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PREMESSA
Nella gestione bancaria, la concessione dei prestiti costituisce ancora una parte fondamentale
dell’attività bancaria.
La dimensione della banca, il territorio in cui opera, obiettivi dell’istituto creditizio e del
management sono i fattori principali che costituiscono l’area del credito.
Negli ultimi anni le più recenti teorie hanno evidenziato come sia importante valutare il rischio di
credito in base ad un sistema informativo (relativo al cliente, settore e mercati) che la banca deve
esser in grado di valutare, portando ad avere giudizi che possono essere ricompresi con in valori che
si è prefissati. Ovviamente, in base alla valutazione che si è ottenuta, la banca deciderà di
personalizzare il prestito modulando il tasso di interesse in base alla forma tecnica, durata, utilizzo,
rimborso e garanzie, invece quando non si raggiungono i valori desiderati, la banca decidi di non
concedere il prestito per rischi alti o onerosità elevata.
Ogni banca, quindi, adotta una politica dei prestiti propria ed è l’insieme di scelte in materia di:
1. ammontare delle risorse destinate ai finanziamenti della clientela, quindi composizione
quantitativa
2. composizione qualitativa
3. valutazione e selezione del credito
Il primo punto dipende da fattori interni quali: redditività e per cui dal margine di intermediazione
che si vuole raggiungere, rafforzamento dei legame con la clientela, caratteristiche della raccolta e
struttura finanziaria, scelta delle valutazioni in fase di screening e monitoring; fattori esterni come
struttura e funzionamento del sistema finanziario, natura dell’attività dei richiedenti( PMI, famiglie
e P.A.) e vigilanza sulle banche.
La composizione qualitativa invece dipende dall’intera somma di prestiti che la banca concede
quindi si cerca di abbassare l’incidenza della perdita inattesa in base ad un sistema di
diversificazione del credito di tipo settoriale, geografica, tecnica-contrattuali e frazionamento dei in
base al cliente.
Il terzo punto invece riguarda tutte le tecniche e i modi per valutare il rischio di credito in base a
criteri statistico-patrimoniali e dinamico-reddituali. Questi indicatori variano in funzione alla tutela
dal rischio di perdita e della puntualità dei pagamenti e del rimborso del credito.
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In questa tesi si dimostrano i principali passaggi per la concessione del credito mediante quattro
capitoli:
1. metodologie di valutazione del rischio di credito
2. gli step per la valutazione del prestito
3. il pricing e riflessione sulla gestione del rischio
4. il caso pratico
Nel primo capitolo sono oggetto di studio i vari modelli di scoring ed il rischio di recupero e la
perdita in caso di default.
Nel secondo invece si evidenziano accuratamente cosa la banca deve valutare per la concessione del
credito in base alla tipologia di prestiti e clienti.
Nel terzo si osserva come il rating influenza il pricing di un credito e si riflette come il pricing può
incidere sulla gestione del rischio.
Infine nel caso empirico si rappresenta un caso dove una società ha richiesto un prestito alla Bcc
Del Garda, dove ho effettuato lo stage, e si evidenziano i passaggi principali e le valutazioni
effettuate nello specifico.
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1. METODOLOGIE DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO
1.1 INTRODUZIONE
IL rischio di credito si intende la possibilità che una variazione inattesa del merito creditizio di una
controparte generi una corrispondente variazione inattesa del valore corrente della relativa
esposizione creditizia.
Per valore corrente si intende che le esposizione siano iscritte in bilancio secondo fair value, quindi
non in base al valore storico, ma in base il valore secondo per cui un soggetto indipendente
attribuisce una valore all’esposizione se questa venisse ceduta.
Il rischio di credito racchiude tre concetti:
• Rischio di insolvenza e di migrazione, dove il rischio di credito è visto come il
deterioramento del credito, oppure la semplice totale perdita del credito
• Rischio come evento inatteso, nel senso che è un evento aleatorio, infatti se la banca si
aspetta un deterioramento della qualità del credito concesso, allora sarebbe opportunamente
stimato e valutato nella decisione di affidamento e nella determinazione del pricing del
tasso attivo.
• Esposizioni creditizie, in modo che il rischio di credito sia limitato agli impieghi che ha in
essere una banca iscritti in bilancio ma anche alle posizioni fuori bilancio come le garanzie
prestate e i titoli derivati negoziati over the counter.
Importante nel rischio di credito è distinguere tra perdita attesa e inattesa.
La perdita inattesa è il vero rischio di credito, cioè la perdita che la banca non si aspetta
sull’esposizione creditizia.
La perdita attesa invece è rappresentata dal valore medio della distribuzione delle perdite. Essa
viene stimata ex-ante dalla banca che si copre aggiungendo uno spread sul tasso applicato dal
richiedente.
Il modo più semplice per quantificare la perdita attesa è la deviazione standard.
