3
Tra i risultati più prestigiosi dello sport italiano si deve annoverare la
conquista di un posto di primo piano nella società, della quale
costituisce oggi uno dei fenomeni più estesi e significativi, come
espressione della vitalità sociale e al tempo stesso come suo elemento
propulsore di grande qualità e intensità.
2
A questo ruolo centrale della
componente sportiva nella vita del nostro Paese
3
si accompagnano il
privilegio e le connesse responsabilità di un quadro legislativo e
normativo ampio e di grande rilievo giuridico. Anche se esistono
carenze in alcuni settori e urgenze legislative in altri, l’ordinamento
sportivo italiano ha il grande merito di definire un assetto
perfettamente equilibrato tra l’affermazione dello sport come fatto di
interesse pubblico e sociale e il riconoscimento della sua autonomia
programmatica, tecnica e organizzativa.
2
“ Lo sport comprende tutte le attività di competizione in cui intervenga tutto il corpo umano
secondo un insieme di regole, a scopi manifestamente distinti dagli aspetti seri ed essenziali della
vita” scrive così Richard Mandel, in Storia culturale dello sport, Editori Laterza, 1989.
3
Il fatturato complessivo del sistema sportivo italiano supera ampiamente i 316,6 miliardi di euro.
Lo sport contribuisce per il 2,5% al Pil nazionale e le famiglie italiane spendono il 4% della loro
spesa annua totale per beni e servizi legati alle attività sportive. Si veda Dentro lo sport, primo
rapporto sul sport in Italia,dinamiche sociali economiche e valoriali, I libri del sole 24 ore sport,
gennaio 2003 Milano.
4
I. L’ORDINAMENTO SPORTIVO
1) L’ordinamento sportivo nell’ambito dell’ordinamento statale.
Per poter analizzare in dettaglio la legge quadro 23.03.1981 n. 91
4
è
necessario anzitutto, verificare il rapporto intercorrente tra
l’ordinamento sportivo da un lato e l’ordinamento statale dall’altro.
Una recente sentenza del TAR di Ascoli Piceno,
5
interessante
soprattutto per l’ingerenza esercitata nei confronti della giustizia
sportiva,
6
offre l’occasione per riflettere sui rapporti intercorrenti tra
l’ordinamento sportivo e l’ordinamento statale.
È necessario verificare se le intuizioni ispirate alla completa
autonomia dell’ordinamento sportivo e all’autodichia di questo,
elaborate in un contesto socio-economico in cui lo sport iniziava
appena a coinvolgere interessi della generalità non più confinati ad
una sfera prettamente amatoriale, siano ancora oggi condivisibili. E’
ormai pacifico che l’ordinamento sportivo sia qualificabile alla stregua
di un ordinamento giuridico, in virtù dell’impostazione che,
applicando la teoria della pluralità degli ordinamenti ed elaborando la
4
Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 27 marzo 1981, n. 86 modificata e integrata dal D.L. 20
settembre 1996, n. 485, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 1996, n.
586.
5
Trib. Ascoli Piceno 30 marzo 2001, in ADL n. 3/2002, E. Fiata, La giustizia sportiva, pag 955 e
segg, che ha dichiarato la nullità del lodo arbitrale con cui un direttore amministrativo di una
società sportiva era stato condannato a corrispondere una somma di denaro, alla società datrice di
lavoro, a titolo di imposte che questa aveva indebitamente versato e che, a suo dire, avrebbero
dovuto, invece, essere pagate dal prestatore di lavoro.
6
Vedi al riguardo: V. Frattarolo, L’ordinamento sportivo nella giurisprudenza,Milano, 1995.
5
dottrina del “diritto dei privati”, o ancor meglio, “ delle
organizzazioni”, ha precisato come non c’è realtà sociale che non sia
realtà giuridica.
7
Elemento essenziale del rapporto giuridico è pur sempre la norma ma,
e qui affiora il diritto dei privati, vi sono ordinamenti paralleli a quello
dello Stato, regolati da un complesso di norme emanate da autorità
extrastatuali e governati dalla volontà dei privati individui.
