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Introduzione
La valutazione dell'efficacia degli interventi formativi è un tema pregnante nel dibattito
generatosi nel mondo delle organizzazioni. Le produzioni e gli studi finora compiuti
non si possono dire esaustivi a riguardo, prova ne è che questa tematica tuttora viene
studiata e non ancora applicata sistematicamente in termini di metodologie rigorose.
Con questo elaborato di tesi si è voluto perseguire l'obiettivo di descrivere la
metodologia e i fondamenti in merito alla valutazione dell'efficacia dei processi
formativi in contesti organizzativi e illustrare come possa essere misurata secondo il
Modello Dialogico. Facendo riferimento all'obiettivo, l'argomentazione si sviluppa
attorno a tre nodi: l'organizzazione, la formazione e la valutazione dell'efficacia.
L'illustrazione si avvierà attraverso la disamina di alcune delle principali teorie che si
sono occupate del termine "organizzazione": la scelta di queste è stata vincolata alla
possibilità di tracciare una sintetica rappresentazione dell'evoluzione del costrutto
nell'arco dello scorso secolo fino ad arrivare ai giorni nostri. Questa parte consentirà di
definire il contesto in cui possono essere svolti gli interventi formativi, esplicitando le
differenti teorizzazioni. Si proseguirà nella trattazione illustrando alcune delle teorie a
cui si può fare riferimento nel progettare ed erogare la formazione e ci si focalizzerà sui
caratteri fondativi di queste grazie a una riflessione epistemologica. Anche per il
costrutto formazione (così come per quello di organizzazione) verrà messa in luce la
diversità con cui può essere declinato nelle teorie, sia in riferimento agli obiettivi che
alle strategie proposte per perseguirli. Sulla scorta di ciò si proseguirà la trattazione con
la descrizione di cosa si intende quando si parla di valutazione: se ne indagheranno le
diverse tipologie utilizzate ad oggi e, sempre attraverso la riflessione epistemologica, se
ne tracceranno alcune criticità. L'elaborato procederà con la descrizione di un'ulteriore
cornice all'interno della quale poter asserire sugli interventi di formazione che si colloca
a un livello di realismo concettuale, nel paradigma narrativistico. Delineate queste
premesse, verranno definiti i costrutti utilizzati nel processo formativo e verrà descritta
la prassi di valutazione dell'efficacia in coerenza con gli assunti del Modello Dialogico.
La trattazione si concluderà con la descrizione della valutazione dell'efficacia misurata
in un intervento formativo svolto da una società di consulenza in materia di salute e
sicurezza degli ambienti di lavoro (in ottemperanza al Decreto Lgs. 81/08). Verrà
illustrato il risultato conseguito in riferimento all'obiettivo dell'intervento (leggesi
Valutazione dell’efficacia), argomentando il cambiamento avvenuto a seguito
13
dell'intervento formativo.
Questo elaborato vuole porsi dunque come proposta verso un approccio metodologico
alla formazione che, proprio perché rigoroso nei suoi fondamenti e nel suo procedere,
può offrire alla committenza una garanzia ed un riscontro dell’efficacia di quanto la
comunità scientifica mette a disposizione come servizio alla collettività.
14
Premessa
Gli interventi di formazione sono oggi appannaggio di tutte le organizzazioni e, per i
motivi più svariati (dalla scelta all'obbligo legislativo), questa strategia è diventata
famigliare. Il proliferare degli interventi formativi in azienda non si è però
accompagnato da un'altrettanta fertile produzione sulla valutazione dell'efficacia degli
interventi stessi.
L'obiettivo di questo elaborato è proprio illustrare la metodologia e i fondamenti sulla
valutazione dell'efficacia dei processi formativi in contesti organizzativi. Gli elementi
cardine in cui si snoda tale obiettivo, che andremo ad approfondire nel corso dell'opera,
sono la valutazione dell'efficacia (su cui si baserà anche la parte sperimentale), i
processi formativi e i contesti organizzativi. Per facilità argomentativa illustreremo
separatamente questi tre elementi, per poi intrecciare le fila di quanto documentato nella
parte conclusiva.
