5
Nuovo impulso acquista la figura del Garante dell’infanzia, istituita in alcuni
Stati ancor prima la stesura della Convenzione
1
, con lo scopo di perseguire
“l’interesse superiore del fanciullo” operando nell‘interstizio fra tutela e
protezione attraverso: azioni di garanzia e promozione, informazione,
orientamento dell’azione dei pubblici poteri a favore dei diritti e mediazione fra i
soggetti coinvolti nel processo educativo del minore.
Se da un parte l’Italia si dimostra tuttora inadempiente nell’istituire una figura
di Garante dell’infanzia a livello nazionale, d’altro canto il clima di mutata
sensibilità nei confronti dei minori non sembra aver lasciato indifferenti le
Regioni.
In primis la Regione Veneto che attraverso la legge regionale 9 agosto 1988,
n.42 istituisce l’Ufficio di protezione e pubblica tutela dei minori, divenendo
precursore a livello nazionale di quei principi che saranno fatti propri dalla
comunità internazionale solamente un anno più tardi. Seguono poi il Friuli-
Venezia Giulia (legge regionale 24 giugno 1993, n.49), le Marche (legge
regionale 15 ottobre 2002, n.18), il Lazio (legge regionale 28 ottobre 2002, n.38) e
l’Emilia Romagna (legge regionale 17 febbraio 2005, n.9).
2
Anche se l’iniziativa autonoma delle Regioni nel creare una figura di Garante
appare sicuramente pregevole, al contempo in presenza di carenze legislative di
livello nazionale, potrebbero sorgere, alla stregua di quanto accade con la figura
del difensore civico
3
, sospetti di incostituzionalità.
1
I primi Stati europei ad istituire la figura del garante nazionale dell’infanzia sono nel 1981
Finlandia e Norvegia. In quest’ultimo, l’idea di costituire una simile figura risale addirittura al
1968, ma soltanto in occasione dell’Anno Internazionale del Bambino nel 1979, assume
concretezza. V. amplius, MILANESE F., La tutela non giurisdizionale del minore, il tutore pubblico
dei minori, Padova, 1999.
2
In realtà anche le Regioni dell’Abruzzo (legge regionale 14 febbraio 1989), del Piemonte (legge
regionale 31 agosto 1989, n.55), dell’Umbria (legge regionale 23 gennaio 1997, n.3) e della Puglia
(legge regionale 11 febbraio 1999, n.10) prevedono la creazione della figura del Garante
dell’infanzia configurandola però sostanzialmente come articolazione degli organi di Governo
della Regione e non con una struttura di garante in senso proprio come invece accade per le altre
Regioni sopraccitate.
3
In un contesto di confusione e di conseguente incertezza normativa nel chiarire quali siano le
funzioni del difensore civico regionale, è intervenuta recentemente la Corte Costituzionale con la
sentenza 112 del 6 aprile 2004. Tale decisione ha, infatti, per la prima volta precisato quali sono i
limiti e la natura del potere del difensore civico regionale.
6
In assenza di una legge nazionale che delinei i principi primi di tutela e
attuazione dei diritti dei minori a cui le Regioni dovrebbero ispirare e adeguare le
loro legislazioni nella creazione di una figura omologa attraverso leggi più
specifiche, il rischio di porsi in contraddizione col principio di eguaglianza
formale e sostanziale a livello di intensità della tutela non è inconsistente.
Inoltre, se consideriamo la medesima problematica non solo dalla prospettiva
del cittadino ma anche dell’Amministrazione, è stato sollevato da taluni, un
dubbio di incostituzionalità, a seguito dell’emanazione della legge costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3.
Istituire un Garante nazionale attraverso una legge dello Stato, e disporre per
mezzo di essa l’istituzione di una figura omologa a livello regionale, potrebbe
essere inteso come un’indebita intromissione da parte del potere centrale in una
materia che è invece considerata di competenza esclusiva regionale
4
.
In realtà, la ratifica della Convenzione di New York
5
identifica gli Stati come
parte e dunque è in capo ad essi stessi che ricade la responsabilità nel rispettare e
garantire i diritti del trattato “adottando tutti i provvedimenti legislativi,
amministrativi ed altri, necessari per attuare i diritti riconosciuti dalla presente
Convenzione” (art.4).
Inoltre la nuova formulazione dell’art. 117, comma 2, lettera m) della nostra
Costituzione, attribuisce allo Stato la competenza esclusiva per la determinazione
dei livelli essenziali di prestazioni (LEP) relativi a quei diritti fondamentali, fulcro
dello Stato sociale.
