7
la Repubblica Turca e la Grecia, per quanto concerne le reciproche
rivendicazioni nel bacino del Mar Egeo
6
; infine, non si può dimenticare il
problema curdo e le sue implicazioni in materia di rispetto di diritti umani da
parte della Turchia
7
.
Uno degli aspetti qualificanti l’associazione tra la Repubblica Turca e la
Comunità riguarda la tutela dei lavoratori turchi immigrati. Il primo
riferimento alla tutela giuridica di detti lavoratori si trova nell’Accordo di
Associazione
8
sottoscritto ad Ankara il 12 settembre 1963 ed entrato in vigore
il 1° gennaio dell’anno successivo. Esso persegue un obiettivo ambizioso:
intende, ai sensi dell’articolo 2, primo comma, istituire un’associazione
finalizzata alla promozione del rafforzamento continuo ed equilibrato delle
relazioni commerciali ed economiche tra le Parti Contraenti, ivi compreso,
quindi, il settore del lavoro salariato e indipendente. In particolare, l’articolo
12 prospetta la graduale applicazione del principio della libertà di circolazione
a favore dei lavoratori turchi, ispirandosi agli articoli 48, 49 e 50 del Trattato
che istituisce la Comunità
9
.
6
A partire dagli anni Settanta, la Turchia ha iniziato una politica aggressiva contestando lo status quo e la
sovranità greca nel bacino dell’Egeo; il suo principale scopo appare ancora essere la partizione della
piattaforma continentale delle isole col fine di sfruttare le risorse naturali della regione e di racchiudere le
isole dell’Egeo orientale in un’area di giurisdizione turca che faciliti le sue rivendicazioni nella zona [Cfr
RIZZI Franco, Unione Europea e Mediterraneo, Roma, 1997].
7
Cfr TAWFIQ Mustafa Jasim, Le radici del problema curdo, Pisa, 1991.
8
In “GUCE” L 217 del 29.12.1969 pag. 3685-3708.
9
L’articolo 12 dell’ Accordo di Associazione CEE-Turchia precisa che “ le Parti Contraenti convengono di
ispirarsi agli articoli 48, 49 e 50 del trattato che istituisce la Comunità per realizzare gradualmente tra di
loro la libera circolazione dei lavoratori”. Dovrebbe, in tal modo, essere abolita qualsiasi discriminazione,
fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e
le altre condizioni di lavoro. La libera circolazione dei lavoratori comporta il diritto di rispondere a offerte di
lavoro effettive; di spostarsi liberamente a tal fine nel territorio degli Stati membri; di prendere dimora in
uno degli Stati membri al fine di svolgervi un’attività di lavoro, conformemente alle disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative che disciplinano l’occupazione dei lavoratori nazionali; di rimanere, a
condizioni che costituiranno l’oggetto di regolamenti di applicazione stabiliti dalla Commissione, sul
territorio di uno Stato membro, dopo aver occupato un impiego.
8
Anche il Protocollo Addizionale
10
allegato all’Accordo fa riferimento alla tutela
dei lavoratori turchi. Esso fissa, al fine di realizzare l’obiettivo stabilito
nell’Accordo, le scadenze per la graduale realizzazione della libera circolazione
dei lavoratori tra gli Stati Membri e la Turchia, e precisa, all’articolo 37, che
ogni Paese Membro accorda ai lavoratori di nazionalità turca occupati nella
Comunità un regime caratterizzato dall’assenza di discriminazioni fondate
sulla nazionalità per quanto riguarda le condizioni di lavoro e la retribuzione.
In forza delle disposizioni dell’Accordo e del Protocollo Addizionale, il Consiglio
di Associazione
11
, creato dall’articolo 6 dell’Accordo per assicurare
l’applicazione ed il progressivo sviluppo del regime di associazione, ha adottato
la decisione n. 2/76
12
, che si configura, all’articolo 1, come una prima tappa
nella realizzazione della libera circolazione dei lavoratori, la cui durata è stata
stabilita di quattro anni a decorrere dal 1° dicembre 1976. La decisione n.
