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Introduzione
La questione della tutela post-mortale dei dati personali nasce in risposta ad un dato
dei nostri giorni innegabile, gli sviluppi tecnologici degli ultimi decenni hanno
determinato molti stravolgimenti, taluni dei quali suscettibili di poterci riguardare
anche per il tempo in cui avremo cessato di vivere. Le potenti capacità di
immagazzinamento e conservazione di informazioni che ci riguardano, (talvolta dai
noi stessi fornite quando per esempio postiamo una foto, un pensiero su di un social
network, e talaltra ricavate indirettamente dalle nostre abitudini di consumo o
preferenze) fanno sì che esse, se non appositamente eliminate, rimangano a fluttuare
nel vasto mondo della rete, perpetuando una, talvolta indesiderata, prosecuzione della
nostra identità digitale. Alle vecchie e tradizionali questioni successorie se ne sono
dunque aggiunte delle altre, nuove ed inedite, figlie del tempo in cui viviamo e dalla
considerazione delle quali non possiamo prescindere.
Se infatti fino a tempi recenti tutto ciò di cui dovevamo preoccuparci alla morte di un
soggetto riguardava l’insieme di quei rapporti giuridici (proprietà, crediti, debiti,
contratti) che, in quanto trasmissibili ai suoi successori, vanno sotto il nome di
eredità
1
, oggi che il digitale ci ha permesso di vincere la “naturale finitezza e
obsolescenza delle cose”
2
nuove domande riguardanti il destino di quelle “impronte
digitali” che nella nostra vita “onlife”
3
ci lasciamo dietro, si impongono. Testimone
dell’impellenza di tali questioni nonché del loro carattere transnazionale anche la
Carta UNESCO del 2003 sulla conservazione del patrimonio digitale in cui si legge
1
F. Galgano, Diritto Privato, CEDAM, Padova, 2017, pag. 929.
2
C. Camardi, L’eredità digitale. Tra reale e virtuale, in Il Diritto dell’Informazione e
dell’informatica, n.1/2018, pag. 66.
3
Cfr. L. Floridi, La quarta rivoluzione: Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Cortina editore,
Milano, 2017.
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che una nuova Memoria del mondo, digitale ovviamente, si sta creando e la cui
conservazione “per il bene delle generazioni attuali e future è un’emergenza di
carattere mondiale”, riconoscendo nella “scomparsa di qualunque forma di
patrimonio un impoverimento del patrimonio stesso di tutte le nazioni” e ancor di più
in questo che costituisce “un’insieme di risorse insostituibili di conoscenza ed
espressione umana”.
Non solo, anche l’Unione Europea nella recente “Dichiarazione europea sui diritti e
i principi digitali per il decennio digitale” del Gennaio 2023, al capitolo V, punto 19,
recita così “Ogni persona dovrebbe essere in grado di determinare la propria eredità
digitale e decidere cosa succede, dopo la sua morte, ai propri account personali e alle
informazioni che la riguardano”.
Traslata a livello individuale, infatti, tale problematica ci invita a considerare “i
risvolti successori della nostra esistenza digitale”
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mettendoci davanti a taluni
interrogativi: esiste un diritto ad avere accesso alle informazioni che ci riguardano
per il tempo in cui avremo cessato di vivere? Alle nostre foto conservate in un cloud,
alle e-mail o ai nostri account online? E se la risposta dovesse essere affermativa, chi
ne è titolare? Qual è il titolo della legittimazione in capo questi soggetti? Possiamo
impedire, per il tempo che verrà, che ciò accada?
Queste ed altre domande hanno impegnato parte della dottrina, nonché la
giurisprudenza, negli ultimi tempi; nemmeno il legislatore è rimasto indenne dagli
interrogativi de “la quarta rivoluzione”
5
, provvedendo a disciplinare, con un’apposita
norma, tali fattispecie, tant’è che è invalsa nella prassi una “nuova” espressione,
quella di “successione digitale”. Tutto ciò da’ la misura della pervasività del digitale,
le cui implicazioni sono ormai riuscite a far breccia in una materia, come quella
successoria, refrattaria alle innovazioni e che per lungo tempo appariva “luogo
normativo inespugnabile”
6
, e di come il suo tratto caratterizzante, la persistenza, sia
4
M. Cinque, L’eredità digitale alla prova delle riforme in Rivista di diritto civile, n. 1 /2020, pag.
100.
