V
Nel primo capitolo ho voluto offrire una visione generale dell’attuale
prassi interna in tema di rimanenze di magazzino al fine di porre una base per il
successivo confronto. Inizialmente ho voluto identificare le rimanenze in bilancio
per poi concentrami sulla loro valutazione sia civilistica, sia fiscale. In particolare
mi sono soffermata sui metodi di valutazione civilistica, elencandoli,
descrivendoli e fornendo degli esempi.
Nel secondo capitolo ho voluto introdurre il confronto tra normativa
interna ed internazionale, analizzando il percorso che ha portato, prima alla
nascita e sviluppo dell’attuale IASB (International Accounting Standards Board)
e, successivamente, all’adozione degli IFRS da parte dell’Unione Europea già a
partire dal prossimo esercizio. Sono tre i principali regolamenti attraverso cui
l’Unione Europea si avvia al processo di armonizzazione contabile in tema di
bilancio:
ξ Regolamento n. 1606/2002 del 19 luglio 2002 (pubblicato sulla Guce n. 243
dell’11 settembre 2002) per l’adozione, all’interno dell’UE, di principi
contabili internazionali nella redazione dei bilanci;
ξ Regolamento n. 1725/2003 del 29 settembre 2003 (pubblicato nella Guce L
261 del 13 ottobre 2003) che adotta il “set” quasi completo degli IAS (e le
relative interpretazioni) emanati dallo IASB, identificandone appunto il
contenuto;
ξ Regolamento comunitario 707/2004 del 6 aprile 2004 che recepisce il
Principio contabile internazionale IFRS n. 1 («Prima adozione degli
International Financial Reporting Standard»), sulla prima applicazione degli
IAS/IFRS.
Dopo un breve accenno ai principi contabili statunitensi (US GAAP), ho
ristretto la mia attenzione allo IAS n. 2, offrendo un quadro cronologico che
riassume tutte le tappe più importanti. In fine, sono passata al confronto,
individuando come elementi di cambiamento l’eliminazione del LIFO come
metodo di valorizzazione delle rimanenze e l’introduzione del fair value.
VI
Questo studio si basa essenzialmente sulla valutazione delle rimanenze
finali d’esercizio della specie «magazzino» escludendo la specie «lavori in corso
su ordinazione» dato che tale argomento è oggetto di specifiche problematiche
estranee a quelle comuni alle categorie analizzate, ossia:
ξ rimanenze di materie prime, sussidiarie e di consumo;
ξ prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
ξ prodotti finiti e merci.
Infatti, né i Principi Contabili né gli IAS trattano questa voce nell’ambito
delle rimanenze. La sua particolare natura, infatti, suggerisce criteri di
valutazione particolari, ai quali sono destinati specifici documenti.
1
1
Santesso E., Sòstero U., “Principi contabili per il bilancio d’esercizio”, Il Sole 24 Ore, pg. 332-333
1
Premessa
Definizione di “rimanenze” e tipologie
Le rimanenze o giacenze di magazzino possono essere definite come
qualsiasi materiale che giace all’interno dell’azienda in attesa di utilizzo; esse
includono i beni destinati alla vendita o che concorrono alla loro produzione
nella normale attività dell’impresa. Generalmente comprendono le seguenti
classi:
a) merci e prodotti finiti;
b) semilavorati;
c) prodotti in corso di lavorazione;
d) materie prime;
e) materie sussidiarie e di consumo.
Le merci sono beni che l’impresa acquista dai fornitori per poi rivenderli nello
steso stato in cui essi sono stati acquistati; senza cioè che intervenga alcun
processo di trasformazione fisica del bene.
I prodotti finiti sono beni manufatti dall’impresa, ossia il risultato finale
del processo tecnico di lavorazione adottato dall’impresa.
I semilavorati sono quei beni che, pur essendo destinati ad essere
incorporati in altri, hanno una propria individualità e che, quindi, potrebbero
essere commercializzati come tali. Vi possono essere semilavorati d’acquisto o
semilavorati di produzione.
I prodotti in corso di lavorazione, al contrario, sono costituiti da materiali
il cui processo di lavorazione non è ancora ultimato e che, conseguentemente,
non sarebbero commercializzabili nello stato in cui si trovano.
Le materie prime sono quei materiali utilizzati direttamente nei processi
produttivi aziendali.
2
Le materie sussidiarie sono costituite da altri materiali usati direttamente
nella produzione, ma di minor rilevanza
1
. Mentre le materie di consumo sono
materiali che vengono impiegati indirettamente nella produzione, senza cioè
essere incorporate nei prodotti finiti.
