Più precisamente, la riforma ha provveduto a modificare il dettato
normativo originario dell’art. 52 c.p. aggiungendo due ulteriori commi; viene
così sancita una presunzione di proporzionalità iuris et de iure tra l’azione
difensiva e l’aggressione ingiusta allorquando quest’ultima è realizzata
mediante l’intrusione abusiva nel domicilio privato e nei locali ove si eserciti
un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.
L’esigenza di modificare la disciplina della legittima difesa nasce
probabilmente dalla constatazione che ad una serie di fatti di cronaca,
riguardanti violente aggressioni in abitazioni private o in pubblici esercizi a
scopo di furto – con particolare frequenza nel Nord-Est della penisola italiana –
è corrisposta, nella prova dei fatti, una lacunosa applicazione della
scriminante.
Occorrerà, dunque, rivolgere preliminarmente lo sguardo alla prassi
giurisprudenziale formatasi nella vigenza del testo originario dell'art. 52 c.p., in
seguito si passerà ad esaminare la modifica apportata alla norma analizzando
la sua operatività e le conseguenze di una scelta normativa tanto discussa
proprio per l'impatto che essa ha avuto sul contesto sociale, politico e culturale
in cui è intervenuta.
Questo lavoro procederà con l’analisi dell’art. 615 bis c.p., che persegue
l’obiettivo di limitare la tutela della riservatezza in ambito domestico contro gli
strumenti di ripresa visiva e sonora ritenuti pericolosi, o perché
VI
particolarmente invasivi, ovvero per la loro capacità di fissare in un supporto
magnetico informazioni personali al fine di una loro successiva diffusione.
Per circoscrivere in quali ipotesi si ritiene configurabile la siffatta
violazione meritevole di tutela penale si cercherà, altresì, di comprendere
l’esatta individuazione del significato dell’espressione “strumenti di ripresa
visiva e sonora” e le peculiari condotte illecite realizzabili all’interno degli
“ambienti” cui fa riferimento la norma de qua.
Un ulteriore tema di indagine è quello relativo alla salvaguardia dei
sistemi informatici dall’accesso abusivo altrui - costituente uno degli aspetti più
complessi della criminologia informatica - che trova la sua genesi nel momento
in cui il progresso tecnologico ha determinato l’emersione di luoghi ulteriori
rispetto a quelli tradizionali dove il soggetto può esplicare la propria
personalità o coltivare i propri interessi.
Tra questi si può individuare il sistema informatico che, contenenendo
informazioni e dati personali che devono rimanere riservati e posti al riparo da
ingerenze ed intrusioni provenienti da terzi, rappresenta un luogo inviolabile
delimitato da confini virtuali, che crea una interdipedenza immediata con il
soggetto che ne è titolare.
Per una adeguata disciplina e repressione dei c.d. computer crimes, si è
reso necessario un intervento del legislatore che ponesse in chiaro la
qualificazione del fenomeno e la sua punibilità.
VII
Difatti, con la previsione degli artt. 615 ter e ss. - introdotti dalla legge
547 del 1993 - il legislatore italiano ha assicurato la protezione del domicilio
informatico quale espansione ideale dell’area di rispetto pertinente al soggetto
interessato, così come garantita dall’art. 14 Cost. e penalmente tutelata nei suoi
aspetti essenziali e tradizionali dagli artt. 614 e 615 c.p.
Seguendo questo percorso, si avrà cura di analizzare preliminarmente
l’impatto che i reati informatici - o computer crimes - hanno prodotto
nell’esperienza giuridica italiana e le problematiche interpretative che derivano
dalla stessa scelta legislativa di collocare tali fattispecie nell'ambito della tutela
domiciliare.
Infine, è apparso doveroso soffermarsi sul catalogo dei reati che ledono
la riservatezza del domicilio informatico, e più precisamente: l’art. 615 ter, che
sanziona l’accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico e la portata
della delimitazione della tutela ai sistemi protetti da misure di sicurezza; l’art.
615 quater che punisce la detenzione e la diffusione abusiva di codici di accesso
a sistemi informatici o telematici; la disposizione ex art. 615 quinquies per il
contrasto alla diffusione di programmi diretti a danneggiare o interrompere un
sistema informatico.
VIII
CAPITOLO I
Il concetto di domicilio
SOMMARIO: 1. Origine e profili evolutivi. - 2. La libertà domiciliare
nella Carta costituzionale. - 3. La nozione penalistica di domicilio. -
4. Le “abitazioni” e gli altri luoghi di “privata dimora”. - 5. Ipotesi
problematiche: il settore degli stabilimenti industriali e i mezzi di
trasporto. - 6. Le appartenenze.
1. Origine e profili evolutivi.
La tutela del domicilio ha sempre trovato riconoscimento in ogni epoca
storica.
Nella garanzia costituzionale della libertà domiciliare, è possibile
ravvisare le condizioni per l’esercizio di tutti gli altri diritti di libertà: diritto
di riunione (art. 17), di iniziativa economica (art. 41), di associazione (art.
