IV
con il passare del tempo, si è affermata la consapevolezza del valore delle
persone, le quali non vengono più considerate solo come un “costo” (e quindi
una semplice voce del bilancio economico), ma come una risorsa sulla quale
investire costantemente. Questa importanza è confermata da un’aumentata
attenzione al mercato interno, in ottica di pianificazione e sviluppo del
personale, la quale si e poi concretizzata in un aumento degli investimenti
indirizzati verso la ricerca e l’applicazione di strumenti di valutazione che
rilevino la presenza di capacità, competenze ed abilità dell’individuo, tenendo
conto di due prospettive differenti: una, orientata al passato (valutazione delle
prestazioni), dove si analizza il contributo fornito dall’individuo che occupa
una data posizione funzionale al raggiungimento degli obiettivi
specificatamente assegnati; l’altra, orientata al futuro (valutazione del
potenziale), dove l’analisi e la valutazione hanno lo scopo di individuare quelle
caratteristiche dell’individuo sulle quali investire per soddisfare i programmati
fabbisogni di professionalità.
Il presente lavoro è diviso in due parti: nella prima viene affrontato il tema
della valutazione delle risorse umane con riferimento alle teorie ed ai metodi
più utilizzati; nella seconda parte viene presentato un caso pratico,
focalizzando l’attenzione sulle particolari modalità di valutazione adottate.
L’obiettivo che s’intende raggiungere è quello di comprendere come sia
maturata nel corso degli anni l’attenzione verso la valutazione (considerata
ormai come il presupposto essenziale per una gestione efficiente delle risorse
umane) e in che modo le imprese, in questo scenario turbolento ed
imprevedibile, affrontano il non facile tema della valutazione del potenziale.
Nel primo capitolo viene esaminata la “centralità” assunta dalle risorse
umane rispetto alle altre fonti di vantaggio competitivo, ponendo particolare
attenzione alla maniera in cui questo fattore determinante viene indirizzato in
maniera tale da essere compatibile con le strategie aziendali.
La valutazione è il tema dominante del secondo capitolo, nel quale vengono
altresì identificate ed illustrate le variabili che intervengono in un qualsiasi
V
processo valutativo; vengono poi chiarite ed analizzate le prime due dimensioni
(posizione e prestazione) sulle quali è incentrata la valutazione stessa.
Alla terza dimensione, il potenziale, viene dedicato il terzo capitolo dove, oltre
ad inquadrarlo in un’ottica di sistema con le altre due dimensioni, si analizzano
i metodi e gli strumenti utilizzati per la sua rilevazione. Il capitolo termina con
una breve riflessione sul futuro della valutazione.
Nel quarto capitolo viene approfondito lo strumento dell’Assessment Center,
esaminandone la storia, gli elementi caratterizzanti e le peculiari fasi del
processo.
I successivi capitoli, collocati nella seconda parte del lavoro, sono incentrati
sull’azienda italiana tra i leader mondiali nel settore degli elettrodomestici: la
Indesit Company S.p.A.. In particolare, dopo aver fornito dei cenni sulla sua
storia, si procederà con la presentazione dei sistemi di valutazione del
personale che l’azienda attualmente adotta, ponendo particolare enfasi
sull’Human Resource Review, lo strumento di valutazione del potenziale.
L’idea di questo lavoro è nata dall’esperienza effettuata nell’ambito di un
Project work dal titolo “Sistemi di valutazione delle risorse umane”
organizzato dall’“area Risorse Umane” dello stabilimento Indesit Company di
Melano Marischio. Il progetto, della durata di una settimana, poneva come
obiettivo quello di analizzare il sistema di valutazione delle prestazioni adottato
in azienda, denominato Performance Management System (PMS), nonché
quello di valutazione del potenziale, Human Resource Review (HRR).
Particolari ringraziamenti vanno espressi al dott. Giancarlo Esposito, per aver
indirizzato lo svolgimento del Project work presso la Indesit Company con
professionalità e competenza; al dott. Alessandro Rusciano, alle dott.sse Marta
Masullo e Claudia Stella va inoltre tutta la riconoscenza per aver suggerito
informazioni, dati e precisazioni utili per la corretta riuscita del presente
lavoro. Una personale gratitudine va infine espressa alla dott.ssa Concettina
Buccione per aver gestito con abilità ed esperienza il complesso di relazioni
università/azienda.