I temi che compongono l'obiettivo (organizzazione, formazione, valutazione
dell’efficacia degli interventi formativi) sono oggetto di indagine delle scienze -logos ed
è proprio all'interno di queste che si colloca l'elaborato. Le scienze che si fondano sui
“discorsi su” (dal greco -logos) si caratterizzano per un oggetto di indagine esplicitato
nel nome della disciplina e su cui elaborano le produzioni teoriche: ad esempio la psico-
logia è il “discorso sulla psiche”. Nel produrre “discorsi su” le scienze -logos utilizzano
il linguaggio ordinario (quello quotidiano dei parlanti) e le asserzioni prodotte hanno
come criterio di scientificità la descrizione (Gergen et al., 1996; De Grada, Bonaiuto,
2002; Salvini, 1988; Turchi, 2002, 2004): gli oggetti di studio vengono descritti
all'interno di un senso scientifico che si adagia e si esaurisce nel linguaggio (-logos). In
questo elaborato, la valutazione dell'efficacia, il processo di formazione e
l'organizzazione saranno quindi descritti e non spiegati. Non si tratterà cioè di
individuare nessi causali o correlazioni tra questi elementi poiché si attesterebbero a un
livello conoscitivo altro e impraticabile per rimanere all'interno del senso scientifico
(Salvini, 1998; Marhaba, 2002; Turchi, Perno, 2002).
Quelli che andremo a illustrare sono temi su cui si è argomentato, come già abbiamo
accennato, attraverso il linguaggio ordinario: per questo come primo passo cominciamo
a distinguere le trattazioni di senso comune e quelle dal senso scientifico (delle scienze
–logos).
15
I criteri di demarcazione tra senso scientifico e senso comune
Abbiamo introdotto come le scienze -logos utilizzino per la produzione dei loro asserti
il linguaggio ordinario: quello a cui si riferiscono anche i parlanti per le produzioni di
senso comune. Facendo un esempio, un libro di psicologia è comprensibile anche da un
non psicologo perché si avvale di una produzione linguistica condivisa, mentre un libro
di chimica ricorre a formule che a un non esperto non sono comprensibili: in questo
caso si sta utilizzando un linguaggio formale, diverso da quello ordinario. La prima
domanda a cui cercheremo brevemente di rispondere è quindi cosa distingue le
produzioni retoriche sulle organizzazioni e sugli interventi formativi (e quindi le
affermazioni) dalle produzioni di senso scientifico (le asserzioni) sugli stessi temi, nel
caso in cui utilizzino entrambe il linguaggio ordinario.
Una prima distinzione sta nella produzione di senso: il senso scientifico è un processo di
creazione di conoscenza che asserisce esplicitando i presupposti conoscitivi
(epistemologicamente fondati) da cui si muove, il senso comune invece genera senso
tramite affermazioni che non necessitano l'esplicitazione dei presupposti, ma sono vere
di per sé, nel momento stesso in cui vengono pronunciate. Se ad esempio per senso
comune possiamo dire che “il corso di formazione è stato bello e interessante”, non
dobbiamo affermare altro per spiegarci perché è chiaro a chiunque cosa intendiamo. In
termini di asserzioni invece non ci si può limitare ad affermare che “l'intervento di
formazione è stato efficace”, perché altrimenti non si crea differenza rispetto al senso
comune. Dovremo invece esplicitare le teorie che ci collocano nel senso scientifico e i
loro presupposti, ad esempio “avendo come riferimento la teoria x, l'intervento di
formazione si può dire efficace in quanto ha generato uno scarto di x nella
configurazione discorsiva al tempo t1 rispetto al tempo t0, laddove per configurazione
discorsiva si intende ...”.