18), etc.
Il domicilio tende ad essere, da sempre, un "luogo privilegiato", nel
quale la personalità umana può svolgere, senza interferenze esterne, ogni
attività individuale e collettiva.
Gli antichi romani, ad esempio, la consideravano un’aggressione alla
personalità individuale, includendola, secondo i canoni della lex Cornelia,
1
nel delitto di iniura estricantesi attraverso tre forme di offese personali:
pulsare, verberare, in domum introire.
In tali ipotesi di reato, il colpevole era tenuto al pagamento di una
somma, a titolo di pena, nei confronti della persona offesa.
I popoli di cultura germanica, allo stesso modo, tutelavano la pace
domestica contro qualsiasi turbamento causato da estranei con la previsione
di sanzioni penali ed era anche consentita l’uccisione dell’invasore e delle
persone sospette colte nelle appartenenze della casa.
Parimenti, il principio dell’inviolabilità del domicilio fu accolto ed
applicato dal nostro diritto intermedio, tanto che i vari statuti appartenenti a
diverse città italiane, stabilivano che l’abitazione doveva essere per ogni
individuo tutissimum refugium, sicuro asilo.
La violazione di domicilio era punita generalmente con pena
pecuniaria ed erano stabilite pene più gravi se veniva commessa da persona
armata o con violenza alla persone o sulle cose.
La Costituzione francese dell’anno VIII proclamò l’inviolabilità del
domicilio come piena espressione della libertà individuale, e così pure le
costituzioni successive, e quelle degli Stati che si ispirarono ai principi
della Rivoluzione francese
1
.
1
L’inviolabilità domiciliare é altresì ribadita dalla Costituzione della Repubblica
spagnola del 21.10.1831 (art. 31, 3 comma) e dalla Costituzione spagnola del 30.6.1876
(art. 6).
2
L’art. 10 della Costituzione belga del 7 febbraio 1831
2
ha costituito il
riferimento storico di maggiore significato per l’interprete italiano, in
quanto la sua formulazione è stata pressoché testualmente ripresa dall’art.
27 dello Statuto Albertino che recita: “Il domicilio è inviolabile. Niuna
visita domiciliare può aver luogo se non in forza della legge e nelle forme
che essa prescrive”
3
.
Tuttavia nel periodo fascista la libertà domiciliare ha subito gravi
limitazioni
4
.
Solo con l’art. 14 della Costituzione Italiana tale libertà trova il più
ampio riconoscimento; infatti, collocata tra le libertà fondamentali del
cittadino, si afferma il principio dell’inviolabilità del domicilio e si tutela il
singolo da indesiderate intrusioni nella sfera domestica da parte di privati o
pubblici ufficiali
5
.
2
L’art. 10 della Costituzione belga del 1831 dispone che: “Le domicile est inviolable;
aucune visite domiciliare ne peut avoir lieu que dans le cas prèvus par la loie et dans la
forme qu’elle prescrit”.
3
PAZIENZA, voce Domicilio (delitti contro l'inviolabilità del domicilio), in Encicl. Giur.,
XII, Roma, 1989, 3.
4
Degna di nota è la disposizione dell’art. 41 del t.u.l.p.s. del 1931, che riconobbe la
possibilità per gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria di eseguire, anche in virtù di
un semplice indizio, perquisizioni e sequestri in tutti i locali pubblici e privati, nonché in
qualunque abitazione, nei quali si avesse notizia della presenza di armi, munizioni o
materie esplodenti non denunziate o non consegnate, o comunque abusivamente detenute.
Inoltre, va ricordato l’art. 16 del t.u. delle leggi in materia di pubblica sicurezza (r.d.
773/1931) che ha esteso, nell’ambito dei poteri di prevenzione, il potere di perquisizione
delle forze di pubblica sicurezza a tutti i locali destinati all’esercizio di attività soggette
ad autorizzazioni di polizia, allo scopo di assicurarsi l’adempimento delle prescrizioni
imposte dalla legge o da altre disposizioni normative.
5
L’inviolabilità del domicilio è proclamata anche a livello internazionale e comunitario.
La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dall’Assemblea generale delle
Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 (art.12), prevede che: “Nessuno sarà oggetto di
interferenze arbitrarie nell’ambito della sua vita privata, della famiglia, del domicilio o
nella corrispondenza né a lesione del suo onore o della sua reputazione”. L’art. 8 della
3
2. La libertà domiciliare nella Carta costituzionale.
L’art. 14 Cost. al primo comma sancisce il principio dell’inviolabilità
del domicilio come valore costituzionalmente inderogabile e nei successivi
commi ne consente delle limitazioni in casi eccezionali derivanti da
esigenze di convivenza
6
.
In particolare, il secondo comma di tale articolo statuisce che nel
domicilio “non si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se
non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per
la tutela della libertà personale”
7
.
Convenzione per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a
Roma il 4 marzo 1950, dispone nei suoi due commi, che: 1) ogni persona ha diritto al
rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza;
2) non può esservi ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto, a meno
che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società
democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere
economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione
della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.
