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CAPITOLO III
Il controllo giudiziale sulla genitorialità delle coppie dello stesso sesso
1. Gli strumenti psicologici nella valutazione: la CTU e il mandato ai servizi sociali
L’apporto fornito dalle scienze psicologiche è necessario all’autorità giudiziaria nel
momento in cui, per giungere ad una decisione, questi abbia bisogno di acquisire informazioni
e di condurre indagini che esulano dalle sue competenze tecniche giuridiche.
Il sapere psicologico entra all’interno del contesto giudiziario attraverso tre modalità:
a) La prensenza della componente onoraria del Tribunale per i minorenni o delle sezioni
minori della Corte d’Appello;
b) La consulenza tecnica d’ufficio;
c) I servizi psicologici socio-assistenziali territoriali e specialistici.
La scienza psicologica costituisce spesso il sapere specialistico della componente onoraria nella
composizione collegiale del Tribunale per i minorenni. I giudici onorari, infatti, presentano
competenze professionali che vanno al di là della conoscenza giuridica, in particolare quelle
appartenenti all’ambito psicologico (oltre che di altre discipline, come quelle neurologiche,
psichiatriche o pedagogiche) (Lenti & Long, 2014). Ciò fa sì che date le questioni che
interessano tale organo giudiziario, questo possa adottare un approccio multidisciplinare,
prendendo in considerazione non solo la questione giuridica, ma anche quella sociale e
psicologica dei soggetti coinvolti (Lenti & Long, 2014)
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.
L’autorità giudiziaria, quando lo ritiene opportuno, ha la facoltà di richiedere l’intervento di
un esperto, che assume il ruolo di suo ausiliario: il Consulente Tecnico d’Ufficio. Si tratta di
una figura professionale, definita da Frediani (2010) come “l’occhiale specialistico del
giudice”, che detiene le competenze tecnico-scientifiche sulla materia in esame, capace di
fornire al magistrato quegli elementi che potranno essergli utili ad un miglior inquadramento
della situazione. L’esperto viene scelto dal giudice attraverso un apposito albo presente presso
ogni tribunale
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(art. 61 c.p.c.); l’avvio della consulenza avverrà tramite l’ordinanza di nomina
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Sarà possibile approfondire tale aspetto nel secondo paragrafo di questo capitolo, all’interno del quale verrà
esaminata – da una prospettiva psicologica – la casistica riguardante l’adozione in casi particolari ex articolo 44
lett. d.
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È necessario precisare che trattandosi di un ausilio tecnico per il quale è fondamentale che vi sia un rapporto di
fiducia fra il l’esperto e il giudice di merito, quest’ultimo ha la facoltà di nominare anche esperti non compresi
nell'albo, motivando la scelta (Ministero della Giustizia, 2018).
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emessa dal giudice e contenente il quesito
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che il CTU, dopo aver prestato giuramento, si
impegnerà a rispettare durante lo svolgimento delle sue indagini (art. 62), che compirà da solo
o insieme al giudice (art. 194). Al termine delle indagini in questione, compito del consulente
tecnico sarà redigere una relazione scritta, che dovrà essere trasmessa alle parti entro un certo
termine stabilito dal giudice; le parti, a loro volta, avranno la possibilità di trasmettere al
consulente le loro osservazioni. Infine, la relazione, le osservazioni delle parti e una valutazione
di queste, dovranno essere depositate in cancelleria (art. 195). Risulta essenziale sottolineare
che il giudice non è vincolato alle conclusioni cui giunge il consulente tecnico, ma vi si può
discostare, fornendo però una motivazione adeguata a questa sua decisione.