Altro elemento distintivo del senso scientifico consiste nel dover produrre un discorso
che sia condivisibile e valutabile da parte di terzi. Riprendendo Popper (1970), una
teoria per essere scientifica deve essere passibile di falsificazione: la possibilità di
mettere in dubbio quanto asserito è una caratteristica di statuto in un processo di
creazione di senso scientifico in continuo cambiamento. Questo cambiamento si può
descrivere come un susseguirsi di paradigmi
1
che si sono sovrapposti e hanno
1 Riprendendo Kuhn (1969) “un paradigma fornisce gli elementi di cornice per mezzo dei quali si può
produrre conoscenza: gli elementi, le categorie e i punti di riferimento entro i quali si conosce”; si
intende, quindi, “un insieme di assunti conoscitivi e coerenti tra loro […] che delimitano una cornice
16
convissuto in un determinato momento cronologico per poi vederne emergere uno che
superasse e in parte inglobasse (portandosi le tracce) quello precedente. L'alternanza
paradigmatica si accompagna con cambiamenti nella costruzione di senso scientifico
poiché ogni paradigma ha delle caratteristiche precipue che fungono da linee guida
all'interno delle quali si può produrre conoscenza. È Kuhn (Ibid.) il primo a sottolineare
come qualunque oggetto di studio vada inteso all'interno di un paradigma che ne delinei
l'ambito conoscitivo, gli elementi di cornice, le categorie e i punti di riferimento per
mezzo dei quali si può produrre conoscenza. In questi termini il paradigma specifica il
come si conosce, mentre la teoria di riferimento il cosa: entrambi devono rimanere
inalterati nel corso delle osservazioni che si compiono in un determinato momento
storico rispetto a un medesimo oggetto d'indagine. Cambiando paradigma e teorie,
cambia anche la conoscenza prodotta rispetto allo stesso oggetto di indagine.
Quando invece si parla di “senso comune”, ci si riferisce a una costruzione di senso che
non ha riferimenti paradigmatici o teorici. È una costruzione che procede per
affermazioni di qualsiasi natura e tipologia che sanciscono la realtà. “Lo statuto di
realtà è l'affermazione della stessa (realtà) ed è conferito dalla forza retorica
dell'argomentazione a prescindere dall'esplicitazione delle categorie conoscitive poste
(come posto per l'asserzione). Il senso comune è autoreferenziale in quanto si legittima
eludendo il fondamento delle proprie affermazioni ed è 'comune' in quanto c'è
concordanza sul 'modo' in cui si afferma che qualcosa è reale (non tanto su ciò che si
afferma di per sé che può essere opinabile e dunque differente): proprio perché tale
condivisione resta implicita, la modalità si impone come dato di fatto nel suo produrre
la realtà.”
2
(Turchi, 2009). Il senso comune procede inoltre per affermazioni non
sottoponibili alla possibilità di essere falsificate e quindi di per sé tutte vere.
La differenza di queste due modalità di creare senso contribuisce nell'argomentazione di
questo elaborato a distinguere ciò che viene asserito da ciò che viene invece affermato
in merito alle organizzazioni, alla formazione e alla valutazione dell'efficacia. La
distinzione che abbiamo introdotto (tra senso comune e senso scientifico) risulta
cruciale quando si trattano temi di cui si occupano le scienze -logos, per la facilità con
cui si possono confondere le affermazioni e le asserzioni (essendo espresse entrambe
con lo stesso linguaggio).
Sebbene in maniera diversa, il linguaggio si manifesta, come abbiamo detto, in qualsiasi
conoscitiva comune e che risultano indiscutibili, pena lo svuotamento conoscitivo del paradigma
stesso” (Turchi, 2009, pg. 59-60)
2 Turchi, G.P. (2009). Dati senza numeri. Milano: Monduzzi Editore, pg.33
17
costruzione di senso (sia essa scientifica che comune): la differenza sta nel modo in cui
viene utilizzato. Si può parlare per l'appunto della sua valenza denotativa, connotativa
od ostensiva su cui ora ci soffermeremo e a cui faremo riferimento durante l'elaborato
per distinguere i costrutti incontrati dal lessico (altri elementi con cui è facile
confondersi tra senso scientifico e senso comune).
• Valenza denotativa: è la possibilità che dà il linguaggio di “indicare” un
oggetto percepibile anche in assenza di riferimento empirico. Ad esempio
possiamo parlare di “computer” ed essere compresi da altri parlanti anche se
questo non è presente perché esiste un riferimento empirico comune a cui
fare riferimento. Alla valenza denotativa del linguaggio è possibile
ricollegare il piano epistemologico del lessico: livello in cui il significato di
un termine è stabilito dall'uso che i parlanti ne fanno e quindi mutevole nel
tempo. Nell'esempio del computer, per conoscere il significato di tale unità
simbolica si consulta il dizionario.