Poste queste premesse, si comprende l’importanza e la necessità di creare al
più presto una figura nazionale in un quadro normativo che garantisca il corretto
funzionamento della machinery amministrativa, in un ambito di leale
cooperazione tra Stato e Regioni attraverso una logica di rete, organizzata e
coordinata su vari livelli, da quello centrale a quello delle autonomie locali.
4
Com’è noto, l’inversione del precedente criterio di riparto delle competenze ha portato ad
enucleare una competenza esclusiva dello Stato “enumerata”, una competenza statale (per i
principi fondamentali) e regionale (per la normativa conseguente) concorrente, infine una
competenza regionale esclusiva “di risulta”, innominata (estesa a tutte le materie non rientranti nei
precedenti due tipi).
5
Resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991, n.176.
7
Scopo del presente lavoro è cercare di delineare le basi per l’istituzione di una
figura di Garante dell’infanzia a livello nazionale, consapevoli che la materia di
cui si tratta è un continuo work in progress perché la società stessa, e dunque le
sue esigenze, non sono forma statica ma dinamica.
Pertanto ritengo che in un contesto de jure condendo sia più ragionevole
fondare la mia analisi sullo studio delle esperienze Regionali che si sono
sviluppate sino ad oggi, poiché è dalla prassi che si ricavano le “modalità di
approccio, il “senso” della protezione”
6
, che si determinano le possibili
evoluzioni delle forme di tutela e dei tratti giuridici stessi della figura, in vista di
un’istituzione nazionale. Le scelte operative attuate dalle Regioni, le altre
esperienze europee dei garanti dell’infanzia nazionali e le proposte di legge che
negli anni si sono susseguite nel nostro Paese, costituiranno spunti per la
costruzione di una figura nazionale del garante, fra scelte possibili e soluzioni
auspicabili.
Il sistema logico che sottende l’architettura del mio lavoro, vorrebbe prendere
spunto proprio da quel principio di sussidiarietà che diviene paradigma ordinatore
fra i vari livelli istituzionali nella capacità di ognuno di soddisfare l’interesse
generale, sia nella sua accezione tanto verticale che orizzontale.
Poiché di questo non esiste una definizione univoca – la sua origine infatti non
si ritrova in un testo normativo ma piuttosto in una dottrina politica – di
conseguenza anche la sua declinazione non può essere universale. Il percorso di
analisi che si intende qui iniziare, sarà quindi di stampo incrementalista basato su
una concezione di sollen più che di sein, di dover essere più che di essere. Il punto
di partenza e di arrivo sarà collegato dal medesimo fil rouge, innestato però della
preziosa esperienza che si è andata a sedimentare con gli anni che darà essa stessa
una possibile declinazione del principio, giungendo dunque a quel “sentire
comune” condiviso.
6
Il pubblico tutore dei minori del Veneto, relazione sull’attività per l’anno 2005, p. 10.
8
CAPITOLO I
LA FIGURA DEL GARANTE DELL’INFANZIA
NELL’INFRASTRUTTURA DEI DIRITTI UMANI
Sommario: 1.1. Premessa; 1.2. L’infrastruttura dei diritti umani; 1.3. Nascita e sviluppo
dell’ombudsman; 1.4. Raccomandazioni internazionali verso la diffusione dell’istituto; 1.5.
Meeting organizzati dal Consiglio d’Europa e da Ombudsmen nazionali : verso una rete di
tutela 1.6. Il Mediatore Europeo; 1.7. La difesa civica in Italia; 1.8. La logica di rete in Italia
ovvero la creazione di un sistema di difesa civica e garanzia dell’infanzia.
1.1. Premessa
In via introduttiva, ritengo necessario iscrivere la figura del Garante
dell’infanzia all’interno dell’infrastruttura dei diritti umani
7
, al fine di spiegare
non tanto quali siano le origini filosofiche che la sottendono, quanto il sistema di
relazioni, di interdipendenza e di complementarietà con le varie istituzioni, che la
caratterizzano.
La proposta di creazione di tale istituto a livello nazionale si colloca al centro
di ben più problematici nodi teorici
8
.
In primo luogo la crisi della modernità, considerata dal punto di vista del
passaggio dagli schemi obsoleti di contratto sociale caratterizzanti il pensiero
liberale, alla società della “contrattazione continua in cui il contratto non
rappresenta una cornice predefinita dei rapporti sociali ma costituisce una
sperimentazione continuamente ridefinita nelle relazioni tra gli inidividui, in
continua evoluzione”
9
.