La garanzia della libertà di domicilio è riconosciuta anche dalla Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza nel dicembre 2000, che all’art. 7
stabilisce: “ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del
proprio domicilio e delle sue comunicazioni”.
6
Va rilevato, seppur sinteticamente, che oltre ai limiti generali indicati dalla Costituzione,
è possibile che ulteriori limitazioni alla libertà di domicilio possono derivare da situazioni
eccezionali, collegate dall’insorgenza di conflitti bellici (art. 78 Cost.) o ancora
relazionate a rivolte o situazioni di grave emergenza interna.
7
Il codice di procedura penale fornisce una definizione di questi mezzi di ricerca della
prova penale. L’ispezione serve ad accertare le tracce e gli effetti materiali del reato (art.
244 c.p.p.), al tal fine l’autorità giudiziaria può disporre rilievi segnaletici, descrittivi e
foto ici e ogni altra operazione tecnica; la perquisizione serve alla ricerca del corpo del
reato o di cose pertinenti al reato (art. 247 c.p.p.) ed è preordinata al sequestro di essi (art.
252 c.p.p.). Se la perquisizione è disposta per la ricerca di una cosa determinata, l’autorità
può invitare a consegnarla e la consegna impedisce la perquisizione.
4
Da ciò consegue che le limitazioni alla libertà domiciliare sono
consentite solo in presenza di un atto motivato dell’autorità giudiziaria, nei
casi e modi previsti dalla legge
8
.
L’art 14, comma terzo, statuisce, in deroga alla disciplina generale
appena descritta, un rinvio a leggi speciali per quanto concerne gli
accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a
fini economici e fiscali.
In tali casi il legislatore ordinario può conferire agli organi della
pubblica amministrazione poteri limitativi della libertà domiciliare, più
rapidi e penetranti di quelli ordinari, prescindendo dall’adozione di
procedure o controlli di natura giurisdizionale.
La dottrina, ha però precisato i confini entro cui può operare il
legislatore ed ha previsto: la circoscrizione dei poteri speciali di intervento
alle misure che si concretano in attività di mera indagine e ricognizione,
con esclusione implicita di poteri diversi, in grado di incidere con maggiore
intensità sugli interessi della persona (ad esempio: sequestri); una riserva di
legge speciale e la conseguente illegittimità delle limitazioni introdotte da
leggi dirette alla regolamentazione di settori più ampi o diversi da quelli
8
L’esplicito rinvio alle garanzie prescritte per la libertà personale ha condotto la dottrina
a ritenere che i provvedimenti incidenti sulla libertà di domicilio adottati dalle autorità
giurisdizionali, possono essere oggetto di ricorso in cassazione per violazione di legge, e
che le misure provvisorie assunte dalle autorità di pubblica sicurezza siano circondate
dalle medesime garanzie assicurate dall’art.13, 3 comma Cost., con la conseguenza che in
caso di mancata convalida successiva dell’autorità giudiziaria gli atti e le operazioni
compiute dal PM o dagli agenti di polizia giudiziaria debbono intendersi revocati o privi
di ogni effetto.
5
concernenti la sanità, l’incolumità, l’economia e il fisco
9
; l’esistenza di un
nesso funzionale tra l’adozione di misure e i motivi che rendono le
limitazioni costituzionalmente legittime
10
.
Ci si è chiesto se l’inviolabilità del domicilio sancita dall’art. 14 Cost.
ha esclusivo carattere pubblicistico, operante quindi solo nei rapporti tra
Stato ed altri enti pubblici, da una parte, e individui dall’altra, o se si deve
invece riconoscere al principio costituzionale un’efficacia erga omnes, che
prescinde dal rapporto Stato - cittadino, per incidere direttamente sui
rapporti tra privati.
La dottrina maggioritaria aderisce alla tesi dell’assolutezza della
libertà domiciliare ritenendo che l’aggettivo inviolabile, per
l’indeterminatezza dei destinatari, consente che esso sia esteso sino a
ricomprendervi un divieto anche per i privati
11
.
Si è sostenuto da un diverso punto di vista che la libertà di domicilio, è
solo quel diritto a che la pubblica autorità non entri nel privato domicilio
senza il consenso dell’avente diritto, se non per motivo legittimo e secondo
9
La Corte Costituzionale ha considerato la nozione di specialità attinente al contenuto
concreto della disposizione e non al titolo dell’atto legislativo contenente la stessa: sent.
10/1971 pubblicata in Giust. cost., 1971, 56.
10
BARILE, La libertà nella costituzione. Lezioni, Cedam, Padova, 1966, 865; FASO, La
libertà di domicilio, Giuffrè, Milano, 1968.
11
BARILE – CHELI, Domicilio (libertà di), in Enc. Dir., XIII, Milano, 1964, 863;
COCOZZA, La libertà di domicilio nella giurisprudenza della Corte costituzionale,
Napoli, 1984, 19; GALEOTTI, La libertà personale (studio di diritto costituzionale e
comparato), Giuffrè, Milano, 1953, 30.
6