La valorizzazione delle aree rurali nei territori della dispersione urbana
Il caso della Provincia di Treviso
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[…….Chi sono i più evoluti? Quelli che inventarono la ruota e vanno sulle
stelle o quelli che restarono nudi e non perdettero l‟arte di vivere in
armonia con la creazione?]
Emilia Hazelip
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PREFAZIONE
Durante tutti questi anni trascorsi alla facoltà di Pianificazione del
territorio, ho maturato l‟idea, che la dispersione urbana sia un fenomeno
patologico e in quanto tale da arginare (figura 1).
Ovunque, non passa giorno, senza che il paesaggio venga deturpato, per
lasciare il posto ad una nuova strada o ad un nuovo edificio.
Abitando in una zona ad alta dispersione insediativa e frequentando
Venezia per motivi di studio, diventa facile apprezzare la tranquillità e la
qualità della vita di una città, senza il rumore e lo smog delle auto.
Dati i molteplici studi rivolti agli aspetti sociali o viabilistici di territori
interessati dalla diffusione urbana, decisi così di continuare ad analizzare
le dinamiche delle aree rurali, come nella mia tesi precedente, quando
viceversa erano minacciate dall‟avanzamento del bosco.
Con il tirocinio svolto presso la Direzione Agroambiente e Servizi per
l‟Agricoltura della Regione Veneto, avvenne il primo difficile approccio
all‟argomento.
In quel periodo, volevo verificare la possibilità di garantire una corretta
gestione del territorio, attraverso la produzione energetica sostenibile e in
particolare attraverso l‟uso di biomasse. Poiché poco mi convinceva la
sostenibilità ostentata delle centrali biogas, con il tempo abbandonai
questa strada, per valorizzare le aree rurali attraverso una pianificazione e
agricoltura attente.
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Figura 1 Manifesto di denuncia della dispersione urbana (fonte: Bottini 2007)
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PREMESSA
Obiettivo di questa tesi è dimostrare come un‟agricoltura sostenibile,
possa valorizzare le aree rurali nei territori della dispersione urbana,
analizzando nello specifico, come caso studio, la Provincia di Treviso.
Il tema è legato ad un interesse nei confronti delle dinamiche di sviluppo
territoriale, che hanno caratterizzato il Veneto nell‟arco degli ultimi
trent‟anni, ed alla possibilità di individuare nuovi modelli di sviluppo
sostenibile, capaci di ri-orientare la crescita tutt‟ora in corso, causa della
dissipazione di terreno libero e agricolo.
La tesi è articolata in tre parti: nella prima parte, teorica, si affronta le
questioni a livello generale per arrivare poi ad occuparsi nello specifico
della storia recente del modello economico veneto, che ha portato alla
costruzione della “città diffusa”. Questo servirà ad individuare le matrici
dello sviluppo che hanno dato avvio ad una organizzazione insediativa ad
elevato consumo di suolo e ad un sistema di produzione agricolo sempre
più intensivo. Due sono le questioni che verranno in particolare affrontate
in questa prima parte:
- La “rivoluzione verde”, che ha inizio nel corso degli anni „70,
spinge l‟agricoltura verso forme di industrializzazione e
meccanizzazione massiccia, orientate all‟incremento di produzione
e quindi al profitto, senza tener conto della risorsa suolo;
- L‟ “urbanizzazione diffusa” che a partire dagli anni ‟70, caratterizza
il territorio del Veneto centrale, trasformando il paesaggio agrario
in un continuo indistinto ed indifferenziato di residenza e
industrie, consumando suolo agricolo in maniera massiccia.
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Nella seconda parte della tesi, si applicherà il modello DPSIR (figura 2) al
territorio della Provincia di Treviso. Data la quantità di dati a disposizione
è stato possibile utilizzare questo tipo di modello concepito dall‟agenzia
Europea dell‟Ambiente in fase di redazione del primo Rapporto sullo
Stato dell‟Ambiente Europeo (RSA), per identificare e tenere conto dei
fattori legati alle attività umane, che hanno un impatto rilevante e che
generano criticità a livello ambientale.
Si cercherà, quindi, di mettere in evidenza come da un lato la crescita del
modello della dispersione urbana e le “pratiche” sottese alla rivoluzione
verde abbiano profondamente modificato e alterato le condizioni del
suolo agricolo. Infatti, mentre la superficie agricola continua a diminuire a
causa della sua trasformazione in suolo edificabile, i sistemi in uso
nell‟agricoltura moderna, molto diversi e più invasivi di quanto non
fossero i sistemi propri dell‟agricoltura tradizionale, incidono sulla qualità
e fertilità dei terreni. Inoltre, si assiste sempre più spesso a fenomeni di
inquinamento dei terreni per l‟uso di pesticidi che non solo contaminano il
terreno, ma per percolazione anche le acque di falda.
Infine, nell‟ultima parte della tesi, si descriveranno alcuni interventi
pianificatori e alcune buone pratiche in atto nella Provincia di Treviso per
la valorizzazione del patrimonio agricolo, attraverso il contenimento delle
aree urbane in continua crescita e il riconoscimento di attività agricole nel
pieno rispetto degli equilibri biologici.
Alcuni esempi virtuosi di tutela dello spazio agricolo a livello extralocale
come il parco agricolo sud di Milano e la rete ecologica di Milano, riportati
e descritti, vogliono essere ulteriori esempi utili a costruire un kit di buone
pratiche.
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Figura 2 Il modello DPSIR
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INTRODUZIONE
Interpretando la storia dell‟uso di un territorio, in funzione
dell‟evoluzione delle fonti energetiche e delle connesse tecnologie di
conversione, appare evidente come ad un sistema energetico, corrisponda
una specifica organizzazione insediativa (figura 3).