La contabilizzazione delle rimanenze va eseguita con riferimento al
passaggio del titolo di proprietà, in quanto con lo stesso vengono trasferiti i rischi
relativi al bene
2
. Il passaggio del titolo di proprietà si considera solitamente
avvenuto alla data di spedizione o di consegna per i beni mobili, secondo le
modalità contrattuali dell’acquisto ed in base al trasferimento dei rischi dal punto
di vista sostanziale, ed alla data di stipulazione del contratto di compravendita
per gli immobili. Perciò, le rimanenze di magazzino includono:
1) le rimanenze di magazzino presso gli stabilimenti e magazzini dell’impresa,
ad esclusione di quelle ricevute da terzi in visione, in prova, in conto
lavorazione e/o deposito, ecc.;
2) le giacenze di proprietà dell’impresa presso terzi in conto deposito,
lavorazione, prova, ecc.;
3) materiali, merci e prodotti acquistati, non ancora pervenuti bensì in viaggio
quando, secondo le modalità dell’acquisto, l’impresa ha già acquisito il titolo
di proprietà (esempio: consegna stabilimento o magazzino del fornitore).
Per quanto riguarda la nozione di rimanenze accettata nella normativa
fiscale, si può affermare che essa coincida con quella civilistica. Infatti, l’art. 92
(1° c., n. 1) del TUIR recita quanto segue: “le variazioni delle rimanenze finali
dei beni indicati all'articolo 85, comma 1, lettere a) e b), rispetto alle esistenze
iniziali, concorrono a formare il reddito dell'esercizio”. I beni specificati nell’art.
85 (1° c., lett. a-b) sono:
a. beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa;
b. materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi
quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione.
1
Santesso E., Sòstero U., Il bilancio, Il sole 24 Ore, Milano, 2004, pg. 115
2
Santesso E., Sòstero U., Il bilancio, Il sole 24 Ore, Milano, 2004, pg. 116
3
Ciascuna delle classi indicate, ad eccezione dei semilavorati di produzione
(prodotti in corso di lavorazione) che hanno un trattamento fiscale particolare,
devono essere suddivise in categorie omogenee per natura e valore, a meno che
no siano valutate a costi specifici (art. 92, c. 1, n. 1, TUIR).
I
CAPITOLO PRIMO
L’ATTUALE DISCIPLINA ITALIANA IN TEMA DI
RIMANENZE DI MAGAZZINO
5
1.1 Classificazione
Le rimanenze di magazzino sono messe in evidenza sia nello stato
patrimoniale, sia nel conto economico, come previsto dal Codice civile.
L’art. 2424 espone, nello stato patrimoniale, le giacenze di magazzino
nella classe C. Attivo circolante:
Tabella 1.1 – Le rimanenze nello Stato Patrimoniale
ATTIVO:
………………
C) Attivo circolante:
I – Rimanenze:
1) materie prime, sussidiarie e di consumo;
2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3) lavori in corso su ordinazione;
4) prodotti finiti e merci;
5) acconti.
Totale
………………
6
Mentre, l’art. 2425 stabilisce che le rimanenze di magazzino siano evidenziate
nello schema di conto economico come segue:
Tabella 1.2 – Le rimanenze nel Conto Economico
A) Valore della produzione:
………………
2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di
lavorazione, semilavorati e finiti;
3) variazione dei lavori in corso su ordinazione;
………………
B) Costi della produzione:
11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie,
di consumo e merci;
………………
Inoltre il Codice civile dispone, all’art. 2427 (1°c., n. 1), che la nota
integrativa deve indicare “i criteri applicati nella valutazione delle voci di
bilancio”. In particolare, in riferimento all’ art. 2426 (1°, n. 10), qualora il costo
dei beni fungibili sia calcolato col metodo della media ponderata o con quelli
FIFO o LIFO e il valore così ottenuto differisca in misura apprezzabile dai costi
correnti alla chiusura dell’esercizio, la differenza sia indicata, per categoria di
beni, nella nota integrativa
1
.
Nella nota integrativa devono essere riportate anche le eventuali
interferenze tributarie.
1
Santesso E., Sòstero U., Il bilancio, Il sole 24 Ore, Milano, 2004, pg. 116
7
1.2 La valutazione delle rimanenze
La valutazione delle rimanenze finali di magazzino costituisce, per
l’impresa, uno dei punti cruciali della fase di rilevazione del risultato economico
d’esercizio.
Al momento della predisposizione dei fatti contabili relativi alla
formazione del bilancio d’esercizio, occorre infatti determinare quella parte di
costi che non hanno ancora trovato i corrispondenti ricavi, rinviandoli agli
esercizi futuri come costi sospesi.