Sulla base di questa ricostruzione gli ordinamenti non statuali possono
dividersi in due categorie: quelli in cui le norme giuridiche non sono
permanentemente differenziate da principi etici, o in genere,
extragiuridici e che sono state definite
8
“ organizzazioni allo stato
fluido o diffuso” e quelli le cui norme hanno un preciso valore
giuridico, sì da porsi come organizzazioni specializzate, ossia “allo
stato solido.”
Se si ammette che il diritto dei privati viva anche autonomamente
senza trarre la sua esistenza dallo Stato, si pone il problema della
possibile rilevanza delle norme di tali ordinamenti nell’ambito del
diritto statuale.
7
Il Cesarini Sforza in Il diritto dei privati Milano 2° ed., 1963 fu il primo, in Italia, ad applicare
la teoria pluralistico-ordinamentale elaborata da Santi Romano, L’ordinamento giuridico,Pisa,
1918, secondo la quale “il concetto di diritto (ordinamento) deve ricondursi al concetto di società,
deve contenere l’idea dell’ordine sociale”. Perciò “il concetto necessario e sufficiente per rendere
in termini esatti quello di diritto, come ordinamento giuridico considerato complessivamente ed
unitariamente, è il concetto di istituzione. Ogni ordinamento giuridico è istituzione e viceversa
ogni istituzione è un ordinamento giuridico.
8
In questi termini W.Cesarini Sforza,Il diritto dei privati,Milano 2° ed.,1963. Secondo l’Autore
tutti i rapporti giuridici nascono allo stato fluido e divengono allo stato solido con l’affermazione
di un’autorità regolatrice.
6
Lo studio dei rapporti tra ordinamento giuridico sportivo e
ordinamento statuale, consente di osservare come il fenomeno abbia
una tale portata da “trarre origine in via autonoma dallo stesso gruppo
sociale organizzato, cioè in base ad una propria spontanea
determinazione che deve essere osservata dai componenti del gruppo
con il convincimento della sua effettività e della sua forza
imperativa”.
9
Il rapporto tra i due ordinamenti, cioè quello statuale e quello sportivo,
è stato disciplinato nel 1942 con la l. 16 febbraio n. 426 istitutiva del
comitato Olimpico nazionale italiano al quale è attribuito il compito di
organizzare e potenziare lo sport, coordinando e disciplinando
l’attività sportiva comunque e da chiunque esercitata, sorvegliando e
tutelando le organizzazioni che si dedicano allo sport e provvedendo
alla conservazione, al controllo ed incremento del patrimonio sportivo.
Per effetto della citata legge il rapporto tra i due ordinamenti è di
riconoscimento,
10
da parte dell’ordinamento giuridico statale,
dell’ordinamento giuridico sportivo già autonomamente esistente e
perciò originario; non già creazione, perché l’ordinamento sportivo
che è costituito e agisce nel territorio nazionale italiano è collegato
9
Quaranta, Rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento giuridico, in Riv. Dir. Sport., n.
1/2,1979, pag. 181.
10
Nel momento in cui un ordinamento extrastatuale viene riconosciuto nell’ambito
dell’ordinamento statuale ciò costituisce un elemento di indebolimento perché viene a perdere la
sua forza di espansione che, in un regime di completa autonomia fra i due ordinamenti, si
esplicherebbe in maniera più incisiva. Di questo avviso A. Breccia-Fratadocchi in Profili evolutivi
e istituzionali del lavoro sportivo. in dir. Lav., 1989, I, 71.
7
all’ordinamento giuridico internazionale (Comitato olimpico
internazionale), da cui attinge la sua fonte.