1
PARTE PRIMA
GESTIONE DELLE RISORSE UMANE: LA VALUTAZIONE
CAPITOLO PRIMO
LA CENTRALITA’ DELLE RISORSE UMANE
1.1 IL CAMBIAMENTO DELLA VISIONE DEL PERSONALE IN AZIENDA
L’azienda è per sua natura un sistema dinamico caratterizzato da continui
processi di cambiamento attivati dalle modifiche dell'ambiente esterno: le
trasformazioni di quest’ultimo provocano, dopo un certo tempo, un
cambiamento inevitabile della strategia aziendale che, a sua volta, conduce a
mutamenti nell'organizzazione. Infatti, lo scenario proposto negli ultimi
decenni è caratterizzato da un mercato turbolento ed imprevedibile dove le
pressioni competitive e la rapida evoluzione delle tecnologie hanno portato le
aziende, sia del settore pubblico che di quello privato, a modificare le strategie
di business, di marketing e del servizio al cliente, di processo produttivo e, non
ultime, quelle di gestione delle risorse umane. In queste condizioni la capacità
delle aziende di reagire rapidamente è fondamentale; l’obiettivo che essa deve
porsi non è quello di modificare l’ambiente, ma di adeguarsi ad esso.
2
Così facendo può acquisire una posizione di vantaggio competitivo difendibile.
La seguente Tabella 1 può essere considerata come una sintesi dei processi di
cambiamento in atto nelle organizzazioni; essi sono definiti change
management.
Tabella 1 – Processi di cambiamento
Da A
Quantità
Intuizione e approssimazione
Manager
Ideologie
Prendere le decisioni
Stabilità
Sicurezza
Rigidità
Improvvisazione
Gerarchia
Conflitto
Risorse
Sguardo rivolo all’interno
Passato e presente
Funzioni singole
Centralità
Tradizione
Costi - ricavi
Alternative binarie
Chiusura e protezione
…
Qualità
Informazione e analisi
Manager leader
Pragmatismo
Risolvere problemi
Cambiamento
Rischio calcolato
Flessibilità
Organizzazione e pianificazione
Rete di relazioni
Negoziazione
Ambiente
Sguardo rivolto all'esterno
Passato, presente e futuro
Sistemi/processi
Decentramento
Sperimentazione
Costi - benefici
Opzioni multiple
Apertura e competitività
...
Fonte: Enrico Autieri (2001)
1
1
E. AUTIERI, Management delle risorse umane, Guerini e associati, Milano, 2001
3
La logica conseguenza dei processi di cambiamento che sono avvenuti e che
stanno avvenendo tuttora sotto i nostri occhi è il passaggio da un’economia di
scala ad un’economia di flessibilità. Già nel 1993 Nacamulli
2
in un suo articolo
sosteneva che era ormai superata la concezione tradizionale delle
organizzazioni le quali non venivano più considerate come strutture fisse,
invariabili nel tempo, ma, come delle forme flessibili capaci di rigenerarsi
continuamente. «La capacità chiave delle organizzazioni alle soglie del
secondo millennio sarebbe dunque soprattutto quella di apprendere per
evolvere. In altre parole per le imprese del 2000 ed oltre varrebbe la metafora
dell’organizzazione come “cervello” per cui le loro “core competence”
consisterebbero nel continuo sviluppo delle proprie capacità cognitive».
Oggi, quindi, la “sopravvivenza” delle organizzazioni è legata a tre concetti
fondamentali:
1. il tempo, come variabile sempre più critica;
2. l’adozione di schemi organizzativi e modalità di funzionamento sempre più
snelli e flessibili;
3. una sempre maggiore attenzione all’elemento umano nell’organizzazione
sulla cui motivazione, valorizzazione e sviluppo si gioca buona parte del
successo delle imprese e delle istituzioni.
Sono proprio le persone e il modo con cui esse vengono gestite ad essere
considerate sempre più importanti, dal momento che molte altre fonti di
vantaggio competitivo saranno meno determinanti di quanto lo fossero in
passato. Le fonti tradizionali di successo – tecnologia di prodotti e di processo,
mercati protetti o regolamentati, accesso alle risorse finanziarie ed economie di
scala – sono sì ancora leve competitive, ma le competenze e le capacità
organizzative dei leader e delle persone che operano nell’impresa sono
comparativamente più vitali
3
. Borghese
4
, in un articolo pubblicato nel 2000 sul
periodico Sviluppo & Organizzazione, sottolinea quanto siano importanti le
2
R.C. D NACAMULLI, Capricci manageriali, Industrial economics o nuovi menù organizzativi?,
Sviluppo
& Organizzazione, n°137, 1993, pag. 29
3
E. AUTIERI, op cit., 2001
4
A. BORGHESE, Valore delle risorse umane e sviluppo del business, Sviluppo & Organizzazione,
n° 179 Maggio/Giugno 2000
4
risorse umane come fattori di lungo termine e quanto le aziende siano
scarsamente dotate di strumenti efficaci per governarle. Egli ritiene che la
causa vada ricercata in due caratteristiche degli interventi nel campo delle
risorse umane:
1- la difficoltà, insita in molte pratiche organizzative, di conseguire
risultati di medio e lungo termine;
2- la mancanza di un legame chiaro tra le azioni nel campo del personale e
gli aspetti cruciali dell’attività dell’azienda.