Appare chiaro, quindi, che la valutazione delle rimanenze di fine esercizio
è uno dei problemi più importanti per la determinazione del reddito in quanto una
svalutazione o una sopravvalutazione delle scorte, rispetto ai dati reali, è in grado
di modificare l’entità dell’utile conseguito o della perdita subita, alterando, nel
contempo, i costi dei futuri esercizi.
Per tali motivi il legislatore civile e quello fiscale hanno fissato alcuni
principi di carattere generale al fine di garantire una valutazione delle rimanenze
che offra valide garanzie di tutela nei confronti del patrimonio aziendale, del
fisco e anche dei creditori.
8
1.3 Valutazione civilistica
In materia di criteri di valutazione il Codice civile fornisce tre principali
linee di comportamento:
ξ all’art. 2426 (1° c., n. 9) dispone come principio generale che le scorte
devono essere iscritte al loro costo di acquisto o di produzione, ovvero al loro
valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, se minore; tale
minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono
venuti meno i motivi;
ξ sempre all’art. 2426 (1° c., n. 12) prevede che le materie prime, sussidiarie e di
consumo, possono essere iscritte nell’attivo ad un valore costante qualora
siano costantemente rinnovate, e complessivamente di scarsa importanza in
rapporto all’attivo del bilancio, sempreché non si abbiano variazioni sensibili
nella loro entità, valore e composizione;
ξ il punto precedente continua fornendo la terza linea guida: è consentito
effettuare rettifiche di valore e accantonamenti esclusivamente in applicazione
di norme tributarie.
L’art. 2426 (1° c., n. 9) riafferma il principio generale della prudenza, un
postulato di fondamentale importanza per la salvaguardia della funzione
informativa del bilancio d’esercizio secondo il quale i profitti non realizzati non
devono essere contabilizzati, mentre le perdite, anche se non definitivamente
subite, devono risultare in bilancio.
Il principio contabile della prudenza non è l’unico ad essere preso in
considerazione nella valutazione delle giacenze di magazzino. In particolare, si
richiamano i principi di comprensibilità, d’imparzialità, di continuità di
applicazione dei principi contabili, della competenza e del costo come criterio
base delle valutazioni di bilancio dell’impresa in funzionamento.
9
Tali postulati costituiscono i fondamenti dei principi contabili e vanno
tenuti pertanto presenti.
È principalmente dalla combinazione del principio della prudenza e del
principio del costo come criterio base delle valutazioni di bilancio dell’impresa in
funzionamento che scaturisce il principio generale di valutazione delle
rimanenze di magazzino, applicabile in un sistema contabile a valori storici.
Tale principio prevede in sostanza di identificare il costo delle rimanenze
(d’acquisto o di produzione) e il loro valore di realizzazione, che si può desumere
dall’andamento del mercato. Alla fine di ogni esercizio, una volta identificate
queste grandezze, si procede alla valutazione assegnando alle rimanenze il più
basso tra i due valori
2
. Nel caso, quindi, il prezzo corrente di mercato sia
inferiore al costo, sarà necessaria una svalutazione. Se però, in un successivo
esercizio il valore di mercato risulterà nuovamente superiore al costo si rende
necessario un parziale ripristino di valore, attraverso una rivalutazione
d’esercizio, con accredito a conto economico e riportando la notizia in nota
integrativa.
Il principio di valutazione delle rimanenze di magazzino del minore tra
costo storico
3
e prezzo di mercato si fonda sulla teoria che nel momento in cui
l’utilità o la funzionalità originaria misurata dal valore originario si riduce, si
rende necessario modificare tale valore tramite il valore di mercato.
Ai fini di una corretta valutazione delle rimanenze, occorre distinguere tra
imprese mercantili ed imprese industriali, le quali fanno riferimento
rispettivamente al costo di acquisto e al costo di produzione.
2
Santesso E., Sòstero U., Il bilancio, Il sole 24 Ore, Milano, 2004, pg. 117
3
È costituito dal complesso dei costi sostenuti per ottenere la proprietà delle rimanenze di magazzino nel
loro attuale sito e condizione.
10
La determinazione del costo di acquisto
Per la valutazione di rimanenze di materie prime, materie sussidiarie,
materie di consumo e merci si fa riferimento al costo sostenuto per
l’approvvigionamento di questi beni, cioè il costo d’acquisto.
Come precisa la norma civilistica, esso è dato dal prezzo concretamente
pagato più tutti gli oneri accessori diretti (es.: spese di trasporto, spese doganali,
assicurazioni, ecc.), da cui si deducono i resi, gli sconti commerciali, gli abbuoni
e i premi; mentre non vanno considerati i cosiddetti sconti di cassa e gli eventuali
interessi passivi per la dilazione di pagamento.