Tra le due perdite non c’è solamente una distinzione puramente teorica, ma si rifletta sul pricing di
ogni singolo prestito. Infatti, la perdita attesa trova copertura in un adeguato ammontare di riserve
ed è poi trasferita direttamente sul tasso di interesse a carico del richiedente. La perdita inattesa
invece deve trovare copertura in un’ottica patrimoniale e dunque rappresenta il capitale economico
assorbito dal credito.
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Ci sono tre parametri per la stima della perdita attesa:
• EAD, ovvero il valore atteso in caso di insolvenza,
• LGD, che è il tasso di perdita atteso in caso di insolvenza,
• PD, cioè la probabilità di default della controparte.
In un portafoglio è utile considerare entrambi i fattori, perché la perdita inattesa non può esser
eliminata mentre la perdita attesa con un’attenta diversificazione può esser almeno limitata se non
del tutto eliminata.
Negli ultimi anni ci sono state grandi innovazioni sulla misurazione e la gestione del rischio di
credito da parte delle banche dal punto di vista tecnico.
Infatti vi è lo sviluppo di modelli utili alla banca per quantificare il grado di rischio delle
esposizioni creditizie e di quantificarne le perdite future.
Tra questi vi sono sviluppati i modelli per la previsione dell’insolvenza di un’impresa che sono di
natura statistica noti come modelli di scoring. Questi utilizzano come input i principali indici
economici-finanziari di un’impresa e attribuiscono a loro una ponderazione che riflette sulla stima
della probabilità di insolvenza. Si giunge così ad una valutazione sintetizzata in un valore numerico
chiamato score.
Ci sono tre categorie di modelli di scoring: l’analisi discriminante lineare, i modelli di regressione e
infine alcuni modelli induttivi
1.2 L’ANALISI DISCRIMINANTE LINEARE
1.2.1 LA FUNZIONE DISCRIMINANTE
L’analisi discriminante lineare si basa sull’identificazione delle variabili, tipicamente indici
economico-finanziari di natura contabile, che consentono di distinguere tra imprese affidabili o
imprese anomale che possono esser risultate insolventi o in sofferenza.
Questa analisi usa informazioni tratte dai dati di un campione di imprese per confrontare tra le due
tipologie di categoria.
Un esempio aiuta a spiegare questa forma di analisi:
si raccolgono i dati delle imprese e si prendono in considerazione due indici, quali:
il primo sono gli oneri finanziari sul fatturato mentre il secondo sono gli sconfinamenti che ha
un’impresa sul fido concesso.
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La tabella 1, riporta i dati:
Imprese
affidabili
X1: oneri
finanziari
In %
X2:
sconfinamenti
in %
Imprese
insolventi
X1: oneri
finanziari
in %
X2:
sconfinamenti
in %
1 0 0 25 74 36
2 72 40 26 85 10
3 75 31 27 67 42
4 7 2 28 71 38
5 2 0 29 70 43
6 1 2 30 72 64
7 27 5 31 52 37
8 42 3 32 81 32
9 36 12 33 60 51
10 12 9 34 72 0
11 65 25 35 58 6
12 16 9 36 64 11
13 45 5 37 55 21
14 0 0 38 65 47
15 65 0
16 16 2
17 70 33
18 29 15
19 0 32
20 0 0
21 54 19
22 9 0
23 0 4
24 57 24
VALORI
MEDI
29.1 11.3 67.4 31.2
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Lo score, quindi il valore che si attribuisce all’impresa deriva dalla combinazione lineare delle
variabili e sarà quindi dato da:
ij
n
j
j i
x y z
∑
=1
: [1.1]
Si tiene presente che le variabili vengono scelte per discriminare in modo più netto le due categorie
di imprese in modo da massimizzare la distanza tra le due medie Za e Zb che prendono il nome di
centroidi. Si vuole poi arrivare che le imprese sane abbiano valori più simili tra loro e più distanti da
quelle non sane.
Questa condizione viene dimostrata se il vettore dei coefficienti è calcolato come segue:
[1.2]
Dove ∑ rappresenta la matrice di varianze/covarianze, mentre Xi rappresenta le medie delle due
imprese.
Inoltre i dati vengono rilevati qualche mese prima e non al momento d’insolvenza delle imprese,
questo per individuare se il modello funziona nel prossimo futuro.
Ovviamente la prima variabile in questione avrà un peso specifico più alto rispetto alla seconda.
Poi si può notare dai dati che in media le imprese non sane hanno valori alti rispetto alle imprese
definite sane per cui si potrebbe arrivare già ad una approssimativa deduzione.
Infatti le medie risultate di
a
x =
11 . 0
29 . 0
mentre di
b
x =
31 . 0
67 . 0
In modo analitico, per ottenere lo score z in modo da massimizzare la distanza tra le imprese è
necessario ricavare i coefficienti
j
y . Dovremmo conoscere ∑, cioè la matrice varianze/covarianze
tra le due variabili naturali che risulta:
−
−
=
∑
−
9 . 51
3 . 14
3 . 14
4 . 23
1
) (
1
b a
x x y − =
∑
−