7
V. Infra amplius, PAPISCA A., Infrastruttura diritti umani per il sistema democratico in
STRUMENDO L. (a cura di), Costituzione, diritti umani,garanzie. Forme non giurisdizionali di
tutela e promozione, Padova, 1998, pp. 27-47.
8
CERETTI A., Progetto per un Ufficio di Mediazione Penale presso il Tribunale per i minorenni di
Milano, in PISAPIA G.V. ANTONUCCI D., (a cura di), La sfida della mediazione, Padova, 1997,
p.85.
9
Ibidem.
9
Un altro aspetto è rappresentato dalla crisi della sovranità che si esprime
attraverso la crisi del diritto: le istanze sollevate dalla società verso la sfera
istituzionale, divengono sempre più complesse, sempre più diversificate. La
conseguenza di tale processo si traduce nell’aumento del pluralismo delle
espressioni politiche e delle fonti del diritto, e al contempo, nella
complessificazione e deformalizzazione dello stesso. Si determina, una sorta di
cortocircuito tale per cui tanto più il diritto si diffonde, “tanto più rivela i suoi
limiti e la sua impotenza, tanto più si ingigantisce, tanto meno appare
incisivo.[…] In una cornice in cui l’equilibrio fra i tre poteri, che era stato
ipotizzato come il fondamento del sistema liberale, è evidentemente alterato dai
processi informali di contrattazione, di conflitto (per esempio tra magistratura e
potere legislativo, o tra la stessa e il potere politico), e da tendenze di
monopolizzazione”
10
.
Un ultimo punto è costituito dalla crisi del Welfare State
11
come strumento di
prevenzione dei conflitti e di mediazione-regolamentazione degli stessi. Nel
momento in cui lo Stato viene meno alla sua funzione di “erogatore di risorse” che
previene anche il livello eccessivo di congestione della conflittualità sociale,
lascia inevitabilmente scoperto un campo in cui “la conflittualità si può talvolta
esplicare in maniera del tutto ingovernabile, indefinibile, tanto più se poi le
tendenze neoliberistiche in atto tolgono spazio al ruolo di mediazione dello Stato
nella contrattazione sociale”
12
.
In questo contesto, gli spazi del controllo, del conflitto e della mediazione
possibile tra persona e Stato, cittadino e poteri, vanno ricollocati e reinterpretati in
un quadro di riorganizzazione totale dei rapporti sociali.
Ecco allora che si fa strada l’idea di un diritto mite
13
, flessibile in rapporto ad
una sempre maggiore complessità sociale. La pluralità di punti di vista, di culture,
di valori, di istanze non possono costituire il fondamento di un’univoca legittimità
10
In MOSCONI G., La mediazione. Questioni teoriche e diritto penale, in Prassi e teoria della
mediazione a cura di PISAPIA G., Padova, 2000, pp. 3-26.
11
V. fra tutti, DE LEONARDIS O., In un diverso Welfare, Milano, 1998.
12
Ibidem.
13
ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, Torino, 1992.
10
fondata su codificazioni rigide e precostituite. Per questo motivo, si sposta sempre
più il momento produttivo del diritto – da quello legislativo a quello della
pronuncia giurisdizionale – producendo un indebolimento e una deformazione
dello stesso, che investe necessariamente anche i diritti umani in quanto principi
generali non definitivamente codificati in testi di legge cogenti. Tale
“deformazione” si declina nelle strutture informali di produzione del diritto che si
traducono, ad esempio, nelle nuove tecniche della prevenzione della criminalità,
che intrecciano interventi e competenze istituzionali e non; nello sviluppo di
materie complesse e interdisciplinari quali la bioetica, l’affermazione e la gestione
del pluralismo culturale all’interno di una società multietnica, l’affermazione e la
tutela dell’identità femminile e di quella infantile
14
.
A fronte di questa esigenza di grande duttilità del diritto rispetto alle
dinamiche sociali, la produzione legislativa che assume sempre più un ruolo di
composizione e mediazione fra le varie istanze, si stempera in nuove forme sociali
di produzione del diritto che possono fare riferimento non solamente al ruolo del
giudice classicamente inteso, ma ad un ambito più ampio che va dal giudice di
pace
15
al difensore civico.
14
MOSCONI G., cit.,Padova, 2000.
15
Ricordiamo che attraverso il D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, sono state ampliate le competenze
dello stesso con riguardo alla materia penale.
11
1.2.L’infrastruttura dei diritti umani.
Comprendere le ragioni secondo cui le figure del difensore civico e del
Garante dell’infanzia diventano più che mai necessarie per la società
contemporanea, significa far riferimento all’assunto ontologico e non soltanto
logico della democrazia, ovvero del potere del popolo: i diritti umani
16
quali
espressione di bisogni vitali.