5
Cfr. L. Floridi, op. cit. in nota precedente.
6
V. Confortini, Persona e patrimonio della successione digitale, Giappichelli, Torino, 2023, pag.13.
6
inevitabilmente destinato a scontrarsi con la caducità della vita. Evitare dunque che
la miriade di informazioni immagazzinate ovunque nel web, cadano nel dominio
pubblico o piuttosto siano inaccessibili per il tempo successivo alla morte del
soggetto cui si riferiscono è un’esigenza avvertita tanto nella pratica quanto dal
diritto. Le seguenti pagine si propongono di indagare quale sia lo stato attuale nel
nostro paese della disciplina della tutela post mortale dei dati personali, che spesso
va sotto il nome di “successioni digitali”, provando a dare risposta agli interrogativi
sopra formulati.
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I. Le difficoltà di inquadramento delle cc.dd. “successioni
digitali” nel fenomeno successorio.
1. Problemi qualificatori del patrimonio digitale. 2. I principi di patrimonialità e di unità delle
successioni. 3. Alcuni casi di ultrattività di diritti extrapatrimoniali. 4. Aspetti esecutivi: il
mandato post mortem exequendum; l’esecutore testamentario.
1. Problemi qualificatori del patrimonio digitale.
È possibile parlare di patrimonio digitale? Per rispondere a questa domanda
dobbiamo prima di tutto guardarci intorno: è impossibile negare infatti che da tempo
siamo parte di un processo di dematerializzazione che opera su più fronti, un nuovo
modello di ricchezza si sta imponendo, nuove forme di appartenenza che sfuggono
alle tradizionali logiche dominicali sono state elaborate
7
e la cui caratteristica
principale risiede nel fatto che esse hanno per oggetto beni immateriali, nonché nelle
loro modalità di fruizione, non più immediata e diretta bensì mediata ed indiretta
poiché dipendono spesso dalla condotta altrui, come accade per esempio nel rapporto
tra utente e provider di servizi della società dell’informazione.
8
Nel nostro caso i beni
della cui sorte bisogna decidere (foto, scritti e video in formato digitale, email, i
contenuti di un account, password ecc.), possono trovarsi sia immagazzinati su
supporti fisici di archiviazione, sia disseminati nel web, quindi stipati in qualche
7
Cfr. A. Zoppini, Le nuove proprietà nella trasmissione ereditaria della ricchezza, in Rivista di
diritto civile, n.2/2000, che rinviando a Rodotà ne “Il terribile diritto” sottolinea come in passato
quando si è trattato di elaborare forme di tutela per queste nuove situazioni di appartenenza, si sia fatto
repentino ricorso al modello della tutela proprietaria, il che appariva giustificato dal valore
socioeconomico che le stesse andavano acquisendo, equi ordinato a quello della proprietà. D'altronde
la tutela proprietaria “costituisce l’archetipo e il paradigma del diritto che riceve la tutela più intensa
dall’ordinamento”. Soluzione definita rassicurante ma al contempo giudicata non pienamente
appagante dal momento che soffoca, appiattendola, la complessità che tali nuove questioni si portano
dietro. L’Autore individua, peraltro, proprio nella materia successoria, il banco di prova che da’ lo
scacco matto all’utilità “conoscitiva e critica” della categoria proprietaria rispetto a queste nuove
situazioni.
8
R. De Rosa, Trasmissibilità mortis causa del <<patrimonio digitale>>, in Notariato 5/021,
pag.495; V. Confortini, op. cit., pag.30 ss.
