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INTRODUZIONE
Il crescente clima di sfiducia e malcontento nei confronti delle pubbliche
istituzioni e la crisi di legittimità delle pubbliche amministrazioni sono in larga
misura conseguenza diretta dell’incapacità della politica, già delegittimata da
innumerevoli scandali, inchieste e condanne giudiziarie ed in grave crisi di identità
e credibilità, nell’affrontare vecchi e nuovi problemi come il debito pubblico, la
globalizzazione dell’economia e dei mercati, la crisi economica e finanziaria, le
disuguaglianze sociali ed economiche, i persistenti squilibri fra Nord e Sud Italia,
gli imponenti flussi migratori, la carenza infrastrutturale, il blocco degli
investimenti pubblici nella ricerca scientifica, la precarietà del lavoro, la
disoccupazione, l’evasione fiscale, la corruzione, la sostenibilità della spesa per lo
Stato sociale.
Un ruolo negativo di primo piano rispetto a tali problemi viene spesso attribuito
alla cronica inefficienza nell’erogazione dei servizi ai cittadini e alle imprese,
malgrado le tante riforme della p.a. emanate in Italia. La p.a., cioè, si sostiene,
anziché costituire volano di competitività per le imprese e per lo Stato nonché
collaudato meccanismo di redistribuzione efficiente ed efficace delle entrate fiscali
e, dunque, in ultima analisi, della ricchezza, costituisce un decisivo freno
all’economia, che accresce i costi per le imprese e la collettività, un vero Moloch
burocratico permeato di una cultura della moltiplicazione degli adempimenti inutili.
Nello scenario appena descritto si è inserito il robusto intervento del Ministro
per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta, che ha tentato
di dare una risposta alle richieste delle imprese e della gente, proponendo una
soluzione innovativa ai mali endemici della p.a., identificati in arretratezza
burocratica, rigidità dell’apparato, poca trasparenza, scarsa produttività,
assenteismo, privilegi esorbitanti, eccessivo costo del lavoro, mancanza di etica nel
lavoro, condizionamenti politici e sindacali, distribuzione indiscriminata degli
7
incentivi, sperpero di risorse pubbliche, clientelismo.
Cuore della riforma Brunetta, centrata sugli obiettivi aziendalistici della
razionalizzazione della spesa pubblica da un lato, dell’ottimizzazione della
produttività lavorativa e dell’efficienza e trasparenza dell’azione amministrativa
dall’altro, è l’istituzione del ciclo della performance, nel cui ambito spicca la
valutazione della performance sia organizzativa che individuale.
Scopo di questo lavoro è, in primo luogo, inquadrare nella giusta prospettiva
teorica e storica la riforma Brunetta con particolare attenzione al ciclo della
performance e, in secondo luogo, verificare come è stata applicata e con che risultati
concreti tale novità nel mondo Inail, mettendo in rilievo punti di forza e di
debolezza delle soluzioni adottate dall’Istituto con particolare riferimento alla
valutazione della performance organizzativa e individuale, alla luce delle
indicazioni fornite dal legislatore e degli indirizzi formulati dalla Civit prima,
dall’Anac poi e, da ultimo, dal Dipartimento della funzione pubblica.
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CAPITOLO PRIMO
LA RIFORMA BRUNETTA
I.1 Origine, principi e finalità della riforma Brunetta
I.1.1 Riforma della p.a.: privatizzazione del rapporto di pubblico impiego
Prima di entrare nel merito della riforma Brunetta appare opportuno inquadrarla
storicamente facendo un breve cenno all’evoluzione del rapporto di lavoro alle
dipendenze della p.a. da “rapporto di pubblico impiego” di tipo pubblicistico-
autoritativo a rapporto sostanzialmente privatistico.
Il modello tradizionale di pubblico impiego, sancito dal d.p.r. 10/1/1957 n. 3
recante il “Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati
civili dello Stato”, era caratterizzato da una disciplina del rapporto di lavoro
pubblico del tutto differente da quella del lavoro privato. La natura pubblica di tale
rapporto era ricondotta dalla dottrina e dalla giurisprudenza ai seguenti fattori:
l’unilateralità delle fonti di disciplina (atti legislativi e regolamentari) e degli atti
costitutivi del rapporto (decreto di nomina), l’autoritatività degli atti di gestione del
rapporto (provvedimenti amministrativi), l’assenza assoluta di contrattazione
collettiva, la competenza esclusiva del giudice amministrativo (TAR e Consiglio di
Stato) per le controversie in materia di rapporto di lavoro.