La legittimità dello Stato infatti, in quanto Ente derivato e strumentale, risiede
nella sua idoneità (in quanto contraente del patto con il soggetto originario dei
diritti) a perseguire l’obiettivo primario del soddisfacimento dei bisogni vitali che
si traducono nei diritti fondamentali di tutti i membri della comunità.
“I diritti umani non sono quindi una sovrastruttura giuridica, sono piuttosto
l’infrastruttura valoriale e basilare degli ordinamenti democratici”
17
.
Per garantire i diritti umani sul piano dell’effettività, sono necessarie
appropriate procedure e appropriate istituzioni. La nostra tuttora dominante
cultura giuridico – statualista guarda ai diritti umani come ad una materia che
porterebbe – prevalentemente se non esclusivamente – ad una proposizione
negativa: “ne cives ad arma veniant”.
Sebbene siano passati quasi sessant’anni dall’entrata in vigore della
Costituzione repubblicana, l’ordinamento italiano non si è ancora attrezzato per la
protezione e per la promozione dei diritti umani.
Per quanto riguarda l’effettiva tutela di questi ultimi, potremo dire che il
nostro Paese si trova ancora “in via di sviluppo”, poiché permane quello stato di
arretratezza, a causa “del nostro provincialismo giuridico e politico”
18
.
16
N.Bobbio classifica i diritti umani in “generazioni di diritti” (sul punto V. BOBBIO N., L’età dei
diritti,Torino, 2000) spiegando come non vi sia una gerarchizzazione tra di essi a livello di
importanza, quanto piuttosto, una diversa sedimentazione giuridica a livello cronologico.
Sostanzialmente i diritti umani si dividono in quattro filoni: diritti civili e politici (presenti nella
Costituzione italiana rispettivamente agli artt.13-28 e 48-54) e diritti economici e sociali (artt.35-
47 e artt. 29-34).
17
PAPISCA A., cit.,Padova, 1998, pp. 27-47.
18
Ivi, p.41.
12
Eppure a fronte della crisi della giustiziabilità sanzionatoria data dal
procedimento giurisdizionale togato rituale, la necessità di un rilancio
dell’infrastruttura appare più che mai attuale.
Due sono gli ordini di istituzioni specializzate, definite in sede Nazioni Unite
come Istituzioni per la Tutela e la promozione dei diritti umani, su cui dovrebbe
articolarsi l’infrastruttura: la Commissione nazionale dei diritti umani
19
e il
Difensore civico nazionale, con le rispettive “reti” subnazionali. La Commissione
nazionale svolge un ruolo più marcato nella promozione generale dei diritti umani
e nella tutela di ogni forma di discriminazione. A differenza dell’ombudsman, il
suo intervento non si limita alla sfera della Pubblica Amministrazione, ma
comprende anche i rapporti tra i privati.
La Risoluzione 48/134
20
dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite,
pienamente recepita dalle Raccomandazioni del Consiglio d’Europa, fornisce
indicazioni circa le funzioni e la composizione delle Istituzioni Nazionali per i
Diritti Umani, con riferimento indifferenziato alle due strutture di cui sopra.
19
“Nel nostro paese esistono due commissioni sui diritti umani: una Commissione per i diritti
umani presso la presidenza del Consiglio dei Ministri e un Comitato interministeriale per i diritti
umani istituito presso il Ministero degli Affari esteri.La Commissione, composta da personalità
competenti nell’ambito dei diritti umani, è stata istituita con D.P.C.M. del 31/01/1984. Ha
principalmente un compito di raccolta di informazioni e assistenza per la Presidenza del Consiglio
e le amministrazioni su questioni che riguardano i diritti umani. Il Comitato interministeriale per i
diritti umani, unico organo interministeriale che si occupa della materia, è stato istituito con D.M.
n. 519, 15/02/1978; la sua composizione è stata aggiornata con D.M. 16/02/1998. Ne fanno parte
rappresentanti delle seguenti istituzioni: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero degli
Affari Esteri, Ministero Ministero dell’Interno, Ministero di Grazia e Giustizia, Ministero della
Pubblica Istruzione, Ministero della Sanità, Ministero del Lavoro, Ministero per le Pari
Opportunità, Dipartimento per gli Affari Sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, C.N.E.L., Istituto Nazionale di Statistica, Istituzioni
Universitarie, Commissione per i diritti umani della Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Commissione per le Pari Opportunità, Commissione italiana per l’UNESCO, Società Italiana per
l’Organizzazione Internazionale. Vi fanno inoltre parte tre personalità eminenti nel campo dei
diritti umani, per la durata di tre anni. L’attività del Comitato consiste nella preparazione, attuata
mediante la raccolta di informazioni presso i vari ministeri, dei rapporti periodici sulle misure
adottate a livello nazionale in applicazione delle convenzioni internazionali di cui l’Italia è parte.