• Valenza ostensiva: è stata introdotta da Wittgenstein (1957) e indica la
possibilità di un termine di variare il proprio significato non solo a seconda
del campo di applicazione, ma anche in riferimento dell'uso che ne viene
fatto, seguendo convenzioni che possono essere esplicite (e in questo caso
l'esplicitazione permette di collocarsi all'interno del senso scientifico) o
implicite (in questo caso invece ci si muove nel senso comune). Il piano
epistemologico è quello del costrutto e per poterlo utilizzare all'interno del
senso scientifico è necessario che vengano esplicitati i riferimenti teorici e le
“regole” di utilizzo nell'asserzione. Ad esempio il termine “organizzazione”
è un costrutto in quanto assume significati diversi a seconda della teoria
all'interno della quale lo consideriamo.
• Valenza connotativa: valenza del linguaggio che consente di generare per
una stessa parola significati diversi a seconda dell'ambito di utilizzo. Cioè, a
seconda del campo di applicazione il termine assume significati differenti.
La valenza collegata alla variazione d'uso si ricollega al piano
epistemologico del concetto. Ad esempio l'unità simbolica “lavoro” viene
definita all'interno della fisica classica come il prodotto della forza applicata
ad un corpo per lo spostamento ottenuto.
L=F*s
dove:
L = Lavoro in Joule
18
F = Forza applicata al corpo da spostare (in Newton)
s = Spostamento del corpo (in metri)
Si parla di significati diversi a seconda dell'ambito di utilizzo in quanto il
“lavoro” assume lo stesso significato in tutta la fisica, mentre in altri ambiti, ad
esempio quello giuridico, è declinato diversamente. Sul piano epistemologico del
concetto si adagiano nel senso scientifico quelle scienze che definiscono a priori
l'oggetto di indagine.
Se la distinzione tra lessico e concetto è marcata, poiché se si utilizza un concetto con
un'accezione diversa rispetto a quella dei campi di applicazione in cui ci si sta
muovendo è chiara la fuoriuscita dal senso scientifico, non si può dire la stessa cosa per
il costrutto. Se cioè utilizziamo l'unità simbolica “atomo” con un'altra accezione al di
fuori di quella definita dalla chimica è chiaro che ci si muove al di fuori del senso
scientifico; se invece utilizziamo l'unità simbolica “formazione” in psicologia, ma non
esplicitiamo la teoria a cui ci riferiamo, non è inequivocabile il significato a cui
facciamo riferimento (essendo la proliferazione in materia ampia e non avendo la stessa
definizione all'interno della stessa scienza) e quindi assume valore di lessico e non più
di costrutto. Per collocarsi nel senso scientifico e quindi riferirsi a un costrutto non si
può fare altrimenti che specificare la teoria di riferimento.
Quanto finora argomentato sarà più chiaro man mano che si procede con
l'argomentazione, per ora è sufficiente ricordare come per costruire senso all’interno
delle scienze –logos bisogna essere rigorosi, pena la fuoriuscita dal senso scientifico
stesso.
Scienze che si occupano dell'azienda
Riprendendo i temi cardine dell’elaborato, il contesto entro cui si svolgono gli interventi
formativi di interesse in questa trattazione è l'organizzazione. Spesso il termine
“organizzazione” viene utilizzato in modo intercambiabile con “azienda” e cominciamo
la nostra disamina proprio soffermandoci su queste due unità simboliche. Sebbene
vengano utilizzate come sinonimi dai parlanti (dal senso comune), si riferiscono a realtà
differenti nel senso scientifico e la riflessione presente si propone di esplicitarne
l'utilizzo. In questo elaborato per descrivere le unità simboliche di “azienda” e
“organizzazione” all'interno del senso scientifico faremo riferimento a tre discipline:
19
psicologia del lavoro, sociologia delle organizzazioni (scienze -logos) ed economia
aziendale (scienza -nomos). I criteri di scientificità di questi due modi di conoscere (-
logos e -nomos) sono diversi, anche se gli oggetti di conoscenza in questo caso sono i
medesimi (azienda e organizzazione). Andiamo a vedere come queste scienze
gestiscono la produzione di senso e come si muovono.
• Scienze -nomos: si occupano degli oggetti di conoscenza sui quali vengono
stabilite delle leggi. Le scienze nomotetiche si collocano a un livello di realismo
monista
3
e sono organizzazioni linguistiche espresse in forma di legge che
spiegano, deterministicamente, la relazione tra enti in termini di causa-effetto.
Le scienze -nomos procedono su un piano empirico e fanno riferimento a degli a
priori stabiliti come leggi aventi per definizione valore e non necessariamente
sottoponibili alla verifica dei fatti. Un esempio di scienza -nomos è l’eco-nomia.
