico e metodologico,
necessarie per scegliere e utilizzare correttamente strumenti di valutazione validi e
attendibili. Infine, oltre alle competenze mediche, che sono per’altro previste anche
dalla legge, gli autori individuano tra le figure che possono apportare un valore aggiunto
alla valutazione, anche quelle degli economisti, dei sociologi dell’organizzazione e dei
tecnici della prevenzione nei luoghi di lavoro (Fraccaroli e Balducci, 2011).
La Circolare Ministeriale prevede che la valutazione del rischio da stress lavoro
correlato venga distinta in due fasi, una necessaria e l’altra eventuale. Per quanto
riguarda la prima fase, essa consiste in una valutazione preliminare effettuata attraverso
degli indicatori che vengono definiti “oggettivi e verificabili” e vengono suddivisi in tre
principali categorie: la prima comprende i cosiddetti “eventi sentinella”, costituiti da
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indici infortunistici, assenze per malattia, turnover, procedimenti e sanzioni,
segnalazioni del medico competente, specifiche e frequenti lamentele formalizzate da
parte dei lavoratori. La seconda categoria racchiude, invece, i fattori di contenuto del
lavoro, tra i quali sono indicati l’ambiente di lavoro e le attrezzature, i carichi e i ritmi di
lavoro, l’orario di lavoro e i turni, la corrispondenza tra le competenze dei lavoratori e i
requisiti professionali richiesti. Infine, la terza e ultima categoria include i fattori di
contesto del lavoro, tra i quali vengono indicati il ruolo, l’autonomia decisionale e il
controllo, i conflitti interpersonali, l’evoluzione e lo sviluppo della carriera, la
comunicazione.
Tali fattori risultano essere in linea sia con quelli indicati nell’Accordo quadro europeo
sullo stress nei luoghi di lavoro, sia con la letteratura scientifica. L’Accordo quadro
europeo siglato l’8 ottobre 2004 a seguito di un confronto in ambito europeo sullo stress
lavorativo indica nella sua quarta parte alcuni dei più frequenti segnali di stress lavoro
correlato, tra i quali si ritrovano appunto: alto tasso di assenteismo, elevata rotazione del
personale, frequenti conflitti interpersonali e lamentele da parte dei lavoratori, le
condizioni di lavoro e ambientali, la comunicazione e i fattori soggettivi. Anche in
letteratura si trova riscontro di questi fattori quali principali fonti di stress lavorativo.
Per esempio nel modello di Cooper (Cooper e Marshall, 1978; Sutherland e Cooper,
1988) vengono individuate cinque principali categorie di fonti di stress sul lavoro: fonti
intrinseche al job, fonti connesse al ruolo ricoperto all’interno dell’organizzazione, fonti
relative allo sviluppo di carriera, fonti connesse alle relazioni al lavoro e, infine, fonti
relative alla struttura e al clima organizzativo (Favretto, 1994; Gabassi, 2006). Il
modello demand/control (Karasek, 1989), invece, individua due fattori fondamentali
che concorrono allo sviluppo di una risposta di stress: la domanda, ossia il carico di
lavoro, quindi l’impegno fisico e psicologico che l’individuo deve utilizzare per
affrontare un compito; corrisponde, quindi, alle richieste che provengono dalle
caratteristiche psicologiche, fisiche e ambientali della mansione; e il controllo, ossia la
capacità dell’individuo di organizzare e svolgere il proprio lavoro (Favretto, 1994;
Gabassi, 2006). Anche l’Ispesl (2002) ha proposto una suddivisione delle caratteristiche
del lavoro potenzialmente dannose e stressanti in caratteristiche legate al contesto
lavorativo (tra le quali figurano il ruolo nell’organizzazione, l’evoluzione della carriera,
l’autonomia decisionale e il controllo, ecc) e caratteristiche legate al contenuto del
lavoro (tra le quali vengono indicate l’ambiente e le attrezzature di lavoro, il carico e i
ritmi di lavoro ecc.).