In proposito il TUIR concorda perfettamente con la normativa civilistica,
affermando, all’ art. 110 (1°, lett. b), che si comprendono nel costo anche gli
oneri accessori di diretta imputazione, esclusi gli interessi passivi e le spese
generali.
La determinazione del costo di produzione
La valutazione delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione,
semilavorati e prodotti finiti viene effettuata al costo di produzione in cui
rientrano tutti i costi direttamente imputabili al prodotto, altri costi indiretti e
oneri relativi al finanziamento della fabbricazione per la quota ragionevolmente
imputabile al prodotto. Sono, invece, esclusi i costi di distribuzione.
Gli oneri tipicamente identificabili come componenti del costo di
fabbricazione o industriale possono riassumersi nei seguenti:
ξ costi diretti:
ª costo dei materiali utilizzati;
ª costo della manodopera diretta, inclusivo degli oneri accessori;
ª semilavorati;
ª imballaggi;
ª costi relativi a licenze di produzione.
11
ξ Costi indiretti:
ª stipendi, salari e relativi oneri inerenti la manodopera indiretta ed il
personale tecnico di stabilimento;
ª ammortamenti economico-tecnici dei cespiti destinati alla produzione, ad
esclusione degli ammortamenti stanziati per usufruire di un beneficio
fiscale altrimenti non ottenibile;
ª manutenzione e riparazioni;
ª materiali di consumo;
ª altre spese effettivamente sostenute per la lavorazione dei prodotti (gas
metano, acqua, manutenzione esterna, servizi di vigilanza, ecc.).
Chiariti in linea di principio gli elementi che concorrono a formare il costo
delle rimanenze di magazzino, si pone il problema di individuare in concreto per
quale concetto di costo optare.
La valutazione delle rimanenze di magazzino presupporrebbe
l'individuazione e l'attribuzione alle singole unità fisiche dei costi specificamente
sostenuti per le unità medesime. Tale individuazione ed attribuzione, però, non è
di solito praticamente attuabile a causa dell'entità delle rimanenze e della loro
velocità di rotazione. Pertanto, dal punto di vista pratico vengono effettuate delle
assunzioni sul flusso delle rimanenze e dei costi cui corrispondono altrettanti
metodi o criteri alternativi di determinazione del costo.
Sia lo Ias n. 2
4
che il principio contabile nazionale n. 13
5
affrontano tale
problematica, giungendo a risultati tra loro non contrastanti, tranne per quanto
riguarda il metodo di valutazione delle rimanenze Lifo, di cui si dirà in seguito. Il
principio contabile nazionale n. 13 individua quattro criteri o metodi alternativi
che soddisfano i dettami del Codice civile in materia, in particolare con
riferimento ai beni fungibili (art. 2426, 1° c., n. 10).
4
International Accounting Standards n. 2, che ha per oggetto le rimanenze di magazzino;
5
Documento della Commissione per la Statuizione dei Principi Contabili;
12
Si tratta dei seguenti metodi:
1) Specifica identificazione del costo;
2) Metodo FIFO (first-in, first-out): gli acquisti o le produzioni più remoti sono i
primi venduti;
3) Metodo del costo medio ponderato;
4) Metodo LIFO (last-in, first-out): gli acquisti o le produzioni più recenti sono i
primi venduti.
L’adozione di uno dei quattro criteri sopra elencati non produce differenze
rilevanti in periodi di stabilità dei prezzi, al contrario, in periodi di elevata
instabilità l’opzione per l’uno o per l’altro può portare a differenze anche
significative
6
. Ad ogni modo, la decisione è affidata agli amministratori che
tuttavia, nel caso di scostamenti rilevanti rispetto all’effettivo andamento dei
prezzi correnti di mercato, sono tenuti a darne notizia nella nota integrativa.
1.3.1 Analisi dei criteri di valutazione civilistici delle rimanenze
Passiamo ora alla specifica analisi di ogni metodo.
Metodo del costo specifico
Tale metodo identifica i singoli beni acquistati ed i relativi costi,
assegnando un valore univoco ad ogni unità componente il magazzino. A
differenza degli altri criteri, che si basano su astrazioni e ipotesi di flussi di
merci, è l’unico che valorizza con precisione il singolo bene giacente in
magazzino.
Il metodo della specifica identificazione del costo può essere adottato solo
se le voci delle rimanenze non sono intercambiabili, in altre parole è richiesto che
i beni in giacenza non siano fungibili bensì specificatamente identificabili. Detto
metodo sarà quindi adottabile solo da poche imprese il cui magazzino presenti
6
Franco Cornaggia e Nomberto Villa, “Ias, una nuova veste per le rimanenze. Il lifo va in pensione”,
ItaliaOggi7, Lunedì 08/03/04, pg. 34