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Introduzione
Il presente lavoro si propone di presentare una proposta metodologica innovativa
nel panorama delle tecniche per la valutazione delle competenze organizzative.
Lo strumento prende spunto da una riflessione sul ruolo delle nuove tecnologie e,
in particolare, sulle opportunità che queste possono rappresentare nei confronti
dell‟ambito valutativo, ancora caratterizzato perlopiù da metodi tradizionali.
Sono venuta a conoscenza del tool, e della ricerca sperimentale relativa, durante
un colloquio con la professoressa Cristina Zaggia del Corso di Laurea da me
frequentato che mi ha poi messo in contatto con Silvia De Martino, una consulente
organizzativa che insieme al suo socio Franco Gariboldi ha ideato il tool e lo utilizza
nelle aziende presso le quali svolge la sua attività.
L‟idea di uno strumento valutativo che interpretasse le nuove tecnologie come una
importante risorsa per la valutazione delle capacità organizzative ha suscitato in me
grande interesse e ho chiesto così di poter seguire, come tesista, l‟andamento della
ricerca.
Il tool, che prende il nome di WBA (acronimo di Web Behavioural Assessment), è
infatti caratterizzato da una prova di simulazione di ruolo informatizzata e da tre
tipologie di questionari, anch‟essi disponibili sul web. Il WBA si basa quindi
interamente sull‟utilizzo del mezzo informatico.
Le nuove tecnologie sono ormai divenute un elemento pervasivo nella nostra
società, sono entrate nelle nostre case, negli uffici e in vari contesti dell‟universo
lavorativo e sociale, influenzando il modo di vivere, lavorare e interagire degli
individui. Tramite le nuove tecnologie è, infatti, possibile ridurre o eliminare le
distanze, svolgere molte attività in modo semplificato ed abbassare notevolmente i costi
economici relativi.
In alcuni Paesi europei l‟utilizzo delle nuove tecnologie per la valutazione delle
competenze è già stato sperimentato. Ma in Italia questo tipo di utilizzo non si è ancora
diffuso.
Il tool informatizzato nasce quindi come tentativo di introdurre nel nostro contesto
italiano un‟innovazione rispetto alle metodologie attualmente in uso e di mettere così a
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disposizione dei manager i vantaggi tipici del mezzo informatico. La gestione degli
assessment è infatti un compito complesso per le figure manageriali, non abituate a
questo ruolo. Essi non dispongono del know-how e del tempo necessario per condurre e
gestire efficacemente degli assessment.
Svolgere un assessment informatizzato permette di agevolare i manager ovviando,
o quantomeno riducendo, varie difficoltà pratiche legate per esempio alla lunghezza dei
tempi richiesti dai metodi valutativi tradizionali, ai costi economici che un assessment
(specie se svolto in diverse organizzazioni) richiede, alle difficoltà legate all‟aspetto
gestionale/organizzativo.
Nel primo capitolo, si è voluto dapprima offrire una panoramica generale sulla
situazione che caratterizza attualmente il mondo organizzativo. In un contesto
caratterizzato da profondi cambiamenti, le organizzazioni mutano velocemente il
proprio profilo ed i vertici aziendali riconoscono sempre più l‟importanza delle risorse
umane per lo sviluppo delle imprese. Diventa, perciò, fondamentale prestare particolare
attenzione alla certificazione e allo sviluppo delle loro competenze.
Non è possibile però parlare di competenze e risorse umane senza prima esplorare
il contesto organizzativo. Il secondo paragrafo di questo lavoro illustra pertanto il
concetto di cultura aziendale, evidenziando il ruolo che questa riveste per la collettività
organizzativa.
Un altro elemento che in un‟analisi preliminare sul tema della valutazione non è
possibile trascurare, è la motivazione del personale. I soggetti motivati lavorano con
maggior interesse e possono dimostrare meglio le proprie competenze. In realtà la
parola competenza è un concetto oggi tanto abusato (come sottolineerò all‟interno del
lavoro): se ne sente parlare, in modo più o meno pertinente, in numerosi contesti,
spesso identificando elementi anche diversi tra loro. Dire “essere competente” infatti,
non sempre ha un significato universale e non sempre è possibile, tramite questa parola,
inquadrare e valutare, nell‟effettivo, il livello di padronanza di un soggetto nello
svolgere una data attività.