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La Circolare Ministeriale prevede che la valutazione di tali indicatori possa essere
effettuata tramite delle liste di controllo che sono applicabili anche dai soggetti aziendali
della prevenzione. Inoltre, i lavoratori e/o i loro rappresentanti per la sicurezza
(RLS/RLST) devono essere consultati per la valutazione dei fattori di contesto e di
contenuto, ma la modalità attraverso cui sentire i lavoratori dev’essere scelta dal datore
di lavoro. É necessario sottolineare la fondamentale importanza del coinvolgimento dei
lavoratori e/o dei loro rappresentanti, riconosciuto anche dall’Inail (2011) come
elemento peculiare che distingue la valutazione del rischio da stress lavoro correlato da
quelle degli altri rischi (per le quali è prevista solo una consultazione preliminare). Si
tratta, infatti, di indicatori quali quelli di contesto e di contenuto che, proprio per la loro
peculiarità, richiedono un’accurata informazione e formazione dei lavoratori, affinché
possano fornire un contributo affidabile alla valutazione (Inail, 2011). Il coinvolgimento
dei lavoratori è considerato così importante che l’Inail (2011) nella sua proposta
metodologica (che verrà descritta più approfonditamente nel successivo capitolo) ha
previsto, nella fase propedeutica alla valutazione, un momento di sviluppo di una
strategia comunicativa e di coinvolgimento del personale: si suggerisce un’adeguata
informazione diretta a tutti i lavoratori (inclusi dirigenti e preposti) e un’adeguata
formazione rispetto all’attività che i lavoratori (o i loro rappresentanti) dovranno
svolgere nel processo di valutazione (Inail, 2011).
Terminata tale valutazione preliminare, nel caso in cui questa non evidenzi rischi da
stress lavorativo che richiedano interventi correttivi, il datore di lavoro deve riportare il
risultato nel Documento di Valutazione dei Rischi e prevedere un piano di
monitoraggio.
Nel caso in cui, invece, la valutazione preliminare abbia fatto emergere degli elementi
di rischio legati allo stress lavorativo, è necessario pianificare e adottare opportuni
interventi organizzativi (tra i quali vengono indicati a titolo esemplificativo interventi
organizzativi, tecnici, procedurali comunicativi e formativi).
Se tali interventi correttivi dovessero risultare inefficaci, l’impresa è tenuta, nei tempi da
essa definiti, alla cosiddetta valutazione approfondita. Questa seconda fase prevede la
valutazione della percezione soggettiva dei lavoratori, attraverso strumenti quali
questionari, focus group, interviste semi-strutturate; la valutazione deve riguardare i
gruppi di lavoratori rispetto ai quali sono emerse le problematiche e nelle imprese più
grandi può essere fatta facendo riferimento a un campione rappresentativo di lavoratori.
Infine, per le imprese di piccole dimensioni (fino a 5 lavoratori) possono essere
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utilizzate modalità di valutazione che coinvolgano direttamente i lavoratori nella ricerca
delle soluzioni e nella verifica della loro efficacia.
Le indicazioni della Commissione consultiva permanente possono essere sintetizzate
attraverso la figura che segue (Fig. 1) (Inail, 2011).
Figura 1: sintesi delle indicazioni della Commissione consultiva permanente per la valutazione
del rischio da stress lavoro-correlato (Fonte: Inail, 2011).
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Questi, in sintesi, gli sviluppi normativi che danno delle prime indicazioni su come le
imprese devono adempiere l’obbligo di valutare i rischi derivanti dallo stress lavoro-
correlato. Tuttavia, è necessario sottolineare che tali indicazioni normative possono dare
luogo a diverse modalità attraverso cui le aziende adempiranno, effettivamente,
all’obbligo di valutazione e ciò dipenderà anche da quanto esse investiranno
sull’opportunità di effettuare una diagnosi del benessere organizzativo (Fraccaroli e
Balducci, 2011).
Vi è infatti “il rischio che la valutazione si trasformi in un mero assolvimento di obbligo
di legge e in una passiva elencazione di dati d’archivio” (Fraccaroli e Balducci, 2011, p.
134).
Affinché questo non accada è necessaria un’opera di informazione, formazione e
sensibilizzazione dei datori di lavoro, allo scopo di far comprendere la necessità e
l’utilità di valutare efficacemente il rischio da stress lavoro-correlato all’interno della
propria impresa. Anche l’Inail (2011) sottolinea l’importanza di sviluppare un approccio
complessivo di cultura della prevenzione, in modo tale che si giunga alla
consapevolezza che anche la prevenzione del rischio da stress lavoro-correlato (al pari
degli altri rischi) non è un solo obbligo normativo, ma prima di tutto un investimento
per l’impresa e per i suoi lavoratori.