1/80
13
ha sostituito le disposizioni corrispondenti, meno favorevoli, della
decisioni n. 2/76; infatti, nel preambolo della decisione in esame, viene
evidenziata la necessità di migliorare il trattamento accordato ai lavoratori
10
Il Protocollo Addizionale è stato firmato a Bruxelles il 23 novembre 1970 insieme al secondo Protocollo
finanziario ed è entrato in vigore il 1° gennaio 1973, approvato a nome della Comunità in forza del
regolamento CEE del Consiglio del 19 dicembre 1972, n. 2760/72. Il Protocollo ed i suoi allegati, tutt’oggi
ancora in vigore, costituiscono parte integrante all’Accordo che crea un’Associazione tra la Comunità
Economica Europea e la Turchia e stabiliscono le condizioni, le modalità ed i ritmi della fase transitoria
contemplata all’articolo 4 dell’Accordo di Ankara
11
Il Consiglio di Associazione è stato creato dall’articolo 6 dell’Accordo di Ankara per assicurare
l’applicazione ed il progressivo sviluppo del regime di Associazione”
11
; in esso “si riuniscono le Parti
Contraenti per agire nei limiti delle attribuzioni conferitegli dall’Accordo.Esso si compone, da un lato, di
membri dei Governi degli Stati Membri, del Consiglio e della Commissione della Comunità, e, dall’altro, di
membri del Governo turco; per quanto riguarda le votazioni al suo interni, il Consiglio di Associazione
“delibera all’unanimità.
12
La decisione n. 2/76 non è pubblicata. Riferimenti ad essa sono reperibili nella sentenza “Sevince” della
Corte del 20 dicembre 1990 [ C-192/89 in Raccolta 3-90] e nel Case Law riportato nelle Rivista “Common
Market Law Review”, 1999, pagg 1027-1036. L’articolo 36 del Protocollo Addizionale prevede che la libera
circolazione dei lavoratori tra gli Stati Membri e la Turchia sarà realizzata gradualmente, conformemente ai
principi enunciati all’articolo 12 dell’Accordo, tra la fine del dodicesimo e del ventiduesimo anno e che il
Consiglio di Associazione stabilirà le modalità all’uopo necessarie.
13
Anche la decisione n. 1/80 non pubblicata, ma è reperibile sul sito internet
<http://www.eureptr.org.tr/english/ei-yasal.html>
9
turchi e ai membri delle loro famiglie in relazione alle disposizioni introdotte
dalla decisione n. 2/76 del Consiglio di Associazione. Infine, la decisione
n. 3/80, intitolata “Sull’applicazione degli schemi di sicurezza sociale degli
Stati Membri delle Comunità Europee ai lavoratori turchi e ai membri delle
proprie famiglie”, risulta essere interamente dedicata alla trattazione del tema
in esame. Essa riguarda la legislazione analitica applicabile ai lavoratori turchi
impiegati nella Comunità e rimanda alle norme contenute nel regolamento
(CEE) n. 1408/71 del Consiglio
14
, relativo all’applicazione dei regimi di
sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano
all’interno della Comunità.
La persistente disparità di trattamento giuridico ancora esistente tra i
lavoratori turchi ed i comunitari evidenzia che, nonostante gli immigrati di
nazionalità turca godano di una maggiore tutela rispetto agli altri
extracomunitari, l’obiettivo di realizzare la loro libera circolazione fissato
nell’Accordo non è stato raggiunto. Di qui i frequenti interventi della Corte di
Giustizia impegnata ad integrare e rafforzare la tutela dei lavoratori turchi
nella Comunità, potenziando il contenuto dei diritti sanciti dalle norme
tutt’altro che precise e dettagliate esistenti in materia.