Il concetto di competenza è in realtà un concetto che si colloca su un piano
astratto. Per questo motivo in questo lavoro, si è preferito adottare, come punto di
riferimento teorico/operativo, due concetti più tangibili ed osservabili che insieme
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formano la competenza, ovvero le capacità e le conoscenze.
Verrà dedicato alle capacità il secondo capitolo, offrendone alcune definizioni ed
analizzando il concetto in relazione a due fattori coi quali esso interagisce: la
motivazione e la performance. Verrà evidenziato come gli individui si distinguono nelle
organizzazioni in base al possesso di determinate capacità e attitudini.
Il terzo capitolo si occupa proprio di presentare i diversi metodi e le tecniche
maggiormente utilizzate per la valutazione delle differenze individuali, illustrandone
vantaggi e caratteristiche principali, al fine di evidenziare le peculiarità di ognuno. Si
parlerà quindi di worksample, intervista e colloquio, questionario, test ed assessment
center approfondendo di quest‟ultimo la prova dell‟in basket.
Il tool simulatore di ruolo informatizzato che costituisce il “cuore” del WBA, può
infatti essere considerato un In basket informatizzato e ad esso sarà dedicato il quarto
ed ultimo capitolo. In questo capitolo verrà dapprima illustrato il modello teorico che
sta alla base del WBA e, successivamente, si offrirà una descrizione delle parti che lo
costituiscono, dedicando particolare attenzione alla prova informatizzata di simulazione
di ruolo.
Gli ultimi paragrafi del capitolo sono dedicati alla ricerca sperimentale realizzata
per validare il tool di simulazione informatizzata. È questo tool infatti, lo strumento più
innovativo del WBA, poiché si tratta di un in basket che si svolge interamente su
computer tramite il web, distinguendosi dalle altre metodologie in uso oggigiorno.
Questa metodologia rende le persone consapevoli delle proprie capacità in modo
semplice e coinvolgente sul piano personale. Calarsi nelle vesti di un personaggio
fittizio, che ricopre un ruolo analogo a chi lo interpreta, permette al soggetto di
immedesimarsi nella situazione proposta e di vivere un‟esperienza valutativa stimolante
e partecipata. Il processo di immedesimazione è favorito dal fatto che si svolga
attraverso un computer; ciò permette anche di avere un accesso agevolato, ridurre i
costi e disporre di una valutazione oggettiva, non inficiata dalla soggettività di un
valutatore.
Io stessa ho svolto la simulazione (che nella sperimentazione ha avuto come
finalità la valutazione delle competenze manageriali) così da conoscere le modalità
della prova e sperimentare “sulla mia pelle” lo strumento. Certo, io non sono un
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manager! Non sono abituata a svolgere attività che richiedano tanta capacità di
iniziativa e siano cariche di responsabilità di un certo livello. Ma ho trovato stimolante
cimentarmi nei panni del sig. Lauri
1
e sentirmi per un attimo una valutata della
simulazione informatizzata.
Credo che questa sia stata anche l‟impressione che hanno avuto i soggetti valutati
nella ricerca sperimentale, un‟impressione positiva che spero possano provare tante
altre persone.
1
Il sig. Lauri è il manager fittizio protagonista della simulazione.
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PARTE PRIMA
1.
Le risorse umane e le competenze nelle organizzazioni
Il mondo delle organizzazioni, in particolar modo quello delle imprese, si è
trovato nell'ultimo decennio ad operare in una realtà caratterizzata da profonde
rivoluzioni tecnologiche, da una crescente flessibilità e da significativi cambiamenti
nelle professioni.