È necessario inoltre che i datori di lavoro abbiano ben chiare quali sono le possibili
modalità per effettuare tale valutazione e gli eventuali interventi in caso di presenza di
rischio da stress lavoro-correlato.
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2. LA VALUTAZIONE DELLO STRESS LAVORO-
CORRELATO
In primo luogo, può essere utile ricordare cosa si intende per valutazione dello stress
lavoro-correlato, ricordando qual è il suo obiettivo generale: si tratta di provare a
identificare, per uno specifico gruppo di lavoratori, con una certa sicurezza e dettaglio,
alcune fonti significative di stress correlato al loro lavoro e alle condizioni di lavoro,
potendo dimostrare che queste siano associate a un danneggiamento della salute dei
lavoratori o della loro organizzazione (Cox et al., 2000).
Per far fronte alla difficoltà di individuare una valida metodologia di valutazione del
rischio da stress lavoro-correlato e colmare così le lacune normative, sono state fatte
negli ultimi tempi (in Italia soprattutto a partire dall’emanazione del D.lgs. 81/2008)
una serie di proposte metodologiche.
Nel considerare le diverse proposte disponibili va comunque ricordato che la realtà è
composta di situazioni organizzative particolarmente diverse tra loro e questo implica
l’impossibilità di fornire un unico modello: occorre sempre adattare le metodologie
proposte all’organizzazione nella quale si effettua la valutazione. Come per ogni
intervento organizzativo, infatti, bisogna sempre tenere conto delle variabili
organizzative che caratterizzano l’impresa in questione. È il caso per esempio delle
dimensioni dell’azienda: anche la Commissione Consultiva ha previsto, per la
cosiddetta valutazione approfondita, azioni differenti per le aziende di piccole
dimensioni (quelle fino a cinque lavoratori, che costituiscono peraltro la maggioranza di
imprese operanti nel territorio italiano
1
).
Si farà particolare riferimento alla metodologia proposta dall’Inail (2011), la quale
risulta attualmente nello scenario italiano una delle poche disponibili, in linea con le
indicazioni della Commissione Consultiva. Ciò è legato anche al fatto che l’Inail
rappresenta attualmente in Italia l’organismo predisposto alla ricerca, sperimentazione,
controllo, consulenza, assistenza e alta formazione in materia di salute e sicurezza sul
lavoro
2
. Essa ha l’obiettivo specifico di mettere a disposizione delle imprese uno
1
Secondo l’Istat (2011), nel 2009 le microimprese (quelle con meno di 10 addetti) corrispondono al 94,8
% delle imprese attive e la dimensione media delle imprese è di 3,9 addetti per impresa.
2
Con la legge n. 122 del 30 luglio 2010 è stato avviato il processo di integrazione dell’Ispema e
dell’Ispesl all’interno dell’Inail, con l’obiettivo di realizzare il cosiddetto “Polo salute e sicurezza”; in
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strumento utile e sostenibile per valutare e gestire il rischio da stress lavorativo,
nell’ottica della semplicità e contemporaneamente del rigore scientifico. Tale proposta è
in linea con le indicazioni fornite dal D.lgs. 81/2008 e s.m.i., pertanto anche con le
indicazioni “minime” date dalla Commissione consultiva permanente. La metodologia è
stata sviluppata facendo riferimento al Modello Management Standard creato
dall’Health and Safety Executive (HSE)
3
, dal quale è stato mutuato anche il cosiddetto
“Indicator tool”, il questionario-strumento indicatore che è stato validato in Italia
coinvolgendo più di 75 aziende appartenenti a diversi settori produttivi e più di 6300
lavoratori. La metodologia presentata dall’Inail (2011) può essere suddivisa in quattro
fasi principali: la fase propedeutica, la valutazione preliminare, la valutazione
approfondita e infine la fase di pianificazione degli interventi successivi. Queste fasi
non devono necessariamente essere applicate in tutte le imprese in quanto, come
previsto anche dalla Commissione Consultiva, se dalla valutazione preliminare non
emerge alcun rischio significativo di stress lavoro-correlato, non è necessario effettuare
anche la valutazione approfondita, ma soltanto mettere in atto un piano di monitoraggio
per verificare che la situazione rimanga tale e riportare i risultati nel Documento di
Valutazione dei Rischi (DVR). Pertanto, delle fasi individuate dall’Inail (2011), per
soddisfare l’obbligo minimo di valutazione, tutte le imprese dovrebbero seguire almeno
la fase propedeutica e quella della valutazione preliminare. Al di là di queste indicazioni
di massima, però, verrà successivamente illustrato come, anche a causa della particolare
natura del fenomeno dello stress lavorativo, sarebbe opportuno che tutte le imprese
effettuassero anche la valutazione approfondita, soprattutto quelle che presentano
particolari caratteristiche e coinvolgono categorie di lavoratori particolarmente esposte a
questo rischio. Inoltre, pare opportuno sottolineare che le indicazioni emesse dalla
Commissione Consultiva costituiscono delle indicazioni minime per assolvere
all’obbligo, ma non è fatto alcun divieto alle imprese di pianificare fin dall’inizio una
valutazione approfondita dello stress lavorativo.