8
cloud di società aventi le proprie sedi oltreoceano. Immaterialità ed a-territorialità
sono infatti le due costanti con cui avremo a che fare lungo il percorso
9
.
L’importanza dell’analisi preliminare dei beni discende dal fatto che per definizione
“il diritto successorio affronta questioni di secondo grado, derivate: ad esso si
comunicano problemi della teoria dei beni e dei contratti”
10
. Dunque per rispondere
alla domanda sopra formulata dobbiamo partire dall’analizzare il contenuto di questo
ipotetico patrimonio digitale che, possiamo fin da ora anticipare, risulterà essere
tutt’altro che omogeneo, al punto che dovremmo concludere per ritenere che
all’aggettivo digitale non può riconoscersi capacità definitoria di un patrimonio
soggetto a regole di devoluzione proprie e diverse da quale tradizionali.
11
Si dovrà
invece preferire un approccio differenziato, di volta in volta, in ragione dell’oggetto
digitale di cui si vuole stabilire la caduta in successione o meno, o la sussistenza,
rispetto ad esso, in capo a taluni legittimati, di un diritto di accesso e dunque del
correlativo obbligo di consentirlo in capo a chi ne ha disponibilità.
Proprio la distinzione tra beni online ed offline a cui prima si è accennato, è stata
proposta come valido criterio classificatorio di tali “asset digitali”. Altri criteri sono
stati proposti, come ad esempio la distinzione tra componenti patrimoniali e non
patrimoniali, salvo poi rivelarsi non performanti in ragione del fatto che entrambi
questi aspetti risultano essere spesso essere riferibili ad un medesimo dato conservato
in formato digitale.
12
Dunque impraticabile la classificazione dualistica del tipo beni
patrimoniali-beni non patrimoniali, quella più utile risulta la prima proposta, in base
ad essa diremo che non particolari problemi pongono i beni digitali offline
immagazzinati su supporti di memorizzazione fisici come CD, DVD, hard disk, una
chiavetta, documenti digitali offline stipati nella memoria di un personal computer o
9
V. Confortini, op. cit., pag. 58.
10
Ivi, pag. 26.
11
Ivi, pag.30.
12
R. De Rosa, op. cit., pag. 496; A.A. Mollo, Il diritto alla protezione dei dati personali quale limite
alla successione mortis causa nel patrimonio digitale, in Juscivile 2/2020, pag. 431.; circa
l’impossibilità della netta demarcazione tra componenti patrimoniali e non anche G. Resta, La
9
di uno smartphone (foto, video, note, fogli di testo), essi possono infatti ritenersi
l’equivalente digitale dei beni immateriali oggetto di diritto di privativa
13
, seguono
dunque il regime devolutivo del supporto su cui sono immagazzinati. Anche per
questo caso, tuttavia, taluni ritengono che ove sia da ritenersi sussistente il carattere
estremamente personale dei contenuti digitali allora debba verificarsi un fenomeno di
vocazione soggettivamente anomala, dovendo ereditare non un qualsiasi erede bensì i
prossimi congiunti ex. art. 93 della legge sul diritto d’autore
14
. Ciò dimostra come
seppur la rigida distinzione dualista patrimoniale-non patrimoniale non sia efficacia
livello macroscopico, dunque non possa operare quale summa divisio dei beni che
ricomprendiamo nel patrimonio digitale, date le frequenti sovrapposizioni dei due
aspetti, si dovrà comunque tener conto di volta in volta di quale sia l’interesse
coinvolto, optando per forme di delazioni differenti da quelle ordinarie ogni qual
volta il profilo personale sia da ritenersi prevalente. La difficoltà della questione
discende infatti dalla stratificazione di varie posizioni soggettive: potrebbe verificarsi
sia una situazione per la quale ad una persona, pur sprovvista di un diritto di
proprietà su di un personal computer, non potrà negarsi una tutela dei diritti che sui
contenuti da lei immessi sul supporto e che a lei si riferiscano, come pure non è detto
che al diritto di accesso ad una determinata risorsa corrisponda un diritto dominicale
sulla stessa
15
.