Un rilievo particolare, infatti, è stato dato all’analisi delle sentenze della Corte
di Giustizia relative alla situazione giuridica di detti lavoratori. I problemi
preliminari affrontati dalla Corte sono sorti in relazione alla verifica
dell’accertamento della sua competenza in materia, confermata dalle sentenze
14
Cfr Reg. (CEE) n.1408/71 del 14.6.1971 in “GUCE” L 149 del 5.7.1971, pag. 2-50.
10
“Sevince”
15
e “Kus”
16
, mentre le sentenze “Sevince” e “Taflan-Met”
17
affermano
l’efficacia diretta delle decisioni del Consiglio di Associazione. La Corte fornisce,
inoltre, nelle sentenze ”Kus”, “Eroglu”
18
e “Birden”
19
, un chiarimento della
nozione di “lavoratore”, e, nelle sentenze “Sevince”, “Kus”, “Eroglu”,
“Bozkurt”
20
, “Kol”
21
, “Gunaydin”
22
, “Ertanir”
23
, “Birden” e “Nazli”
24
,
un’interpretazione della nozione di “impiego regolare”. Tale chiarimento è reso
necessario dall’ esigenza di fornire un’interpretazione omogenea alla materia,
in modo da assicurare la piena tutela ai lavoratori turchi immigrati. Infine,
oggetto di particolare attenzione da parte della giurisprudenza comunitaria
sono stati due temi basilari della tutela del lavoratore turco, vale a dire il
diritto di soggiorno e il diritto di lavoro; le sentenze “Kus”, “Eroglu”,
“Gunaydin” e “Ertanir” riguardano i problemi connessi alla concessione del
permesso di lavoro e alla relativa autorizzazione di soggiorno. In relazione alla
concessione del permesso di soggiorno, la Corte sottolinea il mancato
raggiungimento della libera circolazione dei lavoratori turchi in Comunità
sottolineando come la materia non sia regolata da un quadro normativo
comune, ma rimanga ancora una prerogativa degli Stati Membri. Nelle
sentenze “Sevince”, “Kus”, “Eroglu” e “Bozkurt” la Corte si pronuncia sul
problema dell’interdipendenza fra il diritto di lavoro e il diritto di soggiorno: è
15
Si veda la sentenza “Sevince” del 20.9.1990, causa C-192/89, in Raccolta 3/90, pagg.3463-3507.
16
Cfr la sentenza “Kus” del 16.12.1992, causa C-237/91, in Raccolta 7/92, pagg. 6783-6813.
17
Cfr la sentenza “Taflan Met” del 10.9.1996, causa C-277/94, in Raccolta 5/96, pagg. 4087-4110.
18
Si veda la sentenza “Eroglu” del 5.10.1994, causa C-355/93, in Raccolta 4/94, pagg. 5116-5142..
19
Cfr la sentenza “Birden” del 26.11.1998, causa C-1/97, in Raccolta 11/98, pagg. 7749-7774.
20
Cfr la sentenza “Bozkurt” del 6.6.1995, causa C-434/93, in Raccolta 5/95, pagg. 1478-1502..
21
Cfr la sentenza “Kol” del 5.6.1997, causa C-285/95, in Raccolta 6/97, pagg.3071-3084.
22
Cfr la sentenza “Gunaydin” del 30.9.1997, causa C-36/96, in Raccolta 8-9/97, pagg. 5145-5167
23
Si veda la sentenza “Ertanir” del 30.9.1997, causa C-98/96, in Raccolta 12/97, pagg. 5181-5201.
24
Cfr la sentenza “Nazli” del 10.2.2000, causa C-340/97, reperibile sul sito internet
<http://curia.eu.int/jurisp/cgi-bin/gettext.pl?lang=it>.
11
difficile pensare al godimento del primo senza essere titolari del secondo. L’
indissociabilità del diritto di lavoro dal diritto di soggiorno risulta essere un
importantissimo passo avanti della giurisprudenza comunitaria in tema di
tutela dei lavoratori turchi: esso rappresenta, infatti, l’unico esempio di tutela
effettiva del lavoratore turco in un regime incompleto e frammentario che
tutela i diritti di carattere economico, ma che si dimentica di considerare il
lavoratore come persona.