11
Pertanto oggi possiamo dire che sussiste un ordinamento sportivo
configurato come manifestazione ordinamentale del diritto dei
privati
12
,
cioè come costruzione originale dell’autonomia privata che
dà luogo non a meri fenomeni contrattuali, ma ad una comunità
organizzata, fornita di autonomia, autorganizzazione,
autoamministrazione e autodichia
13
(cioè il potere di fare giustizia al
suo interno). Esso gode nell’ambito dell’ordinamento statuale di una
particolare indipendenza che proprio le sue origini superstatali hanno
indubbiamente contribuito a creare e ad articolare. Lo Stato,
nell’intervenire mediante la legge sul professionismo sportivo, ha
preso atto senza alterarlo, ma anzi valorizzandolo, di tale assetto
relazionale fra due ordinamenti e, fermo restando dunque il
preesistente ordinamento sportivo con la sua complessa normazione,
11
E’ bene precisare che l’attribuzione di potestà proprie dell’ordinamento giuridico statale
all’ordinamento giuridico sportivo è limitata alla funzione amministrativa nel settore sportivo
(potere di emanare atti concreti, per il perseguimento di fini specifici indirizzati a soggetti
specifici) nonché quella regolamentare; non è attribuita invece la potestà normativa che è attribuita
agli organi del potere legislativo e solo per delega ed eccezionalmente agli organi del potere
esecutivo
12
Questa affermazione è stata confermata dalla sentenza della Cass., Sez. III civ.; 11-2-1978, n.
625, in Foro.it, 1978, I, c. 862 in cui il fenomeno sportivo è stato definito come organizzazione a
base plurisoggettiva per il conseguimento di un interesse generale. E’ un complesso organizzato di
persone che si struttura in organi cui è dato demandare il potere-dovere , ciascuno nella sfera di
sua competenza, di svolgere l’attività disciplinatrice, sia concreta che astratta, per il
conseguimento dell’interesse generale. E’ dunque un ordinamento giuridico.”
13
Forse una completa autarchia e autodichia della comunità sportiva, strenuamente rivendicata e
difesa da autorevoli ricostruzioni, può oggi apparire eccessiva, alla luce dei profondi mutamenti
che hanno portato il lavoro sportivo nella “casa” del diritto del lavoro, nella quale “può essere il
benvenuto anche il lavoratore sportivo, cui, se mai, deve trovarsi un posto adeguato, affinché egli
non venga , per così dire, schiacciato dalle mura della stessa casa, né la faccia esplodere. Di questo
avviso M. Dell’Olio, Lavoro sportivo e diritto del lavoro, in Dir Lav., 1988,I, pag 323.
8
amministrazione e giustizia di carattere interno, ma non per questo
priva dei connotati della giuridicità, ha creato quello che è stato
definito un ordinamento sezionale,
14
vale a dire un ordinamento inteso
come insieme coerente di norme statuali,
15
volto a creare un sistema
organizzatorio, per porre sotto controllo attività economiche
imprenditoriali, in particolare per la loro afferenza ad un pubblico
interesse. Con la legge 23.03.1981 n. 91 l’ordinamento sportivo ha
subìto una spinta dal basso verso l’alto, consentendo l’emersione a
livello di diritto statale della sua struttura organizzativa, la quale non
può più considerarsi sommersa, ossia regolata nell’ambito del diritto
interno, ma appare invece operante ex autoritate legis nei confronti dei
subditi legum e non soltanto nei confronti dei soggetti
dell’ordinamento sportivo.
16
14
Duranti D., L’attività sportiva come prestazione di lavoro, in Riv. Ital. Lav., 1983, I, 699 segg.
15
E non quindi inteso come autonomo sistema normativo datosi da una comunità o da un
aggregato sociale, quale l’ordinamento sportivo.
16
In questi precisi termini vedi: S. Landolfi, La legge n .91 del 1981 e la “emersione”
dell’ordinamento sportivo, in Riv. dir. Sport., 1982, 40, il quale, a dimostrazione dell’efficacia
esterna dell’assetto organizzativo e dei poteri attribuiti alle federazioni, ricordava come
l’affiliazione, concessa ai sensi dell’art. 10 legge n. 91 del 1981 dalle federazioni stesse, fungesse
da presupposto per la qualificazione delle società come società sportive e per la loro capacità a
stipulare contratti di lavoro con atleti professionisti.