Diversamente più problematica parrebbe essere la questione relativa a quei dati che
pur “appartenendo” o, meglio, riferendosi, al decuius si trovano però disseminati nel
web, contenuti per avere accesso ai quali spesso è necessario autenticarsi per mezzo
successione nei rapporti digitali e la tutela post-mortale dei dati personali, in Contratto e impresa,
n.1/2019, pag. 88.
13
C. Camardi, op. cit., pag. 75; R. De Rosa, op. cit., pag. 497;
14
R. De Rosa, op. cit., pag. 497 che rinvia a M.D. Bembo, Carte, documenti, ritratti, ricordi di
famiglia, in G. Bonilini (a cura di), Trattato di diritto delle successioni e donazioni, I, La successione
ereditaria, Milano, Giuffrè, 2009; R.Tuccillo, La successione ereditaria avente ad oggetto le carte, i
documenti, i ritratti e i ricordi di famiglia, in Diritto delle successioni e della famiglia, n.1/2016, p.
de159 ss.; in questo senso anche G. Resta La morte digitale, in Diritto dell’informazione e
dell’informatica, n.6/2014, pag. 905, dove ammette una curvatura delle regole successorie ordinarie in
favore dell’operatività della tutela autorale in ragione degli interessi coinvolti.
10
di una password. Ciò su cui bisognerà interrogarsi in questo caso sarà la possibilità
della trasmissione ereditaria della posizione contrattuale che originariamente faceva
capo al decuius o piuttosto se, seppur nell’impraticabilità di una successione mortis
causa nel rapporto contrattuale, spesso prevista dai contratti con gli ISP, sia
comunque da riconoscere a taluni legittimati, un diritto di accesso ai contenuti
dell’account. Ma di questo ci si occuperà specificamente in seguito. A titolo
esemplificativo, fanno parte di questa seconda categoria: accounts di social media o
di posta elettronica, avatar di giochi virtuali, files conservati su servizi di cloud
computing e altri.
A bene vedere, dalla parziale e sommaria rassegna effettuata, emerge nitidamente
come per quella parte di beni del patrimonio digitale sui quali insistano diritti di
privativa non si pone in dubbio l’operatività delle tradizionali regole successorie
fermo il carattere patrimoniale delle questioni sottese, diversamente più problematica
si rivela la questione circa le informazioni che, seppur ora percepibili in forma
autonoma, come un quid ulteriore e separato da chi quel dato lo ha generato,
costituiscono nient’altro se non il prolungamento stesso della persona cui si
riferiscono, frutti come sono di quel processo che permette di separare dal corpo tutto
ciò che nella vita reale spesso non lo è e non può essere percepito autonomamente,
frantumando l’unità del pensiero in una “molteplicità di pezzi, i dati”
16
.
Tali beni digitali, possono dirsi parte del patrimonio di una persona e perciò
suscettibili di trasmissione mortis causa o piuttosto dovremmo ritenere che essi non
sono altro che il risultato dell’esercizio mediante strumenti tecnologici del diritto alla
personalità?
17
Se così fosse dovremmo dunque concludere per la rilevanza
15
U. Bechini, Password, credenziali e successione mortis causa, Studio n.6-2007, Consiglio
Nazionale del Notariato.
16
C. Camardi, op. cit., pag. 69. Sul concetto di molteplicità dell’identità personale S. Rodotà in V.
Cuffaro, V. Ricciuto, V. Zeno-Zencovich, Trattamento dei dati e tutela della persona, Giuffrè,
Milano, 1998, pag. 302, afferma: “[…] siamo di fronte alla persona moltiplicata – dobbiamo dire che
noi siamo moltiplicati […] perché in nessuna banca dati noi siamo rappresentati nella nostra totalità,
ma siamo rappresentati per quanto i dati contenuti in quella particolare raccolta pertengono alla
finalità perseguita”.
17
C. Camardi, op. cit., pag. 67.