Questi rapporti vengono presentati e commentati successivamente in sede internazionale, e il
Comitato prepara un resoconto di tali dibattiti per i ministeri competenti. I contenuti di questi
documenti sono generalmente sconosciuti all’opinione pubblica, in quanto né i rapporti né i
successivi resoconti hanno alcuna diffusione nel paese”. Bollettino Archivio Pace Diritti Umani -
n. 19 - 3/1999
20
General Assembly principles (resolution 48/134) 1993. “Principles relating to the status and
functioning of national institutions for protection and promotion of human rights”.
13
Per le ‘Commissioni Nazionali’ in particolare valgono le seguenti indicazioni
per ciò che concerne le funzioni: fornire informazioni, pareri, proposte, anche su
autonoma iniziativa, alle istituzioni dello stato e a qualsiasi altra autorità in merito
a proposte di leggi e altri atti, casi di violazione dei diritti umani, ecc.;promuovere
l’armonizzazione dell’ordinamento interno con la legislazione internazionale sui
diritti umani; stilare un rapporto annuale, di carattere generale, sui diritti umani
nel proprio paese; collaborare alla preparazione dei rapporti da sottoporre alle
competenti istanze internazionali; collaborare alla elaborazione dei programmi di
insegnamento sui diritti umani in sede sia scolastica e universitaria sia
extrascolastica; partecipare alle attività dei “coordinamenti” internazionali;
gestire un ‘osservatorio’ sugli eventi relativi ai diritti umani in sede nazionale e
internazionale.
Per ciò che attiene alla composizione: formazioni di società civile (Ong,
ordini professionali);correnti di pensiero filosofiche e religiose; istituzioni
universitarie ed ‘ambienti esperti’; rappresentanti del Parlamento; amministrazioni
nazionali, regionali, locali (a titolo consultivo)
21
.
Fino a non molto tempo fa, anche in sistemi democratici avanzati, la
protezione dei diritti umani era intesa in termini di garanzia successiva alle
violazioni dei diritti, garanzia affidata alle strutture giurisdizionali (costituzionali
e ordinarie) col compito di accertare i fatti, condannare i colpevoli, indennizzare
le vittime. Oggi, la sollecitazione proveniente sia dagli organismi internazionali
sia dal mondo delle formazioni di società civile è a porre in essere strutture
specializzate, col compito primario di proteggere i diritti umani in via preventiva e
con strumenti di tipo extragiudiziale così da rispondere in maniera efficace e
tempestiva alle istanze del cittadino. Questa nuova forma di tutela si caratterizza
rispetto a quella classica oltre che per la sua assoluta gratuità , anche per il modus
operandi che privilegia un’azione “mite”, di persuasione
22
, piuttosto che di
“scontro” nel dirimere le controversie.
21
Archivio pace diritti umani, n.22 della rivista Pace, Diritti dell’uomo, Diritti dei popoli,
n.2/2001-1/2002,pp.8-10.
22
Aderendo in questo modo, alla mutata concezione del diritto così come definita da
ZAGREBELSKY G., cit., 1992
14
1.3. Nascita e sviluppo dell’Ombudsman.
Su questi presupposti si costruisce la figura dell’ombudsman, ovvero de
“l’uomo che fa da tramite”
23
, stando all’etimo della parola, tra cittadino e pubblica
amministrazione.
Vi è il rischio, infatti che l’Amministrazione possa crescere in maniera
incontrastata in riferimento ai suoi compiti creando, in questo modo, una
situazione in cui gli equilibri del potere sono fortemente asimmetrici, a discapito
del cittadino. Dunque la genesi dell’Ombudsman ovvero del difensore civico non
si rinviene in un modello organizzativo predefinito quanto piuttosto in un’idea che
si costruisce intorno alla ricerca di obiettivi condivisi ma adattati alle specificità
dei diversi contesti locali.
Similmente a ciò che aveva saputo creare Roma, istituendo il Tribunale della
Plebe
24
, si è cercato di istituire un ricorso più semplice di quello della giustizia
ordinaria, al quale tutti gli uomini, che non vedono garantiti i loro diritti
fondamentali, possano rivolgersi. Ed è così che l’istituto dell’Ombudsman viene
introdotto in età contemporanea per la prima volta in Svezia, con la Costituzione
del 6 giugno 1809
25
, anche se tracce di un istituto simile si rinvengono nell’antico
sistema giuridico islamico.
