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CAPITOLO INTRODUTTIVO
“Conoscere per deliberare”
Luigi Einaudi 1964, p.2
Origine e obiettivi della tesi
Ho iniziato a conoscere il tema della valutazione delle politiche pubbliche durante il
corso di Politica Economica, tenuto dal Prof. Brugnoli.
La mia attenzione è stata catturata in particolare nel momento in cui sono stati esposti i
primi casi applicativi, infatti per me era cosa totalmente nuova apprendere che sia
possibile esprimere in modo scientifico il successo di una determinata politica.
Iniziai ad approfondire personalmente questo argomento e lo portai persino fuori dalle
aule dell’Università. Mi sto riferendo all’esperienza avuta nel piccolo comune dove
vivo, Monte Marenzo, nel quale sono membro della Commissione Giovani. Questa
commissione ha tra le sue funzioni quella di monitorare e verificare progetti, attività e
interventi rivolti a bambini, ragazzi e adolescenti. Da lì capii che tra il dire dei manuali e
il fare della realtà c’era veramente un mare di difficoltà e questo lavoro forse è la
risposta a questa sfida, che ancora oggi è comunque aperta.
Per capire l’importanza della valutazione, ho dovuto approdare in una realtà
metropolitana come quella della città di Milano, dove ho vissuto due esperienze che
definitivamente mi hanno convinto ad approfondire in maniera seria questa tematica.
La prima è il convegno del 23 marzo 2012, promosso dalla Fondazione Cariplo e dalla
Fondazione Pera, alla quale hanno partecipato il senatore Pietro Ichino e il presidente di
Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, in cui si è discusso degli esperimenti controllati
come metodo pragmatico per disegnare politiche pubbliche più efficaci.
La seconda è il mio tirocinio presso Éupolis Lombardia (Istituto superiore per la ricerca,
la statistica e la formazione di Regione Lombardia) dove, con l’aiuto del Dott. Dal
Bianco, ho provato personalmente a sviluppare una valutazione d’impatto vera e
propria, descritta nella seconda parte dell’elaborato.
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Ritengo inoltre che la questione della valutazione delle politiche pubbliche sia cruciale
in questo tempo di crisi (economica, politica, morale e di welfare state) e di rapporti
sempre più stretti e difficili con i livelli decisionali sovranazionali.
Come noto, nel passato, una spesa pubblica che garantiva redistribuzione del reddito, ha
rappresentato il lubrificante del processo di crescita economica del nostro Paese. Ora
però questo strumento non può più essere utilizzato con assiduità a causa della necessità
di ridurre drasticamente la spesa per contenere il livello già elevatissimo del debito
pubblico italiano, al momento in cui scrivo pari a circa 32.000 di euro pro capite.
L’esigenza di rivedere la spesa offre tuttavia alcune opportunità per rivedere le priorità
degli interventi dello Stato, eliminando gli sprechi e concentrando invece gli interventi
sulle azioni che si rivelano più efficaci nel raggiungere gli obiettivi prefissati.
Pur non auspicando la realizzazione delle teorie di Donald T. Campbell che ipotizzò
negli anni sessanta che la diffusione della valutazione avrebbe potuto realizzare quella
che lui stesso definiva “l’utopia della società sperimentale”, possiamo affermare che
valutare il rendimento delle istituzioni e l’efficacia delle politiche diviene fondamentale,
per affrontare al meglio questo momento di cambiamento.
In questo periodo inoltre crescono le dichiarazioni di grande insoddisfazione nei
confronti della pubblica amministrazione italiana, accusata di incontrare troppe
difficoltà nel fornire risposte adeguate ai bisogni dei cittadini. La valutazione, come
dimostreremo in seguito, potrebbe essere d’aiuto alle pubbliche amministrazioni, nel
riacquistare la fiducia persa nel tempo.
La valutazione degli effetti di politiche pubbliche, come sostengono Martini e Trivellato
(2012), è pratica corrente in molti paesi sviluppati così come in alcuni paesi emergenti,
tra i quali spicca il Messico. Nel nostro Paese, come affermano Martini e Sisti (2009), la
pratica della valutazione delle politiche, sconta molte difficoltà e quindi fatica a
decollare. Su alcuni fronti, tuttavia, si colgono anche segnali positivi, come l’aumento
di studi in merito anche se condotti in larga misura per iniziativa di ricercatori e un
crescente numero di istituzioni pubbliche e centri di ricerca come l’Associazione
Italiana di Valutazione (AIV), il progetto Controllo delle Assemblee sulle Politiche e gli
Interventi Regionali (CAPIRe), la Rete dei nuclei di valutazione e verifica (ReteNuvv
per la Conferenza Stato-Regioni), il Nucleo di Valutazione e Verifica degli Investimenti
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Pubblici (per il Dipartimento per le politiche di sviluppo) e il Progetto Nuval (per
Formez). Infine ha esercitato un’influenza decisiva sulla crescita e la diffusione di
questa disciplina in Italia, la Commissione europea, in particolare la Direzione generale
per le Politiche regionali (DG-Regio) e quella per le Politiche del lavoro (DG-
Employment), imponendo e finanziando la valutazione dei fondi strutturali.