La giurisprudenza della Corte di Giustizia ha, dunque, fornito
un’interpretazione il più favorevole possibile al progetto di integrazione
progressiva dei lavoratori turchi nel contesto comunitario, approfondendo ed
integrando le norme esistenti in materia.
Esistono, tuttavia, dei casi presentati dinnanzi alla Corte ai quali non è stata
ancora data una soluzione. I problemi ancora aperti riguardano, in particolare,
la tutela dei lavoratori turchi in materia di sicurezza sociale (casi “Kocak”
25
e
“Ors”
26
), i diritti dei familiari dei lavoratori turchi regolarmente impiegati in
Comunità (casi “Eyup”
27
e “Ergat”
28
), e, infine, la possibilità dell’estensione
della tutela giuridica ai lavoratori turchi immigrati illegalmente (caso
“Savas”
29
).
25
Cfr il caso “Kocak” del 7.10.1999, causa C-102/98, reperibile sul sito internet
<http://curia.eu.int/jurisp/cgi-bin/gettext>
26
Cfr il caso “Ors” del 7.10.1999, causa C-211/98, reperibile sul sito internet
<http://curia.eu.int/jurisp/cgi-bin/gettext>
27
Cfr il caso “Ergat” del 3.6.1999, causa C-329/97, reperibile sul sito internet
<http://curia.eu.int/jurisp/cgi-bin/gettext
28
Si veda il caso “Eyup” del 18.9.1999, causa C-65/98, reperibile sul sito internet
<http://curia.eu.int/jurisp/cgi-bin/gettext
29
Cfr il caso “Savas” del 25.11.1999, causa C-37/98, reperibile sul sito internet
<http://curia.eu.int/jurisp/cgi-bin/gettext>
12
Si riflette, infine, sul quadro attuale di tutela della libera circolazione dei
lavoratori turchi immigrati in Comunità; in particolare, si focalizza l’attenzione
sul differente quadro di tutela attribuito dalla Comunità ai lavoratori turchi
rispetto ai lavoratori di altri Stati Terzi e, nonostante la maggior tutela
accordata ai primi, si evidenzia come l’obiettivo della libera circolazione dei
lavoratori turchi fissato dall’Accordo di Associazione non è stato raggiunto,
persistendo la disparità di trattamento giuridico tra detti lavoratori ed i
comunitari
30
.
Evidente è la mancanza di una visione globale della tutela del “lavoratore”
turco che disciplini non solo l’ambito economico, ma riguardi anche e
soprattutto il contesto socio-culturale nel quale il “cittadino” turco è
inevitabilmente inserito. L’assenza totale di una tutela dell’integrazione
culturale degli immigrati turchi rischia, infatti, di privare i diritti concessi agli
immigrati turchi della loro reale portata effettiva. La necessità dell’integrazione
degli immigrati turchi viene analizzata con riferimento al particolare
background culturale degli stessi, evidenziando come la Comunità si trovi per
la prima volta di fronte alla possibile adesione di un Paese non europeo; ci si
chiede, pertanto, se la Comunità sia pronta realmente ad accogliere una civiltà
diversa dalla propria. In proposito, vengono analizzati il principio di non
discriminazione
31
, del rispetto e della promozione delle diversità culturali
32
,
della lotta al razzismo e alla xenofobia
33
contenuti nel Trattato di Amsterdam,
ma si sottolinea, anche, come il Trattato faccia più volte riferimento ai valori
30
In proposito, si veda il Reg. (CEE) n.1408/71 del 14.6.1971 in “GUCE” L 149 del 5.7.1971, pag. 2-50.
31
Si vedano l’articolo 12 e l’articolo 13 del Trattato di Amsterdam.
32
Cfr l’articolo 151 del trattato di Amsterdam.
33
Cfr l’articolo 29 del Trattato di Amsterdam.