• Scienze -logos: sono scienze discorsive, definite tali perché non utilizzano un
linguaggio proprio, bensì quello ordinario, cioè lo stesso della comunità dei
parlanti (come abbiamo visto nel paragrafo precedente). L'oggetto di conoscenza
di queste scienze sono i dati testuali e si caratterizzano per le produzioni
discorsive attorno al proprio oggetto di conoscenza. La generazione di senso
assume la forma dell'asserzione e si distingue dell'affermazione del senso
comune poiché esplicita le proprie categorie conoscitive. “La distinzione tra
asserzione, propria del senso scientifico, e affermazione, propria del senso
comune, risiede dunque nell'esplicitazione delle categorie conoscitive, ovvero
dei presupposti fondativi (e dunque dello statuto) che caratterizzano l'impiego di
un certo linguaggio.”
4
(Ivi)
Per completezza argomentativa descriviamo anche il terzo tipo di conoscenza (fino ad
ora disponibile grazie alla riflessione epistemologica) che si colloca all'interno del senso
scientifico: le scienze -ica. Queste scienze, anche se non sono protagoniste di questo
elaborato, le prendiamo in considerazione per l'influenza che hanno avuto sulle altre, in
particolare quelle -logos, e nel corso dell'argomentazione verranno fatti spesso
riferimenti.
• Scienze -ica: l'oggetto di indagine di queste scienze può essere o un ente
fattuale, e in questo caso si collocano a un livello di realismo monista, oppure il
prodotto di una pura astrazione categoriale, e in questo caso si collocano su un
3 I livelli di realismo saranno descritti nel paragrafo successivo
4 Si veda il primo paragrafo della premessa
20
livello concettuale
5
. Le scienze -ica si pongono a un livello empirico fattuale
nella formulazione di leggi e a uno concettuale quando si occupano di
configurazioni di realtà che non appartengono al piano sensoriale. Il linguaggio
utilizzato da queste scienze è proprio e formale. Un esempio è la chim-ica.
Ognuno di questi modi di conoscere (-ica, -nomos, -logos) risponde a dei precisi criteri
che gli consentono di appartenere al senso scientifico: se questi non vengono rispettati,
non si parla più di scienza (termine che utilizzeremo come sinonimo di senso
scientifico) ma di senso comune. Come abbiamo già anticipato, non sempre
l'assolvimento a tali criteri è manifesto e inequivocabile. Soprattutto per quanto riguarda
le scienze -logos, che utilizzano lo stesso linguaggio del senso comune, la linea di
demarcazione può essere appena percettibile, ma resta comunque imprescindibile e se la
si supera si fuoriesce dal senso scientifico. Di seguito una tabella riassuntiva dei criteri a
cui devono rispondere i vari modi di conoscere del senso scientifico sopra esposti.
Linguaggio Ordinario Linguaggio Formale
Affermazioni Asserzioni Asserzioni Asserzioni
SENSO COMUNE SCIENZE -LOGOS SCIENZE -ICA SCIENZE -
NOMOS
Criteri di
demarcazione fra
senso comune e
senso scientifico
/
Rigore
dell'argomentazione
Adeguatezza del
piano
epistemologico
Individuazione dell'ente
Precisione della misurazione
A determinare la scientificità o meno di una disciplina è quindi il modo in cui i
contenuti sono organizzati in un corpus teorico-concettuale epistemologicamente
fondato e argomentativamente rigoroso per le scienze -logos o individuando l'ente ed
essendo precisi nella sua misurazione per le scienze -ica e -nomos.
Scienza e livelli di realismo
Quanto abbiamo documentato finora rispetto alla divisione tra senso comune e senso
5 Per i livelli di realismo si veda il paragrafo successivo
21
scientifico prima e tra i vari modi di poter produrre conoscenza scientifica poi, si
caratterizza per il continuo riferimento a rigore, principi e fondamenti epistemologici.