Ritengo quindi necessario rimarcare quanto sia importante per una nazione che vuole
rimanere protagonista nel panorama mondiale, mettere in campo un sistema di
valutazione dei propri interventi moderno, diffuso e attento alle particolari esigenze
informative.
Infine sottolineo che anche l’oggetto di studio della mia applicazione, le politiche
regionali europee, in particolare il POR FESR 2007-2013, sono fondamentali per
cercare di contrastare la crisi economica, alimentando il motore della competitività
sull’intero territorio dell’Unione Europea.
Struttura della tesi
Il mio lavoro si suddivide in due parti, la prima è quella che riguarda la parte teorica e
alcuni aspetti metodologici della valutazione delle politiche pubbliche, la seconda
invece descrive l’applicazione implementata durante il mio tirocinio presso l’istituto
Éupolis Lombardia.
I primi due capitoli della prima parte introducono il tema della valutazione degli effetti
delle politiche pubbliche, andando ad analizzare il significato della valutazione e delle
politiche pubbliche. Il terzo capitolo è il cuore teorico del mio lavoro, nel quale si
portano i maggiori contributi presenti nella letteratura odierna, sia in ambito italiano che
internazionale. Il quarto e il quinto capitolo analizzano alcune delle metodologie
adottate più frequentemente in questo ambito: il metodo sperimentale e i metodi non
sperimentali.
I primi due capitoli della seconda parte cercano di introdurre al meglio la politica
pubblica analizzata e il metodo utilizzato: il POR FESR 2007-2013 in Lombardia e
l’analisi input - output. Il terzo e quarto capitolo riportano rispettivamente la costruzione
del modello ad hoc utilizzato per l’applicazione e i risultati della valutazione d’impatto
effettuata. L’ultimo capitolo integra il lavoro svolto con la descrizione delle funzionalità
di un ulteriore strumento applicativo per la valutazione d’impatto: Regolo@.
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PARTE PRIMA
1. LA VALUTAZIONE
“Valutare è operazione inquietante”
Dante Bellamio 2002, p.7
Introduzione
Secondo Palumbo (1998) non appena assegniamo un valore oppure formuliamo un
giudizio in qualsiasi ambito di attività intellettuale, vuol dire che stiamo valutando.
Tutti i giorni, ad ognuno di noi, capita di valutare: quando consideriamo un prodotto
troppo caro, quando giudichiamo una situazione troppo pericolosa o ancora quando
decidiamo di andare al lavoro utilizzando i mezzi pubblici, piuttosto che in macchina.
È facile allora comprendere che il termine “valutazione” si presta facilmente agli utilizzi
più vari e assuma significati differenti in contesti differenti, specialmente in ambito
pubblico, come rilevano Martini e Sisti (2009).
In questi ultimi decenni ad alimentare questa confusione terminologica, si sono aggiunte
le accezioni giuridiche particolari derivanti dalla produzione normativa europea e
nazionale oltre che l’utilizzo improprio del corrispondente termine in lingua inglese.
Per questo ci si è voluti soffermare sul significato della parola "valutazione", senza
avere la pretesa di elaborare una sintesi onnicomprensiva, ma dandone una spiegazione
semplice e pragmatica, per far capire meglio come verrà impiegata nei prossimi capitoli.
1.1.Le definizioni di valutazione
Come conferma Palumbo (2007) le definizioni di valutazione attualmente in
circolazione, sia in ambito accademico che professionale, sono numerose e variamente
argomentate, tra queste se ne propongono alcune tra quelle ritenute più significative e
esplicative.
La definizione data dallo stesso Palumbo (2007, p.20) è la seguente:
“La valutazione è un’attività cognitiva rivolta a fornire un giudizio su di
un’azione (o complesso di azioni coordinate) intenzionalmente svolta o che si intende
svolgere, destinata a produrre effetti esterni, che si fonda su attività di ricerca delle
scienze sociali e che segue procedure rigorose e codificabili”.
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Per Martini e Sisti (2009, p.21), la valutazione riferita all’ambito pubblico “è un’attività
tesa alla produzione sistematica di informazioni per dare giudizi su azioni pubbliche,
con l’intento di migliorarle.”