I mercati si sono aperti a nuovi scenari e a prospettive di ampio respiro che
vedono per protagonisti Paesi “nuovi” al mondo economico del mercato globale quali i
Paesi asiatici (soprattutto Cina, Russia e India) ed il Brasile, dando luogo ad una
progressiva crescita della competitività a livello mondiale. Tale globalizzazione,
caratterizzata dalla creazione di network e joint venture, ha contribuito nel corso degli
anni a modificare considerevolmente la realtà lavorativa e i presupposti che sorreggono
le logiche strategiche e gestionali all'interno delle organizzazioni. La fusione tra
aziende e la delocalizzazione delle sedi, realtà sempre più frequenti, generano tanti
cambiamenti come l'eliminazione di quei ruoli divenuti non più necessari, gli
spostamenti del personale in altri reparti o i trasferimenti in altre sedi.
Ma non è solo il cambiamento dei mercati ad introdurre delle novità...
L'avvento della tecnologia, infatti, con la diffusione dei computer e di internet ha
cambiato notevolmente il modo di lavorare e di produrre snellendo il lavoro manuale e
facendo scomparire alcune mansioni ma, allo stesso tempo, introducendo la necessità di
sviluppare ed affinare nuove competenze
2
divenute indispensabili nell'attuale mondo
2 Le competenze digitali, annoverate tra le competenze chiave dall'Unione Europea sono definite come il saper utilizzare
con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell‟informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la
comunicazione; supportata da abilità di base nelle TIC: l‟uso del computer per reperire, valutare, conservare, produrre,
presentare e scambiare informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite
Internet.,“Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio, relativa a competenze chiave per l’apprendimento
permanente”, (2005), Commissione delle Comunità Europee, Bruxelles.
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dell'occupazione, ormai connotato da transazioni economiche e comunicazioni
interaziendali sempre più immateriali e intangibili, espresse attraverso l'uso di nuovi
linguaggi e rinnovati codici comportamentali. Siamo entrati nella cosiddetta società
della conoscenza, nella quale si assiste allo “sviluppo di prodotti a sempre più elevato
contenuto di informazione e intelligenza” (Costa e Gianecchini, 2005, p. 253) e nella
quale il modo in cui le persone lavorano e accedono all‟informazione e ai servizi segue
il cambiamento della società e dei mercati globali.
Nella società della conoscenza, strettamente connessa al progresso della
tecnologia e allo sviluppo competitivo dei mercati, è anche l'evoluzione della mission
nelle aziende contemporanee. Ciò che preme maggiormente le organizzazioni non è più
unicamente realizzare un'alta produzione per massimizzare il profitto, ma offrire ai
clienti dei servizi più attenti ai loro bisogni, e quindi più customizzati, per poter
massimizzare il valore dell‟intera organizzazione. Accade così che si evidenzi un
progressivo aumento della sensibilità nei confronti degli stakeholder con i quali le
organizzazioni si confrontano costantemente al fine di ascoltarne le esigenze e cercare
di venir loro incontro, spesso rendendo meno prevedibile lo stesso ambiente aziendale
che si riadatta anche in funzione delle esigenze avanzate (Borgogni e Consiglio, 2006).
Lo scenario attuale si presenta dunque complesso e difficile da decodificare; il
cambiamento è pervasivo, tanto da non costituire un momento transitorio ma una
caratteristica stabile, con la quale confrontarsi e per la quale prepararsi in modo
adeguato (Borgogni e Consiglio, 2006). La stabilità e la prevedibilità del mercato
diventano un lontano ricordo e ci si trova ben presto a doversi muovere in un clima
caratterizzato dalla competitività e dall'incertezza, nel quale ci si impegna
costantemente nel creare ed offrire al mercato la massima varietà dei prodotti attraverso
un processo di produzione più fluido e attraverso una incessante attività di ricerca e
sviluppo.