La strutturazione e divisione rigida tra questi diversi modi di produrre senso si è
articolata nei secoli e tuttora è soggetta a evoluzioni. La necessità per qualsiasi tipo di
conoscenza che voglia dirsi scientifica di collocarsi epistemologicamente nasce ormai
più di quattro secoli fa: è a partire dal 1609, anno a cui viene fatta risalire la rivoluzione
copernicana, che si è cessato di parlare di realtà (unica e conoscibile) e si è cominciato a
parlare di realismo. Copernico ha rivoluzionato il modo di conoscere mostrando come
uno stesso oggetto conoscitivo potesse disporre di due dati contemporanei: quello
osservativo e quello percettivo. Il dato osservativo è possibile all’interno del senso
scientifico e viene rilevato grazie agli strumenti a disposizione dello scienziato, mentre
quello percettivo deriva dalla rilevazione degli organi di senso di cui tutti disponiamo e
viene definito senso comune appunto. Se ad esempio come oggetto conoscitivo
consideriamo il sole, come dato percettivo “vediamo” che sorge e tramonta (diciamo
infatti che “si muove”), ma se utilizziamo l'osservazione (e ci collochiamo quindi
all'interno del senso scientifico usufruendo degli strumenti di cui si può dotare in una
determinata epoca storica) possiamo asserire che l'astro sia fermo. Possiamo avere
quindi due “realtà”: il dato osservativo (sole fermo) e il dato percettivo (sole in
movimento), che con Copernico per la prima volta nella storia non coincidono. Si
comincia per questo a parlare di livelli diversi di realismo (e non più di realtà che per
definizione è una) per poter distinguere a quale dei due dati stiamo attingendo.
L'epistemologia si è occupata di definire quali siano i livelli di realismo possibili e quali
le regole che appartengono loro e che li caratterizzano essendo la “branca della teoria
generale della conoscenza che si occupa di problemi quali i fondamenti, i limiti, la
natura e le condizioni di validità del sapere scientifico […]; è lo studio dei criteri
generali che permettono di distinguere i giudizi di tipo scientifico da quelli di opinione
tipici delle costruzioni metafisiche e religiose, delle valutazioni etiche
6
”. La riflessione
epistemologica non è per il ricercatore-operatore “un lusso da lasciare alla
speculazione dotta ed occasionale, dal momento che egli è comunque implicato in atti
conoscitivi”.
7
E' proprio grazie a questa riflessione che si può individuare un campo
applicativo e di conseguenza l'oggetto di indagine, l'ambito di pertinenza della
disciplina e, a seguire, il piano operativo e le modalità con cui ci si accosta agli oggetti
di conoscenza. Per esemplificare, riprendendo uno dei temi centrali di questo elaborato,
6 Enciclopedia Garzanti, 1981
7 Salvini, A. (1998). Argomenti di psicologia clinica. Padova: Upsel Domeneghini Editore, pg. 15
22
se le organizzazioni sono l’oggetto di indagine, prima di poterle definire devo
collocarmi a un livello di realismo che mi consenta di stabilire la cornice teorica e le
operazioni coerenti che posso mettere in atto su ciò che conosco.
Fino ad oggi sono stati individuati tre livelli di realismo, corrispondenti ad altrettante
costruzioni di realtà che conoscono in tre distinti modi. Questi tre livelli esemplificano
le diverse relazioni che sono possibili tra “osservatore” e “osservato”, cioè tra le
categorie che consentono la conoscenza e su cui questa si basa e ciò che scaturisce dalla
conoscenza in quanto astrazione categoriale.
Di seguito i tre livelli:
• Realismo monista (ontologico): a questo livello la realtà è “data”, cioè esiste al
di là delle categorie conoscitive dell'osservatore. Il riferimento epistemologico è
l'ontologia ed è messa in evidenza la priorità dell'ente (dell'“osservato”) prima
delle categorie conoscitive utilizzate per conoscerlo. Le scienze che si basano su
questi presupposti si pongono in modo terzo (modalità che viene definita come
neutra e oggettiva) rispetto agli oggetti di conoscenza che si possono percepire
tramite gli organi di senso. La conoscenza che si crea è isomorfa alla realtà
stessa: la realtà di fatto e la teoria con la quale la si conosce si sovrappongono, le
teorie quindi coincidono con la realtà potendola identificare. L'oggetto di
indagine a questo livello di realismo giace su un piano empirico-fattuale e in
base a questo viene definito sia l'oggetto di indagine che le metodologie con il
quale osservarlo. Il realismo monista si basa su una concezione deterministica
della conoscenza e utilizza legami causa-effetto che individuano alcuni fattori
come in grado di determinarne altri e all'occorrenza questi si possono annullare
se l'effetto prodotto non è desiderato. A questo livello di realismo si possono
spiegare le relazioni tra gli enti con meccanismi e, ancor più importante, si
possono fare previsioni su ciò che si verificherà se si manipolano le variabili su
cui si lavora. Si collocano a un livello di realismo monista ad esempio la fisica
classica e il modello medico. Esemplificando quanto finora scritto sul realismo
monista, analizziamo in sintesi il modello medico: ha come oggetto di studio
l'unità anatomo funzionale (per senso comune il “corpo”) che ha aderenza sul
percetto (lo posso vedere e toccare) e se questa viene alterata da una patologia,
se ne ricerca l'eziologia (la causa) con l'obiettivo di eliminarla (annullare
l'effetto) per arrivare alla guarigione.