Nel 1709 il re svedese Carlo XII, fuggito in Turchia in seguito alla sconfitta ad
opera della Russia, venne a conoscenza dell’istituto arabo del Qadi al Quadar ,
che aveva il compito di far rispettare il diritto islamico a tutti gli ufficiali pubblici.
23
La parola Ombudsman deriva dal termine medievale svedese umboosmaor e il suo significato è
di “uno che ha il potere di agire a favore di un altro”, ossia di “uomo tramite” .Cfr. CAIDEN G.,
International Handbook of the Ombudsman, Greenwood Press, Westport, 1993, vol.2, pag.9.
24
Nel Tardo Romano Impero, nel 368 d.C., esisteva la figura del Defensor Civitatis che “assunse il
ruolo di mediatore tra lo Stato e il cittadino, come espressamente stabilito nella lex Julia,
esercitando lo ius interdicendo e lo ius agendi cum patribus, ossia di “reclamare” al Governatore
della Provincia contro ogni sopruso compiuto nei confronti di un cittadino, nonché di conferire in
qualsiasi momento con lo stesso. Era dunque un organo indipendente, con il compito di difendere i
cittadini dai soprusi, sia in materia giudiziaria che tributaria” NITTI N., Il difensore civico dalle
origini ai nostri giorni, in Nuova Rassegna 1998, p. 297. in GALATRO V., Il difensore civico,
Napoli, 2005.
25
Art.96 e ss.
15
Tornato in Svezia, il re predispose la creazione di un organo – il Cancelliere
di Giustizia – con la funzione di sorvegliare il rispetto delle leggi da parte degli
ufficiali pubblici per conto della monarchia.
Da ciò cento anni dopo, la Svezia dà luogo all’istituzione dell’ombudsman.
Per più di un secolo l’esempio svedese rimane unico del mondo. Bisogna
attendere il 1919, anno in cui la Finlandia, dopo essere divenuta indipendente
adotta un’istituzione similare. Ma fu il secondo dopo guerra il periodo di
espansione impressionante: l’istituzione si universalizza e si diversifica. Nel 1953,
la Danimarca crea l’incarico di Ombudsman, nel 1962 la Norvegia la imita.
Rispetto ai modelli svedese e finlandese, gli Ombudsmen successivi non
avevano il potere di investigare l’operato dei giudici ed inoltre l’ambito di
inchiesta e il potere di iniziativa erano più limitati.
Nel corso degli anni Sessanta, sulla scorta del processo di universalizzazione
dei diritti umani
26
, l’interesse per l’istituto crebbe soprattutto grazie agli sforzi
delle Nazioni Unite che, impegnate nell’attività di diffusione dei diritti umani, ne
incoraggiarono la costituzione.
All’occasione di un congresso delle Nazioni Unite a Ceylon, il rappresentante
neo-zelandese, fortemente impressionato dalla riuscita dell’esempio danese, di
ritorno nel suo Paese riuscì a convincere i suoi concittadini: era il 1962 e nasceva
il Commissario alle Investigazioni. L’esperienza fu seguita dai britannici con
particolare interesse poiché era la prima volta che tale istituto approdava in un
paese del British Commonwealth e dopo vari dibattiti si arrivò nel 1967 alla
nascita del Commissario Parlamentare.
26
Nel 1948 vennero poste le fondamenta per l’universalizzazione dei diritti umani (prima
appannaggio solo di alcune classi sociali o stati) attraverso la Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani promossa dalle Nazioni Unite. Questo documento divenne il fulcro per costruire i pilastri
della c.d. “architettura dei diritti umani” ovvero il Patto sui diritti civili e politici e quello sui diritti
economici, sociali e culturali, entrambi del 1966.
16
1.4. Raccomandazioni internazionali verso la diffusione dell’istituto.
Dopo aver descritto, sia pur per sommi capi, l’istituto di tutela e promozione
non giurisdizionale dei diritti umani del Difensore civico, passiamo ad un rapido
esame dei documenti internazionali delle Nazioni Unite
27
e del Consiglio
D’Europa
28
che indicano i parametri internazionali in materia.
Si possono ordinare i documenti internazionali in tre momenti
29
.
Una prima fase va dal 1946 al 1991, in cui le Nazioni Unite e Consiglio
d’Europa si limitano a raccomandare agli Stati Membri di istituire il Difensore
civico e la Commissione diritti umani.