Nei procedimenti familiari e minorili, la CTU può essere disposta in diversi casi: nelle cause
di separazione o divorzio, per decidere circa le modalità di affidamento dei figli minori o, più
in generale, nelle situazioni in cui il giudice ritenga necessario acquisire maggiori informazioni
sulle relazioni familiari e le caratteristiche e le condizioni di vita dei soggetti coinvolti, con
particolare attenzione alla tutela del benessere dei minori (Ordine degli Psicologi del Veneto,
2012). È nell’interesse di questi ultimi che, spesso, il giudice è chiamato ad esprimersi circa le
competenze e l’idoneità dei genitori ad assumere/mantenere tale ruolo, richiedendo l’ausilio del
consulente tecnico, che spesso detiene le conoscenze tecnico-scientifiche che appartengono
all’universo della psicologia o della psichiatria. Attraverso questo strumento non si vogliono
perseguire intenti terapeutici, ma approfondire la qualità del legame fra il minore e i genitori,
le caratteristiche personologiche di ognuno di loro, la capacità genitoriale (Ordine degli
Psicologi del Veneto, 2012), sostenendo il giudice nell’adozione dei provvedimenti più
opportuni per la tutela delle parti interessate, ma soprattutto per la salvaguardia dell’interesse
del soggetto di minore età e del suo benessere psicofisico. Se fornire una corretta ed unanime
definizione di “capacità genitoriale” non è un compito semplice, la sua valutazione è ancora più
complessa, considerando che dal punto di vista psicologico diverse sono le caratteristiche –
biologiche, cognitive, comportamentali, di personalità – che possono indirizzare, sostenere o
ostacolare tali competenze (Capri, 2018). Inoltre, ciò è fortemente influenzato anche dalle
diverse cornici teoriche di riferimento che vengono adottate, le quali individuano diverse
dimensioni alla base del concetto di genitorialità. Nonostante ciò, in letteratura vi è un accordo
nel ritenere che la valutazione della genitorialità riguardi il concetto di parenting e riguardi in
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Viene formulato dal giudice al ctu e contiene generalmente la richiesta di un approfondimento o di una
valutazione su questioni che esulano rispetto alle conoscenze del giudice. Indirizza il corso delle operazioni e deve
essere formulato in modo tale da permettere al consulente di rispondervi correttamente (Ordine degli Psicologi del
Veneto, 2012).
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particolare due capacità di base: una che consiste nel prendersi cura della prole – non solo da
un punto di vista fisico, ma anche psicologico – l’altra nel fornire protezione dai pericoli che
derivano dal mondo esterno (Camerini & Voltera, 2008). Interessante è la classificazione di
parenting offerta da Borstein nel 1995, basata su quattro livelli che sarebbe opportuno valutare:
il nurturant caregiving, inteso come la comprensione e la soddisfazione dei bisogni primari del
minore; il material caregiving, ossia l’organizzazione e la strutturazione del mondo fisico e
materiale del bambino; il social caregiving, che include il coinvolgimento del bambino negli
scambi interpersonali e con il mondo esterno; il didactic caregiving, inteso come la
stimolazione a comprendere l’ambiente circostante (Camerini, Volpini & Lopez, 2011). Alla
luce di ciò, come viene condotta la valutazione della genitorialità? Quali sono i criteri da seguire
e la corretta metodologia da utilizzare?
Il Gruppo di lavoro di Psicologia Giuridica dell’Ordine degli Psicologi della Liguria, a tal
proposito, ha organizzato un convegno
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avente come oggetto la valutazione della genitorialità
in ambito psico-forense, concentrando la discussione sulle buone pratiche da seguire e le
raccomandazioni di carattere generale su come questa debba essere compiuta. Il miglior
metodo è risultato essere un assessment multimetodo che sappia combinare l’utilizzo di
strumenti differenti (self-report e osservativi), la raccolta di dati anamnestici, la conduzione di
colloqui con i soggetti interessati. La valutazione, infatti, non interesserà solo i singoli membri
del nucleo familiare, ma l’intero sistema di interazioni e relazioni (Ordine degli Psicologi della
Liguria, 2019). Solo in questo modo si avrà la possibilità di cogliere il funzionamento del
soggetto nella vita quotidiana – in particolare del minore, che riveste un ruolo primario –
tenendo presenti allo stesso tempo le sue peculiarità e la sua unicità.
Nello specifico della valutazione, Camerini & Volterra (2008) hanno identificato le aree di
preminente interesse per il suo svolgimento: l’adattamento al ruolo di genitore e la conseguente
assunzione di responsabilità ad esso legato, così come la capacità di fornire cure fisiche/emotive
al figlio; la relazione con quest’ultimo e, quindi, i sentimenti che nutrono verso di lui e la
posizione che i suoi bisogni ricoprono nella scala delle loro priorità; le influenze della famiglia,
attraverso l’indagine circa il ruolo che le diverse figure rivestono nella vita familiare; le
interazioni con il mondo esterno, in particolare con la rete di sostegno sociale – formale e
informale; infine, le potenzialità di cambiamento, qualora vengano rilevati aspetti
particolarmente problematici. Per ognuna di queste aree sarà indispensabile evidenziare
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Si tratta del convegno “La valutazione genitoriale. Una delle prospettive applicative secondo il modello
sistemico-relazionale”, tenutosi in data 18 gennaio 2019.