Lo speciale regime pubblicistico del rapporto di pubblico impiego, non coperto
da riserva costituzionale, era frutto di una scelta ben precisa del legislatore
ordinario, scelta messa in discussione allorché si è cercato di migliorare la
produttività della p.a. ponendo rimedio alle sue inefficienze e disfunzioni e
avviando un graduale e progressivo processo di privatizzazione del pubblico
impiego. In tale ottica si sono succedute varie riforme.
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Il primo tentativo di riforma si è avuto con la l. 29/3/1983 n. 93 (“Legge quadro
sul pubblico impiego”), che, pur confermando la specialità del pubblico impiego,
ha riconosciuto il ruolo della contrattazione collettiva
1
nella disciplina di aspetti del
rapporto di pubblico impiego non riservati né alla legge né ad atti unilaterali della
p.a. (oggetto, soggetti, procedura, livelli, procedimento, efficacia) e ha, inoltre,
delineato come nuovi principi ispiratori (di carattere privatistico) della normativa
del pubblico impiego l’omogeneizzazione delle posizioni giuridiche, la
perequazione e trasparenza retributiva, l’efficienza, la tutela dell’attività sindacale.
La l. delega 23/10/1992 n. 421 e il suo decreto attuativo d.lgs. 3/2/1993 n. 29
2
hanno invece intrapreso decisamente la strada della privatizzazione
3
e
contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego (c.d. “prima
privatizzazione”). Il d.lgs. 29/1993 ha, in particolare, assegnato al datore di lavoro
pubblico i medesimi poteri di gestione del rapporto spettanti al datore di lavoro
privato, introdotto i principi di economicità, speditezza e rispondenza al pubblico
interesse dell’azione amministrativa nonché il principio di separazione fra funzioni
di indirizzo politico-amministrativo (in capo agli organi di direzione politica) e
funzioni di gestione finanziaria, tecnica e amministrativa (in capo ai dirigenti),
riconosciuto la piena applicazione della contrattazione collettiva, attribuito ai
dirigenti l’organizzazione delle risorse umane e la gestione di quelle finanziarie e
strumentali, previsto meccanismi per la valutazione dei risultati da attuare
organizzativamente e concretamente da parte dei dirigenti, stabilito servizi di
1
Già introdotta dal legislatore con riguardo a specifici settori del pubblico impiego, cioè gli ospedalieri (l.
12/2/1968 n. 132 e d.p.r. 27/3/1969 n. 130), gli statali e i parastatali (l. 20/3/1975 n. 70), i dipendenti degli Enti
territoriali (l. 27/2/1978 n. 43, di conv. del d.l. 29/12/1977 n. 946), i dipendenti del S.s.n. (l. 23/12/1978 n. 833):
cfr. Galantino L., Lanotte M., Diritto del lavoro pubblico, Giappichelli, p. 5 s.
2
Recante “razionalizzazione della organizzazione delle Amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina
in materia di pubblico impiego”.
3
Il d.lgs. 29/1993 manteneva ancora in ambito pubblicistico, e, come tali, soggetti alla giurisdizione
amministrativa: a) le responsabilità giuridiche dei singoli operatori nell’espletare procedure amministrative; b)
gli organi, gli uffici e i modi di conferimento della titolarità degli stessi; c) i principi fondamentali di
organizzazione degli uffici; d) le procedure di selezione per l’accesso e l’avviamento al lavoro; e) i ruoli e le
dotazioni organiche e la loro consistenza complessiva; f) la garanzia della libertà di insegnamento e l’autonomia
professionale nello svolgere attività didattica, scientifica e di ricerca; g) la disciplina di responsabilità e
incompatibilità fra impiego pubblico e altre attività nonché i divieti di cumulo di impieghi e incarichi pubblici;
h) il rapporto di lavoro dei dirigenti di prima fascia.