Per un lunghissimo periodo della storia dell‟umanità, dalle origini fino
all‟epoca preindustriale, durante il quale, forza animale e umana, ed il
legno, come combustibile, costituivano ancora le principali fonti
energetiche, le città, hanno sempre mantenuto uno stretto legame con il
territorio.
L‟attenzione alle dimensioni e alle distanze della superficie agraria e
forestale, per la necessità di assicurarsi adeguate scorte di combustibile,
limitava la crescita degli insediamenti urbani, anche quando, altre risorse
come il cibo o l‟acqua, erano presenti in quantità.
I vincoli di approvvigionamento ammettevano quindi un modello
costituito da poche grandi città compatte, tendenzialmente vicine alle aree
di produzione agricola e forestale e immerse in ampi spazi aperti, da
cinquanta a cento volte più grande di loro.
Nemmeno lo sfruttamento di altre forme energetiche presenti in natura,
derivate direttamente dal grande motore primario del sole e dal rapporto
di questo con la gravità terrestre, sono riuscite a scalfire nel tempo, questo
modello legato al territorio.
Mentre lo sfruttamento dell‟energia eolica, necessitava di spazi aperti e
luoghi particolarmente privilegiati, non ostacolati da insediamenti e
manufatti, l‟energia idraulica richiedeva la vicinanza all‟elemento naturale
del fiume, principale fattore della modellazione e dello sviluppo urbano.
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Nonostante l‟integrazione e la valorizzazione sin dai tempi più antichi,
dell‟economia urbana, la conversione in forza motrice dell‟energia
cinetica, contenuta negli spostamenti di masse d‟aria o di volumi d‟acqua,
non è riuscita perciò, a superare il vincolo della conformazione fisico-
organizzativa delle città.
Solo a partire dalla Rivoluzione Industriale Inglese, con il passaggio
all‟uso delle fonti fossili, è stato avviato un processo di cambiamento
socioeconomico e territoriale, sbloccando progressivamente ma in modo
irreversibile, il nesso localizzativo tra produzione e consumo.
Le nuove fonti energetiche, oltre a garantire in maniera generalizzata le
necessarie caratteristiche di continuità e regolarità della fornitura, hanno
fatto in modo che il vincolo di vicinanza fisica tra produzione e consumo
imposto fino all‟epoca preindustriale, lasciasse il posto a nuovi modelli
territoriali, fondati sulla crescita illimitata e orientati alla dispersione
urbana.
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Vedi Pascali (2008).
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Figura 3 Lo schema di funzionamento della città (fonte: De Pascali 2008)
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1 PARTE
LA TRASFORMAZIONE DEL PAESAGGIO RURALE
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1.1 Il paesaggio rurale
Nelle pagine seguenti, propongo la lettura del paesaggio rurale del Veneto
e della Provincia di Treviso in particolare, al fine di rilevare i caratteri
costitutivi e i rapporti funzionali che concorrono a differenziare i singoli
tipi di paesaggio, ma soprattutto ad individuare i fattori che ne hanno
determinato la trasformazione.
Il paesaggio rurale è una sintesi visiva dei fattori ambientali, storici,
economici e sociali di un territorio e in quanto tale può fornire numerosi
elementi per la comprensione della situazione economica, botanica, o
tecnologica di un‟area rurale.
Il paesaggio rurale è la forma di quei particolari ecosistemi che
scaturiscono dalle modificazioni degli ecosistemi naturali, operate
dall‟uomo.
Queste trasformazioni, si sono sempre succedute con maggiore o minore
rapidità nei secoli scorsi, a seconda della velocità con cui sono evolute la
società oppure la tecnologia. Ne consegue, che una seconda importante
caratteristica degli ecosistemi e dei paesaggi rurali è la loro incessante
trasformazione nel tempo dovendo rispondere ai criteri di convenienza
che governano le scelte dei coltivatori in una determinata epoca storica.
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1.1.1 Paesaggi di montagna
Tiziano Tempesta, fornisce un‟accurata descrizione delle diverse tipologie
di paesaggio rurale che caratterizzano il Veneto e il territorio Trevigiano
in particolare, in base all‟altitudine.
Partendo da nord, lungo la dorsale prealpina, è possibile riconoscere al di
sopra dei 900 metri, le peculiarità del paesaggio montano, caratterizzato
da poche significative trasformazioni paesaggistiche.
Tuttavia, l‟uomo, ha sempre cercato di sfruttare a proprio vantaggio gli
ecosistemi naturali montani del bosco e delle praterie, nonostante le
oggettive difficoltà di un clima sfavorevole alla coltivazione della maggior
parte delle specie agrarie.
La malga è così diventata il paesaggio montano più tipico, ossia l‟insieme
dei prati e dei fabbricati dove viene condotto il bestiame nel periodo
estivo, per lo sfruttamento della produzione foraggera delle praterie
montane.
Le uniche trasformazioni evidenti del paesaggio naturale, sono il
fabbricato, comprendente la stalla, il caseificio e la dimora del casaro,
nonché le pozze d‟acqua realizzate impermeabilizzando con l‟argilla, i
suoli permeabili molto frequenti in montagna (figura 4).
Ad ogni modo, pur non avendo modificato la morfologia del suolo con
interventi invasivi, l‟uomo ha prodotto notevoli cambiamenti nella
composizione floristica delle praterie e ha sostituito il bosco con il pascolo
che ha profondamente alterato le specie vegetali presenti.
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Vedi Tempesta (1989).