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1.1. La centralità delle risorse umane nelle organizzazioni
Nell‟attuale contesto, così complesso e dinamico, letto da molti come un
passaggio dall'era industriale all'era post-industriale (Bianchini, 2005), le aziende si
trovano a dover fronteggiare su più versanti una varietà di situazioni nuove che
generano bisogni impellenti quanto transitori, in continuo cambiamento come la società
dalla quale originano; di fronte a queste situazioni l'unica via per farsi trovare preparati
è quella di agire con flessibilità e di agire insieme. Infatti “quando il vantaggio
competitivo deriva da capacità di gruppi di persone o dalle competenze dell'intera
organizzazione, la sua sostenibilità è comparativamente più elevata” (Costa e
Gianecchini, 2005 p. 11), rispetto a situazioni in cui il vantaggio competitivo è legato
alle capacità e competenze di poche persone chiave.
Le organizzazioni dovranno pertanto stimolare un pieno coinvolgimento e
impegno da parte di tutto il personale poiché alle persone ora non si richiede soltanto di
svolgere una mansione predeterminata, vincolata all'impellenza di un bisogno e di
svolgerla in maniera eccellente ma, data l'attuale natura mutevole del lavoro, verrà loro
richiesto anche di saper controllare e governare l‟incertezza mediante prestazioni che si
adattino all'immediatezza del momento e, di conseguenza, poco delineabili in anticipo
(Ajello in Zaggia, 2008).
A livello interno le aziende sono caratterizzate da alcuni cambiamenti che possono
essere letti come un passaggio da un modello meccanico di organizzazione ad un nuovo
modello organizzativo di tipo organico (Callini, 2004). Essi sono:
una modifica dell’assetto aziendale attraverso la riduzione della
verticalizzazione: i numerosi, e spesso rigidi, livelli gerarchici lasciano
spazio a modelli organizzativi imperniati su una maggiore flessibilità, nei
quali “contano sempre più i rapporti negoziali a scapito di quelli
gerarchici” (Cocco, 1996, p. 5);
il rapido cambiamento dei ruoli organizzativi che tendono ad avere vita
più breve e il profilarsi di nuove figure professionali con finalità
temporanee;
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lo sviluppo delle carriere avviene in modo meno lineare rispetto al passato;
una capillare diffusione di nuove capacità per le quali è necessaria una
maggiore disponibilità al cambiamento;
la nascita e lo sviluppo di nuove professionalità (Cocco, 1996).
É così che di fronte ai nuovi scenari e in risposta alle nuove esigenze, nel mondo
delle organizzazioni si fa sempre più viva e matura una nuova consapevolezza: la
fondamentale importanza che le competenze, le conoscenze, le capacità e
l‟apprendimento continuo rappresentano oggi e rappresenteranno domani per le
imprese.
Le risorse umane richiamano su di sé l'attenzione della gestione organizzativa e
vengono progressivamente riconosciute come il principale valore delle imprese. In
passato questo ruolo veniva attribuito in misura maggiore a quanto si trova essere
legato alla sfera patrimoniale tangibile come i processi produttivi, le attrezzature e le
risorse di tipo finanziario (Falco e Robusto, 2002). Il fattore umano seppur ritenuto
importante veniva sovente posto in secondo piano rispetto agli elementi materiali e
tangibili, in virtù del fatto che rientrava spesso nelle comuni prassi aziendali sostituire
un dipendente con un altro nello svolgimento di una determinata attività, anche se
magari proveniente da settori interni diversi e senza averne precedentemente appurato il
potenziale (Falco e Robusto, 2002). Non era infrequente assegnare un posto vacante in
un dato ambito solo affidandosi al fatto che, se un lavoratore dimostrava di essere
eccellente in un settore, lo sarebbe stato necessariamente anche in un altro.
V olendo tracciare un breve excursus temporale sul ruolo attribuito e riconosciuto
alle risorse umane, si può notare negli anni un progressivo cambiamento:
dall'attribuzione di un ruolo passivo al riconoscimento di un ruolo quanto mai attivo e
influente all'interno dell'organizzazione.