10
controllo interno detti “nuclei di valutazione”
4
con il compito di verificare
l’imparzialità ed il buon andamento dell’azione amministrativa ex art. 98 Cost.
nonché di sostenere gli organi politici nella valutazione della performance
dirigenziale, e, infine, attribuito alla magistratura ordinaria la cognizione delle
controversie in materia di rapporto di pubblico impiego.
Il d.lgs. 29/1993 è stato poi modificato dal d.lgs. 4/11/1997 n. 396 che si è
occupato di rappresentanza negoziale delle p.a., di contrattazione collettiva e di
rappresentatività sindacale.
La l. delega 15/3/1997 n. 59 (c.d. “legge Bassanini”) e il suo decreto attuativo
d.lgs. 31/3/1998 n. 80 hanno invece avviato la c.d. “seconda privatizzazione”: a)
distinguendo la competenza a seconda che le materie fossero attribuite alla legge
(macro-organizzazione della p.a.) o alla contrattazione (micro-organizzazione della
p.a.), separando cioè le materie assoggettate a disciplina pubblicistica (riservate alla
legge e alle fonti pubblicistiche), come l’organizzazione degli uffici, le dotazioni
organiche e le procedure concorsuali, dalle materie a contenuto privatistico quali la
disciplina del rapporto di lavoro; b) ampliando la flessibilità del lavoro
5
e
dell’organizzazione; c) devolvendo le controversie relative ai rapporti di lavoro
pubblico alla cognizione del giudice ordinario; d) privatizzando il rapporto di lavoro
dei dirigenti generali.
Il d.lgs. 30/3/2001 n. 165 (“Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche”), di attuazione della l. delega
24/11/2000 n. 340 ha, dal canto suo, raccolto in un testo unico tutte le disposizioni
in materia di pubblico impiego.
La l. 15/7/2002 n. 145
6
ha riscritto in senso privatistico ed efficientistico la
4
Tali servizi verranno poi sostituiti, a causa della generale difficoltà del loro funzionamento, prima dai Servizi
di controllo interni (se.c.in.) previsti dal d.lgs. 30/7/1999 n. 286 e, da ultimo, a causa del mancato decollo anche
dei se.c.in. in ragione della carenza di specifiche professionalità e della mancata adozione di parametri validi
ai fini della valutazione, dagli Organismi indipendenti di valutazione della performance (Oiv), ai sensi del d.lgs.
150/2009. Su tutta la vicenda v. Cnel, Sesta Relazione annuale sulla qualità dei servizi offerti dalle PA centrali
e locali a imprese e cittadini anno 2017, 54 s.
5
Fino ad allora limitata al contratto part-time e al contratto a termine.
6
Recante “disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e
l’interazione tra pubblico e privato”.
11
disciplina della dirigenza pubblica
7
ponendo in essere una vera e propria
controriforma della materia, avviando la c.d. “terza privatizzazione” del rapporto di
pubblico impiego che culminerà nel d.lgs. 27/10/2009 n. 150, di “attuazione della
legge 4 marzo 2009, n. 15,
8
in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro
pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”, il c.d.
“decreto Brunetta”.
9
Il d.lgs. 25/5/2017 n. 74, uno dei tanti decreti attuativi della l. 7/8/2015 n. 124
(c.d. “legge Madia”
10
o “riforma Madia”) ha apportato modifiche al testo originario
del decreto Brunetta in materia della performance, di cui tratteremo oltre.
I.1.2 Altri step della riforma della p.a.
La riforma del pubblico impiego non è passata, ovviamente, soltanto attraverso
la sua privatizzazione. Aspetti altrettanto importanti si possono rinvenire nelle
seguenti fonti normative, che enumeriamo senza pretesa di esaustività: la l.
8/6/1990 n. 142 sull’ordinamento delle autonomie locali,
11
la l. 7/8/1990 n. 241
s.m.i. sulla semplificazione amministrativa e il diritto di accesso ai documenti
amministrativi (trasparenza), la l. delega 23/10/1992 n. 421 che razionalizza e
rivede le discipline in materia di sanità, pubblico impiego, previdenza e finanza
territoriale, e la successiva decretazione delegata, la l. 24/12/1993 n. 537 con
interventi correttivi di finanza pubblica, le leggi di semplificazione Bassanini bis (l.
15/5/1997 n. 127), Bassanini ter (l. 16/6/1998 n. 191) e Bassanini quater (d.p.r.