Invero, le aziende, nel realizzare le varie attività che riguardano le risorse
umane, non sono tutte uguali; più precisamente è ancora abbastanza
diversificata l'attenzione dedicata alla gestione del personale. Per esempio, ci
sono imprese per le quali gestione del personale significa in fondo una
semplice applicazione delle norme, sia di legge che di contratto, che riguardano
il rapporto di lavoro. Ci sono poi altre aziende, che si possono definire un po'
più avanzate, che guardano già con un occhio di maggiore riguardo alle
persone che lavorano al loro interno; per queste aziende, fare gestione del
personale significa considerare le persone in quanto tali, aventi quindi, altre
esigenze e necessità oltre quella dell'essere amministrate e retribuite. Ma le
iniziative che sono prese nei loro confronti sono comunque poco coinvolgenti,
poco partecipativi, quasi che le persone e l’azienda fossero due entità da tenere
ben distinti e che non ci fosse un collegamento stretto fra la gestione delle
persone e il raggiungimento degli obiettivi dell'impresa. Negli ultimi tempi,
però, dati i continui e repentini cambiamenti, ciò che fa davvero la differenza
in termini di competitività del prodotto o del servizio, è il modo in cui quel
prodotto o servizio è confezionato, realizzato, offerto e garantito al cliente; e
tutto questo dipende sempre di più dal modo di lavorare delle persone.
Alla luce di queste considerazioni, prende sempre più corpo una terza categoria
di imprese, quelle in cui le attività della gestione del personale sono in stretto
collegamento con gli obiettivi di competitività e di sviluppo dell'azienda stessa.
In questo contesto, si possono definire le politiche come scelte, implicite o
5
esplicite, di criteri operativi e comportamenti desiderati, all'interno di una
pluralità di alternative possibili e in coerenza con i valori perseguiti. In queste
aziende, si innova nella gestione del personale, si migliorano le metodologie, si
attivano strumenti nuovi in modo da assicurare sempre alle persone un
collegamento stretto in sintonia continua con gli obiettivi aziendali per
consentirne il raggiungimento. Queste sono le imprese eccellenti nella
gestione del personale e questa eccellenza si riscontra puntualmente nella
qualità del prodotto/servizio percepita dal consumatore finale.
Come si può notare anche dalla Tabella 1, una delle tematiche oggetto di
cambiamento è la “qualità”
5
. Intorno a questa semplice parola ruotano diversi
significati che hanno una propria evoluzione storica strettamente legata a quella
delle aziende e del loro rapporto con il mercato (Tabella 2).
Il primo studioso che si è occupato dell’importante ruolo delle risorse umane
nell’ambito del controllo totale di qualità
6
è P. B. Crosby (1979)
7
. Egli ritiene
che questa risorsa sia un investimento strategico che genera profitto e non
esclusivamente costi.
5
Per approfondimenti sul tema della qualità, si veda: L. BONECHI, Evoluzione del concetto di qualità, II
edizione, Giappichelli, Torino, 1996; G. BELLANDI, La misurazione della qualità: un sistema tramite
indicatori di performance, Etas Libri, Milano, 1996
6
Il “controllo totale di qualità” diventa uno strumento di direzione aziendale a partire dagli anni ’80; il
padre fondatore di questa teoria è considerato A. V. Feigenbaum (1983). Il controllo è totale in quanto è
esteso alle più importanti funzioni aziendali.
7
P.B. CROSBY, Quality is free, New American Library, New York, 1979
6
Tabella 2 – Evoluzione storica delle tematiche legate alla qualità
Fonte: G. Mattana (1995)
8
8
G. MATTANA, Qualità, affidabilità e certificazione, F. Angeli, Milano, 1995
Periodo
storico
Evoluzione
del concetto di
qualità
Evoluzione delle
tecniche e
approcci alla
qualità
Evoluzione
delle aree
aziendali
coinvolte
Evoluzione
dell’ampiezza
delle aree
coinvolte
1920 Qualità del
prodotto
Ispezione Collaudo finale Limitato al
prodotto interno
all’azienda
1930 Qualità della
produzione
Controllo di
produzione
Produzione
1940 Controllo statistico
di qualità
1950 Qualità del
progetto
Affidabilità
Manutenibilità
Progettazione
1960 Qualità dei
processi
organizzativi
Controllo totale di
qualità
Altre funzioni
aziendali
Non limitato al
prodotto interno
1970 Soddisfazione
del cliente
Assicurazione di
qualità
Organizzazione
dell’azienda
Esterno
all’azienda
1980 Eccellenza
dell’azienda
Sistemi dinamici di
qualità
Gestione
dell’azienda
Non più limitato
al breve periodo
1990 Immagine del
Paese
Sistemi/Campagne
per la qualità
Nazioni Esteso alle
istituzioni
pubbliche, ai
servizi,
all’assimilazione
della cultura
della qualità
7
Oggi, il concetto di qualità è legato fortemente anche alle risorse umane;
diversi autori lo utilizzano e ne danno una loro interpretazione.