Prendendo le mosse dagli anni '20, si osserva come in questo periodo
caratterizzato dall'economia di massa tayloristica vigeva ancora una concezione del
lavoro legata alla “fatica” e all'impegno fisico. Il lavoro era parcellizzato e
automatizzato, “i dipendenti non erano pagati per pensare” e si trovavano costretti a
svolgere attività segmentate e stereotipate in continua successione, tenendo fede
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all'obiettivo di realizzare il miglior risultato nel minor tempo possibile. Le doti
intellettuali e le capacità legate alle conoscenze erano del tutto trascurate
nell'identificazione del lavoratore ideale, ciò che contava di più erano le capacità legate
all'impegno fisico.
Un primo cambiamento rispetto a questa situazione lo si poté riscontrare negli
anni '60 che, essendo caratterizzati da una relativa stabilità, registravano un primo
interesse a considerare i dipendenti come “risorsa economica”, i cui compiti e doveri si
trovavano definiti in modo chiaro ed esplicito da un “contratto” fra il datore di lavoro e
i suoi dipendenti. Si assisteva ad una sorta di “istituzionalizzazione del corso della vita”
per cui il mercato del lavoro, le istituzioni e il governo definivano cosa fosse giusto fare
e in corrispondenza di quale età, generando un clima di sicurezza e trascurando ogni
particolare attenzione verso le differenze individuali. Come osservano Boam e Sparrow
(1996), “le organizzazioni si concentravano sul “modo migliore di lavorare” e quindi
la competenza si concepiva come “la capacità di padroneggiare specifiche tecniche”
(p. 34).
A partire dalla prima metà degli anni '70 si profilò un nuovo scenario. Questo
periodo, che si protrae per tutti i primi anni '80, è stato infatti caratterizzato da una più
accentuata competitività e da un clima di incertezza, che portava le organizzazioni a
necessitare di lavoratori che dimostrassero di essere flessibili e in grado di sapersi
gestire autonomamente. Il dipendente veniva ancora considerato alla stregua di un
costo per l'azienda e l'unico modo che quest'ultima aveva individuato per poter ridurre
tale onere era stato quello di cogliere e sfruttare le differenze individuali collocando“la
persona giusta al posto giusto” (Levati e Saraò, 2003).
Per assistere al riconoscimento effettivo dell'importanza delle risorse umane
bisogna attendere la seconda metà degli anni '80. In questi anni le risorse umane hanno
infatti cominciato a godere di una diversa sensibilità da parte dei responsabili della
gestione organizzativa. Di fronte ad una sempre maggiore pressione competitiva
avvertita come una minaccia, si è ritenuto che il modo più opportuno per reagire
potesse essere quello di lasciare ai dipendenti un più ampio margine d'azione ed una
certa autonomia. Le organizzazioni avevano capito che considerare i propri dipendenti
come un costo era controproducente e che soltanto investendo sulle risorse umane si
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sarebbe apportato loro quel valore tanto cercato e fondamentale per l'intero sistema. Il
fattore umano da costo diventa allora “patrimonio”, “capitale” per l'azienda. L'enfasi
posta sulle persone cambia il modo di concepire le competenze “da competenze del
lavoro a saper lavorare con le competenze”. Riconoscere le competenze diventa allora
di fondamentale importanza sia all'organizzazione perché le valorizzi e sia alla persona
perché le comunichi esprimendo in tale modo la sua soggettività, unicità e potenzialità
(Gandini, 2005).
Si può notare come, nel corso degli anni, a cambiare sia stata anche la stessa idea
del lavoro: se un tempo lavorare significava esclusivamente adempiere ad un dovere,
indispensabile per sostentare se stessi e la propria famiglia, oggi lavorare significa
anche esprimere se stessi, le proprie potenzialità e capacità. Ciò significa che il lavoro,
come lo conosciamo noi oggi, contribuisce alla costruzione della propria identità e alla
definizione del proprio ruolo all'interno della società, oltre che all'interno
dell'organizzazione.
La crescente attenzione per il tema delle risorse umane fa sì che esse vengano
percepite, con unanime consapevolezza, come fattore determinante per l'affermazione e
il successo delle organizzazioni nelle quali si trovano ad operare, apportando un
importante contributo allo sviluppo della distintività e dell'immagine aziendale.