13
“europei” che sono di base agli obiettivi e alle prospettive dell’Unione
34
. Va
notato che il Trattato della Comunità Europea costituisce una sintesi dei
principi democratici, dei valori e delle libertà fondamentali comuni che stanno
alla base delle varie Costituzioni degli Stati Membri. La Comunità è un’unione
di Paesi che, condividendo tradizioni culturali e, quindi, valori comuni,
intendono rispettare e promuovere detti valori.
Ci si domanda, allora, se di fronte alla prospettiva dell’adesione della
Repubblica Turca alla Comunità Europea e se, facendo riferimento
unicamente alle disposizioni relative al principio di non discriminazione e di
rispetto delle diversità culturali contenute nel Trattato di Amsterdam, si possa
garantire la tutela e l’integrazione della comunità turca nella società europea.
Sembra, infatti, che, tali disposizioni siano in contraddizione con il principio
fondamentale della difesa del valori comuni europei. Se la Turchia dovesse
aderire all’Unione Europea, essa rischia di diventare uno Stato comunitario,
non di certo europeo. Le disposizioni del Trattato che promuovono
34
Si veda, in proposito, come nella parte introduttiva del Trattato di Amsterdam gli autori abbiamo
precisato che gli obiettivi e le prospettive del processo di integrazione comunitaria sono rappresentati da
un’unione sempre più stretta fra i popoli dell’Europa basata sulla promozione di un progresso economico e
sociale equilibrato e durevole, eliminando le barriere che dividono l’Europa, e sull’affermazione e sul
rafforzamento dell’identità europea.. Si veda, inoltre, l’articolo 151 del Trattato di Amsterdam relativo al
rispetto e alla promozione della diversità culturale garantita dalla Comunità agli Stati Membri; esso prevede,
al secondo comma, che “l’azione della Comunità è intesa ad incoraggiare la cooperazione tra Stati Membri e,
se necessario, ad appoggiare e ad integrare l’azione di questi ultimi nei seguenti settori: miglioramento della
conoscenza e della diffusione della cultura e della storia dei popoli europei; conservazione e salvaguardia del
patrimonio culturale di importanza europea; scambi culturali non commerciali; creazione artistica e
letteraria, compreso il settore audiovisivo”. Si veda anche l’articolo 149, relativo allo sviluppo della
dimensione europea dell’istruzione promossa negli Stati Membri della Comunità, e l’articolo 191, relativo ai
gruppi politici in seno al Parlamento Europeo, il quale recita: “i partiti politici a livello europeo sono un
importante fattore per l’integrazione in seno all’Unione, essi contribuiscono a formare una coscienza europea
e ad esprimere la volontà politica dei cittadini dell’Unione”. Ulteriori riferimenti al principio di difesa dei
valori comuni europei sono contenuti nelle disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune:
l’articolo 11 precisa che l’Unione stabilisce ed attua una politica estera e di sicurezza comune estesa a tutti i
settori della politica estera e di sicurezza i cui obiettivi sono, tra gli altri, la difesa dei valori comuni, degli
interessi fondamentali, dell’indipendenza e dell’integrità dell’Unione conformemente ai principi della Carta
delle Nazioni Unite e lo sviluppo e il consolidamento della democrazia e dello stato di diritto, nonché del
rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
14
l’edificazione della Comunità basata sui valori europei potrebbero provocare
l’effetto opposto all’integrazione di uno Stato extraeuropeo che non condivide il
retaggio culturale comune ai Paesi membri.
Alla luce delle considerazioni sopra svolte, la Comunità Europea non appare
affatto pronta ad aprirsi verso una civiltà con profonde divergenze culturali
come la comunità islamica; invece di costituire un fattore di arricchimento in
una società multiculturale del Terzo Millennio, l’ingresso di un Paese
mussulmano rischia di rivoluzionare il complesso dei principi fondamentali sui
quali la Comunità Europea si è formata.