Per sciogliere questo nodo di Gordio terminologico, sono intervenute persino l’OCSE e
la Banca Mondiale che nel 2002 hanno pubblicato, in tre lingue “Il glossario dei
principali termini usati in valutazione e gestione basata sui risultati”
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, nel quale sotto il
termine valutazione troviamo:
“… l’apprezzamento sistematico e oggettivo su formulazione, realizzazione ed
esiti di un progetto, programma o politica di sviluppo che si fa in corso d’opera o dopo
il completamento delle attività previste. Essa si propone di esprimere un giudizio sulla
rilevanza e il raggiungimento degli obiettivi, su efficienza, efficacia, impatto e
sostenibilità. Una valutazione dovrebbe fornire informazioni credibili e utili e
consentire ai beneficiari e ai donatori l’integrazione degli insegnamenti appresi nei
loro processi decisionali …”
Infine si propone la definizione contenuta nella raccolta Means for Evaluating Actions
of a Structural Nature (1999), promossa dalla Commissione Europea, che possiamo
considerare come punto di riferimento per la valutazione dei programmi finanziati
dall’Unione Europea:
“ La valutazione dell’intervento pubblico consiste nel giudicare il suo valore in
relazione a criteri espliciti, e sulla base di informazioni che siano state raccolte e
analizzate specificatamente”.
Per iniziare a comprendere in che cosa consista la valutazione, diviene utile tentare di
estrapolare dalle precedenti definizioni gli elementi costitutivi comuni, i quali sono
riassunti nella figura 1.1.
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La traduzione italiana del documento è stata curata dall’Unità di valutazione della Direzione generale
per la cooperazione allo sviluppo (Dgcs) del Ministero degli Affari Esteri in collaborazione con
l’Associazione italiana di valutazione (Aiv).
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Figura 1.1.Elementi comuni nelle definizioni del termine “valutazione”.
Fonte: elaborazione dell’autore.
Tutte le precedenti definizioni concordano sul fatto che ogni tentativo di valutazione
comporta sempre l’espressione di un giudizio, sia esso di stampo qualitativo o
quantitativo.
Questo giudizio può avere come oggetto un’azione intenzionalmente svolta o che si
intende svolgere (Palumbo); le azioni pubbliche (Martini e Sisti) intese come attività
realizzate, o anche solo programmate, nella pubblica amministrazione; la rilevanza e il
raggiungimento degli obiettivi, efficienza, efficacia, impatto e sostenibilità (OCSE e
Banca Mondiale) o il valore dell’intervento pubblico (MEANS).
Per Martini e Sisti (2009) la valutazione comporta sempre l’espressione di un giudizio
basato su un qualche tipo di confronto, quindi senza un confronto non si può avere
valutazione.
Secondo Moro (2005) non spetta direttamente al valutatore formulare in maniera
esplicita tale giudizio, ma il suo compito è solamente quello di fornire al decisore
informazioni rilevanti per renderlo il più possibile consapevole delle proprie decisioni.
Bisogna ricordare anche che la formulazione di un qualsiasi giudizio è naturalmente
meno problematica quanto più i criteri, sui quali esso si basa, sono condivisi in un certo
contesto sociale e decisionale.
La valutazione prevede anche una determinata sistematicità nella produzione di
informazioni. Fare valutazione significa allora ricorre alla metodologia della ricerca
scientifica, in particolare utilizzando gli strumenti di analisi mutuati dalle scienze sociali
e quindi raccogliere informazioni per poi elaborarle e interpretarle in modo trasparente,
ripetibile, controllabile e condivisibile intersoggettivamente (Martini e Sisti, 2009).
FORMULAZIONE DI
UN GIUDIZIO
SISTEMATICITA'
NELLA PRODUZIONE
DI INFORMAZIONI
INTENTO
MIGLIORATIVO
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In questo senso la valutazione si distingue dalle espressioni di considerazioni di
carattere personale e soggettivo, che si fondano sull’esistenza di gusti e sensibilità
individuali, per questo non consideriamo come un’attività valutativa la critica artistica
di un quadro di Van Gogh.
La valutazione infine, incorpora un fondamentale intento migliorativo e senza questa
aspirazione, secondo Martini e Sisti (2007), non si capirebbero le motivazioni profonde
della valutazione stessa.
Come ben rilevato da Martini e Sisti (2009), non si valuta per il piacere di valutare ma
per migliorare le decisioni e le attività pubbliche. Valutare, in questo senso, non è
semplicemente raccogliere informazioni per poi elaborarle e interpretarle, ma questa
attività deve essere utile ai terzi, meglio ancora se decisori pubblici.
Nell’intento migliorativo possiamo scorgere anche una particolare attenzione alle
esigenze conoscitive che alcuni individui nutrono nei confronti dell’intervento che viene
indagato, infatti, come confermano Martini e Sisti (2009), se non è ben chiaro chi e
perché utilizzerà le risposte che produce la valutazione, è assai probabile che il lavoro
finisca per essere inutilizzato o mal utilizzato.