particolare, per quanto riguarda l’Ispesl il processo di integrazione riguarda soprattutto l’attività di
ricerca, che non era in precedenza svolta dall’Inail (Inail, 2011). Con tale legge quindi, sono state
attribuite all’Inail le funzioni già svolte dall’Ispesl, tra le quali, appunto, anche le attività di ricerca.
3
L’Health and Safety Executive (HSE) è un organismo nazionale indipendente della Gran Bretagna che
ha la funzione di supervisore per salute, sicurezza e malattia legate al lavoro. È un organismo regolatore
indipendente, che agisce nell’interesse pubblico per ridurre le morti legate al lavoro e i gravi infortuni tra
i lavoratori della Gran Bretagna (maggiori informazioni possono essere reperite nel sito internet
dell’organismo: http://www.hse.gov.uk).
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2.1 La valutazione preliminare
Come illustrato nel primo capitolo, la Commissione consultiva indica con l’espressione
“valutazione preliminare” la prima fase della valutazione dello stress lavoro-correlato,
sottolineando come questa sia la fase necessaria. Si chiede alle imprese di rilevare
indicatori oggettivi e verificabili, dove possibile numericamente apprezzabili,
appartenenti almeno a tre categorie: eventi sentinella, fattori di contenuto e fattori di
contesto del lavoro. In relazione alle ultime due categorie è necessario sentire i
lavoratori e/o il RLS/RLST, attraverso modalità scelte dal datore di lavoro. Possono
essere utilizzate liste di controllo che consentano una valutazione oggettiva,
complessiva e quando possibile parametrica delle categorie sopraindicate; tali liste di
controllo devono essere applicabili anche dai soggetti aziendali della prevenzione.
La valutazione dev’essere effettuata, così come indicato dalla Commissione Consultiva,
su “gruppi omogenei di lavoratori”, (per esempio per mansioni o partizioni
organizzative) che risultino esposti a rischi dello stesso tipo, secondo una
categorizzazione che può essere fatta autonomamente da ogni datore di lavoro sulla base
della specifica organizzazione dell’impresa (per esempio un gruppo omogeneo
potrebbero essere i turnisti, lavoratori dello stesso settore o che svolgono la stessa
mansione).
2.1.1 Gli attori coinvolti
Ma quali sono, quindi, le figure che devono essere coinvolte in questa prima fase?
Secondo l’articolo 29, comma 1 del Testo Unico sulla Sicurezza, la valutazione dei
rischi e l’elaborazione del DVR deve essere effettuata dal datore di lavoro in
collaborazione con il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) e il
medico competente, ove previsto. Il comma 2 dello stesso articolo precisa che tali
attività devono essere realizzate previa consultazione del Rappresentante dei Lavoratori
per la Sicurezza (RLS). Anche la Commissione Consultiva specifica che, in relazione
alla valutazione dei fattori di contesto e di contenuto del lavoro occorre sentire i
lavoratori e/o il loro Rappresentante per la sicurezza.