Il personale può influenzare notevolmente l'andamento produttivo
dell'organizzazione se vi opera con motivazione e coinvolgimento attivo e, soprattutto,
se ha la possibilità di prendere consapevolezza e di esprimere appieno l'insieme delle
capacità e delle potenzialità di cui realmente dispone, con una semplice espressione:
“se il lavoratore sa quel che sta facendo e perché lo sta facendo”.
Nel mondo del lavoro odierno, infatti, i ruoli da ricoprire diventano sempre più
complessi ed articolati, e di fronte ai repentini cambiamenti che investono le
organizzazioni occorre essere flessibili, poiché le posizioni occupate nell'oggi
potrebbero cambiare in un futuro anche molto ravvicinato.
Date queste considerazioni, si capisce come si renda indispensabile porre una gran
cura nella gestione del personale realizzando una valutazione dei lavoratori che
permetta di mettere in luce, sia ai valutatori sia ai valutati stessi, le competenze in loro
possesso e il potenziale, al di là della posizione effettivamente ricoperta.
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Le organizzazioni per adattarsi all'ambiente esterno devono agire sulle
competenze, individuando quelle presenti e utilizzabili, quelle obsolete, e soprattutto la
combinazione di quelle utili per rendere possibili i comportamenti richiesti dai nuovi
ruoli.
Uno dei segreti per lo sviluppo competitivo risulta insito, insomma, nella risorsa
umana che si distingue attraverso la capacità degli individui di acquisire, governare e
applicare il patrimonio di conoscenze. In questo contesto, la performance aziendale
viene valutata come l'effetto di vantaggi competitivi sempre più legati al know-how
interno e alle competenze acquisite e sviluppate nel tempo.
1.2. Il ruolo della cultura aziendale per l’organizzazione e le risorse
umane
L‟azienda è un insieme collettivo di persone caratterizzato da proprie regole e
abitudini. Ogni qualvolta degli individui si aggregano per costituire un gruppo unitario
danno origine ad una cultura che, come tale, è un prodotto collettivo e non individuale:
ciò vuol dire che un individuo preso singolarmente non potrebbe produrre nessuna
cultura (Levati e Saraò, 2002) poiché come afferma Schein (2000) “la cultura è
proprietà di un gruppo” (p.22).
Anche le organizzazioni, in particolar modo quelle aziendali, essendo costituite da
individui, elaborano una propria cultura specifica.
Le aziende quindi non sono semplicemente delle strutture asettiche, delle anonime
aggregazioni di individui, ma sono delle realtà collettive nelle quali le persone
condividono gli stessi valori e le stesse filosofie, riconoscono gli stessi simboli, si
esprimono mediante gli stessi linguaggi e gli stessi schemi comportamentali,
perseguono gli stessi obiettivi...
Le persone che lavorano all‟interno di un‟organizzazione sono quindi influenzate,
consapevolmente ed inconsapevolmente, dalla cultura aziendale ed il fatto di
condividere una medesima cultura le fa percepire come appartenenti ad un unico
“gruppo”.
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Le manifestazioni della cultura aziendale sono evidenti poiché costituiscono degli
elementi visibili: i simboli come il “logo”, la “carta dei valori” in cui sono illustrati i
valori dell‟organizzazione, i modi di vestire del personale, un certo gergo linguistico
specifico, la disposizione degli spazi o dell‟arredo, ecc. Tutto ciò che circonda un
collaboratore all‟interno di un‟impresa è espressione viva della cultura. Basti pensare
alla differenza tra un‟azienda in cui si lavora tenendo aperte le porte degli uffici (tipico
delle aziende di impostazione culturale americana) e una in cui invece si preferisce
lavorare con le porte degli uffici chiuse (frequente nelle aziende di impostazione
culturale tedesca)… Sembrano solo dettagli, forse un po‟ banali, ma ad un‟analisi più
attenta rivelano degli aspetti più profondi legati alla filosofia aziendale, ai valori che
animano una organizzazione, ai diversi modi di concepire il lavoro e le relazioni
all‟interno dell‟ambiente di lavoro, ai suoi approcci verso l‟esterno. Nel primo tipo di
aziende si comunica una certa apertura, sembra che le attività siano caratterizzate da
maggiore collaborazione, ma allo stesso tempo possono dare l‟impressione di una
minor concentrazione sul lavoro individuale; nelle seconde si ha l‟impressione di una
suddivisione gerarchica più verticale e una minore apertura alla collaborazione, ma al
contempo sembrano favorire una maggiore concentrazione sul lavoro individuale.