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eventuali fattori di rischio e di protezione, così come segnali di benessere/malessere. Quanto ai
colloqui con il minore, Greco e Maniglio (2009) hanno proposto un percorso di valutazione che
tenga in considerazione: l’età, la personalità, la presenza di eventuali segni di disagio o disturbi
psicopatologici derivanti dalla condizione di pregiudizio vissuta all’interno del contesto
familiare, la salute fisica e mentale, il livello e la qualità dell’attaccamento con le figure di
riferimento e, ove possibile, l’osservazione diretta delle interazioni fra il figlio e ciascuno dei
due genitori.
Oltre all’osservazione, alle interviste e alla conduzione del colloquio, le procedure di
indagine in questo ambito comprendono l’eventuale somministrazione di test e protocolli
psicodiagnostici, fra cui quelli ad uso maggiormente generico (quali: test che valutano la
personalità, come l’MMPI o le scale SCID e questionari che valutino l’attaccamento, come
l’Adult Attachment Interview) e strumenti che sono stati appositamente costruiti per la
valutazione della genitorialità e delle dinamiche familiari (Camerini & Voltera, 2008). Fra
questi ultimi troviamo in particolare: il Trilogue Play Clinico, che permette di osservare in
quattro momenti le interazioni fra genitori e bambini dai 2 ai 17 anni e valutare il grado di
cooperazione dell’unità familiare e l’alleanza familiare (Vallario, 2016); l’Assessment of
Parental Skill-Interview (APS-I) che indaga le capacità genitoriali in relazione a tre aree di
funzionamento – supporto sociale, protezione, calore e empatia – rivelandosi particolarmente
utile per la valutazione delle aree più significative nel corso del colloquio con il genitore
(Consegnati, Macrì, Zoli, 2018).
Infine, occorre precisare come sia nella facoltà del giudice richiedere al servizio pubblico
specialistico lo svolgimento di un’indagine, con lo scopo di raccogliere tutti quegli elementi
informativi e valutativi che sono funzionali al suo processo decisionale, attraverso
l’elaborazione di una relazione di sintesi degli aspetti descrittivi/analitici della situazione in
questione (si tratti della valutazione delle capacità genitoriali o dello stato di benessere del
minore coinvolto nel procedimento). All’interno di tali relazioni dovrebbero essere evidenziate
sia le difficoltà e i fattori di rischio che le risorse e i fattori di protezione di quel nucleo familiare,
della coppia o della crescita del minore (Pubblico Tutore dei minori della regione Veneto,
2012). Il lavoro che viene compiuto – spesso in equipe con diverse figure professionali e
attraverso un approccio multidisciplinare – è utile anche alla formulazione di progetti di
sostegno e intervento psicologico, sia per la recuperabilità delle capacità genitoriali che, per
esempio, nel caso di separazioni conflittuali, per ristabilire l’equilibrio nel rapporto fra i due
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soggetti coinvolti, di modo da pervenire ad un accordo che sia nell’interesse del figlio (Fucilli
& Soleti, 2012).
Parallelamente agli esperti in materia psicologica, assume un ruolo centrale nelle questioni
familiari il Servizio Sociale Territoriale. L’incarico che viene loro attribuito, oltre ad avere
natura istruttoria, nel momento in cui viene disposta un’indagine socio-familiare, può avere
anche natura esecutiva, che consiste nell’organizzazione di incontri protetti e interventi di
sostegno, o di controllo, per monitorare il buon andamento delle prescrizioni poste dal giudice
(Ferri, 2013). Se nelle modalità di svolgimento delle indagini istruttorie compiute dal CTU e
dal servizio possiamo ravvisare degli elementi comuni, che consistono nel fatto di fornire al
giudice informazioni rilevanti sulle parti coinvolte e sul minore, le modalità di espletamento
delle stesse, così come gli obiettivi che si intendono perseguire, seguono una ratio diversa (…).