Molto chiara risulta, a tal proposito, la proposta che viene dall’Inail (2011): essa infatti
prevede, prima della valutazione preliminare, una fase propedeutica che viene definita
come una vera e propria “preparazione dell’organizzazione”. Questa fase prevede tre
momenti: il primo corrisponde alla costituzione, su iniziativa del datore di lavoro, del
“Gruppo di gestione della valutazione”, a cui partecipano un dirigente delegato dal
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datore di lavoro, l’RLS, l’RSPP, il o gli Addetti al servizio di prevenzione e protezione
(ASPP) e il medico competente, ove previsti. Tale gruppo ha l’obiettivo di
programmare e coordinare lo svolgimento dell’intero processo di valutazione, anche
regolandolo secondo gli esiti ottenuti e si occupa quindi di: pianificare la procedura,
gestirla, promuoverla all’interno dell’azienda, approvare i piani d’azione ed elaborare i
report di gestione (Inail, 2011). Anche Fraccaroli e Balducci (2011) illustrano l’utilità di
costituire un gruppo di lavoro formato dai diversi portatori di interessi per le attività
previste, sottolineando come tale gruppo debba avere credibilità e autorevolezza, oltre a
un mandato forte alla conduzione del progetto. L’istituzione di un gruppo aziendale che
coordini e presidi l’intero processo viene infine suggerita anche dal Laboratorio di
approfondimento “Stress e lavoro” della Regione Lombardia (2011), il quale suggerisce
che il gruppo potrebbe avvalersi, oltre che delle figure già menzionate, anche di
“competenze esterne”, laddove quelle interne risultino “oggettivamente insufficienti”,
per evitare carenze e/o errori nel processo di valutazione e gestione del rischio stress
lavoro-correlato.
È possibile però ipotizzare che nelle imprese più piccole sia difficile organizzare un
gruppo di lavoro di questo tipo, soprattutto nel caso in cui il datore di lavoro non sia in
possesso delle capacità e delle competenze necessarie. Ciò che però si può mutuare
dalla proposta dell’Inail è l’idea di una stretta collaborazione tra le figure direttamente
coinvolte nel processo di valutazione. È infatti probabile che nella pratica si sviluppi
come consuetudine una completa delega da parte del datore di lavoro a un suo
consulente (per esempio al medico del lavoro o all’RSPP esterno), oppure, al contrario,
che il datore di lavoro svolga la valutazione preliminare senza che vengano coinvolte le
altre figure. Per evitare che si diffondano tali pratiche, le quali avrebbero come risultato
un mero adempimento all’obbligo di legge ma non una valutazione efficace, sarebbe
auspicabile che vi fosse un’ampia azione di informazione e formazione delle figure
coinvolte, affinché comprendano e apprendano la fondamentale importanza della
partecipazione attiva di tutti gli attori implicati in questo processo. Le problematiche di
sicurezza e salute sono, infatti, multifattoriali e richiedono pertanto competenze
polidisciplinari in tutte le fasi del processo di gestione dei rischi. È necessario, quindi,
sviluppare un protocollo operativo che favorisca la collaborazione tra gli operatori della
prevenzione, la quale non deve avere carattere episodico e occasionale ma deve
diventare un modus operandi sistematico e costante (Bartolucci, Santantonio, Casciani e
Dagazzini, 2010).
15
Proseguendo nella descrizione della metodologia proposta dall’Inail (2011), in merito
alla necessità di coinvolgimento degli attori implicati, la prima fase prevede anche un
secondo momento, identificato come “Sviluppo di una strategia comunicativa e di
coinvolgimento del personale”. Quest’ultimo prevede, oltre un’adeguata informazione
di tutti i lavoratori (compresi dirigenti e preposti), soprattutto la formazione in merito al
ruolo/attività di quei lavoratori che parteciperanno attivamente al processo di
valutazione. Inoltre, si sottolinea la necessità di informare/formare soprattutto quei
lavoratori che, come indicato dalla Commissione Consultiva, saranno sentiti riguardo ai
fattori di contesto e di contenuto (Inail, 2011). Anche nelle linee guida sviluppate dal
Laboratorio di approfondimento “Stress e lavoro” (2011) della Regione Lombardia si
sottolinea come un buon percorso per la valutazione dei rischi debba essere incentrato
sulla partecipazione effettiva dei lavoratori, che devono essere consultati fin dalle fasi
iniziali della valutazione.