W. Levati
9
sostiene che, rispetto alla prestazione lavorativa, oggi si tende più a
valorizzare l’efficacia, cioè l’aspetto della qualità complessiva, che
l’efficienza, la quale si connette più a elementi quantitativi. Vale a dire che
quel che conta ed interessa non è il lavorare di più ma lavorare meglio.
Autieri
10
., ritiene che qualità ed efficacia, sia dell’organizzazione delle imprese
che delle risorse umane, siano oggi fattori essenziali di vantaggio competitivo.
Dice anche: «a differenza del passato, la chiave del successo, non è più la
qualità e la quantità delle risorse disponibili, ma il modo in cui esse sono
effettivamente organizzate ed utilizzate»
Connock
11
parla di forza lavoro di qualità e cioè di una forza lavoro produttiva,
addestrata, flessibile ed innovativa. Egli si sofferma, poi, sui diversi aspetti che
per lui ha questo concetto quali: orientamento al servizio ai clienti;
responsabilità personale per i risultati qualitativi; personale addestrato e
sviluppato per soddisfare le esigenze qualitative; coinvolgimento del personale
in ogni aspetto riguardante la qualità; programmi di comunicazione e
d’identificazione e rafforzamento della qualità; ricerca del miglioramento
continuo; conoscenza ed identificazione con la qualità del personale ad ogni
livello.
Del Pianto
12
, in un’ottica di qualità che investe tutta l’organizzazione, afferma
che: «la risorsa umana è un valore; è sicuramente un patrimonio che può
contribuire a realizzare risultati di qualità. Tra le cose importanti perché questo
9
W. LEVATI, L’analisi e la valutazione del potenziale delle risorse umane, F. Angeli, Milano, 1999,
pag. 14
10
E. AUTIERI, op. cit., 2001, pag. 270
11
S. CONNOCK, La visione delle risorse umane, F. Angeli, 1999, pag. 19
12
E. DEL PIANTO, Assessment center, F. Angeli, 1993, pag. 21.
8
accada, c'è il fatto di cominciare a guardare alla risorsa umana non solo come
ad un lavoratore dipendente che deve produrre, ma anche come ad un
lavoratore cliente che gradisce lavorare e perciò è produttivo».
Anche se il concetto di qualità risulta interpretato in modi differenti, si può
affermare che l’unico comune denominatore tra gli autori è il pensiero di fondo
su cui si basano le teorie sopra esposte e cioè che oggi, la visione delle risorse
umane è differente rispetto al passato: le persone assumono un ruolo primario
nell’organizzazione; esse non sono considerate più come meri esecutori delle
decisioni strategiche, ma sono essi stessi oggetto di pianificazione tanto che si
parla di soddisfazione del cliente interno come premessa per la soddisfazione
del cliente finale (la gestione strategica delle risorse umane, infatti, è
strettamente coordinata con le scelte di business). Nasce quindi un diverso
rapporto tra azienda e dipendente, perché oltre a quanto stabilito nel contratto
di lavoro e dalle norme di legge (il dipendente deve essere “organizzato,
disciplinato, controllato”), c'è un altro aspetto al quale le aziende devono
guardare con rinnovata attenzione: il dipendente va “capito, motivato,
orientato”. Solo così si realizza, infatti, il passaggio da un lavoratore
subordinato che “ha l'obbligo di lavorare” ad un dipendente-cliente che
“gradisce lavorare” e che perciò è maggiormente disponibile a dare il suo
apporto professionale, a collaborare alla realizzazione degli obiettivi aziendali,
ad essere “fidelizzato” al sistema in cui è inserito (Figura 1).
“Fidelizzare” un dipendente come un cliente non significa solo trattenerlo in
azienda, ma creare le condizioni per un continuo e consapevole rinnovo della
scelta fatta al momento dell'assunzione, dando per scontato che la non
riconferma da parte del dipendente stesso può costituire un grave danno per
l’azienda, grave, forse, più della perdita di un cliente.
Il marketing interno
13
deve quindi armonizzare i bisogni dell'azienda con
quelli dei dipendenti.
13
Per approfondimenti sul marketing interno, si veda: G. COSTA, Manuale di gestione del personale,
volume I, Utet, Torino, 1992