9
2) I soggetti dell’ordinamento sportivo
Al fine di analizzare l’ordinamento sportivo è necessario, in primo
luogo, procedere ad una qualificazione di quelli che ne costituiscono i
vari soggetti, quali: il C.O.N.I., le Federazioni sportive nazionali, le
società sportive, e gli atleti.
Il C.O.N.I.
Il Comitato Olimpico Nazionale (C.O.N.I.), che costituisce
l’organismo di vertice cui fa capo lo sport nazionale nella quasi
totalità delle sue manifestazioni, è sorto per la prima volta nel 1907
come comitato occasionale, che si costituiva ogni quattro anni per
iniziativa di un gruppo d’amatori al fine di preparare ed assistere la
partecipazione italiana delle olimpiadi.
17
Nel 1927, si decise l’accorpamento di tutte le Federazioni Sportive e
con la l. 16.2.1942 n. 426 il C.O.N.I. venne riconosciuto dallo Stato
che gli conferì la personalità giuridica, regolandone i compiti,
l’attività e la struttura e rinviando ad un regolamento (che fu però
emanato solo dopo la caduta del fascismo) l’adozione delle norme per
il completamento della disciplina prevista. Per ogni settore dello sport
era costituita, o poteva essere costituita, una Federazione nazionale,
17
Già nel 1914 un parlamentare dell’epoca l’On. Montrè, riuniti i rappresentanti dei vari sports,
procedette ad una formazione di ciò che sarebbe stato poi il comitato.
10
considerata come organo del C.O.N.I.; in ciascuna Federazione erano
inquadrate le società sportive, riconosciute dal C.O.N.I. che dalla
Federazione stessa dipendevano disciplinarmente e tecnicamente. Il
compito di approvare gli statuti e i regolamenti delle organizzazioni
sportive “per mezzo delle Federazioni” (art. 3), in base alla l. n.
426/1942, era affidato al C.O.N.I. Allo stesso erano devoluti i proventi
del tesseramento degli iscritti delle Federazioni (art. 4 ), alla sua
giunta esecutiva era affidato il potere di controllare le Federazioni,
18
di esaminare gli statuti, di approvare i bilanci, di predisporre le norme
concernenti l’ordinamento degli uffici e la nomina dei segretari.
Il Partito Nazionale Fascista finanziava direttamente il C.O.N.I. (come
dispone la legge n. 426/1942) e provvedeva alla nomina dei membri
del consiglio nazionale, suo organo di governo, il cui presidente era
nominato personalmente da Mussolini. Risulta evidente la forte
influenza subita da tale organo relativamente alla sua collocazione
nell’ambito di un regime totalitario che considerava lo sport come
“instrumentum regni” con la relativa esclusione d’ogni riferimento,
nella citata l. n. 426/1942, allo statuto del comitato olimpico
internazionale (C.I.O.) cui gli altri stati europei si rifacevano.
Successivamente con la l. 2.8.1943 n. 704, nell’ambito di profonde
18
L’attività di controllo del C.O.N.I.,rispetto agli statuti delle federazioni sportive si concreta in
una verifica di legittimità e di merito, accessoria alla manifestazione di volontà dell’organo
controllato, nel senso che può esplicarsi accedendo caso per caso a tale manifestazione,secondo il
collegamento determinato dalla legge, senza incidere sulla sfera autarchica del soggetto controllato
(T.A.R.,Lazio,Sez.III,13 settembre 1986 n. 2950, Grasselle vs/C.O.N.I in Riv. Dir.sport,1987,80:
Massima in Rep.Foro.it,1987,voce sport).
11
riforme normative nonché politiche, conseguenti alla soppressione del
partito fascista, furono approvate deroghe partito deroghe alla l. n.