15
Capitolo I
La nascita e lo sviluppo delle relazioni tra la
Turchia e l’Unione Europea con riferimento
alla tutela giuridica dei lavoratori turchi
immigrati nella Comunità Europea
16
1.1 Le relazioni tra la Comunità Europea e la Repubblica
Turca. Verso l’adesione della Turchia all’Unione
Europea: le principali tappe.
1.1.1 La prima fase del dialogo euro-turco: l’inserimento della
Turchia nella politica mediterranea comunitaria
attraverso l’associazione alla Comunità.
Le relazioni tra l’Unione Europea e la Turchia vanno analizzate nel contesto
della politica mediterranea comunitaria, in riferimento all’insieme della
legislazione che regola i rapporti tra la Comunità e i cosiddetti Paesi Terzi
Mediterranei (PTM)
35
. Gli interessi che dettano attualmente tale cooperazione
sono da ricercare alla luce di due incertezze dominanti: la prima è quella
relativa al diffondersi del cosiddetto fondamentalismo islamico, inteso come
domanda di conformità ai precetti religiosi dell’Islam e di forte intolleranza
verso qualsiasi forma di deviazione da essi
36
. La seconda preoccupazione,
questa tutta europea, riguarda le emigrazioni provenienti dai paesi
35
I dodici paesi rivieraschi extracomunitari che la Comunità chiama Paesi Terzi Mediterranei e che in
seguito alla Conferenza di Barcellona svoltasi il 27 e il 28 novembre 1995 [ Boll. 11-1995, punto 1.4.56 ]
vengono denominati Paesi Mediterranei Non Comunitari sono i seguenti stati: Algeria, Cipro, Egitto,
Giordania, Israele, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e Autorità Palestinese. Come si nota, è
esclusa la Libia, che non ha voluto instaurare relazioni ufficiali con la Comunità europea, ed è aggiunta,
invece, la Giordania sebbene non si affacci direttamente sul mare; tra i motivi principali, vi sono
evidentemente il ruolo giocato dalla Giordania nel conflitto mediorientale e la sua vicinanza geografica con
Israele. Anche la Mauritania è stata annoverata alla Conferenza di Barcellona tra i paesi mediterranei;
ciononostante essa ha lo statuto di invitata e non viene inclusa nel computo dei “dodici” paesi aderenti al
patto sottoscritto a Barcellona [ RIZZI Franco, Unione Europea e Mediterraneo, Roma 1997 ].
36
Cfr. LA MALFA Giorgio, L’Europa e i paesi del Mediterraneo, Rapporto n°5 – 15 dicembre 1997,
<http://www.netart.it/ulm/rapporti/971215/index.html>.
17
mediterranei extracomunitari, che interessano sempre con maggiore forza gli
stati dell’Europa del Sud
37
. Il “problema migratorio” diventa “minaccia
migratoria” quando è destinato a provocare un flusso sistematico e crescente
di immigrazione aperta o clandestina verso l’Europa comunitaria tale da
aggravare le già difficili condizioni del mercato del lavoro europeo e da
provocare fenomeni politici di rigetto dei quali già si colgono i segni nei voti
raccolti nelle periferie urbane delle grandi città europee dai vari movimenti
della destra estrema
38
.
Già il Trattato di Roma prevedeva di “confermare la solidarietà che lega
l’Europa e i paesi d’oltremare e di assicurare lo sviluppo della loro
prosperità”
39
.
Fra gli allegati figurava un Protocollo che, in sostanza, manteneva
temporaneamente invariato il regime doganale preferenziale del quale fruivano
le importazioni provenienti da determinati PTM tradizionalmente legati all’uno
o all’altro membro della CEE. Infine, due Dichiarazioni di intenti prevedevano
rispettivamente l’associazione alla CEE dei paesi indipendenti appartenenti
all’area monetaria del franco e dell’allora Regno di Libia. Il Protocollo e le
Dichiarazioni dimostravano che la consapevolezza di particolari interessi
37
Ibidem.
38
Ibidem.
39
Trattato di Roma, Parte Prima – Principi, art. 3, punto r [ in “GUCE”, sup. ord. al n. 317 del 23.12.1957 ].