Mediante la cultura l‟organizzazione acquisisce una propria identità distintiva che
le permette di affrontare l‟ambiente esterno, definendo la propria immagine e
differenziandosi così dalle aziende concorrenti presenti sul mercato; inoltre le dona una
“compattezza” che le consente di rispondere in modo diversificato ai continui
cambiamenti provenienti dall‟esterno.
La differenziazione è infatti un elemento necessario per far fronte alla flessibilità:
più gli organismi sono differenziati nelle risorse, nelle caratteristiche ecc., tanto più
hanno probabilità di successo nel contesto ambientale, dimostrando una forte capacità
di adattamento.
Un‟organizzazione ha però anche bisogno di uniformità e omogeneità al suo
interno, di mantenere un‟immagine condivisa. In tal senso, una eccessiva
differenziazione porterebbe ad una situazione di incertezza e vulnerabilità. Ecco che la
cultura rappresenta allora la risposta all‟esigenza di mantenere l‟indispensabile
equilibrio tra differenze (importanti nel rapporto con l‟ambiente esterno) e uguaglianze
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(importanti all‟interno dell‟organizzazione). Essa agisce come meccanismo di
integrazione, operando una sintesi tra gli elementi costitutivi dell‟organizzazione: gli
individui, la collettività, la struttura e l’ambiente, dando luogo a qualcosa di unitario
che possiede caratteristiche proprie, pur inglobando gli elementi originari (Levati e
Saraò, 2003).
Gli individui, grazie alla cultura, riconoscono la propria appartenenza ad una
collettività, percepiscono che ogni loro azione realizzata sul lavoro è investita di un
significato e possiede una funzionalità più ampia rispetto alla loro posizione. A
dimostrazione dell‟esistenza di questo sentimento di appartenenza è il fatto che un
dipendente di un‟azienda parla del proprio lavoro utilizzando la prima persona plurale,
il “noi”, difficilmente utilizza il singolare “io”… Egli sa che “noi” è diverso da “io”,
ma sente che allo stesso tempo lo comprende (Levati e Saraò, 2003). Il sentimento di
appartenenza emerge anche quando un dipendente che fa parte di un‟organizzazione si
trova a svolgere un‟attività lavorativa individuale: egli pur non trovandosi
concretamente circondato dai colleghi o dai superiori continua a svolgere il proprio
lavoro sentendosi parte di una stessa “squadra”.
Nonostante le peculiarità di ciascun collaboratore, sia dal punto di vista della
personalità che dal punto di vista della specificità funzionale del ruolo ricoperto, che
caratterizzano in modo unico e soggettivo un individuo, l‟esistenza di modelli
comportamentali di riferimento, ovvero della cultura aziendale, genera un forte
sentimento di appartenenza ad un unico gruppo e porta ad uniformare i comportamenti
secondo i modelli condivisi dalla collettività.
L‟esistenza della cultura all‟interno dell‟organizzazione trova espressione
attraverso:
i simboli: elementi (abbigliamento specifico, logo presente su oggetti di
uso personale, ecc.) attraverso i quali distinguere gli individui all‟interno
della collettività soprattutto rispetto al loro “status” e , allo stesso tempo,
riconoscere che quel singolo individuo appartiene a quella specifica
collettività;
i riti: forme particolari di simboli, in quanto, manifestazioni simboliche
che si realizzano coinvolgendo la partecipazione di tutti i membri della