426/1942
19
che non hanno inciso molto sulla posizione prettamente
monopolistica del C.O.N.I., passato nel frattempo alle dipendenze del
capo del Governo.
Gli stessi regolamenti d’attuazione della l. n. 426/1942
20
vale a dire,
quello adottato prima dallo stesso C.O.N.I., come regolamento interno
nel 1964 e poi quello governativo di cui al D.P.R. n. 530/1974 hanno,
seppur affermando un certo collegamento del C.O.N.I. con il C.I.O.,
attraverso un esplicito richiamo alle sue norme statutarie, ribadito
chiaramente la natura monopolistica dell’ente, passato ora, dopo
l’abrogazione a seguito di referendum della legge istitutiva del
Ministero del Turismo e Spettacolo,
21
sotto il controllo della
Presidenza del Consiglio dei ministri.
La prima svolta decisa verso la vera indipendenza si ebbe solo con la
l. 23.3.1981 n. 91: questa norma sancisce all’articolo 1 che
“l’esercizio dell’attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale
che collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica è libero”.
19
V. D.lgs. C.P. St. 11.5.1947, n. 362, “ Modificazioni alla l. 16 febbraio 1942 n. 426”che ha
sostituito gli art. 6,7 e 8 della l. n. 462/1942.
20
Trattasi del D.P.R. 28 marzo 1986 n. 157 (in Gazzetta ufficiale 13 maggio n. 103), “nuove
norme di attuazione della l. 16 febbraio 1942 n. 426, recante costituzione e ordinamento del
comitato olimpico nazionale italiano” che sostituisce il D.P.R. 2 agosto 1974 n. 530,modificato dal
D.P.R. 13 giugno 1977 n. 685 e del D.P.R. 24 febbraio1978 n. 97. Deve intendersi,
inoltre,abrogato di fatto il “Regolamento del C.O.N.I. e delle Federazioni sportive nazionali”
approvato dal Consiglio nazionale del C.O.N.I. il 30 maggio 1964.
21
Dopo l’abrogazione, a seguito di referendum, della legge istitutiva del Ministero del Turismo e
Spettacolo, il C.O.N.I., con l’art. 2.2 del D.L. 31 gennaio 1995 n. 29, convertito in legge, è stato
nuovamente riportato sotto l’egida della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
12
Risulta chiara l’intenzione del legislatore di svincolare l’attività
sportiva da ogni sorta di controllo diretto o indiretto dello Stato o altra
autorità pubblica.
Non esiste alcun dubbio quindi che la ratio legis della legge n.
91/1981 è quella di attuare e realizzare un principio fondamentale
sancito nell’articolo 2 della Costituzione: “ la Repubblica riconosce e
garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”. E’ bene precisare
però che in questo caso inviolabile non può significare ”non
limitabile”, giacché tutto al contrario la garanzia costituzionale
consiste nel definire i casi, i criteri e i modi attraverso cui tali diritti
possono essere “violati”, ma l’importante è che essi non vengano
eliminati, neppure con legge di revisione costituzionale. Quindi il
legislatore può porre comunque dei limiti e confinare tali diritti, come
quello, nel caso specifico del libero esercizio dell’attività sportiva,
regolandone in specifico le sue strutture, i compiti dei suoi soggetti ed
organi, ma, in nessun caso, può opprimere questo diritto che rientra
nell’ambito delle libertà inviolabili costituzionalmente garantite.
22
E’ opportuno segnalare che nel 1999 è stato emanato il D.lg. 23 luglio,
n. 242, intitolato: “Riordino del Comitato olimpico nazionale italiano -
C.O.N.I., a norma dell'articolo 11 della l. 15 marzo 1997, n. 59”.
22
“I diritti di libertà, alla pari di ogni altra specie di diritti, non possono sottrarsi all’imposizione di
limiti, richiesti dall’esigenza di assicurare la coesistenza pacifica delle varie sfere di autonomia
rilasciate ad ogni soggetto e l’ordinato svolgimento della vita collettiva. “ Di questo avviso:
Costantino Moratti, in “Istituzioni di diritto pubblico” Cedam Pavia,1969,p. 950 e ss.