Il trattato di Roma costituisce il trattato istitutivo della Comunità Economica Europea; è stato sottoscritto a
Roma il 25 marzo 1957 ed è entrato in vigore il 1° gennaio 1958. Si ricorda che l’espressione originaria CEE,
“Comunità Economica Europea”, è stata sostituita, ai sensi dell’art. G, par. 1 del Trattato sull’Unione
Europea, dalla denominazione successiva CE, “Comunità Europea”, con le modifiche apportate dal TUE
sottoscritto a Maastricht il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1° novembre 1993 [ in “GUCE”, sup. ord.
al n. 277 del 24.11.1992 ]. Il 1° maggio 1998 è entrato in vigore il Trattato di Amsterdam, firmato il 2
ottobre 1997, e ha modificato il Trattato sull’Unione Europea ed i Trattati che istituiscono le Comunità
Europee [ in “GUCE” C 340 del 10.11.1997 pag. 145-308].
18
comunitari localizzati nella regione mediterranea era viva già al tempo della
nascita della Comunità Economica Europea.
Nel periodo compreso tra il 1965 e il 1972 la Comunità aveva concluso accordi
di natura commerciale e tariffaria con alcuni stati terzi
40
, sulla base dell’art.
113
41
del Trattato di Roma, relativo all’instaurazione della politica commerciale
comune e che concerneva altresì le modificazioni tariffarie, l’uniformazione
delle misure di liberalizzazione, la politica d’esportazione e le misure di difesa
commerciale.
Prima ancora degli accordi commerciali ora richiamati, la Comunità europea
aveva siglato, ai sensi dell’art. 238
42
del Trattato istitutivo, accordi di
associazione con due paesi mediterranei non comunitari, la Grecia (1962)
43
e
la Turchia (1964)
44
, che, oltre a disciplinare gli scambi e prevedere una stretta
collaborazione economica, un sostegno finanziario e la creazione di organi e
strutture, cercavano di ancorare i due stati all’Europa occidentale, in
considerazione della loro importanza strategica.
Le relazioni tra la Comunità e la Repubblica turca si basano, quindi,
sull’accordo che crea un’associazione tra la CEE e la Turchia, detto “Accordo di
Ankara”, firmato il 12 settembre 1963 ed entrato in vigore il 1° dicembre 1964.
40
La categoria dei cosiddetti accordi misti, vale a dire quegli accordi conclusi dalla Comunità e gli stati
membri, da un lato, e un paese terzo, dall’altro, riguarda le intese siglate con il Libano (1965) [ in “GUCE” L
278 del 29.11.1975 pag.21-26], l’Egitto (1972) [ in “GUCE” L 251 del 7.9.1973 pag. 1-80], il Marocco (1969) [
in “GUCE” L 197 dell’8.8.1969 pag. 1-88] e la Tunisia (1969) [ in “GUCE” L 198 dell’8.8.1969 pag. 1-89].
Con il medesimo fine dell’instaurazione di una zona di libero scambio, veniva concluso un accordo con una
nazione mediorientale, Israele (1975) [ in “GUCE” L 136 del 28.5.1975 pag. 1-190].
41
L’art. 113 del Trattato di Roma recita: “La politica commerciale comune è fondata su principi uniformi,
specialmente per quanto concerne le modificazioni tariffarie, le conclusioni di accordi tariffari e commerciali,
l’uniformazione delle misure di liberalizzazione, la politica di esportazione nonché le misure di difesa
commerciale, tra cui quelle da adottarsi in casi di dumping e di sovvenzioni”.
42
L’art. 238 del Trattato di Roma precisa che: “La Comunità può concludere con uno o più Stati o
organizzazioni internazionali accordi che istituiscono un’associazione caratterizzata da diritti e obblighi
reciproci, da azioni in comune e da procedure particolari”.
43
In “GUCE” L 26 del 18.2.1963 pag. 127-138.
44
In “GUCE” L 217 del 29.12.1969 pag. 3685-3708.