7
La l. 145/2002 introduceva anche l’area della vicedirigenza inserendo l’art. 17-bis nel d.lgs. 165/2001, poi
abrogato dal d.l. 6/7/2012 n. 95 (c.d. “decreto Spending review bis”), conv. con modif. in l. 7/8/2012 n. 135.
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La l. delega 15/2009 è immediatamente precettiva laddove rilegifica il rapporto di lavoro pubblico sotto vari
profili, in particolare ribaltando i rapporti fra la legge e la contrattazione collettiva, nel senso che le disposizioni
di legge non sono derogabili dalla contrattazione collettiva a meno che ciò sia previsto espressamente, mentre
prima erano derogabili dalla contrattazione collettiva a meno che non fossero qualificate come inderogabili.
9
Su tutta l’evoluzione normativa del rapporto di pubblico impiego cfr. Consilio regionale del Piemonte, La
riforma del pubblico impiego: dal d.l. 112/2008 al d.lgs. 150/2009, pp. 17 ss.; Galantino L., Lanotte M., op.cit.,
p. 3 ss. e Trombetta C., Trombetta S., Valutazione delle prestazioni e sistema premiante. Come applicare la
Riforma Brunetta del Pubblico Impiego p. 15 ss.
10
Dal nome del Ministro proponente Marianna Madia.
11
Poi abrogato dal d.lgs. 18/8/2000 n. 267 recante il “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”.
12
8/3/1999 n. 275), le l.cost. 23/11/1999 n. 3 e 18/10/2001 n. 3 di riforma del Titolo
V della parte II della Costituzione, la l. 4/11/2010 n. 183
12
contenente norme in
materia “di adempimenti formali, mobilità del personale, trattamento dei dati
personali, conferimento di incarichi dirigenziali, aspettativa, pari opportunità
benessere e lotta alle discriminazioni”,
13
la l. 6/11/2012 n. 190 in materia di
prevenzione e repressione di corruzione e illegalità nella p.a., il d.lgs. 14/3/2013 n.
33 di riordino della disciplina sull’accesso civico e sugli obblighi di pubblicità,
trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle p.a., il d.l. 31/8/2013 n. 101
(c.d. “decreto p.a.”) conv. con modif. in l. 30/10/2013 n. 125 in tema di
razionalizzazione nelle p.a., il d.l. 24/6/2014 n. 90 conv. con modif. in l. 11/8/2014
n. 114 in materia di semplificazione e trasparenza amministrativa nonché di
efficienza degli uffici giudiziari, e, da ultimo, la già citata riforma Madia (l. delega
124/2015 e relativi decreti attuativi).
14
La l. 124/2015, che qualcuno ha definito un po’ troppo sbrigativamente “quarta
privatizzazione”,
15
ha conferito un corposo programma di ben 14 “deleghe al
Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, a cui, ad
oggi, hanno dato attuazione ben 24 atti normativi (di cui alcuni correttivi di decreti
già in vigore). Si tratta di una riforma ambiziosa,
16
che cerca di apportare novità in
tema di pubblico impiego, riorganizzazione dell’amministrazione statale centrale e
periferica, digitalizzazione della p.a., dirigenza pubblica, semplificazione dei
procedimenti amministrativi, conferenza dei servizi, razionalizzazione e controllo
delle società partecipate, dirigenza sanitaria, servizi pubblici locali, anticorruzione
e trasparenza.
12
Intitolata “deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative
e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di
occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e
di controversie di lavoro.”
13
Così Galantino L., Lanotte M., op.cit., p. 14.
14
Contiene un’analisi delle principali criticità delle riforme dalla p.a. e possibili soluzioni Mochi Simondi C.,
Piersanti V., 25 anni di riforme della p.a.: troppe norme, pochi traguardi.
15
Critico sul punto è Verbaro F., La Legge 124/2015: perché non è una riforma, in www.promopa.it, 2015.
16
Per una sintesi sull’argomento si veda Galantino L., Lanotte M., op.cit., p. 14 ss. e Pommier Vincelli D., La
“riforma Madia” della Pubblica Amministrazione: contesto politico, analisi teorica e implementazione, in Riv.
trim. sc. amm., n. 3/2017.