13
Risulta particolarmente interessante l’art. art. 5 “Compiti del
consiglio nazionale” 2° comma lettera (d), nel quale si dispone che il
C.O.N.I. stabilisce, in armonia con l'ordinamento sportivo
internazionale e nell'ambito di ciascuna federazione sportiva
nazionale, criteri per la distinzione dell'attività sportiva dilettantistica
da quella professionistica.
Un siffatto intervento normativo finisce per avere un impatto
altamente innovativo sull’organizzazione dello sport presentando, sul
versante della realtà fattuale, il pregio di perseguire una maggiore
omogeneità nell’applicazione dei criteri di classificazione dell’attività
sportiva, evitando alcuni inconvenienti ricollegabili all’esercizio di un
potere non parametrato su criteri precisi e predeterminati.
Sul piano ordinamentale, poi, si determinano una maggiore
intromissione del C.O.N.I. e dei suoi organismi nell’ambito
dell’assetto organizzativo delle singole Federazioni ed una
consequenziale limitazione dell’autonomia di dette Federazioni, per
essere ora la classificazione dell’attività agonistica condizionata dai
vincolati e rigidi “criteri” stabiliti del Consiglio Nazionale del
C.O.N.I.
23
23
“ al di fuori della disciplina introdotta dalla l. n. 91 restano invece gli sportivi sostanzialmente o
formalmente dilettanti, id est rispettivamente coloro che svolgano tale attività senza corrispettivo
oppure per diletto psico-fisico, nonché quelli che, pur ricompensati in vario modo,non possono
essere ricondotti, in base alla previsione dell’art. 2 ,alla figura del lavoratore professionista. Solo
per questi ultimi può prospettarsi l’applicazione dell’ordinaria normativa vigente in tema di
rapporto di lavoro subordinato, sempre che, ovviamente, appaiano sussistenti gli estremi della
subordinazione stessa.” Di questo avviso Martinelli, Lavoro autonomo e subordinato nell’attività
dilettantistica,RD sport,1993,17 ss ; Bertini, Il contratto di lavoro sportivo, cit., 762 ss.
14
Le Federazioni sportive nazionali
Le Federazioni sportive nazionale si definiscono come organi del
C.O.N.I. e sono costituite dalle società sportive “affiliate” (art 10
della l. n. 91/1981).
La dottrina e la giurisprudenza
24
hanno lungamente dibattuto sulla
loro natura giuridica: inizialmente esse erano state inserite totalmente
nell’ambito del diritto pubblico visto il loro stretto legame con il
C.O.N.I. (come risulta dalla sentenza della Cassazione del 16.01.1985
n. 97
) poi nel corso degli anni, in seguito soprattutto alla l. n. 91/1981,
che ha esaltato l’autonomia tecnica organizzativa e di gestione delle
Federazioni, tale giurisprudenza è cambiata radicalmente fino a
considerarle come associazioni di diritto privato, organi del C.O.N.I.
che assumono natura pubblicistica solo quando realizzano interessi
coincidenti con quelli del C.O.N.I. . Esse hanno un proprio potere
normativo e disciplinare per cui si sono date propri statuti e
regolamenti con lo scopo di promuovere e disciplinare l’attività
24
La natura delle federazioni sportive ha formato oggetto di ampi dibattiti dottrinari e di una
evoluzione giurisprudenziale delle quali costituiscono capisaldi essenziali le sentenze 3092 del 9
maggio 1986 ( in Riv.dir.sport, 1986,185) e 4399 del 26 ottobre 1989 (in Riv dir. sport 1990,57)
delle sez.un. della Cassazione, suffragate da innumerevoli decisioni della III sez. Tar Lazio (tar
Lazio, sez. III, dec. 15 luglio 1985 n. 1099 in Riv dir. Sport, 1985,589; tar Lazio,sez. III, dec. 20
agosto 1987 n. 1449 in Riv dir.sport,1987,682.)