Il consulente, infatti, ha il compito di rispondere entro un certo periodo di tempo al mandato
del giudice, compiendo le sue valutazioni nel rispetto dei principi processuali fondamentali –
in particolare il rispetto del contraddittorio; il servizio sociale, invece, svolge le sue funzioni
senza il rispetto di tutte le norme che riguardano la consulenza tecnica, come il giuramento o il
contraddittorio e può andare oltre il mandato del giudice, in quanto spesso il provvedimento
giudiziario assume per il servizio il valore di una segnalazione dello stato di bisogno
assistenziale, laddove la situazione familiare richieda anche un progetto che sostenga e aiuti la
famiglia a superare lo stato di difficoltà (Grimaldi, 2015). Risulta essenziale sottolineare che
qualora il giudice dovesse richiedere al servizio sociale lo svolgimento di un’indagine socio-
familiare, questa di per sé non implica la collaborazione automatica con un servizio
specialistico; qualora, però, all'interno del mandato del giudice vi sia una specifica richiesta,
come la valutazione psicologica o delle capacità genitoriali, è necessario richiedere l’intervento
del servizio competente, come quello psicologico, e avviare una collaborazione anche dopo
l'effettuazione di un primo screening di raccolta delle informazioni. Nel caso in cui, invece, tale
bisogno dovesse sopraggiungere nel corso delle indagini da parte dell'operatore sociale, è
opportuno l’intervento di un servizio specialistico (Ferri, 2013). Ma qual è lo scopo
dell’indagine compiuta dal servizio sociale territoriale?
Si tratta di descrivere gli elementi necessari all’autorità giudiziaria per fondare la sua
decisione e comprendere come la famiglia si colloca all’interno dell’ambiente sociale e
relazionale (Carbone & Gallina, 2017). Per poter stabilire ciò l'assistente sociale deve stabilire
contatti con i genitori e con il minore, così come con altri interlocutori significativi nella vita
dei bambini e della famiglia. Di Blasio (2005) mette in evidenza le aree di interesse
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dell’assistente sociale nella conduzione di tale valutazione, con particolare attenzione alle
risorse presenti all’interno del contesto familiare e sociale, oltre alle risorse individuali. Il suo
lavoro, innanzitutto, consiste nella ricostruzione del quadro socio-anagrafico della famiglia,
raccogliendo informazioni circa lo status socio-economico, la storia della coppia e la qualità
della loro relazione, lo stile educativo adottato nei confronti dei figli e il rapporto intrattenuto
con loro, così come la qualità delle relazioni con le rispettive famiglie di origine e la propria
rete di relazioni sociali (Di Blasio, 2005). Particolare attenzione dovrà poi essere rivolta ai
minori, considerando il loro stadio di sviluppo, la qualità dei rapporti intrattenuti con i genitori
e con altre figure significative (adulti e gruppo dei pari), così come l’adattamento ad altri
contesti, come quello scolastico o socio-ricreativo. Una volta raccolte tutte le informazioni utili,
queste verranno sintetizzate in una relazione finale, insieme al parere dell’operatore circa la
situazione familiare, la funzionalità del contesto di vita e il benessere dei minori coinvolti.
Come già sottolineato per la valutazione psicologica, anche in questo caso viene fortemente
sostenuta la necessità di evidenziare sia le criticità che i punti deboli e i possibili fattori di
rischio rilevati (De Ambrogio, Bertotti & Merlini, 2007).
2. La valutazione dell’idoneità nel quadro delle procedure di adozione in casi particolari
In tutti i procedimenti di adozione in casi particolari, compito del tribunale per i minorenni
è verificare che l’adozione realizzi il preminente interesse del minore, così come sancito
all’articolo 57 della legge 184/1983. A tal fine, e dopo aver accertato che ricorrono le
circostanze di cui all’articolo 44, il tribunale può disporre l'esecuzione di «adeguate indagini da
effettuarsi, tramite i servizi locali e gli organi di pubblica sicurezza, sull'adottante, sul minore e
sulla di lui famiglia». In particolare, l’indagine dovrebbe riguardare: «a) l'attitudine a educare
il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l'ambiente familiare degli adottanti;
b) i motivi per i quali l'adottante desidera adottare il minore; c) la personalità del minore; d) la
possibilità di idonea convivenza, tenendo conto della personalità dell'adottante e del minore».
Nel secondo capitolo di questo elaborato sono state evidenziate le ragioni prettamente
giuridiche che hanno portato numerosi tribunali italiani verso il riconoscimento della
genitorialità omosessuale. Considerevole importanza, però, hanno assunto anche le indagini
socio-psicologiche che hanno permesso al Collegio giudicante di comprendere se, nella singola
situazione concreta, l’adozione fosse conforme all’interesse del minore. Queste hanno, infatti,
non hanno avuto solo l’utilità di acquisire informazioni circa l’eventuale presenza di elementi