27
Per ragioni di economia espositiva si approfondiscono solamente le raccomandazioni, elaborate
in sede Onu o Ue, ritenute più significative. Ciò nonostante ritengo necessario riportarle nella loro
integrità, seppure in forma di elenco. Ris. ECOSOC 2/9 del; 21 giugno 1946; Ris. ECOSOC 25 luglio
1960 772/B (XXX); Seminar on National and Local Institutions for the Promotion and Protection
of Human Rights, Geneve 1978, Commissione Diritti Umani ST/HR/SER A/2 e Add.1;
Risoluzione dell’Assemblea Generale 33/46 del 14 Dicembre 1978; International Workshop on
National Institutions, ECOSOC E/CN/1992/43 e add. 1; Risoluzione della Commissione Diritti
Umani 1992/54 del 3 marzo 1992; Risoluzione 1993/55 della Commissione Diritti Umani del 9
marzo 1993; Report of the World Conference on Human Rights, Vienna, 14-25 June 1993 (A/Conf
157/24); Commissione Diritti Umani Report of the second International Workshop on national
Institutions for the promotion and the protection of human rights, Tunisi 13 al 17 dicembre
1993;Report ECOSOC E/CN4/1994/45 del 23 dicembre 1994; Ris 48/134 dell’Assemblea Generale
del 20 dicembre 1993;Ris. della Commissione Diritti Umani 1994/54 del 30 marzo 1994;
Risoluzione della Commissione Diritti Umani 1995/50 del 3 marzo 1995 ; Third International
Workshop on National Institution for the promotion and protection of human rights documenti
ECOSOC E/CN. 4/1996/8 del 14 agosto1995; Risoluzione dell’Ass. Gen. 50/176 del 22 dicembre
1995;Ris. Commissione Diritti Umani 1996/50 del 19 aprile 1996; Ris. Commissione Diritti
Umani 1997/40 dell’11 aprile 1997; Ris. dell’Ass. Gen. 52/128 del 12 dicembre 1997; Ris. della
Commissione Diritti Umani 1998/55 del 17 aprile 1998; Ris. della Commissione Diritti Umani
1999/72 del 28 aprile 1999; Ris. Ass.Gen. 54/176 del 17 dicembre 1999; Ris. della Commissione
Diritti Umani 2000/76 del 27 aprile 2000 ; Ris. Commissione Diritti Umani 2001/80 del 25 aprile
2001; Ris. Ass.Gen. 56/158 del 19 dicembre 2001; Ris. Commissione Diritti Umani 2002/83 del
26 aprile 2002; Ris. Commissione Diritti Umani 2003/76 del 25 aprile 2003; Ris. Ass.Gen.58/175
del 23 dicembre 2003; Documenti reperibili in : (www.unhchr.ch – Commissione Diritti Umani - o
www.un.org per l’Assemblea Generale)
28
Racc. Comitato dei Ministri R (75) 757 del 1975;Ris.Comitato dei Ministri R (85) 8 il 23
settembre 1985; Racc. Comitato dei Ministri R (85) 13 del 23 settembre 1985; Racc. Comitato dei
Ministri R (97) 14 del 30 settembre 1997; Ris. Comitato dei Ministri R (97) 11 30 settembre 1997;
Racc. 61 (1999) del Congresso dei poteri Locali e Regionali del Consiglio D'Europa del 17 giugno
1999; Ris 80 (1999) del Congresso dei poteri Locali e Regionali del Consiglio D'Europa del 17
giugno 1999. (reperibili all’indirizzo www.coe.int )
29
Così come individuati da GASPARRINI V. nella relazione del Convegno Nazionale su “Il
difensore civico quale utile mediatore nei rapporti tra il cittadino e la Pubblica Amministrazione”
tenutosi a Padova il 26 marzo 2004.
17
Nel 1946, addirittura due anni prima della Dichiarazione Universale dei diritti
dell’uomo, il Consiglio Economico e Sociale invitava gli Stati membri “a
considerare l’opportunità di stabilire gruppi di informazione o Comitati per i
diritti umani all’interno dei rispettivi paesi per collaborare con essi nel portare
avanti il lavoro della Commissione diritti umani”
30
.
Nel 1960 lo stesso ECOSOC si pronunciò nuovamente sottolineando
l’importanza del ruolo che le istituzioni nazionali possono avere nella protezione
dei diritti umani, invitando gli Stati a considerare favorevolmente l’istituzione di
un organo autorizzato a ricevere ed esaminare i ricorsi individuali, secondo
l’esempio degli Ombudsmen Scandinavi
31
.