Fra tutte si veda Tar Lazio, sez. III,6 febbraio 1995 n. 290, in Trib Amm. Reg. 1995,1054.
“Le federazioni sportive, pur avendo natura di soggetti privati, partecipano tuttavia alla natura
pubblica del C.O.N.I., essendo organi di tale ente, solo per quelle attività per le quali gli scopi
delle federazioni vengono a coincidere con gli interessi generali perseguiti dal C.O.N.I.
medesimo,di guisa che, non potendosi far rientrare tra esse l’attività contrattuale delle federazioni,
gli atti che ne costituiscono espressione vanno impugnati davanti al giudice ordinario”( Tar Lazio,
sez. III,6 febbraio 1995 n. 290,Soc. Ed Olimpia vs/Fitav e C.O.N.I., in Trib Amm. Reg.
1995,1054)
15
agonistica nel settore di propria competenza.
25
Organi d’ogni
Federazione sono: l’assemblea, composta dai delegati delle società
affiliate e si riunisce per il rinnovo delle cariche federali ogni secondo
anno del quadriennio olimpico; il presidente che vigila e controlla gli
organi federali essendone responsabile nei confronti dell’assemblea; il
consiglio federale che approva e delibera sulle iniziative di carattere
tecnico ed amministrativo della federazione; il collegio dei revisori dei
conti.
Ogni federazione si avvale, inoltre, per il proprio funzionamento
periferico, di comitati regionali, provinciali e zonali.
Le società sportive nazionali
Le società sportive sono state sempre considerate autonomi e distinti
enti di diritto privato, anche se devono essere riconosciute dal
C.O.N.I. (art. 10 l. n. 426/1942 e art. 32 D.P.R. n. 157/1986) e
dipendono disciplinarmente e tecnicamente dalle federazioni sportive
nazionali competenti. L’affiliazione ad una federazione è ora prevista
anche dall’art. 10 della l. n. 91/1981, come presupposto essenziale per
l’omologazione ai sensi dell’art. 2330 codice civile che prevede il
deposito dell’atto costitutivo e l’iscrizione della società sportiva che
intenda stipulare contratti con atleti professionisti. Con la l. n. 91/1981
25
Di questo avviso: De Cristofaro M., Problemi attuali di diritto sportivo,in Dir. Lav.,1989,I,95,
pp. 97-98.
16
è stata assunta a livello normativo, ed estese a tutte le associazioni
che svolgono attività sportiva professionistica, la soluzione adottata
dalla federazione italiana gioco calcio (F.I.G.C.) il 16.9.1966 per
“moralizzare la gestione delle società inquadrate nella Lega nazionale
professionisti”. Lo scopo della riforma del 1966 era quello di
sottoporre la gestione di queste associazioni alla disciplina delle
società per azioni, con riguardo alle norme sulla formazione e sulla
pubblicità del bilancio, al fine di garantire una gestione più corretta
del patrimonio sociale e agevolare l’esercizio dei poteri di controllo
previsti dallo statuto della F.I.G.C. (controllo contabile-
amministrativo). Inoltre, considerato che il regolamento del C.O.N.I.
espressamente vieta alle associazioni sportive di perseguire scopi di
lucro, nello statuto- tipo predisposto dalle autorità sportive era prevista
la destinazione degli utili a fini sportivi e la devoluzione del
patrimonio residuo, dopo la restituzione ai soci del capitale versato, al
fondo assistenza del C.O.N.I. - F.I.G.C..
La l. 23.3.1981 n. 91 non solo ha imposto a tutte le associazioni che
impiegano atleti professionisti la forma di s.p.a. o s.r.l., ma ha anche
recepito nella sostanza le disposizioni dello statuto tipo della F.I.G.C.
relative alla destinazione degli utili e del patrimonio residuo (art. 10
comma 2° e 13 comma 2°).