• Realismo ipotetico: a questo livello di realismo la realtà è postulata come
ontologicamente data, ma inconoscibile. Le teorie prodotte sulla realtà e la realtà
23
sono indipendenti, pertanto si possono elaborare teorie che siano approssimative
della realtà ma mai coincidenti con essa. Nel realismo ipotetico si adotta un
pluralismo conoscitivo come unica modalità in grado di garantire una visione
completa del fenomeno studiato: grazie al contributo delle varie prospettive che
si uniscono in un mosaico di conoscenza si può conoscere nel modo più preciso
possibile. Peculiarità di questo livello di realismo è che ogni teoria conosce e
caratterizza in modo diverso un'unica realtà e i diversi contributi sono
considerati ugualmente veri. Questa modalità di conoscere nasce a partire dalla
distinzione kantiana tra fenomeno e noumeno, cioè tra la cosa in sé pensabile ma
non conoscibile e la cosa come la si conosce. Per questo motivo, dato che
esistono diversi punti di vista su uno stesso oggetto di conoscenza, si adotta una
prospettiva pluralista e si ritiene possibile la sovrapposizione di diverse teorie e
metodologie. A questo livello di realismo si collocano ad esempio la psicologia e
la sociologia. Per osservare l'organizzazione (uno degli oggetti di studio di tali
scienze) viene spesso utilizzato un approccio integrato per averne una visione
più completa possibile.
• Realismo concettuale: a questo livello di realismo la realtà non esiste se non nel
momento in cui la si costruisce a partire dalle categorie conoscitive che si
utilizzano per descriverla. “Ciò che si descrive diviene reale in virtù dell'atto
conoscitivo stesso: è quest'ultimo che genera un 'conosciuto' (la configurazione
della realtà). Rispetto a tale statuto di realismo, i contenuti – il 'conosciuto' -
non hanno rilevanza conoscitiva, assumono invece rilevanza i processi di
costruzione della realtà, le modalità conoscitive messe in atto: interessa il
'come' piuttosto che il 'perché' ovvero la 'dimensione gnoseologica' assurge a
questione centrale: diviene l'oggetto di indagine.”
8
Non c'è quindi né realtà né
fatti in sé, ma solo arte-fatti (configurazioni) che sono costruiti per mezzo di
sistemi simbolici tra cui il linguaggio: questo è una modalità di conoscenza non
separabile dalle produzioni discorsive che nominano e descrivono le
configurazioni stesse. Un esempio di scienza che si colloca a questo livello di
realismo è la fisica quantistica che si dota di un'unità teorica senza aderenza sul
percetto e grazie a questo può descrivere ad esempio la radiazione e la materia
come fenomeni allo stesso tempo ondulatori e particellari (mettendo in crisi i
principi della fisica meccanica che, muovendosi a un livello di realismo monista,
8 Turchi, G.P. (2009). Dati senza numeri. Milano: Monduzzi Editore, pg. 29
24
non contemplano questa indeterminatezza introdotta da Heisenberg
9
).
Quello che si produce all'interno di questi tre livelli di realismo è possibile solo in virtù
del linguaggio che li ha generati e che si è distinto tra il senso scientifico, il senso
comune, la filosofia e la religione. Questi quattro sono gli usi del linguaggio che la
specie umana finora ha attuato e in questa sede ci occupiamo di quei due (senso comune
e scientifico) pertinenti alle argomentazioni dell'elaborato.
9 Lindley, D. (2008). Incertezza. Einstein, Heisenberg, Bohr e il principio di indeterminazione. Torino:
Tr.it. Einaudi, 2008.