Ma è solamente nel 1974 che i parametri per l’istituzione di un difesa civica
vengono specificati, attraverso una risoluzione dell’International Bar
Association
32
che definì l’istituzione dell’Ombudsman come: “ufficio previsto
dalla Costituzione o da un’assemblea legislativa o parlamento e diretto da un
funzionario pubblico indipendente, di alto livello, che è responsabile di fronte
all’Assemblea legislativa o parlamento, che accoglie reclami contro agenzie
governative, funzionari e impiegati da parte di persone che hanno subito un
danno, o che si attiva da sé, che ha il potere di investigare, di raccomandare
azione correttiva e di pubblicare rapporti”.
Anche il Consiglio d’Europa appoggiò la creazione di un “Ombudsman
Commissioner of human rights”
33
e nel 1975 invitò i Governi degli Stati che
ancora non l’avevano fatto a “considerare la possibilità di nominare a livello
30
Risoluzione n.2/9 dell’ECOSOC del 21 giugno 1946, sez. 5, riportata dal National Human
Rights Institution, professional training series n.4 del Centre for human rights, United Nations,
1995, p.4.
31
Risoluzione 772/B del 25 luglio.
32
L’International Bar Association (IBA) influenza lo sviluppo della riforma del diritto
internazionale e configura lo sviluppo delle professioni legali in tutto il mondo. Attraverso le varie
sezioni e comitati l’IBA permette un scambio continuo di informazioni tra i suoi membri per ciò
che concerne la legislazione, le prassi e le responsabilità soprattutto nell’ambito del diritto
commerciale. Lo scopo è di promuovere uno scambio di informazioni costante in ambito giuridico,
supportare l’indipendenza della magistratura, il diritto degli avvocati a praticare la loro professione
senza interferenze, ma soprattutto sostenere i diritti umani attraverso lo Human Rights Institute.
Per ulteriori approfondimenti, V. www.ibanet.org
33
Cfr. MARIANI M., DIBERNARDO A., DORIA A.L., Il difensore civico, Torino 2004, pag.12.
18
nazionale, regionale o locale, persone svolgenti funzioni analoghe a quelle degli
esistenti Ombudsmen e Commissari Parlamentari”
34
.
Nacquero molti disaccordi circa la questione di cosa esattamente bisognasse
intendersi per Ombudsman, visto l’inappropriato uso del termine da parte di
svariate associazioni private con funzioni di accoglimento di reclami da parte dei
cittadini. La natura flessibile dell’istituto, infatti, si adatta ai vari ordinamenti
nazionali, acquisendo caratteristiche diverse sia nella denominazione
35
che nelle
funzioni stesse.
Nel 1978 la Commissione Diritti Umani organizzò il “Seminario sulle
Istituzioni Nazionali e Locali per la protezione dei diritti umani” durante il quale
vennero approvate le prime direttive relative alla struttura e al funzionamento
delle istituzioni nazionali.
Con la Raccomandazione R (85) 13 del 1985 del Comitato dei Ministri vi è
un’ulteriore specificazione del ruolo che deve avere il difensore civico: guarda
alla complessità della pubblica amministrazione attuale, deve porsi come
necessario complemento delle esistenti procedure di controllo giudiziario. Si
ricorda inoltre che le funzioni dell’Ombudsman implicano la considerazione dei
ricorsi individuali riguardanti errori o carenze della pubblica amministrazione,
nell’ottica di aumentare il livello di protezione dell’individuo soprattutto in
situazioni di maladministration
36
.
Il Comitato raccomanda agli Stati:
- di considerare la possibilità di nominare un Ombudsman a livello nazionale,
regionale o locale o per specifici settori della pubblica amministrazione;
- di fare in modo che l’Ombudsman presti particolare attenzione, all’interno
delle sue competenze generali, al tema dei diritti dell’uomo e che, se non
34
Raccomandazione n. (75) 757.
35
Defensor de Pueblo in Spagna, Mediateur in Francia, Volksanwalt in Austria, Provedor de
Justicia in Portogallo e Parliament Comissioner in Gran Bretagna. Da MALIGNIER B., Les
fonctions du Mediateur, , Presses Universitaires de France.
36
Per maladministration si intendono quell’insieme di condotte poste in essere dalla pubblica
amministrazione che seppur riprovevoli (ad es. forme di inerzia o piccole negligenze) non si
concretano di fatto in un provvedimento illegittimo suscettibile di annullamento giurisdizionale. V.
fra tutti, OLIVETTI RASON N., Quattro interrogativi sul difensore civico regionale, in “il Dir. Della
Regione”,1986,4, p.116.