2. LE POLITICHE PUBBLICHE
“E’ possibile non curarsi delle politiche, ma dobbiamo essere consapevoli che
quest’ultime s’interessano di noi”.
Donà 2010, p.34
Introduzione
Nelle prossime pagine mi occuperò di un tipo particolare di valutazione, che ha come
oggetto le politiche pubbliche. Viene spontaneo chiedersi: cosa sono precisamente le
politiche pubbliche?
Il termine politica deriva dalla parola greca polis che significa “città”, la comunità dei
cittadini. Nelle polis greche il dibattito le decisioni che interessavano la collettività era
pubblico e animato e, secondo Howlett e Ramesh (1995), politica è tutto ciò che
riguarda questo dibattito.
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Le politiche pubbliche sono oggetto di studio di molte scienze sociali, in particolare
della scienza politica, dell’economia, della sociologia, del diritto e della storia. Questo
spiega la ricchezza dal punto di vista delle teorie, dei metodi e approcci che riguardano
le stesse.
Così come per il termine valutazione anche per l’espressione “politica pubblica”
attribuire un significato univoco e pienamente condiviso sembra essere un’operazione
molto complessa. La prima distinzione da compiere consiste nel precisare due concetti
molto diversi tra di loro, che nella nostra lingua sono ugualmente ricondotti al termine
“politica”, ma che gli anglosassoni separano nettamente grazie all’uso di due vocaboli
distinti: politics e policy.
2.1. Politics
Per Belligni (2003) il concetto sintetizzato in inglese dal termine politics, viene messo
generalmente in relazione al sistema di relazioni competitive che s’instaurano tra
soggetti, che ambiscono a conquistare il potere di assumere delle decisioni in nome e
per conto di una certa comunità. Possiamo quindi descrivere le politics come una sorta
di partita di calcio (competizione) tra due squadre (gruppi di individui) per la conquista
e il mantenimento di un trofeo (il potere di assumere le decisioni per tutta la comunità).
In questa accezione, secondo Martini e Sisti (2009), chi “fa politica” tenta di
raggiungere una posizione di prevalenza al fine di far accettare come guida per l’azione
collettiva una particolare interpretazione del bene comune.
Questo significato è passato anche nell’uso comune, dove il termine “politica” viene
spesso impiegato per rappresentare un’entità unitaria, dotata di una sua personalità,
nonché di intenzioni e risorse proprie. L’evidenza di questo uso la possiamo ritrovare
tutti i giorni, nelle dichiarazioni di rappresentanti dello Stato: ''la politica è in affanno e
naviga a vista, le vecchie mappe risultano sempre più inservibili e le nuove restano
lontane da un disegno compiuto
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'', nelle pagine dei quotidiani: “… è una paralisi
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Dichiarazione del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano a Mestre (VE) del 06/09/2012,
Agenzia di stampa ASCA.
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progressiva perché la politica non decide più nulla
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” e anche su blog specializzati: “…
lo scempio Ilva è figlio della politica non dei giudici
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”.
D’altra parte anche dal punto di vista accademico, chi analizza la “politica” sotto questa
prospettiva ha come prioritario oggetto di interesse le modalità attraverso le quali il
potere viene perseguito e gestito all’interno dei vari sistemi di governo, infatti le
maggiori tematiche di chi studia e analizza le politics sono i comportamenti elettorali, le
dinamiche interne ai partiti, la formazione delle élites, il funzionamento di specifiche
istituzioni e i movimenti di massa.
Nel Bel Paese questo significato predomina su quello di policy, tanto che nella visione
comune le politiche pubbliche sono spesso considerate un prodotto quasi marginale e
una sorta di conseguenza indiretta delle dinamiche della politica vera e propria.
2.2. Policy
La nostra attenzione ora si rivolge alla policy
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, o in italiano politica pubblica, che sarà la
protagonista del nostro ambito valutativo, e ad alcune delle sue definizioni che ci
fornisce la letteratura:
“Sono tentativi messi in atto per fronteggiare un problema collettivo, mobilitando
risorse pubbliche per avviarne la soluzione, oppure, adoperandosi per negarne la
rilevanza e accantonare ogni provvedimento”
Regonini 2001, p.22
“Un insieme di decisioni interrelate, prese da un attore politico o da un gruppo
di attori, sulla selezione degli obiettivi e dei mezzi atti al loro conseguimento all’interno
di una situazione specifica in cui gli attori hanno, in linea di principio, il potere di
prendere decisioni”
Jenkins
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1978, p.15
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Da La Repubblica del 06/07/2012
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Da LINKIESTA 17/08/2012
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Anche se come argomenta Regonini (2001) in italiano non esiste un preciso equivalente della parola
"policy", che tuttavia viene spesso tradotta con l’espressione politica pubblica.
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In Donà A. (2010), Introduzione alle politiche pubbliche, La Terza, Bari.