È necessario sottolineare come il coinvolgimento dei lavoratori sia di fondamentale
importanza in qualsiasi processo di valutazione o di intervento messo in atto all’interno
di un’organizzazione: in generale, la valutazione nelle organizzazioni dev’essere
esplicitata e formalizzata, visibile a tutti i soggetti direttamente coinvolti, replicabile e
controllabile, in particolare quando riguarda le risorse umane. In questo modo accresce
la fiducia verso l’intero processo e, di conseguenza, migliora l’efficacia e l’equità
(Gabassi, 2006).
La consultazione e la partecipazione attiva dei lavoratori in tutte le fasi del processo
valutativo risponde ai principi della ricerca azione partecipata (Partecipatory Action
Research – Par): secondo tale teoria, coinvolgendo i diretti interessati nelle attività
svolte si ottiene una migliore conoscenza della situazione e si costruisce consenso per
possibili cambiamenti che dovessero essere necessari (Fraccaroli e Balducci, 2011).
Anche l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (2002) riconosce tra i
fattori di successo delle pratiche di prevenzione dello stress lavorativo, il dialogo
sociale, la partecipazione e il coinvolgimento dei lavoratori: questi vengono definiti
come determinanti in tutte le fasi del processo. Allo stesso modo, Bisio (2009),
individuando alcuni punti fermi che devono caratterizzare una corretta valutazione dei
rischi psicosociali, sottolinea come sia sempre necessario nella fase di raccolta dei dati
coinvolgere i lavoratori, talvolta anche tutti i dipendenti. In letteratura vi sono, quindi,
diverse teorie che sostengono la necessità di un coinvolgimento attivo dei lavoratori in
16
tutto il processo di valutazione dello stress lavorativo, perciò anche nella fase
preliminare.
Ciò è tanto più vero in quanto si tratta della valutazione di un fenomeno prettamente
soggettivo, caratterizzato dall’interazione individuo – ambiente lavorativo e da tutti i
meccanismi psicologici che regolano tale interazione (come per esempio la valutazione
cognitiva, il coping, ecc.).
2.1.2 Gli elementi da valutare
È possibile così introdurre un altro aspetto chiave del discorso sulla valutazione
preliminare: quali sono gli elementi da valutare? Si deve tenere conto solo dei cosiddetti
indicatori oggettivi o si devono considerare anche gli aspetti più soggettivi? E in che
modo devono essere raccolti questi dati? L’Inail (2011) propone uno strumento
specifico, denominato “Lista di controllo per la valutazione preliminare” (riportata in
appendice), elaborato attraverso una revisione critica della proposta del “Network
nazionale per la prevenzione disagio psicosociale nei luoghi di lavoro”
4
successiva alla
sperimentazione e al feedback di 800 imprese e facendo sempre riferimento alle
specifiche indicazioni della Commissione Consultiva. È stata infatti mantenuta la
suddivisione delle tre principali categorie (eventi sentinella, fattori di contesto e fattori
di contenuto del lavoro) ma sono stati aggiunti ulteriori indicatori, sulla base della
letteratura scientifica corrente.
Potrebbe essere necessario, a seconda dei livelli di complessità dell’organizzazione, una
o più “Liste di controllo” per ogni gruppo omogeneo di lavoratori individuato (Inail,
2011). Questo sottolinea l’importanza di individuare in maniera corretta i gruppi
omogenei di lavoratori, per ottenere una valutazione che rispecchi il più possibile
l’effettiva realtà dell’organizzazione.
Per la categoria “eventi sentinella” la lista di controllo messa a punto dall’Inail prevede i
seguenti dieci indicatori: indici infortunistici, assenza per malattia, percentuale di
assenze dal lavoro, percentuale di ferie non godute, percentuale di trasferimenti interni
richiesti dal personale, turnover, procedimenti e sanzioni disciplinari, richieste di visite
mediche straordinarie al medico competente, segnalazioni formalizzate di lamentele dei
lavoratori all’azienda o al medico competente e, infine, istanze giudiziarie per
licenziamento, demansionamento, molestie morali e/o sessuali.
4
Network nazionale per la prevenzione disagio psicosociale nei luoghi di lavoro. (2010). La valutazione
dello stress lavoro correlato: Proposta metodologica. Roma: Ispesl.